Nell’istante in cui moriamo, l’anima si distacca dal corpo, si incontra subito con Dio ed avviene il giudizio particolare (Questione 7.4)

Un aiuto per capire la fede: l’Aldilà

Questione 7.4


Cosa avviene nell’istante in cui moriamo?

Che moriremo è la cosa più sicura, mentre quella più insicura è quando (anche se normalmente avviene nella tarda età). Per questo Gesù ci invita continuamente ad essere vigilanti e pronti, cioè ad essere sempre in comunione con Lui, nella grazia di Dio.

L’ora della nostra morte è quella più decisiva della vita e per il nostro destino eterno. Non a caso preghiamo continuamente la Madonna (in ogni “Ave Maria”) di assisterci in ogni momento ma specialmente in quell’ora.

Cristianamente chiediamo al Signore di risparmiarci possibilmente una morte immediata e non cosciente, così da prepararci invece bene all’incontro con Lui, nella preghiera e soprattutto potendo confessare tutti i nostri peccati ad un sacerdote, ricevendo il sacramento dell’Unzione degli Infermi e facendo l’ultima Santa Comunione (detta “Viatico”). Al di là della delicatezza del momento e delle questioni di ordine psicologico, non è per questo da cristiani nascondere ad un moribondo ciò che sta per avvenire. Potrebbe dipenderne tutta la sua eternità!

Per entrare in paradiso l’anima deve essere trovata “in grazia di Dio”. La via ordinaria è ricevere questi sacramenti. Anche una Confessione alla fine può salvare un’intera vita (cfr. Lc 23,39-43). Ma in modo straordinario Gesù può dare valore di pentimento anche ad una semplice e profonda invocazione alla Sua misericordia, al bacio di un Crocifisso, cioè a qualsiasi segno di amore a Lui.

Nell’istante della nostra morte, l’anima si distacca dal corpo (che non è infatti più “animato”, cioè è morto) e si incontra subito con Dio. Da quel momento non possiamo più volontariamente cambiare, perché è terminato il tempo e comincia l’eternità. Avviene così subito il giudizio particolare di Dio (della nostra singola anima), così che o siamo salvi (paradiso) o dannati (inferno), per sempre. Chi muore già nella comunione con Cristo, ma non perfettamente, può essere ulteriormente purificato da Dio nel Purgatorio.

I funerali oggi (esequie cristiane?)

L’incoscienza e la perdita della fede cristiana, anche nei Paesi che l’hanno avuta per 2000 anni, si evidenzia anche e forse soprattutto di fronte alla morte e perfino in occasione dei funerali.

Si vive come se la morte non ci fosse e non ci fosse il giudizio di Dio. Si crede che siamo come gli animali (o addirittura che gli animali siano superiori a noi) e che la morte è la fine di tutto. Si gioca con la morte (ad esempio sulle strade). Si muore banalmente, senza pensare all’anima.

Nei funerali (purtroppo sempre più anche le esequie cristiane) si fanno gli applausi e tutti i morti sarebbero già in paradiso. In realtà noi non ci troviamo semplicemente “per dare l’estremo saluto”, né tanto meno per fare degli “elogi funebri” (di cui il defunto non sa che farsene), dove appunto tutti sembrano essere stati bravi, ma per celebrare la fede in Cristo e chiedere la misericordia di Dio (suffragio) per l’anima di quel defunto (se fosse in Purgatorio, perché se fosse già in Paradiso non avrebbe bisogno delle nostre preghiere e se fosse all’Inferno ogni preghiera sarebbe inutile).

La certezza che un’anima sia già in paradiso è data solo dal giudizio (in questo caso infallibile) del Papa mediante la “canonizzazione” e dopo un rigorosissimo processo, che può durare secoli, e che richiede pure un miracolo certificato (anche scientificamente) avvenuto dopo la morte di quel defunto e per sua intercessione.

Il corpo morto

Come si può vedere anche nell’Aiuto per fare bene l’esame di coscienza (circa il 5° comandamento), la fede cristiana nella “risurrezione della carne” lascia al corpo di un defunto, pur in disfacimento provvisorio dopo il distacco dell’anima, una grande dignità personale, in attesa della risurrezione alla fine del mondo. Per questo nelle esequie cristiane si incensa anche la bara, cioè si onora anche il corpo del defunto; ed è moralmente doverosa la sepoltura. Il corpo umano non è mai “una cosa”, né da vivo né da morto. 
La cremazione, se fatta in avversione alla fede nella risurrezione della carne (come era specialmente in passato) è proibita e impedisce pure il funerale cristiano. Se non richiesta per motivi di ostilità alla fede cristiana nella “risurrezione della carne”, la cremazione può essere concessa; anche le ceneri devono però essere sepolte, non tenute in privato né tantomeno disperse nella natura (pratica neo-pagana o panteista) (v. Istruzione della Congregazione per la Dottrina della fede del 15.08.2016). 
Anche la donazione degli organi è lecita se fatta su un corpo realmente morto (se l’organo è vitale) e per motivi di carità, non per disprezzo del corpo defunto, come se fosse una cosa, un insieme di organi, perché tutto l’uomo (anima e corpo) ha diritto alla propria integrità ed è destinato alla risurrezione.