Fede e Medicina - La fede cristiana ha sempre promosso una speciale attenzione agli ammalati, da cui sono nati pure gli ospedali, appositi Ordini religiosi e innumerevoli opere di carità

Fede e Medicina


La fede cristiana ha sempre sviluppato una particolare attenzione per gli ammalati e ha generato nella storia innumerevoli opere di carità nei loro confronti. Questo non ha eguali nella storia della civiltà mondiale. Perché?

Invece che vedere nella malattia una sorta di “maledizione” divina o del destino, tale da provocare persino una riprovazione ed emarginazione sociale, come spesso era ed è in molte civiltà e religioni arcaiche e non cristiane, il cristiano, sulle orme di Cristo (basti pensare ai Suoi miracoli vedi) e in unione alla Sua Croce (cfr. Col 1,24), secondo le Sue stesse parole (cfr. Mt 25,36.39) è infatti chiamato a scorgere nell’ammalato addirittura una particolare presenza di Gesù stesso.

Inoltre, proprio la fede cristiana, riconoscendo nella Natura l’opera del Creatore, che imprime nella realtà anche materiale le Sue leggi senza mutarle continuamente, ha permesso la nascita e lo sviluppo della scienza (vedi), compreso quel ramo della scienza che è la Medicina.

Allo stesso modo, l’altissima antropologia emergente dalla Rivelazione biblica (vedi) fornisce solide basi affinché la Medicina, pur nelle dovute distinzioni e competenze, si muova all’interno di un’adeguata e superiore visione “olistica” dell’essere umano, così da riferirsi alla salute umana nella sua globalità, cioè nell’armonia di corpo, mente e spirito.

In tal modo la Medicina, lungi dall’essere solo un’asettica scienza sperimentale (tra l’altro, essendo ogni essere umano unico e irripetibile e appunto armonia o disarmonia di corpo, mente e spirito, ciò non permette alla Medicina di essere una scienza esatta), recuperando le sue stesse basi metafisiche e teologiche, può e deve superare una visione puramente materialista dell’uomo (peraltro affatto moderna ma ottocentesca), che, oltre ad essere falsa e riduttiva, non le permette neppure di cogliere appieno le stesse dinamiche psico-fisiche e spirituali che caratterizzano l’essere umano e persino le sue stesse patologie e possibilità terapeutiche.

Così la Medicina può ed è chiamata ad essere un’altissima e competente forma di carità. Essa è stata ed è infatti in grado di ridonare la salute fisica e mentale a milioni di persone, così come è stata in grado già di debellare gravissime patologie che hanno afflitto la storia dell’umanità, e persino ad innalzare pure l’età media della vita umana. E proprio la logica del servizio e della carità permette di superare sia certe talora anche gravi inadempienze del mondo della sanità e degli stessi medici, come pure quella certa loro saccenza, che specie in passato li poneva su di un indiscutibile piedistallo circondato da onore e persino soggezione (oggi invece arrivano non solo ad essere denunciati ma persino minacciati fisicamente).

Invece, oltre alla possibilità di rimanere schiava di una visione materialista ed atea, che le impedisce di comprendere la complessità della questione umana e persino appunto le più profonde dinamiche della stessa salute fisica e mentale, la Medicina può addirittura pervertire il suo stesso scopo e obiettivo, passando da essere “al servizio della vita” ad essere strumento e artefice della “cultura di morte” (vedi), come nel caso dell’aborto e dell’eutanasia. La Medicina rischia poi oggi di venire catturata in logiche, anche statali e perfino internazionali, puramente aziendali e commerciali, se non addirittura di rimanere schiava e nello stesso tempo artefice di pericolosissime “derive totalitarie” dei nuovi poteri sanitari nazionali e internazionali; tanto la gente, come abbiamo sperimentato anche di recente, pur di rincorrere la salute fisica, è ormai disposta a rinunciare, credere e obbedire a tutto!

