Autostrade e ferrovie - ponte Genova Sam Giorgio

Il ponte di Genova

Considerazioni su autostrade (e ferrovie)


[News del 4/8/2020]

Il nuovo ponte autostradale di Genova, denominato ora “Genova San Giorgio” (in onore al Santo tanto amato dai genovesi lungo la loro storia) è stato inaugurato il 3.08.2020, alla presenza del Presidente della Repubblica e delle massime autorità, e riaperto al traffico il giorno seguente. Nell’occasione ecco qualche considerazione … ‘autostradale’.

L’Italia è stato il primo Paese al mondo ad avere un’autostrada! Era infatti il 21.09.1924 quando venne inaugurata la cosiddetta Milano-Laghi. E il 29.10.1935 si inaugurò già un’autostrada che collegava Genova con la Val Padana (GE/Serravalle Scrivia; quindi poi con MI e in seguito anche TO), superando gli Appennini sotto il passo dei Giovi (si tratta della stessa A7 cui si collega anche ora il nuovo ponte di Genova).
Uscita dalla Seconda Guerra Mondiale come un cumulo di macerie e con il pericolo di una guerra civile (anche per la presenza del PCI, cioè del più forte partito comunista dell’Occidente, sostenuto dalla Russia; basti pensare alle incandescenti elezioni del 1948 e il pericolo che il PCI riducesse l’Italia alla stregua di quello che furono i Paesi dell’est-Europa o della vicina Albania, che ancora non si è risollevata dopo 30 anni dalla fine del comunismo), l’Italia, per merito della Democrazia Cristiana, certo anche col sostegno degli USA, in pochi anni conobbe invece il cosiddetto “miracolo economico” e negli anni ’60 era già diventata la quarta potenza economica del mondo!
In quegli anni, nonostante le difficoltà di un territorio quasi totalmente accidentato, avevamo anche la più grande rete autostradale del mondo, dopo gli USA e alla pari con la Germania.

Del resto già i Romani al tempo dell’Impero avevano compreso l’enorme importanza delle strade (basti pensare a quelle “consolari”, ancor oggi direttrici di grande importanza) per la vita, l’unità e i commerci di un territorio immenso quale l’Impero. Fecero poi seguito i “cammini” medievali di pellegrinaggio, dal celebre “Camino di Santiago” (dalla Francia all’Atlantico, alla tomba di S. Giacomo, cioè Santiago di Compostela, allora un vero e proprio “finis terrae”) alla “via Francigena” (da Canterbury a Roma!), fino all’Appia (che portava da Roma a Brindisi, per poter poi salpare verso la Grecia e ancor più la Palestina, cioè verso la Terra Santa).

