In morte del Santo Padre
Benedetto XVI


[da News5.01.2023, giorno delle Esequie]

Com’è noto, s’è palesato che nei disegni di Dio il Santo Padre Benedetto XVI – perché così egli stesso ha voluto che si continuasse a chiamare anche dopo il 28.02.2013 – terminasse il suo pellegrinaggio terreno la mattina del 31.12.2022, proprio alle soglie di un nuovo anno, che avrà peraltro dei tratti molto singolari (e speriamo non drammatici!) per la vita della Chiesa e del mondo intero.

Qui non vogliamo certo delineare, neppur minimamente, i superlativi aspetti della personalità di Joseph Ratzinger, sia pur mai ostentati ma anzi quasi nascosti dalla sua umiltà e persino timidezza, che ne hanno fatto uno degli uomini più grandi del nostro tempo, e non solo per la vita della Chiesa, uno dei pensatori più alti nel panorama culturale degli ultimi cento anni, e non solo della teologia, una delle fonti più profonde e feconde di autentica spiritualità, cui ha potuto dissetarsi il popolo di Dio e chiunque avesse voluto attingervi per trovarvi vero ristoro interiore, nell’arduo cammino del tempo presente.
Per questo, come riconoscono persino arguti pensatori “non credenti”, egli ha costituito un cardine del nostro tempo, un caposaldo della nostra stessa civiltà occidentale, ormai “liquida” e decadente (se non già liquefatta e decaduta), di cui la storia parlerà con sempre maggior consapevolezza.
Benedetto XVI è stato uno dei maestri e pastori più luminosi della Chiesa contemporanea, davvero in grado di guidarla ai pascoli certo arditi ma sublimi della Verità che salva (“Cooperatores Veritatis” fu il suo motto episcopale, sempre conservato), un Vescovo, Cardinale e Papa davvero in grado di illuminare come un faro la navigazione della “barca di Pietro”, cioè la Chiesa, sia pur tra i flutti tempestosi di un tempo minaccioso, caratterizzato da una cultura relativista e nichilista e nello stesso tempo assai prepotente nel voler estendere e persino imporre a livello globale il proprio potere e i propri dogmi, tanto da gettare abbondantemente le proprie acque persino all’interno di questa stessa barca, fin quasi a farla affondare!
Proprio a causa di questo, tale potere occidentale, nei suoi nocivi e persino brutali tentacoli culturali, economici e politici, nonostante nasconda ormai a fatica il proprio fallimento umano e sociale, ha mosso una guerra costante e feroce a questo “umile operaio della vigna del Signore” (come si presentò il giorno della sua elezione a Sommo Pontefice), fino quasi ad annientarlo! E con tutta probabilità in quel fatidico 11.02.2013 tali “lupi” si sono illusi di aver finalmente annientato il mite ma saldo pastore del gregge di Cristo, così da poter azzannare le sue pecorelle, senza che quasi se ne accorgessero, anzi persino applaudendo! Ma anche l’illustre “preda” potrebbe aver astutamente fatto loro intendere di esserci riusciti, come chi finge di essere morto solo per sfuggire davvero alla morte. E ciò non certo per un tornaconto personale (anzi, s’è trattato di continuare eroicamente per quasi 10 anni una dolorosa agonia e un reale anche se silenzioso Calvario!), ma con la consapevolezza di fede che nessuno riuscirà mai a far davvero naufragare quella barca, a distruggere totalmente quel gregge, secondo l’infallibile promessa dello stesso Signore (cfr. Mt 16,18) e di Colei che Dio ha voluto donarci dalla Croce come amorevolissima Madre ma anche come potentissima Regina, in grado di annientare, col potere che viene dal Suo divin Figlio, il “dragone infernale”, proprio quando questi pensa di essere ormai vincitore (“alla fine il mio Cuore Immacolato trionferà”, disse a Fatima)!

Joseph Ratzinger

Joseph Ratzinger nacque a Marktl am Inn, in Baviera (Germania, al confine con l’Austria; diocesi di Passau), il 16.04.1927. Fu ordinato sacerdote il 29.06.1951 e, per le sue spiccate qualità intellettuali, fu subito chiamato ad essere docente di Teologia, insegnando nelle storiche e celebri sedi accademiche tedesche di Frisinga, Bonn, Münster, Tubinga e Ratisbona.
In quanto raffinato e già affermato teologo, partecipò come “esperto” al Concilio Vaticano II.
Nel 1977 Papa Paolo VI lo nominò Arcivescovo di München und Freising (cioè dell’importante diocesi di Monaco e Frisinga); fu ordinato Vescovo il 28.05.1977 e creato subito Cardinale il 27.06.1977, cioè a soli 50 anni!
Il 25.11.1981 Giovanni Paolo II lo chiamò però in Vaticano, nominandolo Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede (lasciò Monaco il 15.02.1982), cioè di quel fondamentale Dicastero (nella storia chiamato Sant’Uffizio) che a nome del Papa è garante dell’autentica fede nella Chiesa universale! Come suo primo e fidato collaboratore, Giovanni Paolo II lo tenne accanto a sé, sempre come Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, fino alla fine del suo Pontificato, nonostante i sopraggiunti limiti di età del Cardinale (75 anni) e le sue stesse reiterate richieste di potersi ritirare in un meritato riposo, magari nella sua Baviera o in qualche monastero, in preghiera e magari ancora a leggere e scrivere.
A lui, come Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede per ben 23 anni, si deve la responsabilità, ovviamente su mandato e a nome del Papa, di aver emanato innumerevoli e decisivi documenti (vedi) in grado di garantire, nel mondo intero, l’autentica fede cristiana e vera dottrina cattolica. Proprio per questo, cioè in contrapposizione alla crescente confusione dottrinale all’interno stesso della Chiesa, fu fatto oggetto di continui attacchi, anche mediatici, che lo dipingevano come l’intransigente “pastore tedesco” (ironizzando malevolmente sulla sua origine), il moderno inflessibile Inquisitore, in netto contrasto invece con la sua reale personalità, certo di grande acutezza intellettuale ma dai tratti sempre umili e persino timidi.

Pur non essendo un documento magisteriale, fece molto scalpore (tra attacchi indicibili o entusiaste lodi di chi vi trovava finalmente la risposta a non pochi equivoci ed errori emersi dopo il Concilio!) una lunga intervista che nel 1984 il Card. Ratzinger rilasciò al già celebre giornalista italiano Vittorio Messori, pubblicato come libro (tradotto e diffuso in tutto il mondo) nel 1985 col titolo Rapporto sulla fede (vedi).

Di enorme importanza fu soprattutto la redazione (ad opera della Congregazione guidata dal Card. Ratzinger ma pubblicato ovviamente con l’autorità del Papa) del Catechismo della Chiesa Cattolica (1992) (vedi), cioè l’autorevole sintesi, per la Chiesa universale, di cosa sia la fede cattolica (fede, sacramenti, morale e preghiera cristiane sono le 4 parti di cui è composto), dunque una sorta di manuale, imprescindibile per la vita della Chiesa, per la catechesi e la stessa predicazione [mentre in questi 30 anni è stato invece di fatto totalmente insabbiato (quanti Cattolici si sono riferiti ad esso o l’hanno anche solo sentito citare dai propri sacerdoti, genitori, catechisti e insegnanti di religione?), diffondendosi così sempre più una fede “fai da te” o secondo le mode imperanti]. Per agevolarne ulteriormente la comprensione e la diffusione, pensarono pure di redigere il relativo Compendio del CCC (vedi), ancora più snello, accessibile, pratico e persino elaborato come domande e sintetiche risposte [fu tra l’altro significativo che tale testo, pronto e presentato a Giovanni Paolo II dal Cardinale Prefetto nel marzo del 2005, cioè alle soglie della morte del Papa, fosse poi promulgato il 28.06.2005, cioè già da Papa Benedetto XVI]. Anche questo testo fondamentale fu totalmente e colpevolmente insabbiato e rimasto fondamentalmente inutilizzato! 
Addirittura la Dichiarazione Dominus Iesus (vedi), “circa l’unicità e la universalità salvifica di Gesù Cristo e della Chiesa”, uscita in occasione del grande Giubileo del 2000 e di fondamentale importanza per la fede, conobbe incredibilmente aspre reazioni all’interno stesso della Chiesa (ne abbiamo accennato altrove, vedi).

Alle soglie della morte, nel Venerdì Santo 2005, Giovanni Paolo II affidò ancora al suo fidato e amato Cardinale Ratzinger la stesura delle Meditazioni della Via Crucis al Colosseo (cui il Papa agonizzante non poté ovviamente partecipare) (vedi – particolare scalpore fece il commento alla IX Stazione).

Alla morte di Giovanni Paolo II, sopraggiunta il 2.04.2005, spettò proprio al Cardinale Ratzinger, in quanto Decano del Sacro Collegio Cardinalizio, presiedere le Esequie del Papa, l’8.04.2005 (vedi la sua commossa e stupenda omelia); così come il 18.04.2005 fu ancora lui che dovette presiedere la celebrazione della S. Messa “pro eligendo Romano Pontifice” (apertura del Conclave), dove risuonò la sua straordinaria omelia, in cui delineò quasi un identikit di cosa dovesse essere e fare il futuro Papa [è in tale magnifica omelia (e quindi non ancora da Papa) che risuonò la celebre sua espressione “dittatura del relativismo” (leggi e vedi/ascolta)].

