[News del 13/2/2023]
Quale Chiesa? Epilogo e precisazioni
(Terza Parte)
Epilogo e precisazioni
Dopo aver sinteticamente presentato (nella II Parte) quella parabola culturale di 5 secoli che può andare sotto il nome di “modernità” (vedi) e che non solo ha caratterizzato la civiltà occidentale ma ha inciso non poco sulla cristianità, fino a penetrare all’interno stesso della Chiesa Cattolica, torniamo ora a compiere inizialmente una sottolineatura sul cammino ecclesiale di questi ultimi 100 anni, come una sorta di epilogo di questo processo storico e di certe deviazioni progressivamente entrate in molti ambiti della Chiesa Cattolica.
Compiremo quindi ancora alcune precisazioni su alcuni contenuti fondamentali della fede cattolica, a livello delle sue stesse premesse, oggi particolarmente minati.
Epilogo … ecclesiale
Come abbiamo ricordato, già agli inizi del XX secolo il luminoso e decisivo pontificato di San Pio X (1903-1914) inferse anche un duro colpo, che sembrò letale, al “modernismo”, quella “madre di tutte le eresie”, come la definì appunto il Pontefice (e che oggi chiameremmo più comunemente “progressismo”), che già da alcuni decenni, con l’aiuto certo anche dei poteri massonici, dalla cultura dominante era riuscita occultamente a penetrare anche all’interno stesso della Chiesa Cattolica, insidiandosi non solo nella teologia ma persino in gangli vitali e sempre più alti della vita ecclesiale.
Che fosse definibile “madre” o sintesi di tutte le eresie è giustificato dal fatto che tale grave deformazione della fede eliminava in modo sempre più invasivo tutto il livello soprannaturale e divino della fede cristiana, distruggendola così alla radice e svuotando o minando dall’interno le basi stesse della vita cristiana e della Chiesa.
Il Pontefice non si limitò, al fine di combattere tale perniciosa eresia ed allontanarla dalla Chiesa, ad una esplicita e chiara condanna mediante la fondamentale Enciclica Pascendi Dominici Gregis (1907) – corredata persino, per essere più chiara (com’era nello stile di quel grande Papa, vedi il suo celebre Catechismo), da un elenco esplicito delle affermazioni moderniste, già allora circolanti (ed oggi addirittura imperanti!), da ripudiare come “non cattoliche” – e ad obbligare clero e docenti cattolici ad un esplicito “Giuramento antimodernista” (1910 vedi; vedi in italiano), ma, poiché i documenti, come sappiamo e come abbiamo visto ampiamente anche in tempi più recenti, possono rimanere carta straccia (!), e, nonostante la gravità morale, i “modernisti” erano persino disposti a giurare di ripudiarlo, pur di rimanere tali e conservare luoghi e incarichi di particolare rilievo, S. Pio X pose in atto una sorta di “controspionaggio” (ad opera soprattutto del fedele collaboratore mons. Umberto Benigni), che scovasse per così dire i “modernisti” che erano già riusciti ad infiltrarsi nella Chiesa, nel clero stesso e nell’insegnamento cattolico.
Nonostante ciò, se con S. Pio X il modernismo e i modernisti sembravano debellati (in realtà alla sua morte confessò amaramente che pensava si fossero semplicemente nascosti!), possiamo con notevole grado di certezza riconoscere che fino al pontificato di Pio XII (cioè fino al 1958), tale grave deformazione della fede dovette però rimanere clandestina e comunque al di fuori della Curia romana (Santa Sede). Si trattava però, con tutta probabilità, di una sorta di “fiume carsico”, cioè sotterraneo, pronto a riemergere al momento opportuno e in grado di allagare pian piano il “campo di Dio” e risalire poi perfino ai piani alti dei sacri palazzi (tanto più che Roma stessa, come già ricordato, era caduta da alcuni decenni sotto il potere massonico risorgimentale e post-risorgimentale).
Anche sul piano politico, se i Patti Lateranensi e il Concordato tra Chiesa e Stato in Italia (1929) avevano permesso, non senza gravi difficoltà, un ritorno dei Cattolici nel panorama politico italiano, emerse tra essi una divisione e sostanziale diversità nel modo di intendere tale loro presenza: una più decisamente confessionale ed una più “liberale” (o “laica”, come diremmo oggi). Fu questa seconda concezione che di fatto si impose, nonostante non fosse allora appoggiata dal Vaticano (come dimostrano ad esempio i non lievi attriti tra Pio XII e Alcide De Gasperi). Tale divisione riuscì però per decenni a convivere pure nelle due fondamentali correnti del Partito dei Cattolici (DC), col prevalere in genere di quella anticamente detta liberale, paradossalmente favorevole ai governi di centro-sinistra. La nota e tragica fine, ad opera delle Brigate rosse (1978), di un esponente autorevole di tale corrente, Aldo Moro, amato discepolo di Paolo VI fin dai tempi della FUCI, segnò senza dubbio un durissimo colpo al loro auspicato “compromesso storico” (tra cattolici e comunisti), che sembrava raggiunto proprio in quel momento!
La fine del comunismo nell’Europa dell’est (1989/1991) – che a rigor di logica doveva vedere il trionfo della “Dottrina sociale della Chiesa” (che fin dai tempi della Rerum novarum come in tutte le altre encicliche sociali aveva messo in guardia dagli errori sia del socialismo come del capitalismo selvaggio, ponendosi come una sorta di “terza via”, rispettosa sia della singola persona come della sua stessa dimensione sociale e quindi del “bene comune”) – segnò invece il tracollo della presenza politica dei Cattolici in Italia. Mancato certo anche l’appoggio degli USA – che non ne avevano più bisogno per contrastare il più forte Partito Comunista dell’Occidente (PCI, stato per decenni alle dipendenze da Mosca ma ora in grado di volgersi sempre più ad interessi “atlantici”, come dimostrano attualmente anche i suoi eredi) – la DC fu invece disintegrata, sotto il bombardamento giudiziario e mediatico della cosiddetta “tangentopoli” (1992/1994). Fu in quel drammatico epilogo della presenza dei Cattolici in politica (peraltro da tempo immemori della Dottrina sociale della Chiesa), che riemerse in tutta la sua virulenza la loro spaccatura, mettendosi di fatto in lotta tra loro e al servizio dei due antitetici “poli” e relativi governi, fino alla loro ben prevedibile eclissi, resi cioè totalmente insignificanti, come presenza cristiana, anche quando si professano tali e vanno persino ad occupare pure le più alte cariche dello Stato!
Con l’elezione nel 1958 di Giovanni XXIII (subito applaudito dai media come il “Papa buono” e così rimasto per decenni nell’immaginario collettivo … come se Pio XII non lo fosse stato!), sia per l’età che per la bonarietà del suo tratto umano [nonostante circolino documentate accuse di fraterni legami con importanti “modernisti” italiani (v. E. Buonaiuti) e persino legami massonici (specie quando fu Nunzio Apostolico a Parigi*)], si attuarono certo delle aperture, ingenue o capziose è difficile saperlo, che portarono subito allo scoperto quel fiume carsico (modernismo), così da prendere rapidamente il sopravvento, persino nel Concilio Vaticano II. [* cfr. G. Magaldi, Massoni, MI 2021, pp. 29/30]
Com’è noto, Giovanni XXIII, nonostante l’età avanzata (che nel Conclave del 1958 faceva pensare ad un papato breve e transitorio, dopo che fallì, si dice a motivo di un veto esterno, la candidatura e forse persino la stessa elezione del card. Giuseppe Siri!), indisse invece subito (annunciato già il 25.01.1959) il Concilio Ecumenico Vaticano II, il 21° Concilio ecumenico della storia della Chiesa [tra l’altro il precedente, il Vaticano I (1870), dovette sciogliersi in tutta fretta a motivo dell’invasione di Roma da parte dei Piemontesi (la fatidica “breccia di Porta Pia” del 20 settembre proprio di quell’anno!) e si sentiva pure la necessità di concluderlo].
Si scelse di caratterizzare il Vaticano II solo come Concilio “pastorale”, cioè senza dover raggiungere affermazioni dogmatiche e relativi “anatema sit” (cioè scomuniche), com’era in genere nella tradizione e nei compiti di Concili così importanti come quelli di tutta la Chiesa (detti ecumenici) e con la necessità di far fronte a dolorose e pericolose eresie [il Concilio precedente al Vaticano I fu quello “di Trento” (1545-1563), che dovette far fronte pure all’enorme eresia “protestante” appena scoppiata]
Tale connotazione pastorale, potrebbe in tal senso permettere persino una critica, una non accettazione (almeno parziale) e addirittura una futura revisione, specie per alcuni suoi documenti. Persino Bergoglio lo fece intendere ai seguaci di mons. Lefebvre (vedi), cosa che avrebbe scatenato una furiosa reazione e forse persino uno scisma se fosse stata fatta da Benedetto XVI !
Dopo una relativamente serena fase preparatoria (a guida della Curia romana), il Concilio ebbe solenne inizio l’11.10.1962. A motivo di questa buona preparazione, Giovanni XXIII credeva ingenuamente che il Concilio potesse concludere i propri lavori entro poche settimane [accennò “a Natale” anche nel celebre ma improvvisato discorso (“anche la luna stasera … date una carezza ai vostri bambini”) affacciandosi, la sera dell’inizio del Concilio e dopo l’insistenza del suo segretario, su una piazza S. Pietro gremita e in festa per l’evento vedi].
In realtà un’agguerrita minoranza liberale (progressista) dei Padri conciliari (specie dell’episcopato tedesco, olandese e francese) riuscì subito ad imporsi, a far cestinare quanto era emerso nella fase preparatoria e a portare alla ribalta delle questioni assai delicate e novità al limite dell’eresia (significativo in tal senso, come già accennato, che la teologia di Karl Rahner, fino a poco prima in odore di condanna e scomunica, assunse repentinamente il ruolo quasi di “linea guida” dei lavori conciliari, come poi in seguito della teologia imperante, mentre ad esempio quella di H. U. von Balthasar, di elevatissimo spessore e di sicura ortodossia, nonostante taluni oggi ne dubitino, sia stata censurata).
Si scatenarono aspri dibattiti anche ai più alti livelli: si pensi ad esempio a quelli tra il card. Ottaviani (Prefetto del S. Uffizio, persona che incarnava la Tradizione della Chiesa) e il card. Bea (prelato tedesco di stampo modernista, creato da Giovanni XXIII cardinale e Presidente del nuovo Segretariato per la promozione dell’unità dei cristiani, punta di diamante del futuro ed equivoco ecumenismo). Proprio a personaggi come il card. Bea, che aveva pure contatti con la massoneria giudaica statunitense (come si ricorda nella conferenza sotto citata), si deve proprio il trionfo dell’idea di “ecumenismo” e di rapporti paritetici con le altre religioni, uno dei punti più controversi del Concilio e di fatto un radicale cambiamento rispetto alla bimillenaria tradizione della Chiesa [si ascolti in proposito la testimonianza diretta dell’arcivescovo Marcel Lefebvre, che era presente, come autorevole membro della ristretta Commissione preparatoria del Concilio (si veda anche il video, dove ai minuti 10’/20’ si parla esplicitamente di questo scontro)].
Giovanni XXIII morì il 3.06.1963, quando il Concilio non aveva ancora prodotto alcun documento.
Il Concilio verrà continuato dal nuovo Papa Paolo VI, durò 3 anni, produsse numerosi documenti (specie nell’ultimo concitato periodo) e si concluse l’8.12.1965.
Nonostante certi equilibri faticosamente raggiunti e qualche permanente ambiguità, è abbastanza evidente che il Concilio Ecum. Vaticano II abbia rappresentato una novità e talora persino un cambiamento radicale rispetto alla Tradizione bimillenaria della Chiesa, soprattutto circa l’ecumenismo, il dialogo con le altre religioni, il rapporto tra Chiesa e Stati, evidenziando pure una nuova visione della stessa Chiesa (si ascolti ancora in proposito la testimonianza di mons. Lefebvre).
Al di là dei numerosissimi e talora verbosi documenti prodotti (che pochi hanno effettivamente letto per intero, anche tra i più entusiasti fautori del tanto acclamato e presunto “spirito del Concilio”!), è comunque chiaro che fin dai primi anni del post-Concilio s’è assistito a radicali cambiamenti, fino all’eruzione incontrollata anche delle più stravaganti interpretazioni dottrinali, liturgiche e pastorali; ne ha fatto immediatamente seguito pure un impressionante e mai più cessato svuotamento di Seminari e Noviziati e persino l’abbandono di moltissimi sacerdoti e consacrati!
Se per molti il Concilio rappresentava per la Chiesa la possibilità di una “nuova Pentecoste” e la speranza di una nuova “primavera”, per altri (come abbiamo qui già ricordato nella II Parte) esso costituiva una vera e auspicata “rivoluzione”, un vero ripudio del passato, della Tradizione, del Magistero di sempre, e l’inizio di una “nuova Chiesa” (magari vagheggiando un ritorno alla prima comunità cristiana, più immaginaria che reale, e comunque come se lo Spirito Santo fosse stato assente per 20 secoli)!
Se anche in molti Vescovi era fervida l’attesa di questa nuova “primavera” (e se tardava era colpa di chi opponeva resistenza alle novità del Concilio) e se lo stesso Giovanni XXIII vedeva ormai prossimo il sorgere di questo nuovo sole (ma morì senza vederlo) e diceva di non credere ai “profeti di sventura” (che i decenni successivi hanno invece dimostrato aver avuto ragione!), anche l’entusiasmo e la speranza di Paolo VI furono assai presto deluse (tanto da essere ricordato come un Papa “mesto”), se persino nell’omelia della solenne S. Messa dei SS. Pietro e Paolo di pochi anni dopo il Concilio (29.06.1972 – vedi) non nascose la tristezza per una attesa “primavera” che si era invece palesata come “gelido inverno”, fino a drammaticamente confessare che «pare che da qualche fessura sia entrato il fumo di Satana nel tempio di Dio»!
Ricordiamo inoltre che nel 1968, mentre in Occidente infuriava la contestazione e rivoluzione giovanile (vedi), Paolo VI fu travolto dalla contestazione non solo di moltissimi cattolici ma persino di interi episcopati, rimasti assai delusi dall’Enciclica Humanae vitae sulla castità matrimoniale, a tal punto che negli ultimi 10 anni del suo Pontificato (terminato il 6.08.1978) non osò più promulgare alcuna enciclica (vedi)!
A riprova che, al di là degli abusi e delle deviazioni del post-Concilio prossimo o remoto (su cui comunque i Vescovi non hanno vigilato), ci fossero comunque nel Concilio se non altro delle pericolose ambiguità, che permettevano di aprire “fessure” e varchi in tal senso, permane il dato che anche dopo decenni sia stato ancora necessario parlare di una sua corretta “ermeneutica”, cioè interpretazione (non della “rottura” ma della “continuità”, vedi il primo discorso natalizio di Benedetto XVI alla Curia Romana) o di una contrapposizione tra un Concilio “reale” e un Concilio “mediatico” (vedi l’ultimo discorso di Benedetto XVI al clero, tenuto a braccio per circa un’ora, dove elegantemente il Papa, già rinunciatario, parla di Concilio “mediatico” per non dire quello effettivamente attuato in settori non solo marginali della Chiesa).
Anche a livello autorevole, si parlò esplicitamente di grandi “novità” introdotte dal Concilio, persino di un “radicale cambiamento”, addirittura nel modo stesso di intendere la Chiesa, oltre al suo rapporto con le altre Confessioni cristiane e con le altre Religioni e persino con gli Stati, di cui si esaltò la “laicità” (fu il Vaticano stesso a chiedere di togliere il Cattolicesimo come “Religione di Stato” dalle Costituzioni di quei Paesi che ancora si gloriavano di indicarla).
Ciò potrebbe dunque indurre a pensare che per quasi 20 secoli la Chiesa non solo avesse sbagliato e fosse persino ignara o errante sulla propria stessa identità (!), voluta da Cristo Signore, o che questa potesse mutare?!
Si ascolti ancora la testimonianza diretta (di chi era presente ai lavori conciliari, addirittura a livello di Commissione centrale) di mons. M. Lefebvre [2 conferenze in italiano: Venezia (1980 – ascolta), ed una a Torino (1984, ascolta, qui anche con video-documentario).
Dopo la brevissima (33 giorni!) parentesi del comunque già significativo pontificato di Giovanni Paolo I, il carisma e il lungo pontificato (27 anni) di Giovanni Paolo II, coadiuvato dal Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede card. Joseph Ratzinger (che volle e mantenne accanto a sé fino alla morte) costituirono senza dubbio un freno al dilagare delle eresie moderniste.