Anche il celebre ponte di Genova [erroneamente detto “Morandi” (dall’ingegnere che lo progettò), in realtà denominato “Polcevera” (dal torrente della omonima valle sottostante), ma per la gente locale subito chiamato “Ponte di Brooklyn” (per le sue prime 3 campate sospese, che ricordavano vagamente il ponte newyorkese)] è nato in quegli anni. Fu inaugurato infatti il 4.09.1967.
Era l’orgoglio non solo di Genova, ma dell’Italia intera.
Si trattava non soltanto di un collegamento di enorme importanza locale [unendo la parte occidentale della città (con la nuova zona industriale, il nuovo porto commerciale e il nuovo aeroporto costruito sul mare!), alla città (con la nuova “Sopraelevata”, che collega sospesa sul porto la città da est a ovest) e alla costa di Levante (con la città che si estendeva ormai già fino a Nervi)], ma nazionale [unendo la A10 (da/per SV e Ventimiglia) con la A7 (GE/MI) e poco dopo con la A12 (GE/LI)] e persino internazionale [collegando l’Italia con la Francia meridionale; non a caso si tratta della strada europea E80 Lisbona-Roma (e da Roma a PE e, oltre l’Adriatico, da Dubrovnik a Sofia fino ad Istanbul)]. 
Il ponte doveva superare non solo una valle intera e il suo fiume (il Polcevera appunto), ma palazzi di abitazione, strade e ferrovie (persino un parco ferroviario) e capannoni industriali, dei quartieri interni di Sampierdarena e Cornigliano. Inoltre, nella parte orientale, doveva prevedere anche lo svincolo autostradale con la A7 (fu costruito uno svincolo, mantenuto anche oggi col nuovo ponte, che pare ruotare nel vuoto). Specie nella prima parte, quella sopra i palazzi abitati, si trattava quindi di costruire un ponte “sospeso” (oggi invece il nuovo ponte, soppressi i palazzi abitati sottostanti, non è più un ponte sospeso). Era un’opera innovativa e imponente, articolata in undici campate, per m. 1.102 di lunghezza, largo m. 18 (4 corsie), alto m. 45, con 3 antenne (pilastri reggenti la campate sospese) alte m. 90 (la campata compresa fra le pile 10 e 11 e lunga 210 metri era allora la più estesa d’Europa e la seconda del mondo).
La questione è che quando il ponte fu progettato (dall’ing. Morandi) negli anni ‘60, sia pur in modo avveniristico, non si poteva prevedere una crescita del traffico su gomma (specie industriale, cioè di camion, visto quanto si è lasciato carente quello ferroviario e marittimo) di quelle proporzioni come poi si è registrato: in 40 anni si è quadruplicato (nel solo 2009 ha conosciuto 25,5 milioni di transiti) e le previsioni parlano di un ulteriore incremento del 30% entro il 2040.

Intanto le politiche sulle infrastrutture di comunicazione (stradali, autostradali e ferroviarie), tanto necessarie per un paese come il nostro, che potrebbe vivere di turismo (avendo paesaggi, clima e un patrimonio artistico-culturale senza paragoni nel mondo!) ma anche è costituito da un territorio orograficamente difficile e circondato dal mare e dalle Alpi, hanno conosciuto una tragico e irrazionale arresto, di cui paghiamo oggi le conseguenze (così che tutti gli altri Paesi europei ci hanno oggi superato, anche con arditi ponti, basti pensare a quelli dei Paesi scandinavi, ma anche di Lisbona e persino di Patrasso in Grecia), e si è entrati in quelle logiche del “NO” (NO-TAV, NO-Ponte sullo stretto di Messina, NO-questo, NO-quello, senza alternative), vere e proprie ideologie, che, col pretesto giusto di non rovinare il paesaggio (ma oggi questo si svela sempre più come un’adorazione ‘panteistica’ della dea-Natura), vorrebbero forse costringere l’uomo a camminare ancora con le carrozze e i cavalli, anzi, vorrebbero proprio non far vivere gli uomini per far vivere i cavalli! In testa a queste ideologie, apparentemente nobili ma in realtà disumane, prima furono i molto potenti gruppi “Verdi”, poi il M5S.

Tornando al ponte “Polcevera” di Genova, già dal 1981 sono sempre stati necessari continui lavori di ristrutturazione. Ma la struttura, di fronte all’inesorabile e insopportabile aumento del traffico, specie pesante, e all’assenza di alternative (pur previste, progettate, finanziate, ma sempre bloccate!) stava inesorabilmente collassando.

Nel 2006 persino il celebre architetto spagnolo Santiago Calatrava (in proposito: a Roma-sud esiste una colossale e vistosa opera incompiuta, progettata dallo stesso!) propose la demolizione e la ricostruzione del ponte con una nuova struttura in acciaio, un nuovo ponte sospeso, anche artisticamente molto bello; ma per fare il nuovo ponte si doveva chiudere per un paio d’anni quello vecchio; e il progetto fu rifiutato. Come fu rifiutato il progetto di costruire il ponte un poco più a nord dell’attuale (quindi senza chiudere nel frattempo il precedente).
Non si poteva più pensare che un unico tratto autostradale (e un ponte solo) potesse reggere un traffico locale (di fatto “tangenziale” di Genova, con tanto di taxi che devono raggiungere l’aeroporto), che nel frattempo è anche di primaria importanza a livello nazionale e internazionale (il pullman che viene dalla Francia meridionale o dalla Spegna e che deve recarsi a Roma, ad esempio, deve passare di lì).