Benedetto XVI

Nonostante gli indomiti attacchi di cui era fatto continuamente oggetto, da parte dei “poteri forti” dell’Occidente e all’interno stesso della Chiesa, e persino le divisioni interne allo stesso Collegio cardinalizio (certamente enfatizzate dai media) – in realtà si manifestarono per il celebre e grande Cardinale anche enormi ed ammirate aspettative (forse senza speranza di riuscita), vista anche la crescente confusione dentro cui era sprofondata la Chiesa, nonostante la luce ricevuta da 27 anni di pontificato di Giovanni Paolo II (anch’egli assai osteggiato da non pochi settori ecclesiali, per usare un eufemismo!) – fu invece proprio il Cardinale Joseph Ratzinger, ad essere eletto Papa, subito al primo giorno di Conclave, il 19.04.2005, assumendo il nome di Benedetto XVI. Così fu annunciato (vedi); così si presentò dal balcone di S. Pietro (vedi).

[Che nella sua umiltà, nonostante la precisa fisionomia auspicata per il futuro Pontefice nella citata omelia del giorno prima, il card. Ratzinger non pensasse di essere eletto Papa, e per di più nel primo giorno di Conclave, consapevole pure delle divisioni talora aspre all’interno della Chiesa e persino tra i Cardinali, è dimostrato anche dal fatto che, come si può vedere nel noto filmato sopra menzionato, sotto la provvisoria veste bianca indossava un umile maglione nero!]

Il Pontificato di Benedetto XVI iniziò solennemente con la S. Messa del 24.04.2005, in cui tenne la celebre omelia (vedi) in cui risuonò pure il noto e drammatico riferimento ai “lupi” minacciosi che tentavano di assalire il gregge di Cristo e la sua stessa persona!

Qua non ci soffermiamo, né potremmo farlo, sul suo straordinario Pontificato (attivo), durato quasi 8 anni!

[Qui tutti gli insegnamenti di Benedetto XVI].

Ricordiamo solo le sue Encicliche: quelle sulle 3 virtù teologali, della carità (Deus Caritas est, 25.12.2005 leggi), della speranza (Spes salvi, 30.11.2007 leggi) [quella sulla fede, programmata per l’Anno della fede 2013, uscì di fatto sotto Francesco (Lumen fidei, 29.06.2013 leggi)]. Benedetto XVI scrisse anche un’importante Enciclica sociale: la Caritas in Veritate (leggi), del 29.06.2009.

Da Papa compì pure 24 viaggi internazionali* e 29 viaggi o visite in Italia.

* 2005: Germania (GMG Colonia).
2006: Turchia, Germania (Baviera), Spagna (Valencia: GMFamiglie), Polonia.
2007: Austria, Brasile.
2008: Francia, Australia (GMG Sydney), USA.
2009: Rep. Ceca, Terra Santa, Camerun e Angola.
2010: Spagna, Regno Unito, Cipro, Portogallo (Fatima, vedi poi), Malta.
2011: Benin, Germania, Spagna (GMG Madrid), Croazia.
2012: Libano, Messico e Cuba.

Di particolare rilevo storico e liturgico, con tutto ciò che ne consegue per la vita della Chiesa e per la stessa formazione spirituale dei fedeli, fu il ripristino, nel 2007, della celebrazione della S. Messa e dell’intera liturgia secondo il Vetus Ordo (cioè come fu nel corso dei secoli, fino al 1969!), rendendola possibile senza dover richiedere particolari permessi ai propri vescovi [cfr. Motu proprio Summorum Pontificum (che ha tra l’altro avuto un inaspettato ed entusiasta seguito, persino tra i giovani convertiti)]

[Purtroppo questa possibilità è stata invece pesantemente e incredibilmente negata o limitata da Francesco (cfr. qui i documenti del 16.07.2021 e 29.06.2022)].

 

Papa emerito?

Com’è noto, il giorno 11.02.2013 (con data 10.02.2013) Benedetto XVI ha dato l’annuncio della sua Rinuncia al ministerium petrino (ecco la Declaratio, in originale latino e nella traduzione ufficiale italiana), andata in atto (senza ulteriore documento ufficiale) alle ore 20 del 28.02.2013 

(e già questa strana differita – perché in genere questi atti devono avere effetto immediato! – è fonte di confusione, anche perché in quei 17 giorni poteva succedere di tutto, e pare infatti sia successo, a cominciare dalle finanze vaticane).

Un Papa può rinunciare al Pontificato?
Per quali motivi? A quali condizioni?

Visto che in questi quasi 10 anni (ed anche in questi giorni) si sono sentite in proposito pure delle solenni idiozie, ovviamente incoraggiate, oltre da chi ne ha tratto indubbio vantaggio, anche dal potente e martellante mainstream  mediatico, tracciamo qualche breve delucidazione in merito.
 
In realtà il “Papato”, che è di istituzione divina (cfr. Mt 16,15-19), è un mandato “a vita”, cioè fino alla morte di colui che ne è investito da Cristo stesso nel momento della sua elezione e accettazione. Niente dunque a che vedere con qualcosa di analogo a chi detiene un potere umano [a parte che proprio nel 2022 abbiamo visto rimanere sul trono fino alla morte, ed aveva un anno più (era del 1926) di Benedetto XVI, la Regina inglese Elisabetta II] o in base a criteri di efficienza o di salute o di capacità manageriali. E così è stato infatti per quasi tutti i Papi in 2000 anni (cioè tutti tranne quella decina che vi ha rinunciato), in qualsiasi età o condizioni di salute fossero.
Già questo fa capire come il concetto stesso di “Papa emerito” sia in sé contraddittorio (un Papa che non è Papa); e infatti non esiste nel Codice di Diritto Canonico come nella storia della Chiesa (eppure anche in questi giorni di lutto è stato comunemente usato per Benedetto XVI, che effettivamente nei primi anni dopo il 2013 vi fece egli stesso cenno, non sappiamo se per sparigliare ulteriormente le carte e dare indizi su ciò che realmente era avvenuto, v. poi).

C’è chi vorrebbe erroneamente paragonare il titolo di “Papa emerito“, di fatto inesistente, a quello di “Vescovo emerito“, emerso da qualche decennio; ma tale paragone (lo ha fatto anche Bergoglio in un’intervista) non ha invece fondamento. Anche il Vescovo rimane tale a vita [l’episcopato pure in forza del Sacramento dell’Ordine (nel 1° grado), che imprime un “carattere” indelebile, come il Sacramento del Battesimo e della Cresima]; ma può “dimettersi” (e il Papa può accettare o meno tali dimissioni). Oggi è addirittura previsto che un Vescovo debba presentare al Papa le proprie dimissioni allo scadere del 75° anno di età. Se il Papa accetta tali dimissioni, tale Vescovo diventa “emerito” dell’ultima diocesi dove ha esercitato il proprio ministero episcopale [si dice infatti “Vescovo emerito di …” o “Vescovo già di …” (non “già vescovo di …”!)].
Non così per il Papa, sia pur Vescovo di Roma: se la sua Rinuncia è valida, rimane ovviamente in sé Vescovo (non di Roma!), ma cessa a tutti gli effetti di essere “Papa”!

Nonostante ciò, è previsto (anche dal Codice di Diritto Canonico) che il Papa possa rinunciare al Papato, sia pur come rarissima eccezione, per gravissime cause e solo a ben determinate condizioni!

Rinuncia” è il termine esatto, non “dimissioni” (che presupporrebbe un’autorità superiore a cui deporle, e che potrebbe pure rifiutare, che non c’è per il Papa), né tanto meno “abdicazione” (quasi fosse un sovrano temporale, anche se il Papa è attualmente anche sovrano della Stato della Città del Vaticano).

In tal caso, smette totalmente di essere Papa e non può conservarne il titolo, il nome, le insegne, la potestà (non può essere quindi chiamato Papa, neppure emerito, ma torna semplicemente cardinale o vescovo). 

Il Papa validamente rinunciatario cessa a tutti gli effetti di essere Papa (anche come titolo, quindi non può essere neppure “emerito”); torna ad essere Cardinale [ma potrebbe rinunciare o perdere anche tale titolo; infatti è un titolo e dignità che il Papa può dare e anche togliere (come abbiamo visto anche di recente!)]; rimane invece ovviamente Vescovo (anche senza una diocesi effettiva), poiché l’episcopato è dato dal sacramento dell’Ordine (che imprime appunto un “carattere” indelebile e quindi rimane a vita)! 

Ecco perché la Rinuncia al Papato è accaduta solo pochissime volte nella storia bimillenaria della Chiesa (10 Papi su 264, oltre l’attuale). 
Benedetto XVI ha ricordato addirittura: “nessun papa si è dimesso negli ultimi mille anni e anche nel primo millennio è stata un’eccezione”*!

* [cfr. in Seewald Ultime conversazioni (v. poi ), p. 26]:

Seewald: “Con lei, per la prima volta nella storia della Chiesa, un pontefice nel pieno ed effettivo esercizio delle sue funzioni si è dimesso dal suo “ufficio”. C’è stato un conflitto interiore per la decisione?”.

BXVI: “Non è così semplice, naturalmente. Nessun papa si è dimesso per mille anni e anche nel primo millennio ciò ha costituito un’eccezione …”.  

Affermazione sconcertante ed apparentemente erronea, visto che negli ultimi mille anni hanno rinunciato 4 Papi (tra cui il famoso Celestino V, nel 1294) e, nel primo millennio ce ne sono stati altri 6. Forse Benedetto XVI fa proprio riferimento al fatto che la Rinuncia al “ministerium” (come ha fatto lui) non comporta quella al “munus” e che nel II millennio nessuno ha rinunciato come ha fatto lui, cioè al “ministerium” e non al “munus”? Mentre appunto nel primo millennio ad es. Benedetto VIII fu provvisoriamente spodestato dall’antipapa Gregorio VI e dovette rinunciare per alcuni mesi al “ministerium”, senza però perdere il “munus”, tant’è vero che tornò poi a fare il Papa! Nel secondo millennio, invece, nessun papa ha mai rinunciato al solo “ministerium”, mentre 4 Papi hanno rinunciato al “munus” (e, di conseguenza, anche al “ministerium”). Dunque Benedetto XVI, classificando la sua Rinuncia tra quelle del primo millennio, sta dicendo che ha rinunciato all’esercizio del pontificato (ministerium) e non all’essere Papa (munus)? E dunque è lui il Papa e non può esserlo un altro?!! 

