Un aiuto per capire la fede: la questione della verità

Questione 1.7


Domanda:

Come possiamo conoscere la verità?

Risposta:

Il caso più facile è quello dell’evidenza, perché è una verità colta immediatamente. Abbiamo evidenze sensibili (c’è il sole) ma anche evidenze intellettuali (non ci sono due verità contrarie: se c’è il sole non è notte, e viceversa).

I sensi possono in effetti sbagliarsi più dell’intelligenza (l’intelligenza può infatti dare un giudizio sbagliato perché riceve dai sensi dei dati sbagliati). Anche i sensi però non sbagliano sempre, altrimenti non ci accorgeremmo neppure di sbagliare (l’occhio ad es. può non vedere o non vedere bene, ma come organo esiste per vedere, sia pur a modo proprio, e non per non vedere).
L’intelligenza umana ha invece in sé delle certezze assolute, che le permettono di pensare in modo corretto, perché sono le leggi stesse dell’essere, che le si impongono. [Le evidenze fisiche per sé sono meno forti di quelle metafisiche (l’esatto contrario di quel che pensava Kant)].

Partendo dall’esperienza e dall’evidenza intellettuale (il nulla non è essere e non genera essere) possiamo però raggiungere anche evidenze mediate, cioè raggiungibili con un “ragionamento” (se A = B e B = C, dunque A = C; se una cosa non c’era e poi c’è è fatta da un altro essere, che è appunto la sua causa).  
Molte conoscenze, molte verità, anzi la maggior parte delle verità che conosciamo, le abbiamo per fiducia, cioè perché ci sono dette da altri. Perfino la maggior parte di ciò che si studia è ancora conosciuto per fiducia attribuita agli esperti. In senso proprio non abbiamo un’esperienza diretta dell’esistenza di quelle verità; per questo è facile (specialmente oggi, con i mezzi di comunicazione di massa) che si divulghino verità che sono invece errori.

La maggior parte della gente non pensa molto con la propria intelligenza e, pur credendo di avere opinioni personali, è colma invece di idee non verificate ed assunte più o meno acriticamente dalla società e dai mass-media. Da cui la diffusa crescente impressione di “confusione”.

Come distinguere allora una ingenua credenza da un ragionevole assenso ad una verità che non abbiamo verificato di persona? Dipende dalla “credibilità” o autorevolezza di chi ci comunica tale verità.

In questo senso, un troppo facile credere sarebbe una credenza ingenua (un mio semplice amico mi dice che ieri è stato a cena dal Capo dello Stato), mentre è più ragionevole credere ad un amico che è sempre stato sincero. Un esasperato dubbio o sospetto potrebbe essere invece irrazionale e perfino folle (non mangio al ristorante perché non ho l’analisi chimica delle portate, quindi l’esperienza empirica della bontà dei piatti, e penso che vogliano avvelenarmi).