Già dal 1990 si pensò e poi si progettò la cosiddetta “Gronda”, cioè un tratto autostradale (peraltro quasi tutto in galleria) che raccordasse molto più a monte le 3 autostrade (A10/A7/A12), con pure un nuovo collegamento per la città e per il porto (il percorso attuale, cioè della A7, è appunto ancora quello del 1935, sia pur poi presto raddoppiato!). Progetti, discussioni, proteste, alternative, nuovi progetti (con costi ovviamente sempre lievitati), approvazioni, finanziamenti, nuovi blocchi … fino ad arrivare a quello che sembrava il varo definitivo, nel 2018, cioè all’approvazione definitiva e inizio dei lavori della Gronda. Anche i costi (4,6 miliardi derivanti da un aumento delle tariffe e un allungamento della concessione di 4 anni) parevano coperti. A questo punto, specie a motivo appunto del M5S (che oggi poi si gongola, anche con suoi ministri, all’inaugurazione del nuovo ponte), sorge l’opposizione del Governo ad Atlantia (la società dei Benetton con cui controllano Aspi che gestisce la Società autostrade). E tutto di nuovo si ferma! 

Tutto deve essere fatto dallo Stato (nuova ideologia statalista). Non importa se proprio le opere autostradali dello Stato (per fortuna poche) sono state nei decenni un colabrodo fallimentare e persino proverbiale (basti pensare la Salerno/Reggio Calabria dell’ANAS)!
E il M5S ha gravi responsabilità per le decisioni in merito alla situazione genovese, dove il loro leader storico è nato e vive: ricordiamo ad esempio quando nel 2013 Beppe Grillo gridava dai palchi «Ci viene poi raccontata, a turno, la favoletta dell’imminente crollo del Ponte Morandi» e si opponeva alla Gronda urlando addirittura «Dobbiamo fermarli con l’esercito!».

Senza nulla togliere alle responsabilità penali, su cui la magistratura deve seriamente e senza pregiudizi indagare, di chi doveva comunque vigilare sulla effettiva capacità del ponte “Polcevera” di resistere ancora … siamo però così giunti al tragico crollo del 14.08.2018; che, nonostante lo scarso traffico commerciale dovuto alla vigilia di Ferragosto, provocò anche 43 morti (una triste riprova dell’importanza internazionale del collegamento è data purtroppo anche dalla quantità di camionisti stranieri rimasti vittima, nonostante fossimo appunto alla vigilia di Ferragosto).

Ed eccoci al nuovo ponte “Genova San Giorgio”, costruito certo lodevolmente, dati i tempi “italiani”, in soli 2 anni. Su disegno dell’architetto genovese Renzo Piano, famoso per le sue realizzazioni in tutto il mondo, il nuovo ponte, esattamente sul tracciato del vecchio ponte ovviamente totalmente demolito, non ha più parti sospese (come il precedente), avendo demolito i palazzi abitativi sottostanti, ma è costituito da 19 campate sorrette da 18 pile in cemento armato. La sua capienza è rimasta di 4 corsie (2 per senso di marcia), che nell’ultimo tratto in direzione A7 diventano addirittura 1 per direzione (cioè verso GE o verso MI; avendo ricostruito il ponte di sana pianta, si poteva pensare ad una soluzione a questo imbuto che continuerà inesorabilmente a provocare interminabili code!), con uno svincolo cioè a una sola corsia (rimasto quello avveniristico precedente che gira a destra quasi sospeso nel vuoto … quanto reggerà?), per servire un collegamento addirittura non solo nazionale (A10/A7/A12) ma internazionale! 

