S. Bernardo (di Chiaravalle)
[Fontaine-lès-Dijon, 1090 – Clairvaux, 20.08.1153]
Questo grande monaco e abate francese è una delle figure più eminenti del Medioevo cristiano, la cui sapienza teologica lo fa ascrivere non solo tra i Dottori della Chiesa ma è da molti ritenuto, nonostante l’epoca tardiva (sec. XII), l’ultimo dei Padri della Chiesa (cioè dei fondamentali autori sacri dei primi secoli del cristianesimo). La sua profondità teologica, unita alla luce dell’esperienza mistica, ne fa appunto un maestro intramontabile di vera spiritualità cristiana. Viene considerato anche il grande cantore della Madonna: sono ad esempio attribuiti a lui il “Memorare” e forse anche la “Salve Regina” (vedi nel sito). Non a caso già Dante ce lo presenta verso il culmine del Paradiso e proprio a lui affida il compito di presentare e lodare Maria Santissima con le celebri parole “Vergine Madre, figlia del tuo Figlio …”!
Entrato giovane nel monastero benedettino di Citaux (Cistercium), ne fu anche il riformatore (da cui appunto il ramo benedettino dei “Cistercensi”). Si dice fosse stato seguito anche dai fratelli (8) e dagli amici (50)! Fondò, sempre nella Francia centrale, il monastero di Clairvaux (Chiaravalle) e poi innumerevoli monasteri in tutta Europa, compreso quello alla periferia meridionale di Milano che porta lo stesso nome (Chiaravalle) e che è tuttora abitato dai monaci cistercensi. Si narra che perfino i genitori, quando passava Bernardo a predicare, fossero un po’ preoccupati, perché poi ovunque molti giovani lo seguivano nella via monastica e si fondavano nuovi monasteri. Per questo viene considerato un nuovo padre del monachesimo occidentale. Dai Cistercensi crebbero poi altri rami monastici benedettini, quasi sempre a partire dalla Francia (fino a quello “trappista”, cioè ai “Cistercensi della stretta osservanza”).
A questa profonda esperienza mistica, monacale e missionaria, Bernardo unì anche un fortissimo impegno per la vita della Chiesa (al fine non solo di istruirla nella vera dottrina, sfuggendo così alle eresie, ma anche per scongiurare minacciosi scismi); ma la sua opera ebbe un’importanza enorme per la stessa vita civile del continente europeo, dove fondò appunto innumerevoli monasteri. Fu persino predicatore della II Crociata, al fine di liberare la Terra Santa dall’invasione musulmana (vedi il dossier); e anche in questo impegno il suo annuncio fu seguito da moltissimi giovani.
Come abbiamo altrove ricordato e documentato (vedi dossier sul Medioevo), proprio l’enorme diffusione in Europa del monachesimo ha contribuito alla formazione della stessa civiltà europea (vedi). Oltre a diffondere ovunque la vita contemplativa (con tutto ciò che permise anche per lo sviluppo della liturgia e persino della musica) e a provocare un’immensa e attraente diffusione della Verità che salva (la vera fede cristiana), questa presenza di decine e centinaia di monasteri in tutta Europa permise pure, secondo la stessa Regola benedettina (“Ora et labora”), una straordinaria diffusione della cultura (basterebbe pensare alla loro grande opera amanuense, alle loro immense biblioteche e alla nascita stessa delle scuole e persino delle università, che trovarono spesso origine proprio dai monasteri) e di altre straordinarie opere sociali, come il sorgere degli ospedali (da “ospitare” i visitatori e pellegrini fino a curare appunto gli infermi), la bonifica di intere regioni (con nuovi sistemi di irrigazione e con nuove opere meccaniche da loro inventate e diffuse), rinnovando la stessa agricoltura (molti alimenti e bevande, come la birra e persino lo “champagne”, sono un’invenzione dei monaci) (vedi una documentazione estesa nel dossier citato).
La nuova Europa nata dall’Illuminismo (vedi) ha cercato invece di cancellare tutte queste radici cristiane. Sintomatica in proposito la triste e violenta fine che ha fatto proprio il monastero di Clairvaux: soppresso dalla Rivoluzione, confiscato e venduto dalla Repubblica, già sotto Napoleone fu trasformato in una delle più rigorose e disumane prigioni di Francia; così fu utilizzato anche durante l’invasione nazista; e tuttora è un “carcere di massima sicurezza” (quale tristezza nel cercare di visitarlo anche oggi, alla ricerca delle radici del monachesimo nato da S. Bernardo)! A proposito di Rivoluzione francese (vedi) e della violenza scatenata anche contro i monasteri: la storica abbazia di Cluny, la più grande del mondo, fu in gran parte distrutta e il rimanente divenne stalla per i cavalli di Stato; e lo è tuttora! Un vero odio satanico contro le opere di Dio e le stesse radici cristiane dell’Europa. Con tutto ciò, non manca proprio in Francia una fiorente rinascita del monachesimo, anche tra i giovani (vedi ad esempio i link in fondo al documento).
La memoria liturgica di S. Bernardo si celebra il 20 agosto.