[Torneremo però a fare una sottolineatura ed offrire un possibile chiarimento su due passaggi quantomeno delicati e rischiosi anche di questo luminoso Pontificato: la questione degli “incontri di Assisi con tutte le religioni” e quella della cosiddetta “richiesta di perdono” per i peccati dei cristiani in occasione del Giubileo del 2000]
Ovviamente, le novità del Concilio si sono poi trasferite anche nel nuovo Codice di Diritto Canonico del 1983 (vedi) e nei nuovo Concordati (compreso quello con l’Italia, rinnovato nel 1984)
[si ascolti in merito ancora l’illuminante conferenza di mons. Lefebvre sopra citata]
Torneremo brevemente su questi decisivi passaggi dell’ultimo secolo. Era però sempre più evidente, specie per chi frequentava ambienti ecclesiastici, anche “abbastanza elevati” (come disse il card. Ratzinger nella conferenza citata qui nella I Parte), che la “madre di tutte le eresie” (modernismo, progressismo) era più viva che mai, anche a livelli sempre più alti della vita della Chiesa, come una sorta di “scisma sommerso”, e talora poteva anche permettersi di emergere dal livello “carsico” e pure di alzare la propria voce, persino come una sorta di ricatto, appunto come minaccia di un verso e proprio scisma (come ad esempio nella Chiesa tedesca, austriaca, svizzera, olandese e belga – cfr. qui già quanto detto nella I Parte e su cui torneremo anche nell’ultima). Si veda un chiaro riferimento a questo possibile scisma, ad esempio nell’accorata omelia di Benedetto XVI nell’ultima sua S. Messa “del Crisma” del 2012!
Significativo ad es. che nel 1999 un pensatore italiano, sedicente cattolico e dichiaratamente progressista, come Pietro Prini, abbia scritto un libro (e tenesse conferenze, anche ad alto livello cattolico) con questo titolo: “Lo scisma sommerso. Il messaggio cristiano, la società moderna e la Chiesa cattolica” (Garzanti – vedi)
Per questo, l’elezione il 19.04.2005 di Benedetto XVI, cioè del card. J. Ratzinger (per oltre 23 anni garante dell’autentica fede cattolica come Prefetto della Congr. per la Dottrina della fede e primo collaboratore di Giovanni Paolo II, contrastato ed avversato da moltissimi ambiti della Chiesa cattolica, oltre che da grandi poteri occidentali), rappresentò quasi un miracolo e costituì per così dire una sorta di sfida ai “lupi” (vedi omelia di inizio pontificato) del mondo “progressista” se non addirittura dei poteri forti “massonici”*!
* Sarebbe bene anche ricordare che il card. J Ratzinger, come Prefetto della CdF, sottolineò che, nonostante che il nuovo Codice di Diritto Canonico non ne facesse (inspiegabilmente!) più esplicita menzione, la “scomunica” per chiunque aderisse alla Massoneria era ancora permanente! (vedi)
Forse nelle potenti logge non se lo sono più dimenticato…!
Com’è noto, tutto ciò ha portato Benedetto XVI, l’11.02.2013, alla storica, grave (come ricordò egli stesso) Rinuncia al Pontificato, che ha destato e ancora desta angoscianti e laceranti domande, persino per la scorrettezza canonica di alcuni suoi decisivi aspetti, anche se in genere coperte (pure in senso mediatico; e con sistemi assai poco consoni al tanto declamato dialogo e spirito sinodale), fatto passare come se avesse compiuto un atto che oggi dovrebbe essere considerato “normale” e che invece in 2000 anni è avvenuto solo 10 volte (in questi termini “mai nell’ultimo millennio”! disse poi incredibilmente e sorprendentemente lo stesso Benedetto XVI, in termini infatti chiaramente erronei dal punto di vista storico ma criptici ed esplosivi dal punto di vista del significato (vedi il documento apposito, redatto in occasione della morte, il 31.12.2022).
Quanto sta accadendo ora nella Chiesa Cattolica risente ovviamente di questo retroterra (che nelle sua radici risale indietro addirittura di secoli – cfr. II Parte) e ne rappresenta per così dire la conseguenza e forse l’epilogo. Vi ritorneremo in seguito (V Parte).
Potremmo in questo senso essere al tramonto di un lungo periodo … e forse persino di un modo di “vedere” la Chiesa come assai evidente nel mondo (dai tempi di Costantino e dell’Editto del 313 d. C.).
C’è persino chi ha notato come potrebbe essere pure significativo che Benedetto XVI sia morto il 31.12.2022, cioè nel giorno stesso in cui morì il Papa San Silvestro I, Pontefice appunto al tempo dell’imperatore Costantino e dunque primo Papa uscito dalla clandestinità del cristianesimo!
Dunque, siamo se non alla “fine dei tempi” almeno alla possibile fine di un periodo quasi bimillenario della storia della Chiesa?
Pare accenni a questo Benedetto XVI nel 2016 (firmandosi dopo 3 anni ancora col nome da Papa!), parlando con P. Seewald in uno dei suoi ultimi libri (Ultime conversazioni, Garzanti), dove (p. 218) incredibilmente accenna alla possibilità che egli sia l’ultimo Papa (vedi profezia di Malachia), almeno come si è inteso finora!
Del resto, a proposito della Chiesa, già nel 1969 il giovane teologo J. Ratzinger si lanciò in una strana ma lucida profezia (vedi), in cui tra l’altro disse: “Dalla crisi odierna emergerà una chiesa che avrà perso molto. Diventerà piccola e dovrà ripartire più o meno dagli inizi. Non sarà più in grado di abitare molti degli edifici che essa aveva costruito in tempi di prosperità. Man mano che il numero dei suoi fedeli diminuirà, perderà anche molti dei suoi privilegi sociali. Rispetto all’epoca precedente, sarà considerata molto di più come una società volontaristica, cui s’accederà solo in base a una decisione libera”.
Nello stesso tempo, potremmo invece essere, per straordinario intervento divino e dopo una grande e dolorosa “purificazione”, all’alba questa volta sì di una nuova Pentecoste, dai tratti e modalità però a noi ora ignoti, anche se da oltre un secolo annunciati (“trionfo del Cuore Immacolato di Maria Santissima”) e davvero manifestazione non solo di una nuova eccezionale effusione dello Spirito Santo sulla Chiesa (anche con segni straordinari), ma pure un’era di pace per il mondo (un mondo che potrebbe essere nell’alternativa di tornare a Cristo o di andare verso la propria stessa autodistruzione, come abbiamo visto nella II Parte)!
Rimane comunque quell’inaudito n. 675 (vedi) dell’autorevole Catechismo della Chiesa Cattolica, dove, in modo mai registrato in alcun precedente ed ufficiale Catechismo della Chiesa, si parla della “Prova finale della Chiesa” in questi termini:
675. “Prima della venuta di Cristo, la Chiesa deve passare attraverso una prova finale che scuoterà la fede di molti credenti. La persecuzione che accompagna il suo pellegrinaggio sulla terra svelerà il «mistero di iniquità» sotto la forma di una impostura religiosa che offre agli uomini una soluzione apparente ai loro problemi, al prezzo dell’apostasia dalla verità. La massima impostura religiosa è quella dell’Anti-Cristo, cioè di uno pseudo-messianismo in cui l’uomo glorifica se stesso al posto di Dio e del suo Messia venuto nella carne”.
Risente della terza parte (nella parte censurata) del segreto di Fatima (vedi dossier), nota però agli estensori del Catechismo, Giovanni Paolo II e all’allora (1992) Prefetto della CdF card. J. Ratzinger?
Precisazioni
Come abbiamo ricordato fin dall’inizio del presente documento, al fine di dissolvere ingannevoli equivoci ed evitare dolorose lacerazioni (e persino un possibile tragico scisma!), è necessario chiarire alcune premesse, alcune “questioni di fondo”, ovviamente nella genuina e sincera ricerca della “verità”, senza cui non solo i verbosi dibattiti o i duri scontri non avrebbero alcuna soluzione ma condurrebbero ad una frattura sempre più vasta e persino insanabile.
Torniamo quindi brevemente, con qualche particolare precisazione, su alcune delle “questioni di fondo” della fede cattolica, su cui oggi si riscontra spesso ignoranza, confusione e talora persino pertinace e colpevole eresia.
Sulla Rivelazione divina (e la fede)
La fede cristiana non è un vago “senso religioso” o un rifugio wellness per star bene con se stessi o trovare il conforto di una comunità di amici, ma fondamentalmente è obbedienza (che è segno di amore, cfr. Gv 14,15.21.24) a Dio che si è rivelato (cfr. ad es. S. Paolo: Rm 1,5; Rm 15,18; Rm 16,19; 2Cor 9,13; 2Cor 10,5-6; e S. Pietro: 1Pt 1,22).
È dunque risposta, libera ma doverosa, ad un’iniziativa divina, una risposta d’amore a Dio-Amore che chiama l’uomo alla comunione con Sé. Per questo non si tratta di una nostra iniziativa, di una costruzione umana, che potremmo manipolare a piacimento, secondo vedute soggettive e mutevoli secondo i tempi e le circostanze.
Il cristianesimo poggia sulla Rivelazione di Dio stesso, che trova il suo culmine in Cristo, vero Dio e vero uomo; per questo è ben più di una semplice “religione”!
Si tratta della suprema iniziativa d’amore di Dio per noi (“per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo”, come recitiamo nel Credo). Noi dobbiamo conoscere tale iniziativa divina e con la Sua grazia aderirvi sempre più, per essere salvi eternamente.
Evidentemente, senza questa consapevolezza, ogni discorso teologico ed ogni problematica ecclesiale o pastorale sarebbero vanificati in partenza!
La prioritaria preoccupazione della Chiesa Cattolica di mantenere e trasmettere l’autentica dottrina non è dunque un nostalgico rimanere ancorati al passato o un “immobilismo”(accusa lanciata oggi a chiunque voglia rimanere fedele addirittura a ciò che Dio stesso ha detto e la Chiesa ha sempre insegnato!) che renderebbe incapaci di conoscere e rispettare le singole situazioni e persone, ma semplicemente conoscere e fare la volontà di Dio al fine di ottenere la salvezza eterna di tutti gli uomini!
Questa è la missione della Chiesa; ed anche la più grande carità verso gli uomini di tutti i tempi (perché è donare loro la vera vita e la salvezza eterna).
[Cfr. la preoccupazione prioritaria di garantire e difendere l’autentica dottrina, nelle parole stesse di Gesù e in tutto il Nuovo testamento (vedi alcune citazioni)]
Per Rivelazione divina si intende ciò che Dio ha voluto rivelare all’uomo per salvarlo.
Ha avuto due tempi: il primo (Antico Testamento), Rivelazione di Dio al popolo ebraico, costituisce una lunga e progressiva preparazione al secondo, cioè alla venuta di Cristo (Nuovo Testamento), fondamentale, definitiva e insuperabile Rivelazione di Dio a tutta l’umanità di tutti i tempi.
Gesù non abolisce ma porta a compimento, perfeziona e completa l’A. T.: rivela pienamente Dio (SS.ma Trinità), il senso della vita umana (non abolisce ma perfeziona i 10 Comandamenti) e il suo destino eterno (rivela il paradiso e l’inferno); supera invece moltissimi precetti dati al popolo ebraico (che il cristiano non deve più osservare).
L’A. T., come preparazione a Cristo, mantiene il suo valore di Parola di Dio anche per i cristiani.
La pienezza della Rivelazione divina è in Cristo, vero Dio e vero uomo, la Parola stessa di Dio (Logos/Verbum) fatta “carne” (Incarnazione).
Proprio per questo è definitiva e insuperabile; e non ha bisogno di completamenti (e neppure aggiornamenti), fino alla fine del mondo!
Già solo per questo si capisce che l’Islam (unica grande religione nata dopo Cristo, nel VII sec.) sia una religione falsa: pur mantenendo grandi valori ebraici e cristiani (come il monoteismo, cioè un Dio unico, Creatore e Giudice universale) e persino molte norme dell’A. T. biblico, riconosce in Gesù solo un grande profeta, prima dell’arrivo del grande e definitivo Profeta (Maometto).
Dio non si rivela all’uomo e all’umanità per soddisfare qualche curiosità e neppure per svelarci dati scientifici (che Dio ha creato ma lascia alla nostra intelligenza scoprire), ma per salvarci.
Ecco perché nella Bibbia non troviamo risposte scientifiche, ma ciò che è necessario sapere per la nostra salvezza. Nello stesso tempo fu proprio la Rivelazione biblica ad offrire all’umanità la base stessa della scienza, in quanto consapevolezza del Creato come opera di un Dio-Logos, intelligente, e quindi in modo non caotico ma razionale (vedi).
Semmai troviamo nella Bibbia risposte di valenza pure filosofica (cioè sul perché e il senso della realtà e della vita umana) di altissimo livello, anche razionalmente indagabili e confrontabili con le più alte scoperte che l’umanità ha raggiunto. Per questo fin dai primi secoli il cristianesimo non ha fatto alleanza con le Religioni (pagane od orientali) ma coi vertici della filosofia classica greca (Platone e Aristotele).
Questo felice e fecondo incontro tra la vera filosofia e l’autentica teologia cristiana ha avuto un importantissimo riverbero sull’intera civiltà occidentale, specie nel “luminoso” millennio che va sotto il nome improprio di Medioevo (vedi il dossier).
La Rivelazione divina, pur superando certo le nostre capacità, può e deve essere conosciuta ed indagata senza sosta, per penetrare sempre più nel mistero e nella vita stessa di Dio e per conoscere come deve essere condotta la nostra vita!
La scoperta della Verità è già in sé un grande gaudio, perché l’uomo è fatto per la verità (anche Platone afferma che per l’uomo la scoperta della verità è già in sé una grande gioia, prima ancora che per l’utilità pratica che tale scoperta può fornire). Del resto Gesù stesso dice, significativamente proprio rispondendo alla tentazione di Satana di ridurre il bisogno umano e la stessa Sua missione solo a livello materiale: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio” (Mt 4,4); così come sottolinea “conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” (Gv 8,32). Se poi la verità scoperta è proprio Cristo (Verità incarnata), allora non c’è gaudio più grande e salvifico (v. ancora Gv 8,36)!
Penetrare sempre più profondamente nella Verità rivelata, nel mistero stesso di Cristo e della Santissima Trinità, è allora non solo possibile, secondo diversi livelli di intelligenza e di grazia divina, ma doveroso, senza pigrizia spirituale (accidia) e senza fermarsi mai, perché si tratta del nostro stesso cammino di santità, che è il motivo stesso per cui esistiamo!
La Rivelazione divina all’uomo di ogni tempo e luogo ha il suo culmine in Cristo (Verbo Incarnato, cioè la Seconda Persona della SS.ma Trinità, la Sapienza/Logos stesso di Dio, fatta carne). Quindi il suo culmine “biblico” è il Vangelo (i 4 Vangeli “canonici”, cioè riconosciuti fin all’inizio come autentici e ispirati da Dio: Mc, Mt, Lc e Gv; Matteo e Giovanni sono Apostoli essi stessi, quindi hanno avuto un’esperienza diretta di Gesù lungo tutta la Sua vita pubblica).
Fanno però parte del N. T., oltre ai 4 Vangeli, altri 23 libri, considerati ispirati da Dio e quindi Parola di Dio: Atti degli Apostoli (ancora di Luca), molte Lettere di Apostoli (di cui 13 sono di S. Paolo) e l’Apocalisse, unico libro profetico del N. T. e ultimo libro della Bibbia.
Questo perché, anche se il culmine insuperabile della Rivelazione di Dio all’uomo è Cristo (Dio stesso fatto uomo), però gli Apostoli ci aiutano in modo unico a conoscere e penetrare nel mistero di Cristo. Con la morte e gli scritti dell’ultimo Apostolo (Giovanni*) termina la Rivelazione di Dio all’umanità!
*Giovanni, unico Apostolo morto non martire ma per anzianità (secondo una tradizione, Dio lo mantenne incolume anche se immerso nell’olio bollente, dove lo gettarono per ucciderlo), morì verso la fine del I Secolo; ciò è possibile perché quando seguì Gesù (circa 30 d.C.) era poco più che adolescente (era il più giovane degli Apostoli e il prediletto dal Signore). Oltre a scrivere per ultimo il suo Vangelo, il più teologicamente profondo e con una struttura sua (mentre gli altri 3 Vangeli hanno una struttura simile e per questo sono detti “sinottici”), nel N. T. abbiamo di Giovanni anche 3 Lettere e l’Apocalisse (parola che significa Rivelazione; è l’unico libro profetico del N.T. e l’ultimo della Bibbia).
Tra l’altro anche gli Ebrei che non hanno riconosciuto in Gesù il Messia promesso e ancora lo attendono, ammettono, senza saperselo spiegare, che da 20 secoli Dio non abbia dato altra Rivelazione (come invece avveniva frequentemente, attraverso fatti e parole, nell’A. T.).