Su questa sostanziale differenza tra munus e ministerium torneremo tra poco.


La “Rinuncia” al Papato, dunque, è un atto rarissimo e gravissimo (lo stesso Benedetto XVI, nella sua Rinuncia, parla della consapevolezza di tale “gravità”!), che può essere scelto solo per gravi cause e a determinate ben specifiche condizioni (stabilite dal Codice di Diritto Canonico). 

Non cadiamo dunque nel pericolo, oggi forse emergente, di considerarla quasi normale ad una certa età o in determinate condizioni di salute (semmai si potrebbe ipotizzare l’obbligo della Rinuncia in caso di perdita totale delle capacità intellettuali, cioè di demenza, peraltro mai accaduta nella storia, probabilmente per un disegno stesso della Provvidenza).
Come dimostrano numerosissimi Papi della storia della Chiesa, di età avanzata e talora anche in gravi condizioni di salute, non si lascia il Pontificato semplicemente per questo. Del resto, basti ricordare Giovanni Paolo II, rimasto sul trono di Pietro fino alla morte, nonostante le terribili condizioni di salute! Quindi anche l’addotta “ingravescente aetate”, cui fa riferimento la Rinuncia di Benedetto XVI, non sarebbe per sé già motivo sufficiente per porla.

Perché poi la Rinuncia sia valida (persino al di là delle intenzioni stesse di chi la pone) sono richieste alcune oggettive condizioni, indicate dal Codice e da osservare scrupolosamente, pena l’invalidità della Rinuncia stessa.
In proposito, il can. 332 § 2 del Codice di Diritto Canonico (vedi) parla della piena libertà che deve avere il Pontefice nel porla (non può essere infatti una Rinuncia estorta, neanche psicologicamente!) ed osservandone scrupolosamente la ritualità, fin nell’uso delle parole con cui si pone (così infatti recita il Codice: “ad validitatem requiritur ut renuntiatio libere fiat et rite manifestetur”)!

Laddove tali requisiti non sussistano, persino al di là dell’intenzione stessa del Pontefice dichiarante, la Rinuncia sarebbe invalida e il Pontefice rimarrebbe tale a tutti gli effetti.
Qualora la Rinuncia fosse invalida, il Papa rimarrebbe cioè ancora il Papa!
Non si creerebbe quindi una “Sede vacante”, che permette l’elezione del nuovo Pontefice (quando il Papa muore o rinuncia validamente).
Semmai, qualora il Papa fosse stato messo nelle condizioni (fisiche o psicologiche, cioè ad esempio “sequestrato” o “ricattato”) di non poter esercitare minimamente (neppure per iscritto) il “ministero” di Papa (cioè di insegnamento e di governo della Chiesa), si andrebbe nella gravissima situazione di “
Sede impedita” (che è prevista dal Codice, ma non permette la convocazione di un Conclave e l’elezione di un nuovo Pontefice)! Il Papa rimane il Papa, anche in “Sede impedita”; e non se ne può eleggere un altro!
Tutto ciò per il fatto ovvio, secondo la stessa volontà di Cristo, che il Papa è uno solo e non possono esserci due Papi (nemmeno uno effettivo e uno emerito, o uno “attivo” e uno “contemplativo”, come s’è sentito pure dire in questi anni)!

Quello che ascoltiamo spesso in questi giorni, in occasione del decesso e delle Esequie di Benedetto XVI (Papa Francesco celebra il funerale di Benedetto XVI), è in se stesso contraddittorio e infatti non è mai accaduto nella storia! (tant’è vero che hanno dovuto rapidamente rievocare l’inesistente titolo di Papa “emerito”, sventolato in ogni dove, per cercare di giustificare come sia possibile che un Papa celebri le esequie di un Papa)!

È infatti impossibile che un Papa celebri il funerale di un Papa, perché un Papa può essere validamente eletto solo dopo la morte del Predecessore (chi eleggesse un altro Papa mentre c’è ancora il Papa precedente sarebbe scomunicato “latae sententiae”, cioè automaticamente; e tale condanna canonica riguarderebbe tutti i cardinali elettori, l’eletto stesso e chiunque lo segua)! Se invece il Predecessore è vivo ma ha validamente rinunciato al pontificato, semplicemente non è più il Papa (neppure emerito)!
Dunque un Papa che celebra il funerale di un Papa è una pura assurdità. Uno dei due non lo è, perché appunto il Papa può essere uno solo, secondo le parole stesse di Cristo Signore (cfr. Mt 16,18-19).

Tutto questo dovrebbe essere ovvio. Ma oggi pare evaporata anche l’ovvietà e persino l’evidenza!
Esiste però un Codice di Diritto Canonico (legge della Chiesa, ovviamente subordinata alla Parola di Dio e all’insegnamento costante della Chiesa stessa, guidata nei secoli dallo Spirito Santo); e se non viene osservato (anche da un Papa!) si compiono azioni non solo illecite ma talora pure invalide (cioè nulle e come tali inesistenti)!

Dunque, a questo punto (cioè nel caso specifico), la domanda decisiva non è se mi piace o no il pontefice attuale o il precedente, se sono d’accordo o no, se sono di questo o di quell’altro gruppo, se sono tradizionalista o progressista (peraltro classificazioni arbitrarie, perché ciò che conta è essere realmente “cattolici”, cioè come Dio vuole, anche in ordine alla propria salvezza eterna!).

La questione decisiva è: Benedetto XVI aveva rinunciato validamente ad essere il Papa? Se la risposta è canonicamente affermativa, allora dal 28.02.2013 alle ore 20:00 non era assolutamente più il Papa (neppure “emerito”!), non poteva più chiamarsi Benedetto XVI, Santo Padre, Sommo Pontefice, firmarsi tale e rimanere vestito di bianco (per di più in Vaticano)! 
In realtà sono stati sollevati da più parti seri ed oggettivi dubbi sulla validità di tale RinunciaEd anche se fossero dubbi erronei, devono essere affrontati e risolti pubblicamente dalla Santa Sede (ad esempio con un Sinodo, si parla tanto di “sinodalità”…!), senza fingere che non esistano o cercare di risolvere sbrigativamente le questioni solo con strali o scomuniche a chi ha il diritto di umilmente presentarle ed avere relative serie risposte “canoniche”!

Al di là della già citata questione di una Rinuncia, sorta da una Declaratio firmata il 10.02.2013, annunciata ad un Concistoro l’11.02.2013, ma che entra in vigore in differita dopo 17 giorni (il 28.02.2013 alle ore 20:00) e senza un ulteriore documento di inizio ufficiale della “Sede vacante” (!), esistono già seri dubbi sulla piena libertà dell’atto di Rinuncia (anche se professata ovviamente dal Pontefice nella Declaratio). Tra l’altro un Papa che affermasse nella Rinuncia che è obbligato a farla e come se dicesse una frase senza senso e senza effetto (“Guardate che rinuncio ma la rinuncia è invalida perché sono stato obbligato”). Diverso invece se è posto sotto pressioni che gli impediscono di parlare chiaramente, dovendo quindi far capire in modo subdolo che è di fatto nelle condizioni di “Sede impedita” (senza poterlo dire apertamente appunto perché obbligato)! In tal caso, continuerebbe ad essere il Papa (mantenendone il munus), pur essendo privato del ministerium (cioè della possibilità di fare il Papa); ma poiché è ancora lui il Papa, non può essere eletto un altro Papa!

Ci sono molti elementi per poter comprendere che Benedetto XVI non era nella piena facoltà di esercitare il proprio ministero papale (che non fosse obbedito e seguito, anche in Vaticano, oltre che nella Chiesa universale, non è cosa ignota anche a comuni osservatori interni ed esterni alla Curia Romana e in qualche caso ciò è stato con dolore espresso dal Pontefice stesso!), come pure che fossero in atto da tempo pressioni, interne ed esterne alla Chiesa, anche da parte di “poteri forti”, per costringerlo alla Rinuncia o ad accettare che a governare la Chiesa fossero effettivamente altri… (rimanendo cioè una figura quasi simbolica o coreografica)!
Indubitabili sono state ad esempio le forti pressioni provenienti da grandi poteri esterni alla Chiesa, come quelle negli USA (dati emersi inequivocabilmente anche nel cosiddetto scandalo WikiLeaks, con tanto di fughe di notizie in tal senso che hanno riguardato l’amministrazione Obama), ma anche in altre nazioni, compresa l’Italia e persino a Roma. Circa le pressioni all’interno stesso della Chiesa cattolica, potremmo ricordare la nota vicenda del cosiddetto scandalo VatiLeaks (che ha visto la fuga di notizie riservate dallo stesso appartamento privato pontificio!) o dalla testimonianza ad esempio del cardinale belga Godfried Danneels, circa la sedicente “Mafia di S. Gallo”, con regolari incontri nella cittadina svizzera ma anche a Roma, cui partecipava lo stesso Prelato con altri eminenti cardinali (un gruppo clandestino atto a scalzare Benedetto XVI, tra l’altro già nel 2005 a favore del card. Bergoglio) [in proposito il Codice scomunica e rende invalida l’elezione del Pontefice già programmata in precedenza!]. Circa la pressione di “poteri forti” internazionali, addirittura bancari, potremmo citare il fatto, meno noto ma reale, che i circuiti bancari internazionali siano inspiegabilmente giunti, sotto il pontificato di Benedetto XVI, a bloccare la circolarità delle carte di credito, divenute improvvisamente inutilizzabili in Vaticano (persino dai visitatori dei Musei vaticani); blocco guarda caso immediatamente tolto dopo la Rinuncia di Benedetto XVI.