C’è dunque poco da festeggiare: i problemi di collegamento e di traffico sono rimasti tragicamente gli stessi.

A proposito della A12 …

Progettata negli anni ’60 come autostrada Genova/Roma (tanto è vero che con questa numerazione A12, e persino con l’assurda doppia vistosa numerazione italiana dei cavalcavia, riprende a circa 90 km. da Roma), doveva essere il collegamento autostradale “tirrenico” (e quindi con valenza nazionale e internazionale, non solo dalla Liguria ma dalla Francia meridionale e dalla penisola iberica verso Roma e il sud); cosi come c’è quello “adriatico” (A14), dopo che nei gloriosi anni ’60 in soli 8 anni si costruì l’Autostrada del Sole, vera spina dorsale d’Italia, collegando MI e Roma (e poi NA, per raggiungere addirittura RC).
Meno male che in pochi anni si costruì la tratta più difficile e costosa della A12, quella ligure (a motivo del paesaggio quasi l’intero percorso è costretto tra gallerie e viadotti). Poi l’autostrada finì a LI (con possibilità di collegamento autostradale tra PI/Viareggio e FI, e quindi con la A1, dove tuttora si è praticamente costretti a incanalarsi per raggiungere Roma in modo veloce). Riprendeva quindi a Civitavecchia per raggiungere la capitale. Un “vuoto” di 200 km (oggi tra Cecina e Tarquinia), mai colmato e sempre in discussione tra mille progetti, blocchi, proteste, nuovi progetti, finanziamenti.

Circa la Valle Susa …

Oggi quando si dice NO-TAV è come se parlassimo di un comandamento divino (c’è qualcuno che ha rischiato la vita per questo), un dogma, per evitare qualcosa di apocalittico. Si tratta invece del collegamento ferroviario veloce (appunto “Treno ad Alta Velocità”) tra l’Italia (TO, e da qui in direzione della già attiva alta velocità per MI/RM/NA/SA o per VE/TS) e la Francia (Lione, e da qui per la già attiva alta velocità per Parigi o per Marsiglia).

Già nel Medioevo avevano capito l’importanza di questa comunicazione: la Valle di Susa che si insinua verso occidente tra le Alpi senza particolari problemi e di là dai monti, non particolarmente alti, le valli francesi della Savoia. Cioè, uno dei pochi passaggi naturali tra l’Italia e l’Europa occidentale. Anche la via Francigena lo aveva individuato. Così il Passo del Moncenisio fu di primaria importanza. E il celebre santuario della Sacra di S. Michele (dove l’arcangelo era apparso), all’imbocco della valle Susa e alle porte di Torino, segnava un punto di riferimento decisivo del transiti europei, anche dei pellegrini (quasi una ‘porta santa’ d’Italia), come del resto gli altri due santuari europei dedicati all’Arcangelo, dove vi apparve, nel sud d’Italia (Monte S. Angelo, sul Gargano) e in Francia sulla Manica (Le Mont-Saint-Michel, tra Normandia e Bretagna).

I Savoia poi, specie quando trasportarono la loro capitale da Chambery a Torino ed erano cominciate le prime ferrovie, pensarono subito, nonostante si dovessero superare le Alpi, ad una linea ferroviaria che collegasse le due città e quindi l’Italia alla Francia; e si costruì il primo traforo ferroviario alpino, cioè quello del Frejus. I lavori iniziarono nel 1857, ma fu inaugurato nel 1871; un traforo ferroviario lungo ben m. 13.636 (tra Bardonecchia e Modane).
Oggi la medesima tratta (Torino-Chambéry), ma ad alta velocità, è appunto la famigerata TAV, con un traforo di km. 57 ed un collegamento (in gran parte in galleria e quindi senza offesa al paesaggio e ovviamente, trattandosi di ferrovia, senza inquinamento) in Francia verso Lione e in Italia in Valle Susa appunto verso TO.

