Un aiuto per capire la fede: la vita cristiana
Questione 6.8
Devo partecipare alla vita di una comunità cristiana?
Siamo salvati personalmente da Gesù, attraverso la Chiesa; e con i sacramenti dell’iniziazione cristiana siamo davvero inseriti nel nuovo popolo di Dio e resi partecipi come membra vive del Suo “Corpo mistico”” che è la Chiesa. Essa ha una dimensione invisibile, interiore (che va addirittura aldilà dello spazio-tempo, nella “comunione dei santi”), soprannaturale (è “mistero”), ma possiede anche una dimensione visibile, storica (la Chiesa che trova il proprio fondamento visibile in Pietro, cioè nel Papa, e che si rende presente in ogni comunità locale o diocesi, sotto l’autorità di un Vescovo, successore degli Apostoli, in comunione col Papa – per questo vengono citati entrambi per nome nella Preghiera Eucaristica della Messa).
Per questo il cristiano è sempre parte viva della Chiesa (specialmente se vive nella grazia di Dio), fosse anche un eremita o un ammalato che offre le proprie sofferenze da un letto d’ospedale.
Concretamente esistono poi più piccole comunità, come quella territoriale (Parrocchia, sotto la guida del Parroco) o di ambiente (professionale, accademiche, scolastiche, ospedaliere); anche la famiglia è una “chiesa domestica”, una piccola comunità cristiana; così possono esistere anche più piccole comunità (ad esempio di coetanei) o più grandi (come associazioni, movimenti).
Gesù assicura che “dove sono due o tre riuniti nel suo nome c’è Lui” presente (Mt 18,20).
E’ bene dunque che si faccia parte di una concreta comunità cristiana, specie là dove c’è una vera formazione cristiana (e non solo delle attività) ed una intensa vita spirituale. Per tutti, ma specialmente per un giovane, questo è anche di grande aiuto, incoraggiamento, conforto, sostegno e sprone ad agire cristianamente, anche nella società.
La vita cristiana non riguarda però solo le cose spirituali in senso stretto (come gli atti di culto, la preghiera, la meditazione) e soprattutto non riguarda solo qualche momento della vita di una persona. Credere che si tratti solo di questo significa non avere ancora capito e sperimentato che Gesù salva tutta la nostra vita, rinnova il cuore ma conseguentemente anche ogni aspetto dell’esistenza, a cominciare da quella più personale, poi quella familiare e quindi della comunità cristiana, degli ambienti in cui viviamo e della società intera (investendo di luce anche le questioni culturali, sociali e politiche).
Un cristianesimo ridotto solo a pratiche religiose in senso stretto non sarebbe il vero cristianesimo.
Qua non entriamo nei particolari – qualcosa di più si può trovare nel sito nelle sezioni dedicate a Fede e Morale, Fede e Cultura e soprattutto negli aiuti per fare bene l’esame di coscienza, nelle pagine dedicate alla S. Confessione – ma rispondiamo solo a qualche domanda o obiezione possibile, in riferimento alla “legge morale”, cioè alle norme oggettive sul bene e sul male, che scaturiscono dalla fede in Cristo e che non sono un qualcosa di accessorio, di opzionale, da cui attingere a piacimento (se e fin quando sono d’accordo), ma la “legge di Dio”, secondo la quale saremo tutti giudicati al termine della vita.
Per queste ultime domande v. anche nel sito Introduzione alla morale cristiana