Soprattutto è sulla stessa Declaratio della Rinuncia e alle parole usate da Benedetto XVI (ricordiamo che il Codice parla di “rite manifestetur” per la sua validità!) che si sollevano molti e ragionevoli dubbi (almeno appunto da esaminare e non da insabbiare superficialmente o addirittura dolosamente come “follie” complottiste di qualcuno). Oltre ai 40 errori di latino, colti immediatamente anche da famosi latinisti laici (riportati già il giorno dopo persino dal Corriere della Sera) e incomprensibili per un latinista raffinato come J. Ratzinger, desta particolare preoccupazione (il dato drammatico si evidenzia più in latino che in italiano), che Benedetto XVI, contrariamente a quanto richiesto espressamente dal Codice di Diritto Canonico (secondo una netta distinzione voluta sotto il Pontificato di Giovanni Paolo II), riferisca la sua Rinuncia al “ministerium” (esercizio del pontificato) e non al “munus” (essere Papa)! Questo errore macroscopico (come se in italiano avesse detto “rinuncio a fare il Papa” invece che ad “essere il Papa”!) renderebbe invalida la Rinuncia; e ciò persino appunto se tale errore fosse stato commesso involontariamente (cosa peraltro impossibile in un latinista raffinato come lui e in un testo solenne e storico come questo, non certo pensato e scritto frettolosamente in pochi minuti).

Chi minimizza tale differenza, credendo che i termini munus (essere Papa) e ministerium (fare il Papa, cioè esercitarne l’ufficio) siano sinonimi (come forse in italiano potrebbe apparire) o ci sia transitività (circolarità, correlazione) tra essi, dovrebbe sapere che tale differenza è stata invece fortemente rimarcata dalla legislazione canonica (proprio sotto Giovanni Paolo II, con supervisione del card. Ratzinger) e non a caso… Non c’è alcuna circolarità o sinonimia tra i termini. Chi rinuncia al munus rinuncia evidentemente anche al ministerium; ma chi rinuncia al ministerium mantiene invece il munus (cioè rimane Papa). 

Interessante notare che il 22.02.1996 Giovanni Paolo II, con l’ovvio apporto del Cardinale Prefetto della CdF J. Ratzinger, promulgò una specifica e decisiva Costituzione Apostolica “circa la vacanza della Sede Apostolica e l’elezione del Romano Pontefice” (Universi Dominicis Gregis vedi), che chiarisce criteri e norme per tale decisivo momento della vita della Chiesa (una preparazione contro una possibile usurpazione del Papato?).
Altrettanto significativo che Benedetto XVI vi apporti poi qualche importante modifica (ad es. la necessità che il Papa sia sempre eletto, e non solo nelle prime votazioni del Conclave, dai 2/3 dei Cardinali) nientemeno che nei giorni che vanno dalla Dichiarazione della Rinuncia all’effettivo inizio di essa (vedi Motu proprio Normas Nonnulas, del 22.02.2013)! 

Per il Codice di Diritto Canonico (non ad esempio per il Codice italiano), ai fini della validità o meno dell’atto, non conta appunto l’intenzione del dichiarante (se il dichiarante avesse compiuto un errore involontariamente l’atto rimarrebbe nullo). Inoltre, sempre per il Codice di Diritto Canonico (non ad esempio per quello italiano) un “atto nullo” è semplicemente inesistente e come tale non è neppure sanabile [si pensi ad esempio al “riconoscimento di nullità” di un matrimonio canonico (che non è un “annullamento”, come la gente erroneamente dice): se quel matrimonio risulta nullo (a processo canonico), quel matrimonio semplicemente non c’è mai stato, anche agli occhi di Dio; per cui la persona può sposarsi ancora (cosa che sarebbe impossibile secondo i Comandamenti di Dio se il matrimonio fosse stato celebrato validamente)]. Per il Codice di Diritto Canonico nullo (“invalido”, non solo “illecito”), significa che non c’è mai stato! con tutte le conseguenze del caso!

Una riprova storica di ciò.
Tra il 1410 e il 1415 ci fu già un Papa chiamato Giovanni XXIII; ma essendo poi riconosciuto come “antipapa” (cioè invalidamente eletto), nel 1958 il card. A. Roncalli, eletto Papa, assunse tranquillamente ancora il nome di Giovanni XXIII (perché appunto il Papa che aveva avuto questo nome era stato eletto invalidamente e dunque la sua elezione era nulla e appunto era semplicemente un Papa inesistente).

Se un Papa non fosse davvero il Papa, perché ad esempio invalidamente eletto, tutti i suoi atti da Papa sarebbero nulli! Ma pure i suoi Successori non sarebbero Papi (perché ad un Papa invalido, cioè Antipapa, non si può dare un Successore valido); si deve dare un Successore all’ultimo Papa valido, cioè al vero Papa!
Sarebbe ad esempio inutile sperare che ad un Papa invalido segua come suo successore un Papa valido, magari perché “migliore”; anche se moralmente, dottrinalmente o pastoralmente lo fosse, non sarebbe ugualmente un Papa legittimo e quindi semplicemente non sarebbe il Papa!


Come abbiamo già sottolineato, su un atto canonico (tanto più di tale superlativa e storica importanza come l’Elezione o la Rinuncia del Pontefice!), ogni ragionevole dubbio o quesito va affrontato e risolto con dimostrazione canonica (magari dimostrando che è erroneo) e non insabbiando il problema, rifiutando di affrontarlo o inveendo contro chi lo pone!

Paradossale che proprio una sedicente Chiesa del “dialogo” e dei “ponti”, che vorrebbe essere sempre in cammino “sinodale”, rifiuti poi questo confronto ecclesiale su questioni di massima importanza per la salvezza stessa delle anime! Ricordiamo ad esempio l’incomprensibile e totale rifiuto di Bergoglio di ascoltare e rispondere ai gravi e fondamentali quesiti (Dubia), posti umilmente ma lecitamente e doverosamente addirittura da 4 Cardinali, circa la sua Esortazione ap. Amoris laetitia del 2016 (vedi, spec. in rif. al cap. 8), dove si prospetta un cambiamento radicale di prassi pastorale, in opposizione alla stessa Parola di Dio (cfr. Mt 5,32) e al perenne insegnamento della Chiesa [anche ai più recenti documenti del Magistero: Giovanni Paolo II, Familiaris consortio (vedi n. 84) e Veritatis splendor (vedi nn. 79/83)]  

Nel caso di una possibile o meno invalidità di Rinuncia al Pontificato e di conseguenza pure di una invalidità del conseguente Conclave ed Elezione del nuovo Pontefice, è assolutamente urgente e imprescindibile affrontare la questione e rispondere ai ragionevoli dubbi ad essa relativi. Qui c’è in gioco l’esistenza stessa della Chiesa e la salvezza eterna delle anime (cfr. Mc 16,15-16)! Per di più, se tali atti fossero invalidi, potrebbe addirittura generarsi una serie anche lunghissima di atti a loro volta nulli, creando un terribile scisma o una falsa Chiesa che non è più quella di Gesù Cristo [che ha voluto e chiama Sua Chiesa solo quella fondata su Pietro e i suoi legittimi Successori (cfr. Mt 16,18)]!

Cos’è inoltre seguito a quel 28.02.2013 alle ore 20:00?

Stiamo ovviamente parlando del momento esatto dell’entrata in vigore della Rinuncia di Benedetto XVI [siglato anche, come tutti ricordiamo, dalla chiusura del portone del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, dove Benedetto XVI si ritirò provvisoriamente qualche ora prima (v. il seguitissimo e storico volo in elicottero dal Vaticano!) e dal ritiro delle Guardie svizzere dal medesimo].
Se tale Rinuncia è valida, da quel momento si entra nella “Sede vacante”; ed entro 21 giorni si deve convocare un Conclave per eleggere il nuovo Pontefice, perché il Precedente semplicemente non c’è più (non: diventa “emerito”)!

Com’è noto, Benedetto XVI ha deciso invece di continuare a chiamarsi con questo titolo (non è tornato semplicemente il cardinale o il vescovo J. Ratzinger, come previsto), a firmarsi con questo titolo, a rimanere vestito di bianco e persino a vivere in Vaticano!

Il Santo Padre Benedetto XVI, dopo un breve soggiorno a Castel Gandolfo (in attesa delle ristrutturazione della nuova dimora), ha voluto continuare a vivere, fino alla morte, in Vaticano, nel già monastero Mater Ecclesiae,(precedente era un monastero di clausura, con ordini religiosi femminili a turno, voluto da Giovanni Paolo II in Vaticano), con il suo segretario il Vescovo Georg Gänswein e sostenuto dalle 4 consacrate Memores Domini [le stesse che lo accudivano nel Palazzo Apostolico; erano 5, ma una (Manuela Camagni, 56 anni), rimase misteriosamente investita e uccisa da un’auto a Roma il 23.11.2010!].
La volontà ferma di Benedetto XVI di rimanere in Vaticano fino alla morte si manifestò chiaramente anche quando, già infermo, si recò (con aereo di Stato italiano) a far visita in Baviera all’agonizzante fratello Georg, il 18.06.2020, tornando poi immediatamente in Vaticano (senza neppure attendere la morte del fratello, sopraggiunta la settimana dopo), tenendo pure presente che esiste tuttora la propria casa di famiglia a Marktl am Inn. Un’ulteriore conferma della propria ferma e significativa volontà (persino contraria ai propri affetti, amati luoghi natii e agli stessi desideri manifestati da Cardinale, come sopra ricordato) di rimanere in Vaticano fino alla morte, com’è stato.
Ciò ha permesso poi in questi giorni il solenne e orante omaggio di una folla sterminata (di fedeli come di Capi di Stato), alla sua salma esposta nella Basilica di S. Pietro e, com’egli stesso ha stabilito, le sue Esequie “papali” in piazza S. Pietro e la sepoltura da Papa nelle Grotte Vaticane (cripta di S. Pietro, tombe di S. Pietro e dei Papi), proprio laddove furono le spoglie mortali di Giovanni Paolo II (prima della loro traslazione in basilica a seguito della Beatificazione).