Com’è noto, i 46 libri dell’A. T. ed i 27 libri del N. T. formano la Bibbia. Essa, che è la vera Rivelazione di Dio agli uomini e trova il suo centro e culmine insuperabile in Cristo, non è dunque semplicemente un “libro sacro”, paragonabile ad altri libri sacri di altre religioni. Oltre ad essere composta (ispirata da Dio attraverso autori sacri) da 73 libri (vedi) e scritti in arco di tempo di oltre mille anni, è fondamentalmente una storia (la “storia della salvezza”).
Tale “storia della salvezza” occupa un arco di tempo molto lungo, di circa 2000 anni. Infatti l’A. T., con un preludio che risale fino alla Creazione (primi 11 capitoli di Genesi), va da Abramo* a Cristo (cioè 19 secoli di storia del popolo ebraico), mentre il N. T. occupa solo il I sec. d.C., come appena sopra ricordato.
* Abramo è il capostipite del popolo ebraico (anche come albero genealogico) e si colloca all’incirca attorno al 1800 a.C.; è considerato “padre nella fede” non solo dagli ebrei, ma anche dai cristiani e persino dai musulmani. Interessante notare che attualmente la religione ebraica (20 milioni di seguaci?), quella cristiana (2,5 miliardi di seguaci) e quella musulmana (1,5 miliardi di seguaci), costituiscono oltre la metà della popolazione mondiale! Con ciò si vede attuata anche la promessa iniziale fatta da Dio ad Abramo: pur anziano e con moglie sterile, avrebbe avuto una discendenza numerosa “come le stelle del cielo e la sabbia del mare” (cfr. Gn 22,17)!
Dunque la Bibbia, oltre ad essere composta da 73 libri, occupa una storia di circa 20 secoli.
Una nota sulle cosiddette “Rivelazioni private”
Quelle che in questi 2000 anni (con maggiore frequenza negli ultimi 3 secoli) vanno sotto il nome di “Rivelazioni private” sono in genere “eventi soprannaturali straordinari” – miracoli, doni mistici, apparizioni o locuzioni interiori (di Gesù e assai più spesso, per mandato divino, di Maria Santissima) che comportano pure delle “rivelazioni”, cioè dei “messaggi”, talora solo per pochi o per particolari situazioni, in alcuni casi invece per l’umanità intera (vedi dossier “Miracoli”). Esse non fanno parte della Rivelazione di Dio all’umanità (terminata appunto con l’ultimo libro della Bibbia) e come tali non impegnano la fede cattolica di un fedele (cioè si può essere “cattolici” anche senza crederle), persino quando sono riconosciute dalla Chiesa. Possono però essere molto utili e persino gravi ed urgenti, non solo per le singole anime ma talora per l’umanità intera e per la storia (vedi ad esempio le apparizioni di Fatima). Pur non essendoci appunto l’obbligo di crederle e seguirle, neppure quando sono riconosciute dalla Chiesa, sarebbe però quantomeno un atto di superbia non porvi devota attenzione.
Il giudizio della Chiesa su queste “Rivelazioni private” spetta anzitutto al Vescovo locale e nei casi più importanti può coinvolgere il giudizio stesso del Papa. Dopo una rigorosa indagine, che prevede anche il giudizio della scienza (vedi dossier Miracoli) e ancor più un giudizio teologico (perché evidentemente una rivelazione privata che smentisse “la Rivelazione” sarebbe comunque falsa, perché Dio non può smentire se stesso!) il giudizio della Chiesa può formularsi in 3 modi: 1) “constat de supernaturalitate” (cioè si constata la soprannaturalità dell’evento) e come tale se ne ammette anche il culto e la devozione (anche se, come abbiamo ricordato, ciò non obbliga nessuno, anche cattolico, a crederlo); 2) “non constat de supernaturalitate” (cioè la soprannaturalità dell’evento non è o non è ancora constatabile) e come tale rappresenta una sorta di “sospensione di giudizio”, che potrebbe in futuro lasciare spazio ad una delle altre due soluzioni; non se ne proibisce però la credenza e la devozione (nell’ovvio solco della autentica preghiera e vita cristiana); 3) “constat de non supernaturalitate” (cioè si nega che sia un fatto soprannaturale e quindi di origine divina) e come tale non va creduto e seguito (perché, oltre che falso e talora potrebbe persino nascondere motivi di guadagno, tale evento, anche in buona fede, potrebbe essere addirittura un inganno del demonio).
Sulla Parola di Dio (Dei Verbum)
Forse molti non sanno che per “Parola di Dio” (Dei Verbum), secondo la fede/dottrina cattolica (a differenza dell’eresia protestante), non si intende solo la Sacra Scrittura (Bibbia), che pur ha la priorità, ma anche la Tradizione e il Magistero (della Chiesa Cattolica).
A scanso di equivoci, tale importante verità è stata ovviamente confermata anche dal Concilio Ecumenico Vaticano II proprio in un documento apposito (Cost. Dei Verbum, spec. nn. 8-10).
La Sacra Scrittura (la Bibbia), “ispirata” da Dio agli autori sacri dei testi riconosciuti tali dalla Chiesa (libri detti “canonici” e quindi parte del “Canone”), ha ovviamente la priorità e deve avere la massima importanza nella vita di un fedele cristiano cattolico, come conoscenza, meditazione e obbedienza nella vita concreta (“ignorare la Sacra Scrittura è ignorare Cristo!”, diceva il Padre della Chiesa S. Girolamo).
Il suo centro vitale, quindi da privilegiare anche nella nostra conoscenza e meditazione, è ovviamente il Vangelo (che ci fa conoscere Gesù), ma anche tutto il Nuovo Testamento, che ci aiuta a penetrare meglio nel “mistero di Cristo”.
La Sacra Scrittura, specie ovviamente il N.T., è “Norma normans non normata”, cioè è norma (guida) per tutta la Chiesa e per ogni cristiano, ma non può essere contraddetta (non normata) da nessuno (neppure dal Papa!), perché tutti ne sono sottomessi, essendo appunto Parola di Dio.
Proprio perché Dio non parla ed opera soprattutto attraverso un libro ma è una Presenza viva, soprattutto quella del Risorto nella Chiesa (il Verbo si è fatto “carne”, non “carta”! e non a caso Gesù non scrive nulla) e l’azione in essa dello Spirito Santo (che ci fa conoscere sempre meglio, senza ovviamente mai contraddirsi, Cristo stesso – cfr. Gv 16,13), la Bibbia, pur essendo fonte originaria e fondamentale della Rivelazione, non va soggetta a personale interpretazione (cfr. 2Pt 1,20), né esaurisce tutta la Parola di Dio (Dei Verbum).
Per Parola di Dio infatti, come abbiamo ricordato, non si intende dunque in modo protestante la “sola Scrittura” (come diceva appunto Lutero), ma la perenne Tradizione della Chiesa Cattolica e il suo Magistero, specie di Pietro e dei suoi successori (Papi), come Cristo stesso ha voluto (cfr. Mt 16,18 e Lc 22,32).
Come poi sottolineeremo, anche la Liturgia, come vera opera divina (opus Dei), fonte e culmine della vita della Chiesa, nell’unione indissolubile di lex orandi e lex credendi (per raggiungere la lex vivendi), è non solo vero nutrimento spirituale, ma il modo con cui Dio ci raggiunge e ci santifica, oltre ad essere il nostro vero culto a Lui!
Tutto ciò deve esprimersi (e quante volte l’ha fatto nella storia!) anche nella bellezza dell’arte, nelle sue diverse modalità, compresa la musica sacra!
Questo insieme armonico e indistruttibile è il sacro “depositum fidei”, che nessuno (nemmeno un Papa) può tradire o cambiare (cfr. 1Tm 6,20; 2Tm 1,12.14).
Tutto ciò è stato appunto distrutto dall’eresia protestante. Nella sua apparente rivalutazione della Sacra Scrittura, perché invece censura tutto ciò che in essa la smentirebbe, persino interi libri (ad es. Gc), l’abbandona all’interpretazione “soggettiva”, per cui si moltiplicano all’inverosimile e persino in modo contraddittorio non solo le interpretazioni ma i gruppi e persino le sedicenti Chiese della Riforma (vedi). Tale grave errore, che sembra appunto tanto valorizzare la Sacra Scrittura quando invece l’abbandona a continue diverse interpretazioni e persino la censura se non corrisponde ai propri schemi teologici, è presente tuttora non solo nei diversi gruppi e Chiese protestanti, fino ad arrivare alle sètte neppure cristiane (vedi i Testimoni di Geova, sempre con la “loro” Bibbia in mano, che censura però tanti testi che li smentiscono clamorosamente, e non sono considerati cristiani, neppure dai Protestanti, in quanto negano la divinità di Cristo!), ma purtroppo oggi assai diffuso anche nella Chiesa cattolica: si parla sempre della Parola, ma si abbandona alle interpretazioni anche più arbitrarie, si censurano i testi “scomodi” e “politicamente scorretti”, che smentirebbero la sensibilità attuale e persino la diffusa predicazione, per non parlare di molta “esegesi” di tipo liberale e modernista, che già da tempi ormai remoti (ma i tragici effetti si fanno sentire oggi!) ha censurato gran parte del suo livello soprannaturale!
Proprio a motivo di questa unità e completezza della Dei Verbum (Sacra Scrittura, Tradizione e Magistero della Chiesa), nessuno (nemmeno un Papa!) può contraddire, soprattutto su questioni di fede o di morale, non solo la Sacra Scrittura, ma anche la perenne Tradizione ed il continuo Magistero della Chiesa!
È infatti significativo che i Papi, nel loro magistero, citino continuamente non solo la Sacra Scrittura, ma anche gli insegnamenti dei Padri della Chiesa, dei Dottori della Chiesa, dei Santi e soprttutto del Magistero precedente; è molto significativo che i Pontefici che citino continuamente ed amabilmente, specie nei loro documenti ufficiali, i loro “venerati Predecessori”, proprio per sottolineare questa continuità e questo intangibile “depositum fidei”! [Triste osservare come invece ora assai raramente o per nulla ascoltiamo questo rimando ai Predecessori; anzi sono talora persino contraddetti!]
S. Paolo – che pur ha avuto carismi talmente speciali da farne l’Apostolo delle genti (pur non essendo stato tra i 12 che hanno seguito Gesù) e le sue 13 lettere sono entrate nel N. T. come ispirate da Dio (e quindi come vera Parola di Dio) perché in modo superlativo ci fanno conoscere ed entrare nel mistero di Dio! – non osa inventare nulla. Così infatti si esprime (lo dice in riferimento all’Eucaristia, ma è estensibile a tutta la sua dottrina e missione): “Tradidit quod et accepi” (“Vi ho trasmesso ciò che ho ricevuto”, 1Cor 15,3). Per non parlare di Gal 1, 6-12 (che riportiamo al termine di questa Parte), dove tra l’altro sottolinea: “se anche noi stessi o un angelo dal cielo vi predicasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo predicato, sia anàtema” cioè scomunicato!
Tradizionalista? Semplicemente cattolico!
In base a quanto abbiamo sopra ricordato, “tradizionalista” non è allora termine che indichi qualcosa di opzionale, né tanto meno di dispregiativo. La fedeltà alla Tradizione (Traditio), nel senso profondo e cattolico del termine (depositum fidei fedelmente trasmesso), è semplicemente un grave dovere morale, per rimanere fedeli a Cristo ed essere salvi! Non è dunque termine che indichi persona (o comunità) nostalgica dei tempi passati, di antiche forme e liturgie, o addirittura considerato poco caritatevole perché legato ad un “immobilismo” incapace di capire le diverse e mutevoli situazioni delle persone, ma è connotazione semplicemente “cattolica”, in quanto doverosamente rimasta nel solco bimillenario, perenne, immutabile, del vivo “depositum fidei”, cioè nella luce viva con cui lo Spirito Santo dispiega lungo il tempo la corretta e sempre più piena comprensione dell’unica Verità che Gesù Cristo stesso è, ci ha detto e donato (cfr. Gv 14,6; Gv 13,16).
Tradizione e sviluppo del dogma
Come vedremo ancora più avanti, ci può e ci deve essere una comprensione sempre maggiore di ciò che Dio ha rivelato – e Gesù ci invia lo Spirito Santo anche per questo (cfr. Gv 16,13) – ma ovviamente mai una negazione o contraddizione di questo (com’è proprio, tra l’altro, della verità in quanto tale, come abbiamo ricordato all’inizio di questo documento).
La Chiesa, anche attraverso gli studiosi (esegeti, teologi) e alimentata talora anche da nuovi “carismi” (doni dello Spirito Santo per l’edificazione dell’unica Chiesa), ma comunque sempre sotto la guida del Magistero, può cioè penetrare sempre meglio nel mistero di Cristo (nella volontà di Dio); ma non può mutarla, perché Dio, Essere perfettissimo e assoluta Verità (non quindi falsamente ed hegelianamente inteso, come oggi spesso capita), non si sbaglia, non muta, non si contraddice, non ha bisogno di aggiornarsi, ci conosce perfettamente, e in quanto Amore infinito non ci inganna di certo!
Sulla Chiesa
[Ecco quindi una doverosa precisazione, oltre a quanto già detto nel presente sito, vedi la catechesi sulla Chiesa (sezione “Un aiuto per < per capire la fede”, n. 5)]
Da 20 secoli (e sarà fino alla fine del mondo e della storia) siamo tra la prima venuta di Cristo (nell’umiltà della natura umana, assunta e redenta) e la Sua seconda venuta, quando tornerà nella gloria, come Giudice universale, cioè quando tutti saranno sottoposti al Suo giudizio e inizierà di conseguenza per ogni singola persona, anche con il proprio corpo risorto, l’eternità beata (paradiso) o dannata (inferno), secondo l’adesione o meno alla volontà di Dio e non secondo i nostri pensieri!
La Chiesa, che cresce nel tempo e nello spazio in questo tempo “intermedio”, ha ricevuto dal Suo Signore un “mandato” (missione) fondamentale e irrinunciabile, cioè quello di annunciare Cristo (il Vangelo) e di salvare mediante l’azione dello Spirito Santo che opera soprattutto attraverso il Battesimo e gli altri Sacramenti, istituiti per la nostra salvezza (cfr. Mt 28,18-20).
Questo è dunque il compito e l’opera principale della Chiesa nel mondo e nella storia: la salvezza eterna delle anime (salus animarum).
[Circa la concretezza della “vita cristiana” e l’Aldilà (escatologia) si vedano nel sito, nella sezione “Un aiuto per < per capire la fede”, la parte 6 (vedi) e 7 (vedi)]
La Chiesa Cattolica (“Credo la Chiesa, una, santa, cattolica e apostolica”, come recita il Credo o Simbolo niceno-costantinopolitano del IV secolo e tuttora ripetuto in ogni S. Messa domenicale e nelle solennità) è quella fondata e voluta da Gesù Cristo (e Suo Corpo mistico), guidata dallo Spirito Santo, fondata sugli Apostoli (e successione apostolica: Vescovi) e avente come guida suprema Pietro (e suoi successori, come Vescovi di Roma, cioè il Papa, Vicario di Cristo).
Non è quindi paragonabile alle altre Confessioni cristiane, che pur credono nella divinità di Cristo e donano il Battesimo nella Santissima Trinità.
Alla Chiesa ortodossa, separatasi dalla Chiesa Cattolica nel 1054, pur mantenendo la successione apostolica, manca il riconoscimento e il legame col Papa (al Vescovo di Roma viene riconosciuto solo un “primato” d’onore), che non è certo un elemento secondario ma fondante dell’autentica Chiesa voluta da Cristo Signore (cfr. Mt 16,18-19). Si tratta quindi di una Chiesa “scismatica” (cioè separatasi dalla Chiesa Cattolica). Nella dottrina e nella liturgia, pur con diverse ma legittime sensibilità, mantengono il sano “depositum fidei”; differiscono solo sulla cosiddetta questione del “Filioque”, cioè negano che lo Spirito Santo “proceda dal Padre e dal Figlio” (vedi nel Credo).
Invece, nelle diverse Confessioni protestanti, nate dalla cosiddetta Riforma del XVI secolo e sempre moltiplicatesi in innumerevoli gruppi (quasi mai d’accordo neppure tra loro su quale sia l’autentica fede – vedi), oltre allo scisma, cioè alla separazione dal Papa e dall’autentica Chiesa Cattolica voluta da Cristo, sono subentrate gravissime eresie (persino la negazione di quasi tutti i Sacramenti), cioè gravissime deformazioni della fede cattolica trasmessa dai tempi apostolici (come se per loro lo Spirito Santo fosse stato assente per 15 secoli, visto che non può certo sbagliarsi o contraddirsi, e Gesù avesse abbandonato nell’errore la Sua Chiesa per 15 secoli, nell’attesa che giungesse Lutero, Calvino, Melantone, Zwingli …)!
