Un aiuto per capire la fede: la questione della verità
Questione 1.9
Domanda:
Possiamo conoscere con certezza verità non sperimentabili empiricamente, cioè possiamo conoscere realtà invisibili? Se sì, come?
Risposta:
Poiché siamo uno spirito dentro un corpo e quindi un’intelligenza che apprende attraverso i sensi, dobbiamo sempre partire dall’esperienza; altrimenti potremmo cadere nella pura immaginazione o fantasia (come pure in pregiudizi o in posizioni aprioristiche o ideologiche).
Però, proprio perché comunque abbiamo l’intelligenza, e questa si accorge dell’evidenza dell’opposizione tra essere e nulla (non ci sono, nello stesso momento e sotto lo stesso aspetto, due verità tra loro opposte, perché non c’è essere e non essere insieme per la stessa cosa) ma anche che il nulla non genera nulla (da cui il necessario concetto di causa e relativo “principio di causalità”), la nostra mente può scoprire non solo i fenomeni che vede ma anche le cause di tali fenomeni (effetti); sappiamo inoltre che tale causa deve essere proporzionata, adeguata, perché non si può lasciare nulla al nulla (non posso dire che ho sollevato 500 kg perché non ne ho la forza; e se si solleva un peso così occorre una forza almeno corrispondente cioè appunto adeguata). Ora, tale causa deve esserci e deve anche essere proporzionata all’effetto, anche se essa fosse invisibile.
Oggi perfino in campo scientifico conosciamo moltissime cose invisibili, proprio attraverso gli effetti che esse producono.
La scienza moderna si chiama sperimentale perché deve non solo muovere dall’esperienza ma dimostrare una scoperta mediante l’esperimento che la conferma. Questo non significa che la causa sia sempre sperimentabile, neppure per la scienza moderna. Il principio che la scienza usa nella propria ricerca, senza neppure discuterlo, è appunto il “principio di causalità”: che ci sia una causa adeguata è cioè ovvio; suo scopo è scoprire quale sia la causa prossima (forza, legge) di tale effetto. Per far questo formula ipotesi che devono poi essere convalidate dall’esperimento. Ripetendo moltissime volte l’esperimento e dando lo stesso risultato, si raggiunge (in modo “induttivo”, cioè generalizzando osservazioni comunque particolari, e non deduttivo) un certo grado di certezza, che però non è assoluto. In altri termini, che ci sia metafisicamente una causa adeguata di quel fenomeno è assoluto (non potendo lasciare nulla al nulla); ma che fisicamente tale causa sia quella trovata è in sé solo fortemente probabile ma non assolutamente certo, cioè si dovrebbe dire e si dice “fino a prova contraria”, tanto è vero che potrebbe essere smentita da nuove scoperte (ricordava infatti K. Popper che mille esperimenti non danno una certezza assoluta della verità di quella ipotesi, mentre un solo esperimento che dimostri il contrario smentirebbe tale ipotesi).