Ancora. Contrariamente a quanto inizialmente espresso (una vita ritirata e nascosta), Benedetto XVI, sia pur vivendo ritirato in preghiera, non ha affatto rinunciato ad incontrare Cardinali, Vescovi e altre persone, pure a rilasciare interviste e persino ad intervenire anche in modo autorevole sia pur discreto nella vita della Chiesa!

Di particolare importanza è stato il libro-intervista, ad opera del giornalista tedesco Peter Seewald, pubblicato in tutto il mondo nel 2016, intitolato Ultime conversazioni (in Italia, da Garzanti vedi)
Impressionante in proposito, tra l’altro, la risposta di Benedetto a Seewald (p. 218) riguardo alla profezia medievale di Malachia, secondo cui proprio lui sarebbe stato l’ultimo Papa: “Tutto può essere”!

Benedetto XVI è intervenuto appunto in modo discreto ma deciso e pubblico nella vita della Chiesa, anche su questioni scottanti in discussione (anche in Sinodi o autorevoli incontri), come sulla questione del celibato dei sacerdoti o degli abusi sessuali nel clero stesso.

Si veda in proposito il suo articolato intervento, denominato Appunti (vedi; anche in Archivio), inviato ai Vescovi Presidenti di tutte le Conferenze Episcopali del mondo, convocati da Francesco in Vaticano nel 2019 per discutere sullo scandalo degli abusi sessuali del clero.

Benedetto XVI fu costretto a pubblicare tale autorevole intervento, censurato inizialmente dal Vaticano, attraverso il mensile tedesco Klerusblatt (in Italia attraverso il Corriere della sera) e così renderlo noto a tutto il mondo. Esso verteva sulla spinosa questione degli abusi sessuali del clero, che Benedetto XVI saggiamente riferisce alle derive post-conciliari nell’insegnamento di una errata Teologia morale e alla scarsa o persino deforme formazione spirituale, morale e teologica nei Seminari (e non ad un fantomatico “clericalismo”, come invece predicato da Francesco).


Dunque, una presenza delicata, rispettosa, ma decisa e vigile, nient’affatto da “nonnino saggio” cui portare i cioccolatini o cui condurre persino i neo Cardinali per salutarlo e baciargli l’anello (!) (vedi), come s’è invece cercato di farlo intendere, anche mediaticamente, in questi quasi 10 anni!


Ecco infine un’ultima osservazione, per cogliere come ciò che stiamo vivendo, anche e soprattutto nella Chiesa, possa essere riferito non solo a importanti e riconosciute esperienze mistiche (si pensi alla visione quasi fotografica sulla Chiesa del nostro tempo avuta dalla Beata Katharina Emmerick o a sconcertanti espressioni su questo anche da parte di S. Padre Pio), ma ancora a quanto la Madonna rivelò a Fatima nel 1917, che ha illuminato la storia della Chiesa e dell’umanità del XX secolo, e che getta luce anche su ciò che drammaticamente la Chiesa sta vivendo in questo tempo.

Il card. Ratzinger, il Papa Benedetto XVI e …
il Terzo Segreto di Fatima!

Non c’è un errore in questo sottotitolo. Ovviamente Benedetto XVI è la stessa persona di Joseph Ratzinger. Ma proprio sulla questione del cosiddetto “III segreto di Fatima” (in realtà “III parte” di un unico segreto, affidato dalla Madonna ai tre piccoli veggenti, in particolare a Lucia, il 13.07.1917*), che poteva e doveva essere rivelato dal Papa già nel 1960 (!), si nota invece una sostanziale differenza, espressa con tutta umiltà, tra ciò che disse il Cardinale Joseph Ratzinger nel 2000 (come Prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede) e quello che disse Benedetto XVI nel 2010 (come Papa, proprio in occasione del suo viaggio a Fatima). Ne abbiamo già parlato a lungo nel primo dossier realizzato in proposito dal presente sito (vedi). Qui compiamo solo qualche sottolineatura.

* Nell’apparizione del 13.07.1917, la Madonna, dopo aver fatto vedere ai tre bambini l’Inferno (“dove vanno le anime dei poveri peccatori”), ha consegnato loro un “segreto”, suddiviso in 3 parti. Nella prima si riferisce proprio alla visione dell’inferno; nella seconda parte annuncia, se non ci fossimo convertiti e fatto penitenza, l’avvento del comunismo in Russia (che doveva essere consacrata dal Papa, insieme a tutti i Vescovi del mondo, al Suo Cuore Immacolato) e allo scoppio di una seconda guerra mondiale, preceduta da un segno nel cielo (il comunismo russo ebbe in effetti inizio nell’ottobre successivo, così come la II Guerra Mondiale fu preceduta da una straordinaria aurora boreale visibile fin dall’Italia).
Queste due parti furono rese pubbliche da Lucia, per ingiunzione dell’autorità ecclesiastica.
La terza parte del segreto fu irremovibilmente mantenuto tale da Lucia (entrata nel monastero carmelitano di Coimbra), che però (sotto ingiunzione dell’autorità ecclesiastica e il permesso della Vergine, pur tra molte fatiche e sofferenze) scrisse e mise in una busta sigillata, inviata il 3.01.1944 al Vescovo di Leiria (di Fatima). Il 4.04.1957 tale busta ancora sigillata venne recapitata a Roma al Sant’Uffizio (ora Congregazione per la Dottrina della Fede) e fu conservata presso il suo Archivio Segreto. La Madonna chiese che fosse reso noto al mondo nel 1960 (cosa che non è stata fatta)!

Questo il contenuto della Lettera di Sr. Lucia:
J.M.J. Terza parte del segreto rivelato il 13 luglio 1917 nella Cova di Iria-Fatima.
Scrivo in atto di obbedienza a Voi mio Dio, che me lo comandate per mezzo di sua Eccellenza Reverendissima il signor Vescovo di Leiria e della Vostra e mia Santissima Madre. (3.01.1944)
Dopo le due parti che già ho esposto, abbiamo visto a lato sinistro di Nostra Signora e un poco più in alto un Angelo con una spada di fuoco nella mano sinistra; scintillando emetteva fiamme che sembrava dovessero incendiare il mondo; ma si spegnevano al contatto dello splendore che Nostra Signora emanava dalla sua mano destra verso di lui. L’Angelo indicando la terra con la mano destra, con voce forte disse: Penitenza, Penitenza, Penitenza! E vedemmo in una luce immensa (che è Dio) Qualcosa di simile a come si vedono le persone in uno specchio quando vi passano davanti, un Vescovo vestito di bianco (abbiamo avuto il presentimento che fosse il Santo Padre). Vari altri vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose salivano su una montagna ripida, in cima alla quale c’era una grande Croce di tronchi grezzi come se fosse di sughero con la corteccia; il Santo Padre, prima di arrivarvi, attraversò una grande città mezza in rovina e mezzo tremulo con passo vacillante, afflitto di dolore e di pena, pregava per le anime dei cadaveri che incontrava nel suo cammino; giunto alla cima del monte, prostrato in ginocchio ai piedi della grande Croce venne ucciso da un gruppo di soldati che gli spararono vari colpi d’arma da fuoco e frecce, e allo stesso modo morirono gli uni dopo gli altri i vescovi sacerdoti, religiosi e religiose e varie persone secolari, uomini e donne di varie classi e posizioni. Sotto i due bracci della Croce c’erano due Angeli, ognuno con un innaffiatoio di cristallo nella mano, nei quali raccoglievano il sangue dei Martiri e con esso irrigavano le anime che si avvicinavano a Dio”. 

Giovanni XXIII, che lo lesse il 17.08.1959, decise di mantenerlo segreto e di non rivelarlo nel 1960 (come la Madonna stessa aveva richiesto). Anche Paolo VI, che pur si recò a Fatima il 13.05.1967 (50° anniversario della prima apparizione), decise di non rivelarlo. Con tutta probabilità Giovanni Paolo I non fece in tempo neppure a conoscerlo nei soli 33 giorni del suo pontificato (nel 1978).
Oltre ai Papi, ne vennero ovviamente a conoscenza anche i primi e più stretti collaboratori dei Pontefici, in primo luogo il Prefetto del S. Uffizio (poi Congregazione per la Dottrina della fede).
Quindi non solo Giovanni Paolo II, Papa particolarmente mariano, ne venne assai presto a conoscenza; ma anche il Prefetto per la Congregazione della Dottrina della fede, il fidato e primo collaboratore del Papa Card. J. Ratzinger.
Giovanni Paolo II fu poi particolarmente legato a Fatima e anche specificatamente al suo “III segreto”, dopo che subì il terribile attentato, che doveva ucciderlo e invece miracolosamente si salvò, proprio nell’anniversario della prima apparizione della Madonna a Fatima, cioè il 13.05.1981 (scelto da chi attentò alla sua vita come una qualsiasi Udienza generale del mercoledì, quando il Papa girava con la jeep in una piazza S. Pietro allora senza difese e controlli)! Per questo pare che si fece portare le busta sigillata col III segreto già al Policlinico Gemelli, dopo che si risvegliò dal difficile intervento chirurgico a seguito dell’attentato; non a caso continuò sempre a dire che “una mano ha sparato, ma un’altra mano (alludendo evidentemente alla Madonna!) ha deviato il colpo”, così che pur infliggendogli numerose resezioni intestinali, il terribile proiettile non colpì il fegato, il pancreas e la colonna vertebrale, e, uscito dalla schiena, si trovò sul sedile stesso della jeep (tale proiettile fu portato a Fatima e incastonato nella corona della statua della Madonna, dov’è tuttora)! Esattamente l’anno dopo, il 13.05.1982, Giovanni Paolo II si recò significativamente a Fatima per ringraziare la Vergine Santa di avergli salvato la vita l’anno precedente. Lo stesso attentatore, Mehmet Ali Ağca, espertissimo killer turco (ricercato a livello internazionale e non si capisce come abbia potuto essere presente e indisturbato in piazza S. Pietro quel giorno!) disse: “cos’è questa Fatima? Io ho mirato giusto”!
Dato che la Madonna a Fatima, per la prima volta tra le apparizioni, fa precisi riferimenti storici e geografici e parla espressamente della Russia e di ciò che avrebbe provocato di dolore nella Chiesa e nel mondo (questo solo 3 mesi prima della rivoluzione bolscevica comunista!), anche l’improvviso crollo del comunismo nell’Europa centro-orientale nel novembre 1989 (con tanto di crollo dell’URSS proprio il giorno 8.12.1991) – a seguito anche della parziale (in quanto non espressamente nominata la Russia e non con tutti i vescovi del mondo, come la Madonna aveva chiesto) “consacrazione” compiuta da Giovanni Paolo II il 25.03.1984 – fu certamente visto in riferimento a Fatima. Infatti, in ringraziamento per quanto miracolosamente avvenuto in Europa orientale, Giovanni Paolo II si recò di nuovo a Fatima anche il 13 05.1991.
Anche Giovanni Paolo II, però, decise di non rivelare il famoso segreto, ritenendo che fosse controproducente per il popolo di Dio; ma contravvenendo in tal modo alle stesse richieste del Cielo.

