Un aiuto per capire la fede: la vita cristiana
Questione 6.10
Obbedire alla legge morale cristiana è rinunciare alla mia libertà, a godermi la vita?
La libertà è uno dei più grandi doni naturali, che Dio ha dato all’uomo e agli angeli, perché potessero avere un poco di merito nel compiere la Sua volontà, il bene.
Nel resto della natura (creato), anche negli animali, questa volontà di Dio avviene invece automaticamente, per legge naturale o per istinto, senza responsabilità morale e quindi senza possibilità di errore e di male, ma anche senza alcun merito.
Questo però non significa che noi siamo i “creatori” di noi stessi, cioè che possiamo inventarci a piacimento il senso della nostra vita e delle cose della vita, perché questo ci è già dato insieme al nostro essere (S. Agostino lo esprimeva così: “Colui che ti ha creato senza di te, non ti salva senza di te”). Per questo l’obbedienza a Dio, anche alla legge morale che ci ha dato, non è l’obbedienza ad un obbligo che viene come dall’esterno, ma è una legge che è già inscritta nel nostro stesso essere; per cui questa obbedienza è sommamente intelligente e giusta, in quanto è l’obbedienza alla verità di noi stessi, alla legge del nostro stesso essere (altrimenti sarebbe come se pretendessimo inventare le leggi della natura – che la scienza pian piano scopre ma non può inventare – o ci ribellassimo alle “istruzioni per l’uso” di un prodotto appena comprato).
Per questo Gesù ci dice: “conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” (Gv 8,32); e aggiunge che se Lui ci fa liberi, allora siamo liberi davvero (Gv 8,36). Ancora Gesù fa capire che quella del “peccato”, cioè la disobbedienza alla legge di Dio (alla legge morale), non è una vera libertà, ma anzi è una schiavitù (Gv 8,34). Assi presto infatti, al di là dei primi tempi, la stessa esperienza della vita sta lì amaramente a dimostrarlo!
Perfino molti degli angeli (esseri spirituali creati da Dio) hanno voluto abusare della libertà donata loro, ribellandosi a Lui e volendo essere ‘dio’ al Suo posto: hanno così pervertito la loro natura e sono diventati demoni.
Fin dall’inizio (è il “peccato originale”, cfr. Gen 3) anche l’uomo – istigato dal diavolo proprio per la possibilità a noi ancora concessa di essere gli amici di Dio, e quindi per invidia (cfr. Sap 2,23-24) – ha abusato della propria libertà, volendo farsi da solo la legge morale (mangiare dell’<albero della conoscenza del bene e del male>), non credendo più all’amore di Dio e pensando che il suo comando fosse per privarlo assurdamente di quella libertà che Lui stesso gli aveva donato, volendo in qualche modo farsi ‘dio’ di se stesso; in questo modo però l’uomo ha perso non solo l’amicizia con Dio, ma anche la propria dignità e perfino la vita eterna (l’<albero della vita>), condannandosi al dolore, alla fatica, alla morte e soprattutto all’inferno.
Il peccato originale ha ferito la natura umana e ancor oggi fa sentire il suo effetto in ogni uomo che nasce. Gesù l’ha debellato con la sua Croce (e infatti in noi è tolto dal Battesimo) e ci ha riconciliato con Dio, ma tale ferita della natura umana fa ugualmente sentire ancora in noi i suoi effetti, con una sorta di debolezza, di inclinazione al peccato, con una sempre riemergente presunzione di poter fare a meno di Dio, di poter fare della nostra libertà un assoluto, di essere totalmente “nostri” e quindi di poter fare quello che vogliamo. Questa tentazione emerge talora prepotentemente nell’adolescenza, con una base giusta (la formazione della propria personalità, l’avere le proprie idee e prendere le proprie decisioni) che può però spesso degenerare, se non educata, in pretesa in fondo di essere Dio noi stessi, che è la radice di ogni peccato. Gesù l’ha espresso benissimo nella parabola del “figliol prodigo” (cfr. Lc 15,11-32): la presunta libertà, quando è disobbedienza a Dio, quando è uscire dalla casa di Dio, diventa sempre vuoto esistenziale, schiavitù e morte.