Intanto va pure facendosi strada la pretesa, se non un delirio di stampo prometeico e persino diabolico, di costruzione dell’uomo, sostituendosi al Creatore, non solo per produrre la sua nascita (persino la procreazione assistita è già in questa logica, specie per gli sviluppi che può avere) o per scartare i difettosi (si pensi all’aborto, anche quello eugenetico), ma addirittura spingendosi ormai a sognare e voler realizzare un vero e proprio “transumanesimo”!

Nel breve spazio di questa riflessione non vogliamo certo affrontare adeguatamente la questione teoretica, storica e attuale di tale rapporto tra “fede e medicina”, né tanto meno offrire una panoramica sull’ampio e complesso mondo della “sanità”, con le sue difficili problematiche, i suoi progressi e pure le sue gravi deficienze (e persino questioni di potere), ma solo ricordare alcuni punti essenziali, dove poi inquadrare pure alcune recenti notizie in merito.

Qualche osservazione filosofico-teologica

Se parliamo della possibilità della malattia e persino della morte (sempre possibile e comunque prima o poi “certa”), tocchiamo evidentemente la grande questione del male. Tale problema ha occupato le più grandi menti dell’umanità, ma colpisce in fondo la vita di ogni essere umano.

Non possiamo ovviamente qui inoltrarci in tale grave questione. Facciamo solo un accenno al fatto che il male, sia fisico che morale, filosoficamente non sia in fondo che un “concetto privativo” e che non si opponga affatto, come potrebbe sembrare, all’esistenza di Dio (vedi in proposito la domanda 14 della catechesi n. 2) e alla Creazione divina, che è solo “bene”.

Soffermiamoci allora brevemente a chiederci: ma cos’è il male? Appunto in sé, filosoficamente parlando, è solo un concetto “privativo”. Infatti, a ben vedere, anche in una patologia innata o in una malattia contratta manca viene a mancare qualcosa che in sé è “bene” (la salute; dentro un corpo che in sé è un bene); così la morte è il venir meno del bene della stessa vita (fisica). Il male è appunto una deficienza (da “deficere”, mancare). Oggi, di fronte ad una morte, si sente infatti spesso dire “è mancato”, magari volendo sembrare così forse più moderni o educati o per censurare o esorcizzare in qualche modo la stessa parola “morte”. A ben vedere appunto anche “la morte” è un concetto privativo: non ci sarebbe se non ci fosse stata data prima la vita. [Sottolineiamo però che non si tratta di concetti “correlativi” (bene e male, vero e falso, essere e nulla): i secondi sono relativi ai primi ma i primi non sono relativi ai secondi]. In sé tutto (l’essere stesso) è bene. Abbiamo l’idea di male quando manca qualcosa che riteniamo “dovrebbe” esserci.

Anche il “male morale” si comprende meglio in questa logica. Non a caso in italiano si usa spesso la parola “mancanza” per indicare anche un “peccato” (anche se non sono proprio sinonimi esatti). Nel caso del male morale interviene però la consapevolezza (pensiero) e la libertà (che in sé sono “beni” immensi, segno che abbiamo lo spirito, che ci fa “simili a Dio” e che gli animali invece non hanno): questo evidenzia infatti la nostra responsabilità (nessuno invece denuncerebbe un leone, anche se lo sbranasse). Il male morale è infatti un abuso di un bene: di una realtà (non vissuta secondo il suo vero significato) ma in fondo della nostra stessa libertà. A ben vedere l’inganno del peccato, e in questo Satana è un maestro, è proprio nascondere il male dietro quel bene che comunque deve almeno minimamente esserci, altrimenti appunto non ci sarebbe neppure il male. L’inganno si scoprirebbe meglio se in una scelta invece di chiederci “che male c’è?” ci chiedessimo piuttosto “che bene manca?” (un bene che invece dovrebbe esserci) (vedi in proposito nel sito <Introduzione alla morale cristiana>).