Ci fu un furtivo riferimento al “III segreto” di Fatima, quando Giovanni Paolo II, a Fulda (18.11.1980), in risposta ad una semplice ma insidiosa domanda in merito di un giornalista, accennò ad un’immane catastrofe naturale con milioni di morti improvvise, che non sarebbe dunque stato bene far conoscere!

Però, il Catechismo della Chiesa Cattolica (1992), in modo inaudito nella storia dei Catechismi ufficiali della Chiesa, fa poi uno strano ma puntuale riferimento alla terribile “prova finale della Chiesa” (numero 675), che con tutta probabilità potrebbe risentire del “Segreto” di Fatima (conosciuto non solo dal Papa ma ovviamente anche dal card. Ratzinger).
Ricordiamo questo sconvolgente numero 675 del CCC:

L’ultima prova della Chiesa

675 Prima della venuta di Cristo, la Chiesa deve passare attraverso una prova finale che scuoterà la fede di molti credenti. La persecuzione che accompagna il suo pellegrinaggio sulla terra svelerà il “mistero di iniquità” sotto la forma di una impostura religiosa che offre agli uomini una soluzione apparente ai loro problemi, al prezzo dell’apostasia dalla verità. La massima impostura religiosa è quella dell’Anti-Cristo, cioè di uno pseudo-messianismo in cui l’uomo glorifica se stesso al posto di Dio e del suo Messia venuto nella carne.

676 Questa impostura anti-cristica si delinea già nel mondo ogniqualvolta si pretende di realizzare nella storia la speranza messianica che non può essere portata a compimento se non al di là di essa, attraverso il giudizio escatologico; anche sotto la sua forma mitigata, la Chiesa ha rigettato questa falsificazione del regno futuro sotto il nome di millenarismo, soprattutto sotto la forma politica di un messianismo secolarizzato “intrinsecamente perverso”.

677 La Chiesa non entrerà nella gloria del Regno che attraverso quest’ultima pasqua, nella quale seguir» il suo Signore nella sua morte e risurrezione. Il Regno non si compirà dunque attraverso un trionfo storico della Chiesa secondo un progresso ascendente, ma attraverso una vittoria di Dio sullo scatenarsi ultimo del male che farà discendere dal cielo la sua Sposa. Il trionfo di Dio sulla rivolta del male prenderà la forma dell’ultimo giudizio dopo l’ultimo sommovimento cosmico di questo mondo che passa.

Veniamo dunque al 13.05.2000, cioè alla visita di Giovanni Paolo II a Fatima in occasione del Giubileo e della Beatificazione di Francesco e Giacinta (e ancora nel giorno anniversario della prima apparizione). Alla presenza di milioni di persone e della stessa Suor Lucia (la veggente morirà il 13.02.2005, circa 40 giorni prima di Giovanni Paolo II), al termine della S. Messa il Papa fece rivelare dal Cardinale Segretario di Stato Angelo Sodano la “III parte” del segreto di Fatima.

Queste le parole del card. Angelo Sodano, Segretario di Stato: 
“Nella solenne circostanza della Sua venuta a Fatima, il Sommo Pontefice mi ha incaricato di darvi un annuncio. Come è noto, scopo della Sua venuta a Fatima è stata la beatificazione dei due pastorinhos. Egli tuttavia vuole attribuire a questo Suo pellegrinaggio anche il valore di un rinnovato gesto di gratitudine verso la Madonna per la protezione a Lui accordata durante questi anni di pontificato. è una protezione che sembra toccare anche la cosiddetta “terza parte” del segreto di Fatima. Tale testo costituisce una visione profetica paragonabile a quelle della Sacra Scrittura, che non descrivono in senso fotografico i dettagli degli avvenimenti futuri, ma sintetizzano e condensano su un medesimo sfondo fatti che si distendono nel tempo in una successione e in una durata non precisate. Di conseguenza la chiave di lettura del testo non può che essere di carattere simbolicoLa visione di Fatima riguarda soprattutto la lotta dei sistemi atei contro la Chiesa e i cristiani e descrive l’immane sofferenza dei testimoni della fede dell’ultimo secolo del secondo millennio. è una interminabile Via Crucis guidata dai Papi del ventesimo secolo. Secondo l’interpretazione dei pastorinhos, interpretazione confermata anche recentemente da Suor Lucia, il “Vescovo vestito di bianco” che prega per tutti i fedeli è il Papa. Anch’Egli, camminando faticosamente verso la Croce tra i cadaveri dei martirizzati (vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose e numerosi laici) cade a terra come morto, sotto i colpi di arma da fuoco.
Dopo l’attentato del 13 maggio 1981, a Sua Santità apparve chiaro che era stata “una mano materna a guidare la traiettoria della pallottola”, permettendo al “Papa agonizzante” di fermarsi “sulla soglia della morte”. In occasione di un passaggio da Roma dell’allora Vescovo di Leiria-Fatima, il Papa decise di consegnargli la pallottola, che era rimasta nella jeep dopo l’attentato, perché fosse custodita nel Santuario. Per iniziativa del Vescovo essa fu poi incastonata nella corona della statua della Madonna di Fatima. I successivi avvenimenti del 1989 hanno portato, sia in Unione Sovietica che in numerosi Paesi dell’Est, alla caduta del regime comunista che propugnava l’ateismo. Anche per questo il Sommo Pontefice ringrazia dal profondo del cuore la Vergine Santissima. Tuttavia, in altre parti del mondo gli attacchi contro la Chiesa e i cristiani, con il peso di sofferenza che portano con sé, non sono purtroppo cessati. Anche se le vicende a cui fa riferimento la terza parte del segreto di Fatima sembrano ormai appartenere al passato, la chiamata della Madonna alla conversione e alla penitenza, pronunciata all’inizio del ventesimo secolo, conserva ancora oggi una sua stimolante attualità. “La Signora del messaggio sembra leggere con una singolare perspicacia i segni dei tempi, i segni del nostro tempo… L’insistente invito di Maria Santissima alla penitenza non è che la manifestazione della sua sollecitudine materna per le sorti della famiglia umana, bisognosa di conversione e di perdono”. Per consentire ai fedeli di meglio recepire il messaggio della Vergine di Fatima, il Papa ha affidato alla Congregazione per la Dottrina della Fede il compito di rendere pubblica la terza parte del segreto, dopo averne preparato un opportuno commento. Ringraziamo la Madonna di Fatima della sua protezione. Alla sua materna intercessione affidiamo la Chiesa del Terzo Millennio. Sub tuum praesidium confugimus, Sancta Dei Genetrix!”.

Si sottolineò dunque il riferimento all’attentato contro Giovanni Paolo II (avvenuto però 19 anni prima! perché aspettare così tanto a rivelarlo? Inoltre il Papa non era morto, come invece nel segreto) e al crollo del comunismo in Europa (avvenuto 11 anni prima! allora anche in questo caso perché aspettare fino al 2000 per rivelarlo?).
Dunque la grande attesa sembrava colmata, senza particolari clamori e forse persino con una certa delusione rispetto alle quasi centenarie aspettative. Il Segreto riguardava dunque ormai il passato.
Strano però che si sia aspettato il 2000 per rivelarlo. Ancora più strano che non ci sia alcun riferimento alla catastrofe accennata da Giovanni Paolo II a Fulda nel 1980, come neppure alla prova finale della Chiesa (di cui ha parlato in modo inaudito il Catechismo nel 1992 e che non si spiegherebbe adeguatamente senza un qualche recondito riferimento ad una rivelazione dal Cielo)!

Il Cardinale Joseph Ratzinger, in qualità di Prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede, avrà l’incarico poco dopo di offrire alla Chiesa e al mondo un commento ufficiale di tale “terzo segreto” (pubblicato il 26.06.2000), che non fa che confermare quanto sopra (vedi)
Dunque il segreto è svelato e concluso: e soprattutto riguarderebbe il passato e non il futuro.