Sulla singolarità della sedicente Chiesa anglicana, nata anch’essa nel XVI secolo per le bizzarrie del re Enrico VIII e suddivisasi in molteplici rami, vedi il documento.
La parola “scisma” indica una separazione netta dalla Chiesa Cattolica (voluta da Cristo, “una” (in Lui), “santa” (nella sua essenza, nella sua autentica dottrina e nei Sacramenti che donano la vita divina), “cattolica” (cioè universale) e “apostolica”, (fondata cioè sulla fede degli Apostoli e nella comprovata successione apostolica dei vescovi e del Papa).
La parola “eresia” (alla lettera: scelta) indica una negazione o deformazione di una o più verità di fede
La parola “apostasia” indica invece la negazione totale dei fondamenti della fede (ad esempio la SS.ma Trinità o la divinità di Cristo) da parte di chi invece prima li credeva.
Per questo si può amaramente constatare che l’Europa, patria fondamentale del cristianesimo, che ha irradiato in tutto il mondo e nel primo millennio ha vissuto una sostanziale unità “cattolica”, se nel XI sec. ha conosciuto lo “scisma d’Oriente” (con la nascita della Chiesa Ortodossa, diffusa principalmente in tutta l’Europa orientale) e nel XVI secolo ha visto un altro terzo della sua rimanente popolazione separarsi dalla Chiesa cattolica e divenire fortemente “eretica” (sedicenti Chiese Protestanti o della Riforma, cui si aggiunge la Chiesa anglicana), oggi è precipitata quasi totalmente nel baratro dell’”apostasia”. [vedi Esortazione Ap. di Giovanni Paolo II] Torneremo su questo panorama anche nell’ultima parte del presente documento.. Rimangono in Occidente sparuti ma assai promettenti gruppi e monasteri cattolici (in genere assai legate alla Tradizione vedi), mentre nell’Europa orientale, dopo il gelo dei 70 anni della terribile persecuzione comunista atea, si assiste ad un grande rifiorire della fede cristiana (ortodossa).
Invece, come abbiam già detto, i “Testimoni di Geova”, nati negli USA a fine XIX sec., nonostante che essi si dichiarino tali, non sono invece “cristiani”, in quanto, pur rifacendosi alla Bibbia e al Vangelo, che citano e interpretano arbitrariamente (sia pur in modo ossessivo, anche a domicilio!), non riconoscono la “divinità” di Cristo, punto discriminante per professarsi o meno “cristiani”! Come abbiamo ricordato, non sono riconosciuti “cristiani” neppure dai Protestanti; anche se a ben vedere anche la logica di fondo di queste nuove sètte, che proliferano sempre molto negli USA, è sempre protestante, nel senso di un’interpretazione nuova e stravagante della Parola di Dio, secondo i loro fondatori, come se prima di loro lo Spirito Santo fosse stato assente e Cristo non avesse abitato e guidato la Sua Chiesa!
Un’ultima osservazione in merito …
Abbiamo già osservato, e ancora vi ritorneremo, che una mentalità di fatto “protestante” è purtroppo penetrata progressivamente all’interno stesso della Chiesa Cattolica.
Per questo, anche un pur lodevole maggiore riferimento di alcuni gruppi o movimenti alla Sacra Scrittura, la lascia però all’interpretazione personale del singolo, di questa o quella scuola esegetica, di questo o quel leader, movimento, associazione, gruppo, cioè senza alcun riferimento alla vera, integrale e perenne Tradizione e all’autentico Magistero della Chiesa! Sarebbe quindi auspicabile e doveroso, vista anche l’attuale ignoranza religiosa, talora al limite dell’analfabetismo (specie delle nuove generazioni), che insieme al lodevole riferimento alla Sacra Scrittura e a questo o quel testo di meditazione o catechesi, si facesse un serio studio ed un costante riferimento al Catechismo della Chiesa Cattolica (vedi), vera autorevole e completa sintesi della fede, della conoscenza dei Sacramenti, della morale cattolica e della preghiera cristiana), o almeno al suo Compendio (vedi), che il luminoso Magistero di Giovanni Paolo II (e Benedetto XVI) ci ha donato ma che è stato colpevolmente e gravemente non accolto, persino rifiutato o comunque solo episodicamente e raramente citato! Bibbia e Catechismo, cattolicamente parlando, devono stare insieme sul nostro tavolo di catechesi e meditazione!
Sullo stesso sfondo di fatto “protestante” (più o meno consciamente o inconsciamente tale), si pongono anche tutte le domande e gli innumerevoli dibattiti sulla “Chiesa”, su “quale Chiesa vogliamo o dobbiamo costruire”, su “cosa dobbiamo fare per essere al passo coi tempi”, su “quale sia il compito del prete”, su “come celebrare in modo più partecipato o interessante la liturgia” ….
Tutto ciò si moltiplica sia a livello locale, diocesano ma anche parrocchiale o dei singoli gruppi, associazioni e movimenti, fino ai più alti livelli della Chiesa universale, col moltiplicarsi di incontri, assemblee, convegni, Sinodi ….!
Così, sempre sulla scia protestante, possiamo pure osservare, come abbiamo già sopra sottolineato, che la tanto e lodevolmente osannata Parola (un modo moderno e persino unilaterale e talora persino ossessivo per dire la Sacra Scrittura), va poi ad incappare in terribili censure dei “testi scomodi” (quelli che smentirebbero appunto il politically correct di certi nuovi programmi pastorali!), secondo un metodo disonesto di citare o interpretare la Bibbia (proprio appunto dei Protestanti e persino dei Testimoni di Geova, ora penetrato però anche nella Chiesa Cattolica, anche ad alti livelli …)!
Ad esempio, qualcuno oggi avrebbe il coraggio di citare, anche in qualche solenne incontro cattolico o in un “programma pastorale”, certi chiari testi (pure del N. T. e persino certe parole di Gesù!) contro il divorzio (Mt 5,32), gli atti omosessuali (Rm 1,24-32) e altri peccati sessuali (1Cor 6,9-20; Ef 5, 18-20), contro il dialogo interreligioso (At 4,12) o l’accoglienza di chiunque nella Chiesa (Mt 7,15; Mt 10,28.32-41; Ef 5,6-11; 1Tm 4,1-6; Tt 1,10-11; 2Gv 7-11; Gd 3-8.12-13.17-23; Ap 2,19-26)…
[Per un più vasto elenco di citazioni del N. T. sul dovere di difendere l’autentica dottrina (vedi) o sulla morale sessuale (vedi)]
Sulla testimonianza e l’aiuto dei Santi
Dobbiamo compiere una precisazione anzitutto sulla questione della “testimonianza”, in quanto oggi, anche nella Chiesa, se ne presenta spesso un’accentuazione unilaterale e falsa, come se la verità dipendesse dalla testimonianza.
Anche questo esagerato insistere sul valore della testimonianza risente di quella progressiva perdita dell’oggettività della verità (come abbiamo ricordato nella Premessa della I Parte) e della metafisica (una filosofia del divenire ed esistenzialista che fa sentire il proprio potente influsso anche sul pensiero e sulla vita della Chiesa, cfr. II Parte).
La testimonianza ha certo una grande valore, sia per il testimone stesso che per chi la riceve.
La propria capacità di testimonianza (al di là dei diversi doni naturali e soprannaturali che una persona può avere) dimostra al testimone stesso se ci crede veramente, quanto sia preparato e quanto sia disposto a “pagare” per la verità testimoniata (anche in termini di isolamento, derisione, talora vere e proprie persecuzioni morali e persino fisiche, in certi casi addirittura con la morte, come nel caso del “martirio”).
Circa il dovere missionario
La “missione”, come dice la parola stessa, è un “mandato” che Cristo stesso ha dato alla Sua Chiesa, come suo compito prioritario nel tempo (quanto durerà la storia) e nello spazio (fino ai confini del mondo) (cfr. Mt 28,18-20). Pure ogni singola comunità cristiana ed ogni singolo battezzato e cresimato ha questo compito da Dio (il sacramento della Cresima abilita ed obbliga particolarmente alla missione!), di cui renderà conto a Dio eternamente e persino in modo grave (cfr. Mc 8,38).
Oggi, in un clima culturale sempre più relativista e sincretista, si tende anche nella Chiesa a minimizzare e persino azzerare questo mandato divino, sotto il pretesto del “dialogo” e la condanna del “proselitismo”, in realtà a motivo dello smarrimento che l’unica salvezza è in Cristo e attraverso la Sua Chiesa (vedi il contestato richiamo della Dominus Iesus) (salvo ovviamente le “vie straordinarie” che Dio può utilizzare per salvare un’anima dalla dannazione eterna).
A proposito della recente ripetuta condanna del “proselitismo” (o si pensa proprio ad azzerare la missione?!), ricordiamo che con tale termine si intende invece la pratica, deprecabile certo, di obbligare fisicamente, moralmente o psicologicamente alla fede, promettendo vantaggi, magari di tipo economico o sociale.
La testimonianza esistenziale (l’esempio di vita) ha poi un grande valore, per sé di tipo più psicologico che veritativo, nei confronti degli altri, che spesso sono più attratti e convinti, specie all’inizio, da un buon esempio che da un sapiente discorso.
Gesù stesso, che pure sottolinea molto l’importanza del buon esempio e l’immensa gravità di chi invece crea scandalo (cfr. Mc 9,42), sottolinea pure l’importanza di seguire l’insegnamento (ovviamente se è vero) anche quando l’insegnante non ne offre una testimonianza di vita (cfr. Mt 23,2-3).
Non è vero che basti il “buon esempio”
Come si può già osservare, l’importanza è data dalla verità o meno di ciò che si testimonia (oggettività della verità, appunto smarrita dalla cultura dominante, costretta allora a parlare solo di coerenza e tolleranza), perché anche il “buon esempio” non basta, né tanto meno la “coerenza” ha un valore in sé. La “tolleranza” (parola tanto cara alla Massoneria, che poi nel proprio grande e subdolo potere è tutt’altro che tollerante, tanto più nei confronti di chi parla appunto della Verità), che sembra un valore indiscutibile (come la parola “rispetto” e persino la parola “amore”), in realtà è oggi una parola equivoca che nasconde un gravissimo errore: il relativismo (non si può conoscere la verità, tutto è relativo e opinione). Neppure la “coerenza” è un valore in sé (anche se è importante che una persona viva ciò in cui crede), perché se uno fosse coerente con una propria idea sbagliata dovremmo augurargli di essere “incoerente”, per cercare e camminare nella verità (e salvarsi)! Anche il tanto declamato “buon esempio”, che da solo sarebbe sufficiente (addirittura si dice dei genitori nei confronti dei figli), se è certo un dovere ed ha un enorme capacità di creare consenso e spingere alla sequela della verità, in sé non è sufficiente, perché per sé non dice ancora nulla (come per la coerenza) sulla verità o meno di una posizione. Occorre dunque, prima o poi, nei momenti opportuni e talora anche inopportuni (cfr. 2Tm 4,2), annunciare esplicitamente la verità, spiegarla, approfondirla, farla conoscere (S. Paolo: “come potranno credere senza averne sentito parlare? e come potranno sentirne parlare senza uno che lo annunzi?” Rm 10,14).
È inoltre giusto che l’annunciatore della verità, che deve certamente esserne il più possibile anche un testimone esistenziale cioè dare l’esempio, annunci di più di quello che sa già vivere, anche perché l’ascoltatore (discepolo, educando, figlio, amico) ha diritto di sapere tutta la verità e non solo quella che il testimone sa vivere, e potrebbe essere più santo, conoscendo tutta le fede cristiana, rispetto a chi gliela annuncia! Tra l’altro, se la verità annunciabile fosse solo quella che uno sa vivere, di passaggio in passaggio (ad esempio di generazione in generazione) la verità diminuirebbe sempre più fino a non essere più conosciuta (perché si perderebbe sempre qualcosa, quello che uno non sa ancora vivere).
Insomma ciò che conta è la verità o meno del contenuto annunciato, non solo la testimonianza di chi l’annuncia. Perché appunto la verità è indipendente da chi la dice e pure da quanti la dicono.
Gli scandali non contraddicono il Vangelo
Questo chiarimento è molto importante anche per i fatti contrari, perché spesso sono proprio le contro-testimonianze (brutti esempi, talora anche molto forti) che impediscono la conversione di chi ascolta o ne inficiano e persino bloccano il cammino spirituale. Tutto ciò ha una gravità immensa (“scandalo”, parola che significa appunto ostacolo) nei confronti dei “piccoli” e non solo di età ma anche per ignoranza o pochezza di contenuti (come dice Gesù stesso, cfr. Mc 9,42).
È dunque importante che si capisca questa “indipendenza” della verità dalla testimonianza o contro-testimonianza di chi l’annuncia; perché se un buon esempio non dice immediatamente la verità del contenuto (appunto non basta la coerenza, bisogna vedere di cosa siamo testimoni e coerenti e quindi parlare di questo contenuto), anche un cattivo esempio (persino uno “scandalo”) non smentisce affatto la verità annunciata! Se nella vita ci muoviamo con intelligenza, nella ricerca della Verità ad ogni costo perché ne va di mezzo la nostra stessa vita e la salvezza eterna, allora ci sta a cuore questo, e se ci rattrista certo vedere un cattivo testimone (magari a livello di scandali molto gravi!) ciò non dovrebbe minimamente impedire il nostro cammino di verità (conversione); semmai preghiamo per quel falso testimone (e se possibile correggiamolo, cfr. Mt 18,15-17), perché si converta e viva (e si salvi pure dall’inferno, se lo meriterebbe per questo scandalo); non siamo così stolti da non seguire la Verità (Cristo) e andare all’inferno noi per questo!
Del resto, facciamo giustamente così anche per la vita quotidiana: nessuno si priva di guidare un’auto perché c’è qualcuno che guida male o nessuno studente va più a scuola o all’università perché c’è qualcuno che è bocciato. Noi cerchiamo di seguire la verità e fare il nostro dovere!
Evangelizzazione (primo annuncio cristiano) e catechesi (approfondimento della fede)
Una volta precisata questa questione, talora decisiva per il proprio cammino, dobbiamo allora chiederci e indagare sulla verità del cristianesimo e conoscere (e far conoscere) sempre meglio i contenuti della fede, che hanno anche una loro “ragionevolezza” (cfr. 1Pt 3,15), cioè hanno delle prove convincenti in sé. Ecco l’importanza e la grande carità di un annuncio esplicito e corretto di Cristo (missione, evangelizzazione) e di una continuo approfondimento dei contenuti della fede cristiana (catechesi, letture), senza timidezze nei confronti degli altri e senza pigrizia (accidia) nei confronti di se stessi.
Abbiamo questo fondamentale diritto di conoscere l’autentica fede cristiana e il dovere di annunciarla; un dovere che abbiamo nei confronti di noi stessi, degli altri e ovviamente di Dio!
Come abbiamo ricordato nella I Parte (e pure sopra), il centro di tutta la fede cristiana è la Risurrezione di Cristo, cioè la sua vittoria definitiva e completa sulla morte, il suo essere vivo (anche col corpo), quindi il suo essere Dio (ovviamente l’unico, perché non ci possono essere più Dèi; e Gesù ci svela di essere la Seconda Persona della SS.ma Trinità, Dio uno e trino) e quindi la Verità assoluta, indubitabile, immutabile, eterna! Tutto il resto, della fede e della morale cristiana, né è la conseguenza (avevamo citato come lo esprime con decisione S. Paolo ai Corinzi, cfr. 1Cor 15,14).
Inutile quindi girare attorno al problema senza affrontarlo, magari con la scusa appunto delle contro-testimonianze (e magari invece non conoscendo o non volendo conoscere, complice anche la cultura dominante, ciò che di straordinario la Chiesa Cattolica ha sempre fatto, specie attraverso i suoi Santi e non solo, in ogni tempo e luogo, anche nel presente!) o per coprire la propria pigrizia spirituale (accidia) se non addirittura la non-voglia di convertirsi (certamente incoraggiata dal diavolo, che ha questo come scopo prioritario sulla nostra vita, fino alla nostra morte), di cambiare e di essere salvati da Cristo; anche se talora è proprio l’ignoranza della vera fede e della bellezza del cristianesimo a non dare slancio esistenziale ed anche missionario.
Ora, anche l’avvenimento (perché la fede cristiana, a differenza di tutte le Religioni, non poggia su una teoria ma su un avvenimento, soprattutto questo!) della Risurrezione di Cristo ha le sue “prove ragionevoli” e indagabili, soprattutto la testimonianza degli Apostoli, che dimostrano (lo si capirebbe anche nell’ascolto di un testimone in un processo penale) che non possono mentire, perché dopo aver avuto le apparizioni del Risorto sono cambiati improvvisamente e nessuno più riuscì a farli tacere o fermare, fino a dare tutta la loro vita per Cristo e morire per Lui!