Possiamo dunque avere la percezione del male solo dentro un bene (non potrei avere una carie se non avessi un dente o una gastrite se non avessi lo stomaco) e se in genere il bene c’è: nessun essere umano pensa infatti che gli manchi qualcosa perché non ha le ali, ma avvertirebbe come “mancanza” se ad esempio non avesse una gamba o la vista; anzi lo avvertirebbe appunto come una “privazione” (manca qualcosa che “dovrebbe” esserci); ma ciò dipende solo dal fatto che normalmente non è così, cioè quel bene in genere c’è, per cui ci sembra “dovuto”. In realtà è invece puramente e totalmente “gratuito” (grazia!), non assolutamente “dovuto”. Anzi, a ben vedere, tutto l’essere (il Creato, l’intero universo) è “gratuito”, cioè non presenta alcun “diritto (o dovere) di esserci”; per cui anche se nulla fosse esistito (o di nuovo sparisse) non sarebbe un male in quanto non c’è appunto alcuna necessità o diritto di esserci.

Per comprendere ancor meglio cosa siano allora i “concetti privativi”, che peraltro usiamo abbondantemente, dando loro una parvenza di essere quando invece in sé non sono nulla (esistono infatti solo come mancanza o appunto privazione di …), pensiamo ad esempio all’idea di nulla, di vuoto, di buco, ma anche di buio, di freddo, di ombra: in sé non sono nulla se non appunto in riferimento all’essere (e appunto non viceversa): non potrei avere l’idea di un “buco” se attorno non ci fosse qualcosa (è chiaro che non vale il contrario), non potrei avere l’idea di freddo se non in riferimento ad una fonte di calore (ad esempio il sole) o di buio o di ombra se non ancora in riferimento ad una luce (ad esempio l’universo sarebbe totalmente buio, cioè nulla di luce, se non ci fossero le stelle, come il nostro stesso sole).

Dunque, anche un male fisico non esisterebbe senza un bene (non potrei appunto avere il mal di denti se non avessi i denti) e non esisterebbe neppure la morte se non in riferimento alla vita (non muore se non un concepito e un nato).

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Ecco perché in fondo, nonostante che emotivamente molti si sentano quasi sospinti ad una sorta di “ribellione” nei confronti di Dio stesso (!), il problema del male non è affatto come potrebbe sembrare un’obiezione all’esistenza di Dio. Perché appunto non esiste il male se non in riferimento al bene, va comunque giustificata l’esistenza del bene (dell’essere), che richiede appunto una Causa prima che è Dio (vedi). Inoltre è ovvio che Dio in sé (in quanto essere perfettissimo e onnipotente), pur essendo il Creatore, non ci “deve” nulla.

Concludere la questione del male con l’ateismo sarebbe illogico (e il bene da dove deriverebbe? e tra l’altro con chi potrei allora prendermela?) e la ribellione o la bestemmia sarebbero assurde e persino diaboliche (potrei bestemmiare solo se Dio c’è: ma chi sono io per discutere con Dio, quando non esisterei neppure se non mi avesse creato e nulla mi è appunto “dovuto”?).

Semmai ci si può chiedere il perché del male una volta che si è conosciuta e accolta la Rivelazione (Bibbia), che ci ha manifestato che Dio è Amore infinito e crea tutto per amore. La Rivelazione va però accolta nella sua totalità (vedi quanto ricorderemo tra poco), anche quando ad esempio ci manifesta che, se siamo nel suo amore, tutto concorre al nostro vero bene (cfr. Rm 8,28).

Per questo persino la paradossale acutezza dell’ateismo di Nietzsche giunge a comprendere che se Dio non ci fosse, verrebbero meno i concetti stessi di bene e di male (“Al di là del bene e del male”) [vedi il mio testo “Oltre il Nulla“].

In questo quadro filosofico, potremmo persino inserire la riflessione teologica e spirituale offerta già nell’Antico Testamento da Giobbe (cfr. Gb 2,10) e persino dal Qoelet (vedi) [cfr. ancora nel mio testo “Oltre il Nulla”, cap. 6].