Di fronte alle perplessità, anche seriamente documentate e persino pubblicate in appositi libri, che non tutto il 3° segreto fosse stato rivelato (c’erano due fogli o addirittura due buste di Sr. Lucia, di cui la seconda parte è stata censurata?), il Cardinale Tarcisio Bertone (nel 2000 Segretario della Congregazione per la dottrina della fede, poi Segretario di Stato con Benedetto XVI), il 31.05.2007 si precipitò nientemeno che a “Porta a porta” da Bruno Vespa (!!) per far vedere in televisione a milioni di telespettatori la busta di Sr. Lucia e il foglio da lei scritto sul 3° segreto!!
Il che, invece di dissolvere le nebbie, ha invece acuito il sospetto che non tutto fosse stato rivelato (a parte la discutibile scelta di parlare di realtà così serie e gravi in un programma televisivo, in cui la tentazione dello scoop è sempre in agguato)!

Veniamo quindi al viaggio di Benedetto XVI a Fatima nel 2010 (sempre in occasione del 13 maggio).
Lo stupore per la differenza rispetto a quanto rivelato 10 anni prima (e commentato dallo stesso card. Ratzinger) emerge già nel volo papale Roma-Lisbona e poi confermato da Benedetto XVI nei discorsi ufficiali e nelle omelie a Fatima: il “III segreto” non si riferisce solo al passato ma al futuro e riguarda particolarmente la dura prova che vive e dovrà vivere la Chiesa al suo interno (e non si riferisce solo agli scandali di tipo morale, anche del clero, ma all’apostasia dalla vera fede)!!

[vedi la documentazione completa nel dossier su Fatima; qui in Appendice alcuni punti salienti degli interventi di Benedetto XVI nel suo viaggio a Fatima nel 2010]

Un’ultima nota …

Potrebbe emergere pure un collegamento coi fatti miracolosi di Civitavecchia, non solo con le lacrimazioni di sangue (scientificamente e giuridicamente documentate) della statuina della Madonna (1995) (v. pure le testimonianze del vescovo Girolamo Grillo, inizialmente assai ostile fin quando la Madonnina non pianse sangue anche nelle sue mani!), ma alle seguenti apparizioni mariane nella stessa famiglia Gregori (sia pur tenute obbligatoriamente segrete nei primi anni), cioè dell’umile famiglia proprietaria nel 1995 della statuina miracolosa, tanto importanti quanto finora quasi del tutto sconosciute ai più. La veggente di Fatima, Suor Lucia, prima di morire ha incontrato (nel monastero di Coimbra dove viveva) la famiglia Gregori, in particolare la piccola Jessica, consegnandole per così dire il testimone, anche su ciò che nel 3° segreto riguardava la Chiesa e i tempi venturi!!

Possiamo dunque aspettarci proprio ora, nella Chiesa e nel mondo, anche sconvolgimenti apocalittici!?


Appendice

Ecco di seguito alcuni punti salienti degli interventi di Benedetto XVI nel suo viaggio a Fatima il 13.05.2010.

Era pure in corso l’Anno sacerdotale, indetto da Benedetto XVI in occasione del 150° della morte del Santo Curato d’Ars [già patrono di tutti i “parroci” del mondo, pare che in quell’Anno dovesse essere proclamato patrono non solo dei parroci ma dei sacerdoti di tutto il mondo; ma anche tale proposito del Papa fu osteggiato e impedito]. Proprio in quell’Anno sacerdotale, al contrario, ci fu uno scatenarsi particolarmente virulento (e ovviamente mediaticamente amplificato) degli scandali morali che riguardavano non pochi membri del clero nel mondo [vedi qui al termine quanto detto in proposito dal Papa, con riferimento esplicito al diavolo, nell’omelia della S. Messa conclusiva dell’Anno sacerdotale, il giorno 11.06.2010].

Già nel colloquio avuto coi giornalisti, sull’aereo che lo portava da Roma a Lisbona (11.05.2010) Benedetto XVI disse a braccio:

“Innanzitutto vorrei esprimere la mia gioia di andare a Fatima, di pregare davanti alla Madonna di Fatima […] che ha un messaggio per tutto il mondo e tocca la storia proprio nel suo presente e illumina questa storia. […] qui, oltre questa grande visione della sofferenza del Papa, che possiamo in prima istanza riferire a Papa Giovanni Paolo II, sono indicate realtà del futuro della Chiesa […] si vede la necessità di una passione della Chiesa, che naturalmente si riflette nella persona del Papa, ma il Papa sta per la Chiesa e quindi sono sofferenze della Chiesa che si annunciano. […] Il Signore ci ha detto che la Chiesa sarebbe stata sempre sofferente, in modi diversi, fino alla fine del mondo. […] il messaggio di Fatima va alla risposta fondamentale, cioè conversione permanente, penitenza, preghiera, e le tre virtù teologali: fede, speranza e carità. Così vediamo qui la vera e fondamentale risposta che la Chiesa deve dare, che noi, ogni singolo, dobbiamo dare in questa situazione. Quanto alle novità che possiamo oggi scoprire in questo messaggio, vi è anche il fatto che non solo da fuori vengono attacchi al Papa e alla Chiesa, ma le sofferenze della Chiesa vengono proprio dall’interno della Chiesa, dal peccato che esiste nella Chiesa. Anche questo si è sempre saputo, ma oggi lo vediamo in modo realmente terrificante: che la più grande persecuzione della Chiesa non viene dai nemici fuori, ma nasce dal peccato nella Chiesa e che la Chiesa quindi ha profondo bisogno di re-imparare la penitenza, di accettare la purificazione, di imparare da una parte il perdono, ma anche la necessità della giustizia. Il perdono non sostituisce la giustizia. Con una parola, dobbiamo re-imparare proprio questo essenziale: la conversione, la preghiera, la penitenza e le virtù teologali. Così rispondiamo, siamo realisti nell’attenderci che sempre il male attacca, attacca dall’interno e dall’esterno, ma che sempre anche le forze del bene sono presenti e che, alla fine, il Signore è più forte del male, e la Madonna per noi è la garanzia visibile, materna della bontà di Dio, che è sempre l’ultima parola nella storia”. 


Nell’omelia della S. Messa celebrata a Lisbona lo stesso giorno (11.05.2010),  Benedetto XVI fece riferimento ai tempi in cui dal Portogallo si partiva per altre terre, senza spegnere la propria identità e religiosità, ma essendo anzi in grado di portare ad altri popoli la fede in Cristo, portatrice di salvezza. Ed auspica che i Portoghesi di oggi lo sappiano fare almeno partecipando all’edificazione della Comunità europea.
Parlando della Chiesa, ricordò che nonostante “non le manchino figli riottosi e persino ribelli” essa dà alla luce i santi ed in essi trova la propria gioia e le proprie caratteristiche fondamentali.
Affermò quindi che “spesso ci preoccupiamo affannosamente delle conseguenze sociali, culturali e politiche della fede, dando per scontato che questa fede ci sia, ma ciò che purtroppo è sempre meno realista”. Allo stesso modo sottolineò che nella vita attuale della Chiesa “si è messa una fiducia forse eccessiva nelle strutture e nei programmi ecclesiali, nella distribuzione di poteri e funzioni”, ma senza un ritorno al “cuore del cristianesimo”, cioè al mistero e all’annuncio della morte e risurrezione di Cristo, è come “se il sale diventasse insipido”. In altri termini, bisogna ritornare al “fondamento” della fede, senza darlo per scontato. Questa è la “leva potente delle nostre certezze, vento impetuoso che spazza via qualsiasi paura e indecisione, qualsiasi dubbio e calcolo umano. La risurrezione di Cristo ci assicura che nessuna potenza avversa potrà mai distruggere la Chiesa. Quindi la nostra fede ha fondamento, ma c’è bisogno che questa fede diventi vita in ognuno di noi”. 

Il giorno dopo (12 maggio), giunto a Fatima, già nella celebrazione dei Vespri con i sacerdoti, religiosi, seminaristi e diaconi, sottolineò anzitutto come “molti dei nostri fratelli vivono come se non ci fosse un Aldilà, senza preoccuparsi della propria salvezza eterna”, e che se “la conversione degli uomini è grazia, siamo responsabili dall’annuncio della fede, della totalità della fede e delle sue esigenze”; e sottolinea che il Curato d’Ars “ha fatto di tutto per strappare le persone alla propria tiepidezza per ricondurle all’amore […] ma temeva che i sacerdoti diventassero «insensibili» e si abituassero all’indifferenza dei loro fedeli«Guai al Pastore – ammoniva – che rimane zitto vedendo Dio oltraggiato e le anime perdersi»”.

La stessa sera (12 maggio), nella preghiera alla Madonna durante la visita alla Cappellina delle apparizioni, Benedetto XVI ricordò esplicitamente Giovanni Paolo II, la sua triplice visita lì per ringraziare Maria SS.ma, “quella «mano invisibile» che lo aveva liberato dalla morte nell’attentato del 13 maggio 1981”; accennando quindi al “proiettile” che aveva trapassato il Papa e che ora era lì incastonato nella corona della statua della Regina della Pace, il Papa dice alla Madonna che “è  profonda consolazione sapere che Tu sei coronata non soltanto con l’argento e l’oro delle nostre gioie e speranze, ma anche con il «proiettile» delle nostre preoccupazioni e sofferenze”. Ricordando poi i veggenti di Fatima, li ringrazia attraverso Maria delle “preghiere e i sacrifici che facevano per il Papa” (forse è il primo Papa che esprime loro questa gratitudine), così come ringraziò tutti coloro che ogni giorno pregano per lui.