[vedi nel sito la catechesi n. 4 della sezione “Un aiuto per < per capire la fede”]
Se è vero che la verità non dipende neppure dal numero di coloro che la seguono (Gesù sarebbe risorto e sarebbe quindi l’unico Dio e Salvatore dell’uomo anche se rimanessero in pochissimi a crederlo!) è però certo un dato sconvolgente che dopo 2000 anni ci siano ancora 2,5 miliardi di cristiani, cioè di persone che credono in Lui e Lo seguono, per molti anche a costo della morte! Se contassimo poi tutti i cristiani della storia? Tutti pazzi che credono a un Crocifisso e che in milioni e milioni si sono fatti persino uccidere per Lui (i martiri)? Potrebbe ragionevolmente essere qualcosa di falso, su cui anche un ragazzino odierno potrebbe sorridere e che potrebbe facilmente abbandonare senza neppure indagare (come infatti molti oggi fanno in Occidente, un Occidente dimentico delle radici stesse della propria civiltà, che su Gesù Cristo s’è formata e s’è diffusa nel mondo)?
Cristo Signore cambia la vita!
Qui si inserisce anche l’importanza non solo dei testimoni di Cristo, ma appunto anche dei Santi, la cui vita e i cui insegnamenti dobbiamo conoscere, a nostra edificazione spirituale.
[Nel sito abbiamo tutta una sezione “Sulle orme dei Santi” (vedi), che riporta alcune delle stupende catechesi che Benedetto XVI ha dedicato ad alcuni di loro]
Anche se, come abbiamo detto, la testimonianza non è immediatamente indicatrice della verità testimoniata, però è certo sconvolgente osservare come certe persone, al di là dei carismi personali che Dio ha dato loro e quindi talora della loro eccezionalità (specie nei Santi canonizzati), diano prova viva di come Cristo cambi la vita! Basterebbe ad esempio pensare cosa ne ha fatto Cristo e lo Spirito Santo di un “giovane-in” del 1200 ad Assisi (vedi S. Francesco).
In effetti possiamo tutti sperimentare, al di là delle caratteristiche della propria personalità (già tra gli Apostoli persino alcuni psicologi hanno individuato una gamma molto vasta di personalità; ed è così raro trovare due Santi simili, nonostante l’unica fede) come il decidersi ad aprire la porta della propria vita a Cristo la cambia radicalmente!
Non basta quindi solo un’adesione intellettuale, ma aprire totalmente a Lui le porte del proprio cuore (non in senso sentimentale ma proprio come un aprire alla Sua presenza la concretezza della propria vita: cfr. Ap 3,20).
Per chi ne ha le facoltà e l’opportunità, è però importante e persino doverosa anche una conoscenza razionale della fede, sia per convertirsi come pure per approfondire la fede [si pensi ad esempio, tra i più grandi Santi, alla riflessione filosofica e teologica di S. Agostino (vedi) o di S. Tommaso d’Aquino (vedi)].
È quindi importante, per chi può, anche l’apporto di una vera filosofia e di un’autentica teologia, comunque di una riflessione anche razionale sulla fede.
I grandi Santi hanno poi lasciato una scia di santità (spesso attraverso gli Ordini religiosi o realtà ecclesiali da loro fondati ma anche coi loro scritti) che perdura nei secoli [basterebbe pensare in tal senso a chi dopo secoli e secoli segue oggi, anche tra i giovani (vedi; vedi; vedi), la via tracciata da S. Benedetto (vedi), S. Bernardo (vedi), S. Francesco (vedi), S. Domenico (vedi); S. Teresa d’Avila (vedi) o la “piccola via” di santità testimoniata e indicata da S. Teresa di Lisieux (vedi)].
Assai spesso hanno trasformato anche la vita sociale e civile del loro ambiente, del loro tempo e talora anche dei secoli futuri [cfr. ancora S. Benedetto (non a caso Patrono d’Europa; vedi il monachesimo nel documento sul Medioevo) e S. Francesco d’Assisi (non a caso compatrono d’Italia insieme a S. Caterina da Siena vedi) … fino ad esempio ai grandi Santi detti appunto “sociali”, che hanno saputo far fronte, con la loro saggezza e carità cristiana, anche alle nuove problematiche sociali del XIX secolo, ad esempio in una Torino in fase di industrializzazione selvaggia (basti pensare a S. Giovanni Bosco ed altri Santi torinesi del tempo).
Ripetiamolo. Che Cristo sia la “Via, la Verità e la Vita” (Gv 14,6) e unico Salvatore del mondo (cfr. At 4,12) è assolutamente vero anche se fossero o rimanessero in pochi a crederlo!
Non è quindi la nostra esperienza a rendere vero Cristo e il Cristianesimo (anche questa riduzione della fede ad “esperienza”, parola chiave ripetuta in modo unilaterale in tutti i gruppi cattolici, specie giovanili, è erronea e segno dell’influenza della filosofia dell’esistenzialismo sulla fede cristiana, come abbiamo osservato nella II Parte), né la nostra testimonianza!
Però è grandioso e persino commovente constatare come l’incontro con Cristo, non solo per gli Apostoli e i primi cristiani, ma sempre e ancor oggi, possa cambiare radicalmente la vita, anche dalle situazioni più brutte e penose!
Lo testimoniano non solo i grandi Santi, ma in fondo chiunque Gli abbia davvero aperto le porte della propria vita. Lo testimoniano ancor oggi anche umili ma significative testimonianze anche di giovani che si erano smarriti anche in gravi deviazioni morali [nel sito, nella sezione video, ci sono ad esempio dei video con qualche loro testimonianza – video 1 – video 2 – video 3 – video 4] o che vivono in letizia persino la morte imminente (vedi la storia di David, oggi già morto e quasi sicuramente con Dio, visto che ottiene già delle grazie, leggi)]
[Sulla commovente ed eroica testimonianza di santità di alcuni giovani e persino piccoli bambini cristiani contemporanei, vedi ad es. nelle News del 24.12.2022, vedi pure News del 16.03.2021]
Fortissima e commovente la testimonianza del santo ragazzo messicano José Sánchez del Río (1913-1928), canonizzato il 16.10.2016 (vedi Notizia di quel giorno), che, nonostante la giovanissima età (14-15 anni) volle partecipare (se non altro come portabandiera) all’eroica epopea dei Cristeros, che si opposero anche con le armi alla dittatura massonica che voleva estirpare con atroce violenza la fede cattolica dal Messico, e subì il martirio, per fedeltà a Cristo e alla missione affidatagli, al grido di “Viva Cristo re!” [vedi la scena del martirio nello straordinario film Cristiada (2011 – vedi il trailer)].
La testimonianza suprema: il martirio
Ricordiamo infine che la testimonianza suprema è data proprio dai Martiri (la parola stessa “martirio” significa infatti “testimonianza”; oggi si usa anche in senso laico e persino improprio, ma è termine cristiano che indica appunto i cristiani eroicamente “morti per Cristo”), cioè di coloro che, pur di non tradire Cristo e la fede cristiana, si sono fatti torturare ed uccidere, dando appunto la testimonianza suprema dell’offerta a Cristo della vita fino a morire per Lui!
La Chiesa Cattolica ne ha sempre tenuto in grande venerazione la memoria, costruendo fin dai primi secoli anche grandi basiliche sulle loro tombe o comunque a loro dedicate; in genere se ne conserva una reliquia al di sotto degli altari delle chiese più importanti.
La loro memoria (festa) liturgica è sempre stata celebrata con grande solennità (i nomi di alcuni dei primi martiri, uomini e donne, sono addirittura entrati e permangono nella preghiera Eucaristica I o Canone romano).
Significativa è infatti la testimonianza dei primi martiri (gli Apostoli stessi muoiono tutti martiri, tranne Giovanni, e appunto i Protomartiri), che nell’Impero romano sono stati decine di migliaia! Quando il cristianesimo uscì dalla clandestinità (nel 313, sotto l’imperatore Costantino), si pensò subito, persino per volere stesso dell’imperatore, di costruire sulle loro tombe a Roma (o comunque anche altrove, in loro memoria) grandiose e stupende basiliche. [si veda in proposito la Traccia per un pellegrinaggio romano “Sulle orme degli Apostoli e dei Protomartiri romani”, con storici e gloriosi cenni biografici]
Sarebbe però errato pensare che il martirio abbia caratterizzato la vita della Chiesa solo nei primi due secoli, perché esso è stato vissuto da innumerevoli cristiani di ogni tempo e continente; e proprio il XX secolo è stato quello che ne ha conosciuto il maggior numero (si parla anche di 40 milioni di cristiani uccisi in odio alla fede)!
[Sull’atroce martirio di innumerevoli cristiani cattolici, anche nell’Europa dei tempo moderni, si vedano i documenti sulla modernità (vedi), sugli Anglicani (vedi), sulla rivoluzione francese (vedi) e quella russa (vedi)]
Non mancano anche nel tempo presente (nelle News del sito ne diamo spesso notizia, spesso censurata invece dai media).
Inoltre, oltre alla persecuzione fisica e cruenta, ce n’è un’altra assai vasta, comunque assai dolorosa, anche nelle società moderne più avanzate e democratiche, anche dell’Occidente, che passa attraverso l’emarginazione, il diniego, l’irrisione, fin dalle più tenere età per arrivare ai grandi centri di potere; anche se non mancano anche in queste attuali e progredite società violenti attacchi anche fisici contro i cristiani (ci sono nel sito molte News in tal senso, ma si veda anche all’interno del documento sulla situazione della Francia).
L’intercessione dei Santi
Se la testimonianza dei Santi è assai preziosa – e per questo dobbiamo con solerzia conoscerne le autentiche biografie e gli scritti! – ancora più preziosa è la loro assistenza (intercessione), che possono assicurarci dal Paradiso. Tutta la storia della Chiesa e potremmo dire anche ogni cristiano ha potuto e può sperimentare la potenza di questa loro intercessione, appunto nella “comunione dei santi” (che lega la Chiesa ancora “pellegrina” sulla terra, quella “trionfante” del paradiso e persino quella “purgante” ma comunque composta di anime sante del Purgatorio).
Dobbiamo quindi tenerli nella massima considerazione, nella nostra vita, preghiera e devozione.
Tutto ciò deve però mantenersi lontano da un atteggiamento non cristiano, se non persino superstizioso e pagano (come se fossero un “portafortuna” o comunque non ci conducessero ad una vita di fede più intensa e cattolica).
Non si tratta di “adorazione”, riservata solo a Dio, ma di “venerazione”. Per questo sbagliano i Protestanti a non avere il culto dei Santi e ad accusare la Chiesa cattolica quasi di idolatria che oscurerebbe la centralità di Cristo. I Santi (e sopra tutti Maria Santissima!) non oscurano affatto Gesù e la fede in Lui, ma la aiutano e la alimentano, col soccorso appunto della loro luminosa testimonianza e della loro potente intercessione!
Dobbiamo avere nei loro confronti un grande attaccamento spirituale. Abbiamo anche Santi Patroni, personali, di città, nazioni, continenti, e persino di stati di vita e professioni. Di uno di loro ne portiamo anche il nome (è bene, anzi sarebbe obbligatorio per il Battesimo, che si dia ai neonati il nome di un Santo e non certi nomi bizzarri di oggi! Tra l’altro, come segno di cambiamento radicale di vita, nel Battesimo di un adulto c’è il cambiamento anche del nome). Possiamo certo avere una particolare devozione e attaccamento spirituale ad uno o più santi, per motivi personali; ma non dimentichiamo appunto il Santo di cui portiamo il nome: egli o ella ci protegge particolarmente e intercede per noi, e quindi dobbiamo averne particolare venerazione e festeggiare per questo (come si faceva di più in passato e in certe regioni si fa ancora) la loro memoria liturgica come nostro “Onomastico”, con non minore gioia che per il Compleanno (che talora oggi conosce invece delle esagerazioni pagane).
Poi, com’è noto, il 1° novembre celebriamo la solennità di Tutti i Santi, cioè quelli non canonizzati (un numero sterminato, noto solo a Dio!); è una grandissima solennità, grazie a Dio rimasta anche festa civile, pero prima oscurata dalla memoria dei morti (per i Fedeli defunti è dedicata invece la liturgia del giorno seguente, 2 novembre) ed oggi tragicamente sostituita, fin dalle più tenere età, dalla festa pagana e persino satanica di “Halloween”
[Sui calendari cristiani, costellati appunto dalla liturgia e anche dalla memoria dei Santi, e i nuovi calendari pagani di oggi vedi documento apposito]
La Chiesa Cattolica, i morti e i Santi
La Chiesa cattolica, se sottolinea l’obbligo di seguire gli insegnamenti dell’autentico e perenne Magistero, voluto da Gesù e garantito dallo Spirito Santo [nel sito, sezione “Sulle orme … del Magistero” (vedi)], ci indica come modelli da imitare e protettori da pregare – dopo ovviamente Cristo stesso (vero Dio e vero uomo) e Maria Santissima (come la creatura più eccelsa e santa della storia) – i Santi, che non sono affatto di ostacolo, come pensano i Protestanti, ma di immenso aiuto per il nostro cammino di fede! [nel sito, sezione “Sulle orme di …” vedi “…dei Santi”; vedi catechesi introduttiva di Benedetto XVI]
Per questo la Chiesa Cattolica ha pure da Dio l’autorità (affidata in modo infallibile al Papa) di “canonizzare” (proclamare ufficialmente Santi) dei nostri fratelli o sorelle nella fede, ovviamente dopo la loro morte e dopo un lungo e rigoroso Processo [che normalmente richiede pure la conferma divina di un “miracolo”, scientificamente provato, ottenuto per l’intercessione del candidato, quindi da morto, che comprova così la sua vicinanza a Dio (uno per la Beatificazione e un altro per la Canonizzazione)], dandocene certezza della loro gloria eterna nel paradiso ed offrendoceli come modelli di vita (da imitare) e aiuti soprannaturali (da pregare e venerare).
Alla Chiesa spetta il grave mandato divino di insegnare a tutti gli uomini cosa si debba fare per essere salvi ed evitare (peccati mortali) per non essere dannati. Ha pure il potere, attraverso il Papa, di indicarci con certezza e in modo infallibile (dopo appunto un Processo canonico) i Beati e i Santi del Paradiso. Non ha invece la possibilità di conoscere il destino eterno di tutte le altre anime, se cioè siano realmente in Paradiso, in Purgatorio o all’Inferno.
Alcuni “mistici” (approvati dalla Chiesa) hanno avuto non solo la visione dell’Aldilà (questo è avvenuto anche in alcune apparizioni mariane, come a Fatima vedi) ma in certi casi anche la possibilità di sapere dove fossero le singole anime dei defunti e di comunicare con loro. Si tratta comunque di quelle “Rivelazioni private” o “doni mistici” (se non ricercati e non producono guadagno), di cui abbiamo sopra parlato, che non implicano necessariamente la fede e su cui si deve essere molto prudenti (come fa la Chiesa)! Vanno invece rigettati come estremamente pericolosi e gravemente peccaminosi tutti i tentativi di comunicazione coi morti e con l’Aldilà (medium o presunti sistemi di comunicazione con l’Aldilà), in quanto, al di là dei ciarlatani ingannatori e talora affaristi, c’è sempre in ciò un intervento diabolico (anche se indicasse dati esistenziali veri di queste persone o desse risposte precise sui defunti). Ciò può mantenere poi la presenza del demonio in certe persone (vessazioni o possessione) o in certi luoghi dove sono state fatte queste pratiche (infestazioni). [Se invece Dio concede eccezionalmente qualche communicazione sui o dai morti, assolutamente non ricercata, allora può essere un dono concesso]
[Sull’Aldilà esiste nel sito una catechesi apposita (vedi) come pure un’audio-catechesi (ascolta)]
La preghiera e soprattutto una Santa Messa offerta in particolare suffragio di un’anima di un “fedele defunto” ha ovviamente la sua efficacia solo per le anime Purgatorio, la cui purificazione può essere accelerata anche dalle nostre preghiere, specie la S. Messa offerta per loro, come dalle nostre penitenze offerte per questo.
L’unica certezza assoluta che certe anime sono in Paradiso si ha per i Santi “canonizzati”. Per tanti fedeli (a Cristo!) che hanno vissuto e sono morti nella Sua grazia, con sincero amore per Dio e per gli altri, possiamo certo ipotizzare che siano in Paradiso, ma non possiamo averne certezza (perché solo Dio può conoscere davvero un’anima)!
Non ci è dato neppure conoscere se un’anima si sia invece davvero dannata (sia cioè all’Inferno), neanche nei casi più gravi (possiamo lecitamente supporlo, se ad esempio di Giuda, che oggi è di moda rivalutare anche dai vertici della Chiesa, Gesù dice infatti esplicitamente che “sarebbe stato meglio per lui non fosse mai nato” Mt 26,24); perché non sappiamo che rapporto intercorra tra l’anima di un moribondo e Dio (momento decisivo, per i quale chiediamo il soccorso di Maria Santissima in ogni Ave Maria).