Oggi c’è una difficoltà in più: dall’Illuminismo in poi la parola libertà si è assolutizzata a scapito della parola verità ormai quasi definitivamente tramontata. Questo diventa ogni giorno di più una follia quasi collettiva, che ha già prodotto perfino milioni di morti, sia nel corpo (pensiamo alle ideologie atee e alle guerre del XX secolo, ma anche ai morti per droga, per spericolatezze, per AIDS) che soprattutto nello spirito (un incancrenirsi nel peccato così da non sentire neanche più che è peccato, così da non provarne neanche più vergogna, desiderio di cambiamento, di pentimento, e condurci fino all’inferno, rifiutando la stessa misericordia di Dio). Sembra ormai la vittoria di Satana ed il trionfo della sua trappola infernale … ma non sarà così!
Cristo ancora vincerà. La Sua e nostra Madre sempre di nuovo schiaccerà la testa al serpente (come si prefigura in Gen 3,15, si profetizza in Ap 12, e si raffigura nell’immagine dell’Immacolata), ci sta aiutando in questa battaglia e alla fine il Suo Cuore Immacolato trionferà (come ci ha detto a Fatima, cfr. Dossier nel sito).
In realtà, quando si cade sempre più nel peccato, quasi con una avidità insaziabile, siamo davvero liberi, oppure, come dice Gesù, siamo diventati schiavi? Siamo padroni di noi stessi oppure siamo diventati schiavi di ogni moda, mercato, pulsione, istinto? Siamo nella vera gioia, oppure al massimo siamo in una provvisoria allegria che ci lascia ogni volta ancora più tristi e soli? La risposta è evidente e sperimentabile. Infatti in questa condizione abbiamo perfino paura di fermarci a pensare, abbiamo perfino paura del silenzio e della solitudine, tanto abbiamo timore di guardare dentro noi stessi e percepire il terribile vuoto che c’è dentro.
Voglio godermi la vita, spesso si sente dire; ma chi non vuole la felicità della vita? La questione è sapere qual è la vera gioia della vita. Dobbiamo smettere di pensare che gioia sia sinonimo di piacere, di possesso, di provare sempre nuove emozioni. Accettiamo di riconoscere che in fondo alla fine è ancora una grande noia!
La pace del cuore, che ci dona solo Gesù (cfr. Gv 14,27), che è nel profondo di noi stessi e che si estende anche attorno a noi (a cominciare dalla famiglia, ma anche con coloro con cui viviamo, nel lavoro, nello studio, nel tempo libero) è il contrario di quel che normalmente si vive: troppo spesso anche il divertimento invece di dare la pace alla fine aumenta ancora il vuoto e lo stress; così nascono sempre nuovi nervosismi, litigate, divisioni, tristezze … e ci sembra che sia sempre colpa degli altri, di qualcosa; invece non ci accorgiamo che è dentro di noi che non c’è pace … Stiamo sempre insieme con gli amici ma siamo sempre più soli, parliamo continuamente (coi cellulari, in chat, nei social network) ma in fondo non abbiamo davvero più niente da dire …
L’inganno di Satana, il “padre della menzogna” come lo chiama Gesù (cfr. Gv 8,44), dovrebbe ormai essere palese, ma ancora troppi non capiscono: ogni sua promessa di libertà e di felicità, già dal peccato originale e in qualsiasi sua tentazione, si capovolge prima o poi nel suo esatto contrario!
E questo è solo l’inizio dell’inferno: se non ci si ravvede e non si ritorna a Dio, questa dissoluzione diventa disperazione eterna, senza fine e senza speranza.