Basta però creare l’ideologia e riempire i giornali e le TV, perché la gente avverta il problema, addirittura il dramma … E tutto si fermi, per anni, facendo lievitare i costi, per un’opera internazionale (addirittura Lisbona/Kiev) che comunque si farà … e anche i contestatori siederanno ben comodi sul treno che in poche ore li recherà da TO a Lione e Parigi, come oggi sono ben lieti di andare in treno da Milano a Roma in 3 ore!

Intanto, mancando la TAV, la Valle Susa è percorsa da migliaia e migliaia di camion (con quale inquinamento!), per una tratta appunto di enorme importanza internazionale, con un’autostrada sia italiana (A32 verso TO) che francese (verso appunto Chambéry, Lione e Parigi). Dal 1980 esiste infatti il traforo stradale del Frejus (di m. 12.870; più lungo quindi di quello del Monte Bianco, che è di m. 11.600 e inaugurato già nel 1965!), che collega l’Italia alla Francia; addirittura, senza alcuna protesta e neppure notizia, è quasi pronto il raddoppio dello stesso traforo, che rappresenterà la più lunga galleria autostradale europea (a doppia canna, cioè a doppia carreggiata). E pensare che ora la più lunga (m. 10.176) galleria autostradale europea a doppia carreggiata è quella della A24 sotto il Gran Sasso, per collegare L’Aquila a Teramo: con tutto rispetto, ma non ci sono paragoni sull’importanza del collegamento, visto che a doppia carreggiata non sono neppure i trafori stradali alpini: del Monte Bianco, del S. Gottardo, di S. Bernardino e finora appunto neppure quello del Frejus. Però al centro del traforo autostradale abruzzese del Gran Sasso c’è l’importante Laboratorio di fisica nucleare … e allora s’è fatto!

Basta che i giornali e la TV non ne parlino. E tutto fila via tranquillo. Basti che si voglia creare il problema e tutto diventa invece un dramma, una battaglia ideologica che mobilita per anni accaniti contestatori.
 

Intanto, mentre noi andiamo avanti decenni a discutere, la Svizzera s’è fatta il traforo ferroviario più lungo del mondo (km. 57), cioè quello di base del S. Gottardo (quindi in direzione italiana, ma sbuca ancora nel Canton Ticino), e l’ha inaugurato nel 2016 addirittura con un anno di anticipo sul previsto!

Infine, una considerazione sull’autostrada “adriatica …

A proposito di camion e delle loro rotte internazionali, che intasano e inquinano fortemente la nostra rete autostradale italiana: oltre all’autostrada della Valle Susa (A32), di cui s’è detto, e di quella del Brennero (A22), divenuta quasi impraticabile a motivo della quantità enorme di camion, qualcuno s’è accorto dell’infinità di camion sull’autostrada adriatica (A14)? Si tratta di servire le innumerevoli industrie pugliesi? No, perché purtroppo non ci sono! Si tratta di imbarcarsi (da Bari o Brindisi) per Igoumenitsa (Grecia), dove un’ardita nuova autostrada (costruita in poco tempo, nonostante la terribile crisi greca e la difficoltà del territorio, ed ha avuto la priorità sui collegamenti stessi per Atene, e dove le scritte sono persino in inglese!) scavalca le montagne del Pindo, per raggiungere Salonicco (Tessaloniki) e, guarda un po’!, si dirige verso Istanbul e la Turchia; per non dire che da qui si raggiunge poi la zona caucasica, l’Iran e persino l’Afghanistan (dove tra l’altro, oltre al petrolio e metano, è fiorente e in questi ultimi anni s’è addirittura ‘decuplicata’! la produzione di “papaveri” … quelli ovviamente non a scopo ornamentale!).

Ma basta appunto non parlarne ….