Infine, nell’omelia durante la S. Messa del 13 maggio sulla spianata del Santuario di Fatima (colmo di oltre un milione di fedeli), Benedetto XVI tra l’altro disse:

“Anch’io sono venuto come pellegrino a Fatima, a questa «casa» che Maria ha scelto per parlare a noi nei tempi moderni […] Sono venuto a Fatima per gioire della presenza di Maria e della sua materna protezione […] Sono venuto a Fatima per pregare, con Maria e con tanti pellegrini, per la nostra umanità afflitta da miserie e sofferenze. Infine, sono venuto a Fatima, con gli stessi sentimenti dei Beati Francesco e Giacinta e della Serva di Dio Lucia, per affidare alla Madonna l’intima confessione che «amo», che la Chiesa, che i sacerdoti «amano» Gesù e desiderano tenere fissi gli occhi in Lui, mentre si conclude quest’Anno Sacerdotale, e per affidare alla materna protezione di Maria i sacerdoti, i consacrati e le consacrate, i missionari e tutti gli operatori di bene che rendono accogliente e benefica la Casa di Dio”. Accenna quindi una prima volta al 2017: “tra sette anni ritornerete qui per celebrare il centenario della prima visita fatta dalla Signora «venuta dal Cielo», come Maestra che introduce i piccoli veggenti nell’intima conoscenza dell’Amore trinitario e li porta ad assaporare Dio stesso come la cosa più bella dell’esistenza umana”. E aggiunge: “Un’esperienza di grazia che li ha fatti diventare innamorati di Dio in Gesù, al punto che Giacinta esclamava: «Mi piace tanto dire a Gesù che Lo amo! Quando Glielo dico molte volte, mi sembra di avere un fuoco nel petto, ma non mi brucio». E Francesco diceva: «Quel che m’è piaciuto più di tutto, fu di vedere Nostro Signore in quella luce che la Nostra Madre ci mise nel petto. Voglio tanto bene a Dio!» E se qualcuno pensasse che questa esperienza sia privilegio di pochi, Benedetto XVI, con una severa tenerezza, rispose: “Fratelli, nell’udire queste innocenti e profonde confidenze mistiche dei Pastorelli, qualcuno potrebbe guardarli con un po’ d’invidia perché essi hanno visto, oppure con la delusa rassegnazione di chi non ha avuto la stessa fortuna, ma insiste nel voler vedere. A tali persone, il Papa dice come Gesù: «Non è forse per questo che siete in errore, perché non conoscete le Scritture, né la potenza di Dio?» (Mc 12,24). Le Scritture ci invitano a credere: «Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto» (Gv 20, 29), ma Dio – più intimo a me di quanto lo sia io stesso (S. Agostino) – ha il potere di arrivare fino a noi, in particolare mediante i sensi interiori, così che l’anima riceve il tocco soave di una realtà che si trova oltre il sensibile e che la rende capace di raggiungere il non sensibile, il non visibile ai sensi. A tale scopo si richiede una vigilanza interiore del cuore che, per la maggior parte del tempo, non abbiamo a causa della forte pressione delle realtà esterne e delle immagini e preoccupazioni che riempiono l’anima. Sì! Dio può raggiungerci, offrendosi alla nostra visione interiore”. A questo punto si domanda, con un pizzico d’amarezza: “Ma chi ha tempo per ascoltare la Sua parola e lasciarsi affascinare dal Suo amore? Chi veglia, nella notte del dubbio e dell’incertezza, con il cuore desto in preghiera? Chi aspetta l’alba del nuovo giorno, tenendo accesa la fiamma della fede?”.

Volgendo al termine dell’omelia, ecco esplicitamente l’affermazione che la profezia di Fatima non è conclusa: 

Si illuderebbe chi pensasse che la missione profetica di Fatima sia conclusa”. E aggiunse un’osservazione sconcertante: “Qui rivive quel disegno di Dio che interpella l’umanità sin dai suoi primordi: «Dov’è Abele, tuo fratello? […] La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo!» (Gn 4, 9). L’uomo ha potuto scatenare un ciclo di morte e di terrore, ma non riesce ad interromperlo”; come dire: possiamo iniziare una guerra che non saremmo in grado di interrompere, anzi lo afferma come qualcosa già in corso! E ricorda quindi che nella Bibbia talora per la salvezza di una città è sufficiente la presenza e la preghiera di qualche giusto, di qualche uomo di Dio che prega e fa penitenza: “Nella Sacra Scrittura appare frequentemente che Dio sia alla ricerca di giusti per salvare la città degli uomini [negli stessi giorni il Papa è tornato ad insistere su questo punto, riferendosi ad Abramo che intercede per la salvezza della città di Sodoma, in un messaggio del 10.05.2010 rivolto al 2° Kirchentag (giornata ecclesiale) Ecumenico di Monaco di Baviera (D)] e lo stesso fa qui, in Fatima, quando la Madonna domanda: «Volete offrirvi a Dio per sopportare tutte le sofferenze che Egli vorrà mandarvi, in atto di riparazione per i peccati con cui Egli è offeso, e di supplica per la conversione dei peccatori?». Con la famiglia umana pronta a sacrificare i suoi legami più santi sull’altare di gretti egoismi di nazione, razza, ideologia, gruppo, individuo, è venuta dal Cielo la nostra Madre benedetta offrendosi per trapiantare nel cuore di quanti le si affidano l’Amore di Dio che arde nel suo. In quel tempo erano soltanto tre, il cui esempio di vita si è diffuso e moltiplicato in gruppi innumerevoli per l’intera superficie della terra, in particolare al passaggio della Vergine Pellegrina, i quali si sono dedicati alla causa della solidarietà fraterna”. E qui, nell’ultimo periodo dell’omelia, il Santo Padre, riferendosi in modo sconcertante all’apparizione e al messaggio del 13 luglio 1917 [ricordiamo: “molti buoni saranno martirizzati, il Santo Padre avrà molto da soffrire: varie nazioni saranno annientate… Finalmente il mio Cuore Immacolato trionferà!”] ed al prossimo primo centenario, dice: “Possano questi sette anni che ci separano dal centenario delle Apparizioni affrettare il preannunciato trionfo del Cuore Immacolato di Maria a gloria della Santissima Trinità”.


Neanche un mese dopo il pellegrinaggio di Fatima, Benedetto XVI [a conclusione dell’Anno Sacerdotale, nella Celebrazione eucaristica tenuta in piazza S. Pietro nella Solennità del Sacro Cuore di Gesù (11.06.2010), concelebrata da 15.000 sacerdoti!] sottolineò ancora fortemente l’azione scatenata del demonio in questo nostro tempo, con particolare riferimento proprio ai sacerdoti. Queste alcuni passaggi dell’omelia di quella celebrazione:

“L’Anno Sacerdotale che abbiamo celebrato, 150 anni dopo la morte del santo Curato d’Ars, modello del ministero sacerdotale nel nostro mondo, volge al termine. Dal Curato d’Ars ci siamo lasciati guidare, per comprendere nuovamente la grandezza e la bellezza del ministero sacerdotale. […] Volevamo risvegliare la gioia che Dio ci sia così vicino, e la gratitudine per il fatto che Egli si affidi alla nostra debolezza […] Volevamo così anche mostrare nuovamente ai giovani che questa vocazione … […]
Era da aspettarsi che al «nemico» questo nuovo brillare del sacerdozio non sarebbe piaciuto; egli avrebbe preferito vederlo scomparire, perché in fin dei conti Dio fosse spinto fuori dal mondo. E così è successo che, proprio in questo anno di gioia per il sacramento del sacerdozio, siano venuti alla luce i peccati di sacerdoti … […] Se l’Anno Sacerdotale avesse dovuto essere una glorificazione della nostra personale prestazione umana, sarebbe stato distrutto da queste vicende. Ma si trattava per noi proprio del contrario: il diventare grati per il dono di Dio, dono che si nasconde “in vasi di creta” e che sempre di nuovo, attraverso tutta la debolezza umana, rende concreto in questo mondo il suo amore. Così consideriamo quanto è avvenuto quale compito di purificazione […]

Molti forse non desideravano neppure che Dio si prendesse cura di loro. Non volevano essere disturbati da Dio. Ma laddove la premura e l’amore di Dio vengono percepiti come disturbo, lì l’essere umano è stravolto. […]

Il pastore indica la strada giusta a coloro che gli sono affidati. Egli precede e li guida. Diciamolo in maniera diversa: il Signore ci mostra come si realizza in modo giusto l’essere uomini. Egli ci insegna l’arte di essere persona. Che cosa devo fare per non precipitare, per non sperperare la mia vita nella mancanza di senso? è, appunto, questa la domanda che ogni uomo deve porsi e che vale in ogni periodo della vita. E quanto buio esiste intorno a tale domanda nel nostro tempo! Sempre di nuovo ci viene in mente la parola di Gesù, il quale aveva compassione per gli uomini, perché erano come pecore senza pastore […]

Parlando della valle oscura possiamo, però, pensare anche alle valli oscure della tentazione, dello scoraggiamento, della prova, che ogni persona umana deve attraversare.

Anche in queste valli tenebrose della vita Egli è là. Sì, Signore, nelle oscurità della tentazione, nelle ore dell’oscuramento in cui tutte le luci sembrano spegnersi, mostrami che tu sei là. […] “Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza”il pastore ha bisogno del bastone contro le bestie selvatiche che vogliono irrompere tra il gregge; contro i briganti che cercano il loro bottino. Accanto al bastone c’è il vincastro che dona sostegno ed aiuta ad attraversare passaggi difficili. Ambedue le cose rientrano anche nel ministero della Chiesa, nel ministero del sacerdoteAnche la Chiesa deve usare il bastone del pastore, il bastone col quale protegge la fede contro i falsificatori, contro gli orientamenti che sono, in realtà, disorientamenti. Proprio l’uso del bastone può essere un servizio di amore. Oggi vediamo che non si tratta di amore, quando si tollerano comportamenti indegni della vita sacerdotale. Come pure non si tratta di amore se si lascia proliferare l’eresia, il travisamento e il disfacimento della fede, come se noi autonomamente inventassimo la fede. Come se non fosse più dono di Dio, la perla preziosa che non ci lasciamo strappare via. Al tempo stesso, però, il bastone deve sempre di nuovo diventare il vincastro del pastore – vincastro che aiuti gli uomini a poter camminare su sentieri difficili e a seguire il Signore […]”.