Non vi è alcun dubbio l’Inferno che esista (Gesù ne parla continuamente!) e non sia affatto vuoto, anzi! Anzitutto ci sono gli Angeli che appena creati si sono ribellati a Dio (i demoni/diavoli, in primis Lucifero/Satana – Dio non ha creato l’Inferno, ma esso è nato con la ribellioni di questi angeli e quindi col loro essere diventati diavoli!); poi ci sono tutte le anime morte consapevolmente e pertinacemente lontani da Cristo (unico Salvatore!) e dalla Sua grazia, cioè nel peccato mortale! Ciò non contraddice affatto l’infinito amore di Dio e la sua potentissima “misericordia”, perché sarebbe contro l’amore e la stessa misericordia impedire le libere scelte dell’uomo (come fu per gli angeli).
[Si veda in proposito quanto precisato nella catechesi sull’Aldilà]
Impressionante poi che nelle ultime importanti apparizioni mariane (vedi Fatima) la Madonna abbia fatto vedere l’inferno ai piccolo veggenti, che ne rimasero così impressionati da sostenere poi qualsiasi sacrificio pur di convertire i “poveri peccatori” perché non vi andassero!
La Chiesa cattolica prega e può celebrare le Sante Messe di suffragio per tutti i fedeli defunti (cioè battezzati nella Chiesa Cattolica), tranne appunto per i Santi canonizzati, che sono certamente in Paradiso (li preghiamo perché intercedano per noi).
Esistono invece dei limiti, indicati anche dal nuovo Codice di Diritto Canonico (Cann. 1176-1785, vedi Cann. 1183-1185) per celebrare le Esequie ecclesiastiche (funerali cattolici).
Oltre ovviamente a non poter celebrare le Esequie cattoliche per chi non era cattolico (e infatti non viene ovviamente neppure richiesto), esistono però condizioni perché non si possano celebrare le Esequie cattoliche (ma solo preghiere e poi anche SS. Messe di suffragio) anche di un Cattolico che notoriamente e pubblicamente sia morto in uno stato di pertinace apostasia (appartenendo ad esempio a gruppi religiosi, culturali o politici in chiara opposizione alla fede cattolica o malavitosi, oppure chi si dichiara apertamente e pubblicamente ateo) o di peccato grave, pubblicamente noto, senza dare alcun segno di pentimento, ad esempio rifiutando i Sacramenti (anche il sacramento del Matrimonio, convivendo o avendo solo un matrimonio civile; o chi ha rotto il proprio Matrimonio cristiano e vive non in castità un’altra unione, che Gesù infatti non può benedire perché ha chiaramente voluto il Matrimonio come indissolubile).
Lontano dalla fede e dalla vera liturgia cattolica è pure il modo come si celebrano spesso anche certe Esequie cattoliche (con elogi funebri di parenti e conoscenti, applausi) e soprattutto, anche nella predicazione, con la falsa concezione che quell’anima sia andata sicuramente in paradiso (?!) in qualsiasi stato sia deceduta (pensiamo ad es. a quelle condizioni sopra accennate, talora anche di personaggi importanti e quindi sotto i riflettori mediatici, o alle morti improvvise, in cui è assai raro che oggi uno, ad esempio un giovane, sia morto “in grazia di Dio”, magari invece in o dopo una notte di grave peccato, come in certi incidenti mortali notturni di tanti giovani)!
Tra l’altro il Rito delle Esequie scoraggia in ogni caso di fare un panegirico (parlare del morto) ma indica di concentrarsi invece sul mistero di Cristo morto e risorto e comunque sui contenuti della fede!
Circa le preghiere e le SS. Messe di suffragio (da un semplice L’eterno riposo alle 30 SS. Messe gregoriane, ma anche alle penitenze fatte con questa intenzione): sono ovviamente inutili (e vietate) per i Santi canonizzati (le SS. Messe, le preghiere e devozioni sono in loro onore e per chiedere la loro intercessione); sono pure inutili per le anime dannate dell’Inferno (che però, come abbiamo ricordato, non sappiamo con certezza quali siano, neppure per i casi più gravi), in quanto la loro condizione di dannazione è eterna e immutabile (“lasciate ogni speranza voi ch’entrate”, come ci ricorda anche Dante circa quanto affisso sulla porta dell’Inferno). Quindi le nostre preghiere, penitenze e soprattutto le SS. Messe di suffragio sono esclusivamente per le anime del Purgatorio, di cui accorciamo così il cammino e la sofferenza, con grande carità cristiana di cui queste anime sono immensamente grate!
Tra l’altro, visto che la Chiesa cattolica, fin dai tempo apostolici, ha sempre pregato e celebrato le SS. Messe per i morti, cioè per le anime del Purgatorio (anche le prime celebrazioni nelle Catacombe non erano solo per nascondersi ma soprattutto per celebrare accanto alle tombe dei cristiani defunti e spesso martiri), ciò dimostra che non è vero che l’esistenza del Purgatorio sarebbe una convinzione tardiva della Chiesa, addirittura medievale (come certuni dicono e predicano)!
Se l’anima per la quale preghiamo non avesse bisogno del nostro suffragio (perché già in paradiso) o per essa fosse inutile (perché all’inferno), tali preghiere vanno in suffragio di altre anime del Purgatorio, magari proprio quelle che ne hanno più bisogno o per le quali nessuno prega.
Un’ultima nota sulla confusione (eretica) attuale
Come dovrebbe essere purtroppo evidente, oggi circolano in modo sempre più invasivo anche nella Chiesa cattolica, nella sua predicazione, catechesi di base e sentire comune, ma talora anche molto in alto, delle gravissime eresie in merito a questo punto centrale della fede!
Si parla sempre meno dell’escatologia (dell’Aldilà) o in modo non cristiano (andare nel Nulla, ritornare nella Natura, reincarnazione – si veda in tal senso anche un piccolo documento sulla “cremazione”, purtroppo sempre più diffusa, che in sé è contraria alla fede cristiana nella finale “risurrezione della carne”, di tutti i morti anche con il proprio corpo – si veda anche un chiarimento sulla “donazione degli organi”), con grave danno alla vita spirituale, togliendo la percezione del combattimento spirituale e il dovere della lotta interiore per vincere il peccato, anzi togliendo preziosi freni al dilagare personale e sociale dell’immoralità (se si va a finire nel nulla o tutti in Paradiso)!
S’è infatti diffusa una nociva ed eretica idea della “misericordia” per cui tutti si salverebbero perché Dio è buono e misericordioso. Anche un quasi analfabeta del cristianesimo sa infatti che Gesù non parla affatto di questa salvezza totale finale (che è un’eresia condannata dalla Chiesa), anzi che gran parte della predicazione di Gesù riguarda il pericolo di dannarci eternamente, da cui solo Lui può salvarci (in questo sta il motivo della Sua Incarnazione e della nostra Redenzione) ma richiede anche la nostra personale accoglienza della grazia e conversione (sforzo tanto richiesto da Gesù, fin dall’inizio della Sua predicazione, e che sarebbe ovviamente vanificato se tutti e comunque fossero poi salvi)!
Sulla Liturgia
Una riflessione particolare, sia pur ovviamente assai sintetica, dobbiamo riservarla alla Liturgia. Essa è la preghiera ufficiale della Chiesa, la quale, come un corpo solo in Cristo (Suo Corpo mistico) e mossa dallo Spirito Santo, che in essa abita, eleva al Padre. La Liturgia non è dunque una preghiera privata (anche se può ovviamente essere elevata anche individualmente), o semplicemente devozionale, ma preghiera appunto della Chiesa in quanto tale. Per questo, a differenza delle altre preghiere, è regolata dal Magistero stesso della Chiesa e non è a disposizione di chiunque perché possa viverla o trasformarla a piacimento.
Per questo motivo, al di là dei diversi Riti e di parziali cambiamenti storici, la Liturgia conserva nel tempo e nell’universalità della Chiesa una sua sostanziale unità.
La Liturgia, che è “fonte e culmine” della vita della Chiesa e quindi anche del buon cristiano, è costituita dai 7 Sacramenti (compresa l’Eucaristia e quindi la S. Messa e l’Adorazione eucaristica) e la Liturgia delle ore, che ritma il tempo e la giornata della Chiesa.
Pur essendo molto importanti per la fede e per la vita spirituale, e assai spesso raccomandate anche dal Cielo (!), non sono invece preghiera “liturgica” il S. Rosario, la Via Crucis o altre preghiere e pie “pratiche di pietà”.
La Liturgia delle Ore è caratterizzata e sostenuta soprattutto dalla recita dei Salmi. I 150 Salmi sono preghiere ispirate da Dio che costituiscono un libro (Salterio) dell’Antico Testamento. Sono dunque pregate anche dagli Ebrei (ne hanno fatto certo uso anche Gesù stesso e Maria SS.ma!); ma proprio per questo, pur mantenendo il loro immenso valore, sono da leggere e pregare alla luce di Cristo e del N. T. (come tutto l’A. T.).
La Liturgia delle Ore è utile per la continua lode di Dio (bello pensare che sul pianeta, secondo i diversi fusi orari, c’è una lode continua della Chiesa) e per la santificazione della giornata e del tempo. Varia anche secondo i tempi liturgici (Avvento, Natale Quaresima, Pasqua, Tempo ordinario) e scandisce la giornata in 7 momenti di lode: Notturno o Ufficio delle Letture (per i monaci nella notte, per il clero e i laici possibile anche in altri momenti della giornata), Lodi (inizio della giornata), Ora Media [più breve, scandisce il centro della giornata, ponendo pause al lavoro e riportando la mente a Dio; ora suddivisa in Terza, Sesta e Nona (secondo il computo orario latino; precedentemente alla riforma contemplava anche Prima); il clero e i laici possono recitare anche una sola delle tre], Vespri (fine della giornata) e Compieta (prima del riposo notturno)]. Il monachesimo ne ha fatto e ne fa solenne e abbondante cadenza orante della propria giornata e dell’intera vita monastica. In genere è cantata, nella storia e spesso anche nel presente, secondo le fondamentali e imperiture melodie del “canto gregoriano”.
Il “canto gregoriano”, fiorito nel Medioevo (vedi dossier) e rimasto nei secoli, ha avuto persino un ruolo decisivo nella storia della musica (pure il nome delle note musicali deriva dalla Liturgia delle ore e dal canto gregoriano, vedi nel dossier citato) e mantiene nella Chiesa una grande importanza (non solo per i monaci ma per la liturgia della Chiesa intera) e come tale è raccomandato dallo stesso Concilio Vaticano II (cfr. S. C. n. 116), anche se purtroppo proprio a partire dal Concilio è stato in genere violentemente censurato.
Nel sito [sia nella II e VI Parte del dossier sul Medioevo (vedi) sia nel documento sulla fioritura di alcuni monasteri (in genere legati alla liturgia tradizionale) in Francia (vedi)] abbiamo citato ad esempio la straordinaria esperienza dei monasteri di Fontgombault (vedi) e di Barroux (vedi; qui; qui si può pure seguire, in diretta o differita, il canto della loro Liturgia delle Ore e della S. Messa)!
Per il clero secolare (sacerdoti) se n’è fatta una versione più ridotta, come numero di Salmi; da cui il nome Breviario al loro libro della Liturgia delle Ore. Dall’ordinazione diaconale in poi il clero è obbligato in coscienza a recitarla (sarebbe quindi per essi peccato non farlo; obbligo liturgico che paradossalmente non riguarda invece la celebrazione eucaristica), a nome e in favore di tutta la Chiesa.
La liturgia, che è “fonte e culmine” della vita della Chiesa (S. C., n. 10), non è sostanzialmente “opera umana”, sia pur attuata evidentemente anche da noi, ma “opera divina” (opus Dei), in cui si rende presente e operante il mistero di Cristo (Dio incarnato, morto e risorto, vivo e operante per mezzo dello Spirito Santo, per la nostra salvezza o Redenzione), quindi azione fondamentalmente soprannaturale (c’è dunque un aspetto visibile ed uno invisibile), che attua nel tempo il perfetto culto al Padre (nel “Sacrificio” del Figlio, che si rinnova in modo incruento sull’altare), nello Spirito Santo, quindi vero anticipo del paradiso (cfr. Ap 4; 5; 7; 19; 21; 22 – nella musica si può ad esempio ascoltare la parte finale del celebre Messiah di Händel) e nostra santificazione.
Non si tratta dunque di una realtà semplicemente umana, che possa essere toccata o mutata a piacimento …
Proprio in quanto “Preghiera della Chiesa”, come abbiamo sopra ricordato, la Liturgia non è lasciata ad un uso “creativo” personale o comunitario (neppure dei singoli gruppi, parrocchie, carismi o movimenti), ma è sapientemente regolata dal Magistero della Chiesa e dal Papa stesso (mediante appositi documenti, oltre alle stesse Rubriche liturgiche). C’è in merito nella Curia romana (a nome quindi del Papa) un apposito Dicastero (al di là delle responsabilità più recentemente affidate alle Conferenze Episcopali nazionali).
Lo stesso Codice di Diritto Canonico, nel Libro IV (Cann. 834-1253), ne disciplina la natura, i compiti, i diritti e doveri e ne sanziona i trasgressori.
Riti Cattolici
Nella Chiesa Cattolica, oltre alla persistenza delle “Chiese Orientali” (cattoliche, non la Chiesa ortodossa), con i loro Riti e persino il loro Codice, coesistono lecitamente, pur nella loro sostanziale unità, diversi Riti (23): latino (romano, ambrosiano, mozarabico, anglicano cattolico), bizantino (costantinopolitano; riti greco-cattolici di singole nazioni dell’est-Europa, come il Rito bizantino slavo), alessandrino, antiocheno (siriaco occidentale), caldeo (siriaco orientale), armeno, ecc.
[Nella stessa Italia, anche se la quasi totalità della Chiesa Cattolica è di Rito romano, persiste pure il Rito ambrosiano (nella grande Arcidiocesi di Milano), come pure alcune comunità cattoliche di Rito Orientale (specie nel centro-sud)]
Esiste quindi, all’interno della stessa Chiesa Cattolica, una ricchezza di Riti che affondano le loro radici nella storia e posseggono un patrimonio liturgico (anche musicale) di grande importanza, che è rimasto sostanzialmente immutato nei secoli (fino al 1970) e che a nessuno è lecito distruggere e neppure mutare radicalmente!
La Liturgia nella bimillenaria storia della Chiesa … e nel presente
Ovviamente non possiamo qui entrare neppur minimamente nella questione dello sviluppo storico della Liturgia della Chiesa Cattolica, dai tempi apostolici a quelli medievali, dal Concilio di Trento (1545-1563) e dal Messale Romano di S. Pio V (1570), fino all’innegabile svolta ad opera del Concilio Vaticano II (Cost. Sacrosanctum Concilium, 4.12.1963) e soprattutto dei Documenti che ne seguirono, specie col Nuovo Messale del 1969 (Paolo VI), fino alla situazione attuale.
Possiamo però sottolineare come, nonostante la molteplicità dei Riti e i piccoli cambiamenti intervenuti nella storia della Liturgia della Chiesa Cattolica, essa abbia mantenuto nei secoli, almeno fino al Vaticano II, una sostanziale unità e continuità.
Non entreremo neppure nel vivo della gravosa questione (e relative laceranti discussioni e posizioni) dei radicali cambiamenti operati appunto dal Concilio e dal post-Concilio (non solo a livello di intollerabili abusi ma proprio di documenti ufficiali), cambiamenti radicali ammessi dagli stessi artefici della cosiddetta Riforma liturgica.
Sarebbe peraltro sintomatico osservare, circa un innegabile influsso del Protestantesimo penetrato nella liturgia (soprattutto nella nuova S. Messa), di cui abbiamo fatto cenno già nella II Parte e su cui torneremo, che per attuare tali riforme conciliari si tennero in grande considerazione proprio gli invitati e gli inviati, i rapporti e gli incontri, con esponenti di quelle sedicenti Chiese della Riforma!