Benedetto XVI
[all’Udienza generale del 21.10.2009]
Oggi vorrei parlare di san Bernardo di Chiaravalle, chiamato “l’ultimo dei Padri” della Chiesa, perché nel XII secolo, ancora una volta, rinnovò e rese presente la grande teologia dei Padri. Non conosciamo in dettaglio gli anni della sua fanciullezza; sappiamo comunque che egli nacque nel 1090 a Fontaines in Francia, in una famiglia numerosa e discretamente agiata. Giovanetto, si prodigò nello studio delle cosiddette arti liberali – specialmente della grammatica, della retorica e della dialettica – presso la scuola dei Canonici della chiesa di Saint-Vorles, a Châtillon-sur-Seine e maturò lentamente la decisione di entrare nella vita religiosa. Intorno ai vent’anni entrò a Cîteaux, una fondazione monastica nuova, più agile rispetto agli antichi e venerabili monasteri di allora e, al tempo stesso, più rigorosa nella pratica dei consigli evangelici. Qualche anno più tardi, nel 1115, Bernardo venne inviato da santo Stefano Harding, terzo Abate di Cîteaux, a fondare il monastero di Chiaravalle (Clairvaux). Qui il giovane Abate, aveva solo venticinque anni, poté affinare la propria concezione della vita monastica, e impegnarsi nel tradurla in pratica. Guardando alla disciplina di altri monasteri, Bernardo richiamò con decisione la necessità di una vita sobria e misurata, nella mensa come negli indumenti e negli edifici monastici, raccomandando il sostentamento e la cura dei poveri. Intanto la comunità di Chiaravalle diventava sempre più numerosa, e moltiplicava le sue fondazioni.
In quegli stessi anni, prima del 1130, Bernardo avviò una vasta corrispondenza con molte persone, sia importanti che di modeste condizioni sociali. Alle tante Lettere di questo periodo bisogna aggiungere numerosi Sermoni, come anche Sentenze e Trattati. Sempre a questo tempo risale la grande amicizia di Bernardo con Guglielmo, Abate di Saint-Thierry, e con Guglielmo di Champeaux, figure tra le più importanti del XII secolo. Dal 1130 in poi, iniziò a occuparsi di non pochi e gravi questioni della Santa Sede e della Chiesa. Per tale motivo dovette sempre più spesso uscire dal suo monastero, e talvolta fuori dalla Francia. Fondò anche alcuni monasteri femminili, e fu protagonista di un vivace epistolario con Pietro il Venerabile, Abate di Cluny. Diresse soprattutto i suoi scritti polemici contro Abelardo, un grande pensatore che ha iniziato un nuovo modo di fare teologia, introducendo soprattutto il metodo dialettico-filosofico nella costruzione del pensiero teologico. Un altro fronte contro il quale Bernardo ha lottato è stata l’eresia dei Catari, che disprezzavano la materia e il corpo umano, disprezzando, di conseguenza, il Creatore. Egli, invece, si sentì in dovere di prendere le difese degli ebrei, condannando i sempre più diffusi rigurgiti di antisemitismo. Per quest’ultimo aspetto della sua azione apostolica, alcune decine di anni più tardi, Ephraim, rabbino di Bonn, indirizzò a Bernardo un vibrante omaggio. In quel medesimo periodo il santo Abate scrisse le sue opere più famose, come i celeberrimi Sermoni sul Cantico dei Cantici. Negli ultimi anni della sua vita – la sua morte sopravvenne nel 1153 – Bernardo dovette limitare i viaggi, senza peraltro interromperli del tutto. Ne approfittò per rivedere definitivamente il complesso delle Lettere, dei Sermoni e dei Trattati. Merita di essere menzionato un libro abbastanza particolare, che egli terminò proprio in questo periodo, nel 1145, quando un suo allievo, Bernardo Pignatelli, fu eletto Papa col nome di Eugenio III. In questa circostanza, Bernardo, in qualità di Padre spirituale, scrisse a questo suo figlio spirituale il testo De Consideratione, che contiene insegnamenti per poter essere un buon Papa. In questo libro, che rimane una lettura conveniente per i Papi di tutti i tempi, Bernardo non indica soltanto come fare bene il Papa, ma esprime anche una profonda visione del mistero della Chiesa e del mistero di Cristo, che si risolve, alla fine, nella contemplazione del mistero di Dio trino e uno: “Dovrebbe proseguire ancora la ricerca di questo Dio, che non è ancora abbastanza cercato”, scrive il santo Abate “ma forse si può cercare meglio e trovare più facilmente con la preghiera che con la discussione. Mettiamo allora qui termine al libro, ma non alla ricerca” (XIV, 32: PL 182, 808), all’essere in cammino verso Dio.
