Chi non crede in Gesù è dannato? La salvezza eterna ci è data solo in Gesù Cristo attraverso i canali di grazia da Lui voluti (Questione 7.13)

Un aiuto per capire la fede: l’Aldilà

Questione 7.13


Se la salvezza c’è solo in Gesù, chi non crede in Lui è dannato?

Abbiamo già parlato di questo nella Questione 4.12 e abbiamo osservato come, anche se ciò sembra strano per la cultura dominante relativista, la salvezza eterna ci è data solo in Gesù Cristo ed attraverso i “canali di grazia” da Lui stesso voluti e che si trovano in pienezza solo nella Chiesa Cattolica.

Del resto, negare questo, sarebbe come vanificare tutta l’opera della Redenzione compiuta da Cristo a prezzo non solo del Suo abbassamento nell’Incarnazione ma delle atrocità della Sua Passione e morte in Croce. Proprio dalla potenza della Sua morte e risurrezione sono scaturiti i sacramenti che ci donano la vita divina. Se fossimo andati in Paradiso lo stesso anche senza Gesù sarebbe come dire che quello che Egli ha fatto era in fondo inutile; e questa è la più grave bestemmia (in fondo quella che Gesù stesso dice essere imperdonabile in eterno, cfr. Mt 12,31). Se andassimo in Paradiso anche senza la fede in Lui, il Battesimo (cfr. Mc 16,15-16), l’Eucaristia (cfr. Gv 6,51.53-58), sarebbe negare ciò che Gesù stesso ha detto e fatto.

Oggi alcuni (teologi) sembrano affermare che sì la salvezza è solo in Cristo, ma che Egli l’ha ottenuta per tutti gli uomini di tutti i tempi e luoghi, anche se essi non ne fossero coscienti. Se è vero che l’opera della Redenzione ha un’efficacia universale, è altrettanto vero che Dio non ci tratta mai da “automi” ma da esseri coscienti e liberi come ci ha creati e ciò richiede che noi per essere salvi conosciamo l’autentica fede (cristiana), ne diamo il nostro libero assenso (obbedienza), sia con l’intelletto che con la volontà, traducendola nella vita con l’aiuto della Sua grazia. Senza questa certezza sarebbe in fondo vanificata tutta la missione della Chiesa (cfr. appunto Mc 16,15-16).

Ogni uomo ha quindi il diritto e dovere di conoscere Cristo e di partecipare alla Sua vita che ci è donata in pienezza attraverso la Chiesa Cattolica (cfr. Questione 5), la quale ha il dovere di compiere questo mandato (missione) ricevuto da Cristo, per tutta la terra e fino alla fine del mondo (cfr. Mt 28,16-20).

Questa missione investe in primo luogo gli Apostoli, quindi nella storia i Vescovi, uniti sotto la guida del Papa, e in modo a loro subordinato i sacerdoti, come i “missionari” che portano il Vangelo in terre dove ancora non è conosciuto. È però dovere di ciascun cristiano, battezzato ma anche “cresimato” per questo.

Per i genitori questa responsabilità educativa cristiana è un impegno gravissimo preso davanti a Dio nel sacramento del Matrimonio e quando hanno fatto battezzare da neonati i loro figli; Gesù ha le parole forse più severe proprio per chi ostacola (“scandalo” in greco) o non alimenta la fede dei piccoli (cfr.Mt 18,6).

Chiunque ha una responsabilità educativa (maestri, professori, catechisti, animatori) ha particolarmente questo dovere di donare e far crescere la fede e la vita cristiana in coloro che sono affidati al loro insegnamento (se non sono educatori cristiani, non ostacolino le fede in alcun modo, nemmeno con errori o pregiudizi culturali).

Ciascun battezzato e cresimato ha poi questo dovere specialmente nei confronti del prossimo, cioè in coloro che ci sono più vicini (colleghi, amici, persone che il Signore mette sul nostro cammino, magari proprio per questo). Questa è anche la più grande carità, perché nulla di più grande e importante c’è da dare agli altri che la fede cristiana e la salvezza eterna.

Questa dunque è la via ordinaria della salvezza, quella che oggettivamente conosciamo e Gesù ci ha comandato di seguire e insegnare (cfr. Gv 14,15;15,10).

Per quanti sono nati prima di Cristo o per quanti sono nati (nascono e nasceranno) anche dopo e non sono stati ancora raggiunti dall’annuncio di Lui, pur avendone appunto il diritto (e da parte dei cristiani il dovere di annunciarlo), non hanno quindi una colpa, perché non c’è un rifiuto di Lui, ma un’incolpevole ignoranza di Lui. In “via straordinaria” e sempre per i meriti di Cristo, Dio – che conosce la coscienza di ogni uomo – potrebbe salvarli, se almeno hanno obbedito alla legge di Dio che già conoscevano (S. Paolo dice ad esempio che i pagani potevano conoscere Dio anche con la sola ragione e per questo sono colpevoli se sono atei – cfr. Rm 1,16-32) e che in fondo già risuona un poco nella coscienza di ognuno.

Questo potrebbe valere anche per coloro che, pur nascendo in territori già cristiani (magari da secoli o da duemila anni, come l’Europa) e dove è presente la Chiesa Cattolica, di fatto non per colpa loro non conoscono più la “via della vita” (Gesù). È vero che oggi, con l’accresciuta cultura e le innumerevoli possibilità di conoscenza (libri, internet), tale ignoranza di Cristo potrebbe essere anche “colpevole” e quindi già l’indifferenza e la pigrizia potrebbero essere una forma di “rifiuto”.

In fondo solo a Dio, che conosce le coscienze e sa il rapporto tra i doni (talenti) da Lui dati e quelli messi a frutto dalla singola anima (cfr. Mt 25,14-30), spetta il giudizio. Così un’anima può aprirsi alla grazia di Dio anche all’ultimo momento e salvarsi.

Chi invece ha potuto sapere e non ha fatto un cammino di catechesi o comunque non ha curato la propria formazione cristiana; oppure, ancor peggio, ha conosciuto la verità (Cristo, la Chiesa Cattolica, la legge di Dio e gli strumenti della grazia per essere salvati) e l’ha rifiutata, oppure l’ha rifiutata dopo averla accolta (apostasia) e muore “impenitente”, cioè senza la grazia di Dio, non può essere salvato, va inesorabilmente verso la dannazione eterna (inferno).