Con la Riforma liturgica post-conciliare, nella “nuova” S. Messa è evidente come si sia ad esempio privilegiato l’aspetto della Santa Cena (che ricorda appunto non in modo remoto quella Protestante) su quello del Sacrificio di Cristo (aborrito da Lutero), quindi dell’altare come tavola/mensa più che come altare/ara appunto del Sacrificio (talora sembra persino un tavolo poggia-oggetti, dall’irrompere dei microfoni e ora persino altri oggetti elettronici, ai foglietti, fino agli occhiali e tutto ciò che può essere utile e non si sa dove mettere), della sempre più preponderante (anche a livello di orologio!) “Liturgia della Parola” sulla “Liturgia eucaristica”, della Parola sul Sacramento, dell’ecclesia-centrismo (l’Assemblea e il celebrante che si guardano e dialogano) sul cristocentrismo (voltati verso Cristo), sul sacerdote come ministro (simil-pastore) al servizio della comunità, che presiede l’Assemblea liturgica, più che come colui che, in virtù della particolare partecipazione al sacerdozio di Cristo ricevuta dal Sacramento dell’Ordine (negato dai Protestanti), agisce “in persona Christi”, per offrire appunto al Padre il Sacrificio del Figlio (mistero della Passione e morte in Croce di Cristo, che si rinnova realmente anche se in modo incruento sull’altare), la “partecipazione attiva” dei fedeli intesa nel senso del “fare” e del “dire” e non della feconda partecipazione “interiore”, dalla solennità di un plurisecolare e invidiabile patrimonio musicale che ha costellato la storia stessa della musica, oppure dai canti religiosi popolari cantati ovunque, alla banalizzazione di musica e canti simil-musica leggera, cantati magari da gruppetti di giovani che pretendono “animare” la liturgia (quasi fosse un morto da rianimare o uno spettacolo per intrattenere); dalla posizione del corpo (sparita la genuflessione, l’inchino del capo, spariti ormai quasi del tutto gli inginocchiatoi), per non parlare della grave perdita della dimensione del silenzio, della contemplazione, dell’adorazione, fino al modo sempre più dissacrante di trattare e ricevere l’Eucaristia, quasi fosse un simbolo o un semplice pezzo di pane e non la “presenza reale” di Cristo stesso (in corpo, sangue, anima e divinità), non più in ginocchio, in bocca, con ordine, ma senza adorazione e tremore filiale; la perdita del silenzio prima e dopo la S. Messa (in preparazione e in ringraziamento per il dono più grande di Dio!) al chiasso analogo ad un pre/post spettacolo teatrale, senza peraltro alcuna consapevolezza della permanenza reale di Gesù nell’Eucaristia, non solo nella persona di chi l’ha ricevuto nella Comunione (se degnamente, cioè “in grazia di Dio”), ma nel tabernacolo (infatti trasferito in un angolo o addirittura in luogo periferico), così che sia appunto difficile continuare in ringraziamento la propria adorazione in ginocchio davanti a Gesù-Eucaristia, reso appunto impossibile dal chiasso post-Messa nella chiesa-teatro!
Come per tutti numerosi documenti conciliari, anche per la Costituzione sulla Sacra Liturgia (vedi) si potrebbe anzitutto osservare come essa più che studiata ed attuata attentamente (cosa che come abbiamo già ricordato, pure la maggior parte dei fautori unilaterali del Concilio, del post-Concilio e persino dello “spirito del Concilio” non hanno quasi mai fatto, come per tutti i suoi documenti), abbia offerto dei pretesti, certo anche a causa di alcune effettive ambiguità o “fessure” astutamente da tempo ben preparate, per poi attuare ciò che in seguito è purtroppo avvenuto. Nello stesso tempo si potrebbe osservare con stupore che molte delle novità che poi persino i semplici fedeli hanno potuto presto osservare, anche con sconcerto (perché spesso i teologi e i pastori parlano del “popolo” ma neppure lo conoscono o ascoltano il loro prezioso “sensus fidei”), in realtà il Concilio non le aveva dette [nella S. C. si raccomanda ad esempio l’uso del latino (n. 36), del canto gregoriano (n. 116), mentre ad esempio non si parla di voltare gli altari “coram populo” (fatto poi anche nelle più auguste cattedrali gotiche, talora anche con scempio architettonico e persino con ignobili tavolini!) – insomma nulla di ciò che nell’immaginario collettivo ha invece costituito la grande novità del Concilio!].
Si può certo osservare che negli anni del post-Concilio siamo andati sempre più verso sostanziali mutamenti, tali da render la liturgia (e di conseguenza la fede e la Chiesa) cattolica sempre più simil-protestante (e tra l’altro sempre più lontana invece dalla grande sensibilità e tradizione liturgica della Chiesa ortodossa, ben conservata anche nel presente! Non vale l’ecumenismo con loro?!), per poi scadere in una sorta di para-spettacoli religiosi (vedi), quasi totalmente umani, immanenti, senza alcuna trascendenza e spiritualità, fino alla più insopportabili dissacrazioni, addirittura alla blasfemia (si pensi che in un caso, già citato, è intervenuta addirittura la Procura – non il Vescovo! – per indagare sul sacerdote per affronto alla religione vedi vedi leggi).
Se in questi ultimissimi anni, a motivo della cosiddetta “pandemia”, abbiamo visto le chiese cattoliche ossessionate anche dalle più irrazionali preoccupazioni igienico-sanitarie (vedi ad esempio News 20.08.2020) e i Vescovi proni ai più violenti diktat statali (fino alla chiusura totale delle chiese per tre mesi, nella primavera 2020, quando si poteva andare perfino in Tabaccheria!), abbiamo pure nell’occasione constatato un ulteriore passo verso la progressiva visione “protestante” della liturgia cattolica (ridotta a culto, a parola, a spettacolo), così da far sembrare di secondaria importanza la “presenza reale” di Cristo nell’Eucaristia e la necessità della presenza fisica per i Sacramenti, per cui molti fedeli si sono abituati (credendola persino analoga e forse persino più bella oltre che più comoda) alle home-liturgy (quant’è bella la Messa in TV o su internet!), così che anche col possibile rientro “in presenza”, molti fedeli non si sono più ripresentati!
Tutti i tentativi, di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI di riportare la liturgia almeno ad un minimo di dignità sacrale o quantomeno ad evitare gli abusi, diventati insopportabili (come si espresse a suo tempo il card. Ratzinger), sono risultati pressocché vani.
Si vedano ad esempio (vedi nel sito la sezione “Un aiuto per < per partecipare bene alla S. Messa e per ricevere bene la S. Comunione”, anche per avere delle sottolineature circa i documenti seguenti) alla Enciclica di Giovanni Paolo II Ecclesia de Eucharistia (2003), all’Istruzione della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti Redemptionis Sacramentum (2004) e all’Esortazione Apostolica di Benedetto XVI Sacramentum caritatis (2007).
Si pensi che, come ultimo estremo tentativo per arginare gli abusi, il sopra citato documento Redemptionis Sacramentum, al n. 184, ha ricordato ad ogni fedele il proprio “diritto e dovere di segnalare al proprio Vescovo” (e persino alla Santa Sede!) gli abusi liturgici osservati e pervicacemente continuati anche dai ministri sacri (nonostante le caritatevoli ma ferme osservazioni presentategli).
In questi ultimi 10 anni abbiamo comunque superato il limite, tanto nella liturgia, quanto nell’uso dissacrante delle chiese, anche quelle di grande importanza storica ed artistica oltre che religiosa, pure da parte delle massime autorità della Chiesa ed anche se contro le norme stesse della Chiesa.
Se già da tempo s’era visto l’abuso di chiese e cattedrali (anche le più importanti del mondo e della storia, anche in Italia) per conferenze e concerti, ora si raggiungono livelli davvero blasfemi e intollerabili, come chiese talora ridotte a “sale da pranzo” (vedi vedi vedi) e persino “dormitori” (vedi vedi) per poveri e immigrati di ogni cultura e religione (senza alcun rispetto per la sacralità del luogo vedi), come se tra l’altro tali Chiese locali o importanti movimenti (anche assai ricchi) non avessero strutture e sale idonee a tali scopi (c’è evidentemente proprio lo scopo di dissacrare e di presentare la Chiesa come una Ong)!
Del resto, abbiamo visto pure processioni pagane (se non idolatriche o addirittura sataniche) nella stessa basilica di S. Pietro (vedi) e immagini spettrali sulla sua facciata (vedi) proprio all’inizio del Giubileo straordinario della misericordia e solennità dell’Immacolata!
Sarebbe però meglio non scherzare con Dio (e neppure con Satana) …
Anche la pazienza di Dio potrebbe infatti avere un limite e dire “basta!” (come farà alla fine con l’impero delle tenebre, cfr. Ap 20). Perché la Chiesa è di Dio e la liturgia è “opus Dei”!
Non abbiamo forse già visto un segno in questo senso, e proprio in piazza S. Pietro? (vedi)
Vetus Ordo e Novus Ordo
Anche di fronte a questo precipitare della Liturgia in abissi senza fondo e in abusi intollerabili, J. Ratzinger/Benedetto XVI osò tornare a parlare della necessità di pensare ad una “Riforma della Riforma” (attirandosi ovviamente l’ira e gli attacchi furiosi dei cattolici progressisti/modernisti)!
Come sappiamo, c’è in merito una questione di proporzioni enormi ma assai delicata, che qui non possiamo certo sviluppare.
A partire da quanto detto dal Concilio Vaticano II sulla Liturgia (Sacrosanctum Concilium), ma persino molto oltre le indicazioni in esso emerse (abbiamo già notato che lì non si parla affatto di “voltare gli altari” o di abolire il “latino” e si incoraggia addirittura il “canto gregoriano”), negli anni immediatamente successivi sono state prese da parte del Papa stesso delle importanti decisioni (con relativi documenti), che hanno attuato in modo radicale, cioè con vistosi e drastici cambiamenti rispetto alla plurisecolare Tradizione della Chiesa, la Riforma liturgica (che ha aperto la strada a sempre nuovi cambiamenti e addirittura agli abusi di cui abbiamo sopra fatto cenno).
Uno dei passaggi più vistosi e drastici in tal senso, di ovvia fondamentale importanza, fu la nuova S. Messa, secondo il Nuovo Messale di Paolo VI, promulgato il 3.04.1969 (vedi) (i testi liturgici riformati per la Chiesa latina furono approvati nel 1970).
Il popolo di Dio s’è accorto subito, per alcuni con entusiasmo e per altri con sconcerto, di questo “radicale cambiamento”, che è diventato paradigmatico del Concilio stesso; e dopo oltre mezzo secolo, tale questione e persino tale divisione non solo non si è risolta ma segna sempre più una profonda crisi e lacerazione, che evidenzia sempre più lo iato aperto da quella decisione.
Abbiamo già sopra ricordato come, al di là degli ovvii piccoli sviluppi e cambiamenti recepiti lungo la bimillenaria storia della Chiesa, il Rito latino romano ha conosciuto una sua sostanziale unità e continuità lungo i secoli. Di tale Tradizione se ne fecero garanti, anche per il futuro della Chiesa (impegnandola in questo senso), specialmente il Concilio di Trento e S. Pio V, col Messale Romano da lui promulgato nel 1570.
Si potrebbero dunque sollevare questioni non marginali sull’introduzione del Nuovo Messale del 1969, che operò non solo radicali cambiamenti ma fu reso obbligatorio, vietando l’uso dei Messali precedenti!
[Ciò fu un punto di particolare attrito con l’Arcivescovo mons. Marcel Lefebvre e con tutti coloro che ritenevano improprio questo cambiamento e ingiusto questo divieto]
[Sulla questione del rapporto tra il Messale di Pio V e quello di Paolo VI vedi questo intervento vaticano]
Un segno forte di ripensamento in tal senso (Riforma della Riforma?), sia pur espresso delicatamente e da permettere graduali attuazioni (per evitare le ire progressiste e le minacce di scisma?), fu la decisione di Giovanni Paolo II di ripristinare, per chi lo desiderasse e con particolare permessi dei Vescovi, anche il Rito antico (Vetus Ordo, secondo il Messale Romano del 1962), sia pur individuando come “straordinaria” questa forma di celebrare (Motu proprio Ecclesia Dei, 1988).
Benedetto XVI nel 2007 (col noto Motu Proprio Summorum Pontificum) compì un ulteriore decisivo passo, di fatto permettendo il ritorno all’antica e perenne liturgia (Vetus Ordo vedi) a chiunque lo desiderasse e senza particolari permessi dei Vescovi.
In modo persino inaspettato dai più (tanto meno negli ambienti progressisti di tutti i livelli ecclesiali), ci fu un grande entusiasmo per questo ed un crescente sostanzioso ritorno a questa solenne e sacra Liturgia della Chiesa; la sorpresa, rispetto forse alle previsioni di alcuni, è data dal fatto che questo grande ritorno e rifiorire di fedeli e comunità che amavano tornare, con grande frutto e persino con grandi sacrifici, all’antica Liturgia cattolica, non si poteva più configurare come sparuti gruppi di “tradizionalisti” (ad esempio la “Fraternità S. Pio X” di mons. Lefebvre o altre comunità cattoliche analoghe, peraltro sempre più feconde) o di vecchi e inconsolabili “nostalgici”, visto che si trattava sempre più anche di baldi giovani, spesso persino neo-convertiti, che ovviamente prima del Concilio, durante e persino nei decenni seguenti, non erano neppure nati! Una vera testimonianza del “sensus fidei” di una piccola porzione, ma sempre più vasta, feconda ed entusiasta, del popolo di Dio, che raccoglie con gioia i frutti spirituali di tale Liturgia per le loro anime!
Risulta quindi sconcertante che recentemente (e mai s’era vista nella Chiesa l’opposizione radicale ad un Papa precedente e ad una sua decisione di soli 14 anni prima!), il 16.07.2021, il Motu proprio Tradizionis Custodes (un titolo peraltro contraddittorio rispetto al contenuto) e la successiva Lettera apostolica Desiderio desideravi (del 29.06.2022) abbiano inflitto un durissimo colpo a tale possibilità, praticamente restringendola ad una sorte di “recinto” per una specie che si vuole in via di estinzione (pur lasciando, a questo punto in modo ancor più incomprensibile, qualche piccola eccezione). Un’ulteriore forte restrizione di possibilità è giunta col Rescriptum … del 20.02.2023 (vedi), circa l’implementazione del Motu Proprio Traditionis custodes.
Sui “tradizionalisti” e sul Vetus Ordo
Molti pensano erroneamente che i “tradizionalisti” – la “Fraternità sacerdotale S. Pio X” di mons. Lefebvre* (e i fedeli che la seguono) o altre realtà ecclesiali (talora anche sacerdotali, religiose e monastiche) che risalgono storicamente a lui e si sono poi distaccate (specie dopo lo scisma del 30.06.1988) o comunque altri gruppi che celebrano nel Vetus Ordo, che negli ultimi anni si sono moltiplicati, anche come numero di fedeli – siano semplicemente coloro che amano celebrare la S. Messa in latino. In realtà la questione non sta in questi termini.
* Una nota su S. E. mons. Marcel Lefebvre
Abbiamo già citato molto volte l’Arcivescovo francese mons. Marcel Lefebvre (indicando anche alcune sue conferenze in audio che si possono ascoltare qui, qui e qui)[Nel sito c’è tra l’altro un riferimento a lui e alla sua opera (compreso le feconde comunità monastiche o di laici, che seguono il Vetus Ordo e che storicamente a lui si rifanno, presenti oggi in Francia, in un documento sull’attuale situazione francese (vedi)]
L’Arcivescovo mons. Marcel Lefebvre (1905-1991), nonostante la crescente fioritura delle sue comunità di sacerdoti, religiosi e laici, fu dapprima avversato da molti cattolici e vescovi progressisti (specie francesi), poi Paolo VI nel 1975, in modo improvviso e senza alcuna giustificazione formale, chiuse il suo Seminario di Ecône (già approvato in Svizzera) e lo sospese “a divinis” nel 1976. Avendo comunque continuato la sua opera ma volendo pure garantire la “successione apostolica” per i suoi seguaci, il 30.06.1988 ordinò senza mandato papale 4 nuovi Vescovi, incorrendo così nella scomunica “latae sententiae” (le Ordinazioni episcopali sono valide, in quanto nella “successione apostolica”, ma non lecite ed hanno formalmente creato uno “scisma”). Tale “scomunica” (non lo scisma, evidentemente) fu revocata da Benedetto XVI il 24.01.2009, attirandosi una furibonda reazione internazionale e di gran parte della Chiesa (vedi l’accorata Lettera che il Papa scrisse il 12.03.2009 in tale penosa circostanza).
Significativo che mons. Lefebvre avesse scelto come programma pastorale e suo stesso motto episcopale la celebre espressione di S. Paolo (1 Cor 15,3) “Tradidi quod et accepi” (“Vi ho trasmesso ciò che ho ricevuto”); così ha voluto che fosse riportato anche sulla sua tomba ad Ecône.In realtà anche il card. J. M. Bergoglio, da arcivescovo di Buenos Aires, incluse ufficialmente i sacerdoti della Fraternità S. Pio X tra il clero cattolico della sua diocesi; così come ora permette loro in tutta la Chiesa di poter celebrare anche lecitamente i Sacramenti (Confessioni, Eucaristia, Matrimoni) per tutti i fedeli cattolici del mondo, e di farlo nel Vetus Ordo (ora appunto vietato ai più)! [vedi qui la documentazione].