Vorrei ora soffermarmi solo su due aspetti centrali della ricca dottrina di Bernardo: essi riguardano Gesù Cristo e Maria santissima, sua Madre. La sua sollecitudine per l’intima e vitale partecipazione del cristiano all’amore di Dio in Gesù Cristo non porta orientamenti nuovi nello statuto scientifico della teologia. Ma, in maniera più che mai decisa, l’Abate di Clairvaux configura il teologo al contemplativo e al mistico. Solo Gesù – insiste Bernardo dinanzi ai complessi ragionamenti dialettici del suo tempo – solo Gesù è “miele alla bocca, cantico all’orecchio, giubilo nel cuore (mel in ore, in aure melos, in corde iubilum)”. Viene proprio da qui il titolo, a lui attribuito dalla tradizione, di Doctor mellifluus: la sua lode di Gesù Cristo, infatti, “scorre come il miele”. Nelle estenuanti battaglie tra nominalisti e realisti – due correnti filosofiche dell’epoca – l’Abate di Chiaravalle non si stanca di ripetere che uno solo è il nome che conta, quello di Gesù Nazareno. “Arido è ogni cibo dell’anima”, confessa, “se non è irrorato con questo olio; insipido, se non è condito con questo sale. Quello che scrivi non ha sapore per me, se non vi avrò letto Gesù”. E conclude: “Quando discuti o parli, nulla ha sapore per me, se non vi avrò sentito risuonare il nome di Gesù” (Sermones in Cantica Canticorum XV, 6: PL 183,847). Per Bernardo, infatti, la vera conoscenza di Dio consiste nell’esperienza personale, profonda di Gesù Cristo e del suo amore. E questo, cari fratelli e sorelle, vale per ogni cristiano: la fede è anzitutto incontro personale, intimo con Gesù, è fare esperienza della sua vicinanza, della sua amicizia, del suo amore, e solo così si impara a conoscerlo sempre di più, ad amarlo e seguirlo sempre più. Che questo possa avvenire per ciascuno di noi!
In un altro celebre Sermone nella domenica fra l’ottava dell’Assunzione, il santo Abate descrive in termini appassionati l’intima partecipazione di Maria al sacrificio redentore del Figlio. “O santa Madre, – egli esclama – veramente una spada ha trapassato la tua anima!… A tal punto la violenza del dolore ha trapassato la tua anima, che a ragione noi ti possiamo chiamare più che martire, perché in te la partecipazione alla passione del Figlio superò di molto nell’intensità le sofferenze fisiche del martirio” (14: PL 183,437-438). Bernardo non ha dubbi: “per Mariam ad Iesum”, attraverso Maria siamo condotti a Gesù. Egli attesta con chiarezza la subordinazione di Maria a Gesù, secondo i fondamenti della mariologia tradizionale. Ma il corpo del Sermone documenta anche il posto privilegiato della Vergine nell’economia della salvezza, a seguito della particolarissima partecipazione della Madre (compassio) al sacrificio del Figlio. Non per nulla, un secolo e mezzo dopo la morte di Bernardo, Dante Alighieri, nell’ultimo canto della Divina Commedia, metterà sulle labbra del “Dottore mellifluo” la sublime preghiera a Maria: “Vergine Madre, figlia del tuo Figlio,/umile ed alta più che creatura,/termine fisso d’eterno consiglio, …” (Paradiso 33, vv. 1ss.).
Queste riflessioni, caratteristiche di un innamorato di Gesù e di Maria come san Bernardo, provocano ancor oggi in maniera salutare non solo i teologi, ma tutti i credenti. A volte si pretende di risolvere le questioni fondamentali su Dio, sull’uomo e sul mondo con le sole forze della ragione. San Bernardo, invece, solidamente fondato sulla Bibbia e sui Padri della Chiesa, ci ricorda che senza una profonda fede in Dio, alimentata dalla preghiera e dalla contemplazione, da un intimo rapporto con il Signore, le nostre riflessioni sui misteri divini rischiano di diventare un vano esercizio intellettuale, e perdono la loro credibilità. La teologia rinvia alla “scienza dei santi”, alla loro intuizione dei misteri del Dio vivente, alla loro sapienza, dono dello Spirito Santo, che diventano punto di riferimento del pensiero teologico. Insieme a Bernardo di Chiaravalle, anche noi dobbiamo riconoscere che l’uomo cerca meglio e trova più facilmente Dio “con la preghiera che con la discussione”. Alla fine, la figura più vera del teologo e di ogni evangelizzatore rimane quella dell’apostolo Giovanni, che ha poggiato il suo capo sul cuore del Maestro.
Vorrei concludere queste riflessioni su san Bernardo con le invocazioni a Maria, che leggiamo in una sua bella omelia. “Nei pericoli, nelle angustie, nelle incertezze, – egli dice – pensa a Maria, invoca Maria. Ella non si parta mai dal tuo labbro, non si parta mai dal tuo cuore; e perché tu abbia ad ottenere l’aiuto della sua preghiera, non dimenticare mai l’esempio della sua vita. Se tu la segui, non puoi deviare; se tu la preghi, non puoi disperare; se tu pensi a lei, non puoi sbagliare. Se ella ti sorregge, non cadi; se ella ti protegge, non hai da temere; se ella ti guida, non ti stanchi; se ella ti è propizia, giungerai alla meta…” (Hom. II super «Missus est», 17: PL 183, 70-71).