In senso lato, come abbiamo ricordato all’inizio di questa III Parte, “tradizionalista” è semplicemente sinonimo di autentico “cattolico”, perché non si può essere Cattolici senza un profondo radicamento ed una provata fedeltà alla Tradizione della Chiesa, che, come abbiamo detto, è parte della stessa Parola di Dio (Dei Verbum) e del sacro “depositum fidei” che non si può alterare perché è di origine divina e custodito fedelmente dalla Chiesa Cattolica.
In senso specifico, “tradizionalista” può essere usato come sinonimo di chi (comunità o singolo fedele) vuole tradurre questa volontà di rimanere fedele alla Tradizione, che non è appunto un’opzione “di parte” ma “conditio sine qua non” per essere Cattolici, anche privilegiando (talora in modo esclusivo, se può) la partecipazione alla Liturgia della Chiesa Cattolica (Romana latina) secondo i Riti (Vetus Ordo) precedenti alla drastica Riforma attuata dopo il Concilio Vaticano II (Novus Ordo).
Si tenga presente che questo forte richiamo alla Tradizione e la volontà di rimanere ad essa fedeli, che contraddistingue il mondo ecclesiale cosiddetto “tradizionalista”, non riguarda solo il rifiuto delle novità liturgiche introdotte dal Concilio Vaticano II ma anche di tutte quelle altre nuove visioni che dal Concilio sono emerse: un nuovo modo di intendere la Chiesa e lo stesso ministero sacerdotale, un “ecumenismo” inteso come rapporto paritetico con le altre Confessioni e Religioni, l’accettazione come positiva della “laicità” degli Stati moderni … ed altre “novità” introdotte appunto in questi ultimi decenni.
Circa la Liturgia, non si tratta semplicemente della lingua latina (che permane come possibilità anche nel Novus Ordo), ma di seguire la Liturgia (tutta o solo in particolari celebrazioni della S. Messa) secondo il Vetus ordo.
Una nota sul latino e le sue traduzioni (nella Liturgia)
Come abbiamo precisato, celebrare la S. Messa secondo il Vetus ordo non è semplicemente celebrarla in latino, ma secondo appunto il Rito rimasto sostanzialmente uguale fino al 1969 (in genere chi segue il Vetus Ordo si riferisce all’ultima sua edizione, il Messale del 1962, edito sotto Giovanni XXIII, come appunto indica la Summorum Pontificum). Tra l’altro nella Preghiera Eucaristica (Canone Romano) del Vetus Ordo prevale il silenzio adorante, perché il sacerdote celebra sottovoce (“submissa voce”)!
Chi pensa che l’uso del latino sia caratteristica del mondo tradizionalista ignora tra l’altro che il latino è tuttora la lingua ufficiale della Chiesa (tutti i documenti della Chiesa, nella loro versione ufficiale sono in lingua latina), e rimane anche la lingua privilegiata anche per la S. Messa (abbiamo visto che il Concilio stesso raccomanda di mantenerlo nella Liturgia, cfr. S. C. n. 36); lo si può riscontrare in molte chiese del mondo, soprattutto in S. Pietro in Vaticano, specie nelle liturgie pontificie (l’abbiamo visto anche nelle Esequie di Benedetto XVI).
Tra l’altro, le traduzioni nelle lingue volgari moderne (permesse dopo il Concilio) creano non pochi e persino sempre nuovi problemi, anche di grave natura teologica e dottrinale!
Come sappiamo, ogni traduzione crea sempre dei problemi, perché ogni lingua ha caratteristiche proprie e talora presenta significati diversi alle stesse parole.
Nella Liturgia, ogni traduzione ufficiale dal latino ad una lingua volgare (moderna), spetta alla o alle Conferenze episcopali nazionali o dei Paesi che usano quella lingua, il tutto sotto la supervisione e approvazione della Santa Sede (anche se ultimamente si parla di lasciare anche in questo maggiore autonomia alle Conferenze episcopali, il che potrebbe però creare non pochi problemi e persino abusi).
Tutto ciò perché appunto in una traduzione non adeguata potrebbero insinuarsi (talora persino volutamente) errori teologici anche di grande spessore!
In Italia abbiamo avute in pochi decenni già diverse edizioni ufficiali (CEI) della Bibbia (l’ultima è del 2008), del Lezionario (l’ultimo è del 2007/2008) e tre edizioni del Messale [1973, 1983 e l’ultima del 2020, divenuto obbligatorio dal 4.04.2021, con una quantità enorme di cambiamenti, che sembra tradire persino il gusto un po’ hegeliano del cambiare per cambiare (oltre a certe frettolose traduzioni anche lessicalmente discutibili se non errate)].
Non entriamo qui nel merito delle questioni, anche gravi. Si pensi che s’è andata a cambiare persino la 6^ domanda della stessa Preghiera del Signore o Padre nostro: “et ne nos inducas in tentationem“ (“Non ci indurre in tentazione”) ora trasformato incomprensibilmente in “non abbandonarci alla tentazione”, con una traduzione tra l’altro totalmente inventata rispetto al testo latino e greco e con un significato teologico totalmente mutato (la tentazione, la “prova”, che Dio può permettere per la nostra santificazione e che possiamo chiedere che non sia troppo forte o comunque sia sostenuta dalla Sua grazia, è ben diversa dall’abbandono, in cui certo l’amore di Dio non può lasciarci e che quindi è inutile e scorretto chiederlo – il Catechismo della Chiesa Cattolica vi aveva dedicato i nn. 2846/2849 vedi). Così s’è cambiato il canto degli Angeli a Betlemme (e quindi il Gloria): c’è una bella differenza teologica tra il “pax hominibus bonae voluntatis” (che non sono tutti gli uomini) e il “pace in terra agli uomini, amati dal Signore” (che sono invece tutti gli uomini).
Strano invece che un’importante traduzione da correggere (più volte segnalata da J. Ratzinger), che riguarda addirittura le parole della consacrazione del vino nella Preghiera eucaristica della S. Messa (rendendolo il Preziosissimo Sangue di N. S. Gesù Cristo) e di enorme differenza teologica, non sia invece stata trasferita nel nuovo Messale [c’è un’enorme differenza tra il “Qui pro vobis et pro multis effundetur” e il “versato per voi e per tutti”, non solo tra “effuso” (che indica un atto volontario d’amore) e “versato” (che potrebbe pure essere un incidente subìto), ma soprattutto tra il “per molti” (pro multis in latino) (perché la grazia deve essere accolta per essere soggettivamente efficace) e il “per tutti” (indistintamente)]. Incredibile poi che questo doveroso cambiamento (a dispetto degli innumerevoli cambiamenti introdotti) non sia stato effettuato, quando tra l’altro la stessa nuova traduzione CEI dei Vangeli dell’Ultima Cena traduce bene il “pro multis” con “per molti” (cfr. Mt 26,28 e Mc 14,24).
Coloro che preferiscono le lingue volgari (moderne) al latino perché pongono in modo unilaterale l’accento sul “capire”, scordano che nella Liturgia, che non è una catechesi, dovrebbe invece prevalere la dimensione sacrale della contemplazione e persino del silenzio. Tra l’altro il Vetus Ordo, come abbiamo appena ricordato, prevede la Preghiera eucaristica (Canone romano) in “submissa voce” (sottovoce, quasi silenziosa) da parte del celebrante e il silenzio adorante dei Fedeli. La proclamazione della Parola di Dio (Epistola e Vangelo) viene comunque tradotta immediatamente (specie il Vangelo) e comunque commentate dall’omelia.
Si potrebbe tra l’altro un po’ sarcasticamente osservare che, dopo decenni dell’uso liturgico dell’italiano (e i talora logorroici discorsi del celebrante) e nonostante il notevole innalzamento del livello medio di istruzione, i Cattolici sono oggi assai più ignoranti dei contenuti della fede e della liturgia (i giovani quasi sempre a livello di un tragico analfabetismo religioso) rispetto a 50 anni fa!
Altro paradosso: mentre il mondo s’è fatto piccolo, villaggio comune, globalizzato, e sempre di più le nuove generazioni possono parlare un’unica lingua (l’inglese vedi una nota in proposito nel documento sugli inglesi), la lingua unica che già nel Medioevo permetteva a tutti i dotti di comunicare ovunque (appunto in latino) e sino a pochi decenni orsono permetteva a tutti i Cattolici di poter partecipare anche verbalmente alla stessa S. Messa in tutto il mondo (con le stesse parole e persino con gli stessi canti!), oggi nemmeno i Vescovi nei loro incontri internazionali e Sinodi riescono a comprendersi tra loro (questo già al Concilio, con notevoli riverberi persino sulle decisioni prese!), così da dover organizzarli per “circoli linguistici”. E non si venga a dire che si potrebbe ormai sostituire il latino con l’inglese, come nuova lingua comune, perché i giovani persino laureati non solo non hanno mai imparato anche solo a recitare il Padre nostro e l’Ave Maria in latino ma neppure in inglese (neppure nelle Pontificie Università romane); così che persino nelle GMG, al di là della lingua del Paese ospitante e le traduzione simultanee in cuffia, migliaia o milioni di giovani di tutto il mondo non possono pregare in una lingua sola (limitandosi magari ad un “Jesus Christ, you are my life!” per poter dire o cantare qualcosa insieme)!
Un possibile futuro incontro?
Dobbiamo però ammettere che, nonostante il Vetus Ordo permetta oggettivamente una maggiore religiosità e sacralità di partecipazione del fedele, possono ugualmente insinuarsi, soggettivamente o anche come gruppo cattolico “tradizionalista”, delle tentazioni di puro gusto estetico, specie quando ciò rappresenta una novità o in reazione pendolare agli usi e abusi liturgici contemporanei.
Dobbiamo ricordare che agli occhi di Dio non conta, sia in un Rito che nell’altro, l’esteriorità o un estetismo, magari ostentato, ma adorare Dio in spirito e verità (cfr. Gv 4,23) e col cuore, non per l’esteriorità (cfr. Mt 6,5-6).
Si deve cioè evitare un gusto semplicemente estetico fine a se stesso (estetismo liturgico), poiché sarebbe ancora un tradire l’aspetto soprannaturale della Liturgia e quindi non in grado di edificare e santificare davvero la propria anima; per i più anziani potrebbe invece tradire un anelito semplicemente “nostalgico” (“come ai vecchi tempi!”).
Occorre poi evitare, pur nella fedeltà alla Tradizione liturgica, inutili o esagerati “fissismi” (come se non si potesse cambiare proprio nulla, quando invece lo stesso Vetus Ordo l’ha fatto più volte).
Si potrebbe, ad esempio, introdurre un “Pater noster” interamente recitato dai fedeli, posticipare “Ite Missa est” dopo la Benedizione e le preci finali della S. Messa. Si potrebbe prevedere una più fedele calendarizzazione del Triduo Pasquale, come ha fatto il Novus Ordo (ad esempio della Veglia Pasquale nelle Notte Santa di Pasqua) o una più abbondante presenza della Sacra Scrittura (come ha lodevolmente fatto il Novus Ordo con Lezionario festivo a ciclo triennale e feriale a ciclo biennale). Circa le differenze talora forti nel “calendario liturgico” – anche se è vero che certi spostamenti operati dal Novus Ordo hanno ad esempio fatto poi dimenticare totalmente persino secolari tradizioni della pietà e pure della cultura – però ormai è fonte di confusione e di divisione che ci siano queste disparità di calendario liturgico; per cui si potrebbe forse prevedere una certa sintesi tra nuovo ed antico (magari la memoria di un Santo, specie quelle meno importanti, che differisce di pochi giorni tra l’uno e l’altro rito o l’inserimento della memoria di alcuni grandi Santi canonizzati in questi 50 anni, come ad esempio S. Massimiliano M. Kolbe o S. Padre Pio da Pietrelcina).
Sono solo alcuni esempi di alcuni forse possibili incontri tra il Vetus e il Novus, senza cadere in un disprezzo totale del Novus o abbandonarlo ai sempre continui cambiamenti, dove pare talora che si insegua persino un cambiare per il gusto di cambiare, come traspare appunto abbondantemente nell’ultimo Messale italiano!
———————
Come sappiamo e come possiamo constatare sia nel percorso della propria anima che nello stesso cammino storico della Chiesa, la rottura con la Tradizione (nel senso proprio di autentica volontà di Dio che si rivela), l’abbandono suicida dell’immenso patrimonio spirituale (e persino culturale e artistico) della bimillenaria storia della Chiesa Cattolica (se ne rammaricano persino alcuni pensatori atei e non pochi cultori dell’arte!) e il tradimento del vero “spirito della liturgia”, sempre più appiattita sull’orizzontale e priva di vero afflato spirituale e soprannaturale, provoca enormi danni alle anime, come alla Chiesa e di conseguenza all’umanità intera. Perché, come sappiamo e appunto persino sperimentiamo (talora già dall’adolescenza), l’abbandono della vera liturgia (lex orandi, cioè l’autentica vita di preghiera) trascina con sé anche l’abbandono della vera fede (lex credendi), e viceversa, per poi deformare e persino distruggere non solo l’anima ma la concretezza stessa della vita (lex vivendi), con conseguenze drammatiche nell’eternità (dannazione)!
Quindi, quando parliamo di scontro, talora durissimo e più che mai attuale, tra il “modernismo” (il vasto mondo cosiddetto “progressista”, prima come “scisma sommerso” ed ora persino ai vertici della Chiesa) e la Tradizione della Chiesa (e non solo appunto per la Liturgia), non parliamo di uno scontro tra correnti, paragonabile o simile a quello che può verificarsi in politica (non a caso si parla impropriamente di “destra” o “sinistra” anche in questo senso!), o di gusti estetici o spirituali, ma in modo sempre più evidente di uno scontro tra l’impero delle tenebre (cfr. Lc 22,53) e quella della luce, della morte o della vita (dello spirito e poi di tutto) (cfr. Gv 1,5).
Tutto ciò che sta avvenendo anche all’interno stesso della Chiesa cattolica è l’espressione di questo scontro dalla valenza apocalittica (Ap 12), tra il mondo (e il suo “principe”) e l’opera della Redenzione (cfr. Gv 12,31-32), tra la “Città di Dio” e la “Città dell’uomo” (direbbe S. Agostino).
E in tutto ciò è perfino paradossale assistere al triste spettacolo di una Chiesa all’inseguimento continuo del mondo e delle sue nuove ideologie (cfr. “Sinodo tedesco” e non solo!), mentre il mondo corre sempre più veloce (e per questo è sempre irraggiungibile) verso il baratro del Nulla! Mentre constatiamo la conversione di molti, che correvano col “mondo” (e talora ne portano le dolorose ferite) e che la “grazia” ha illuminato e riportato nella Chiesa, scoprire e vivere con stupore, entusiasmo e vero gaudio spirituale il bimillenario patrimonio sacro che la Tradizione della Chiesa ci ha fedelmente trasmesso nei secoli per opera dello Spirito Santo!
______________________
Per la nostra meditazione …
Dalla Prima Lettera di S. Paolo apostolo ai Tessalonicesi (cronologicamente il primo testo del N. T., prima ancora dei Vangeli scritti) (1Ts 2,3-4):
“Il nostro appello non è stato mosso da volontà di inganno, né da torbidi motivi, né abbiamo usato frode alcuna; ma come Dio ci ha trovati degni di affidarci il vangelo così lo predichiamo, non cercando di piacere agli uomini, ma a Dio, che prova i nostri cuori”.
Dalla Lettera di S. Paolo apostolo ai Galati (Gal 1, 6-12):
“Mi meraviglio che così in fretta da colui che vi ha chiamati con la grazia di Cristo passiate ad un altro vangelo.
In realtà, però, non ce n’è un altro; solo che vi sono alcuni che vi turbano e vogliono sovvertire il vangelo di Cristo.
Orbene, se anche noi stessi o un angelo dal cielo vi predicasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo predicato, sia anàtema (scomunicato)!
L’abbiamo già detto e ora lo ripeto: se qualcuno vi predica un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anàtema!
Infatti, è forse il favore degli uomini che intendo guadagnarmi, o non piuttosto quello di Dio? Oppure cerco di piacere agli uomini? Se ancora io piacessi agli uomini, non sarei più servitore di Cristo!
Vi dichiaro dunque, fratelli, che il vangelo da me annunziato non è modellato sull’uomo; infatti io non l’ho ricevuto né l’ho imparato da uomini, ma per rivelazione di Gesù Cristo”.
Dalla Prima Lettera di S. Giovanni apostolo (1Gv 2,15-17):
“Non amate né il mondo, né le cose del mondo! Se uno ama il mondo, l’amore del Padre non è in lui; perché tutto quello che è nel mondo, la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita, non viene dal Padre, ma dal mondo. E il mondo passa con la sua concupiscenza; ma chi fa la volontà di Dio rimane in eterno!”
(seguono i versetti sull’Anticristo!)