Ci sono domande, pur decisive per la vita umana, che oggi corrono il rischio di essere censurate o rimosse, con gravi conseguenze a livello anche psicologico ed esistenziale. Proviamo a raccoglierne un paio.

Perché è sempre possibile ammalarsi? E perché comunque sicuramente tutti moriremo?

Nonostante gli straordinari progressi della scienza e della medicina, che hanno permesso di debellare anche terribili malattie, comunque vediamo che continuano ad esistere delle malattie e delle deficienze, anche gravi, del corpo umano, talora fin dalle più tenere età e perfino dal concepimento. E nonostante che tali progressi abbiano notevolmente aumentato la durata della vita, comunque inesorabilmente si muore.

Perché l’uomo avverte la malattia o un difetto fisico, per non parlare appunto della morte, come qualcosa che “non dovrebbe esserci”, che contrasta con il nostro desiderio di felicità, di benessere, appunto di vita?

Eppure questi limiti sono ovvi, trattandosi appunto di materia (il corpo), quindi di ciò che può avere deficienze e comunque rovinarsi e necessariamente logorarsi col tempo (si invecchia, nella migliore delle ipotesi).

A ben vedere, si tratta di una misteriosa “nostalgia” di ciò che non abbiamo mai sperimentato e che ci fa sentire queste deficienze e questi limiti come qualcosa che appunto non dovrebbe esserci. Come appunto se questo limite fisico, questo dolore e persino la morte non dovessero esserci. Non si tratta solo del fatto che la vita e la salute sono un bene. Perché appunto tali limiti nella materia sono ovvii. Ciò però misteriosamente contrasta con il nostro desiderio di felicità.

Inutile rassegnarci a non desiderare (come vorrebbe ad esempio insegnarci il Buddismo e tutte le religiosità orientali) oppure cercando di considerare il dolore e la morte semplicemente come un inesorabile destino, senza più chiedersene il senso (come vorrebbe Nietzsche stesso).

In realtà risponde solo la Bibbia (cioè la Rivelazione di Dio, vedi), fin dall’inizio (Gn 12); lì scopriamo perché in un certo senso abbiamo ragione a sentire questa misteriosa “nostalgia”! Dio infatti ha creato l’uomo “a sua immagine e somiglianza”, e, pur essendo uno spirito in un corpo (a differenza degli angeli, che sono puri spiriti) e quindi soggetto ai limiti della materia, dello spazio e del tempo, per uno specialissimo dono del Suo amore, Dio ci aveva creati senza alcuna condizione di dolore, di fatica, di malattia e persino senza la morte. Questo è ciò che fin dalla prima pagina della Bibbia va sotto il nome di “giardino”, cioè di paradiso terrestre. Da questo stato innocente, buono e felice, sia pur nei limiti della materia e del tempo, l’uomo, per singolare dono divino, sarebbe poi transitato senza traumi nel “paradiso eterno”, cioè nella perfetta felicità della piena ed eterna comunione con Dio. Fu invece il peccato originale (cfr. Gn 3), cioè quell’originale e tragica pretesa di autonomia da Dio, cui fanno seguito anche tutti i nostri peccati personali, a rovinare la nostra anima, anche eternamente (tanto che se non fossimo stati redenti da Cristo, tutti saremmo stati inesorabilmente destinati all’inferno); esso ha pure deteriorato i rapporti con gli altri, con se stessi e perfino con il Creato (Natura), rendendo spesso già questo mondo un’immagine dell’inferno. Anche il nostro corpo dal peccato originale ha subìto gravissime conseguenze, che si trasmettono inesorabilmente di generazione in generazione fino alla fine del mondo: si tratta appunto del dolore (fisico, psicologico, morale), della fatica (anche del lavoro), della malattia e della morte del corpo (che dal momento della morte si distacca dall’anima, infatti si dice esanime, e diventa cadavere, in attesa, come frutto della Risurrezione di Cristo, di ricongiungersi all’anima alla fine del mondo ed entrare nella beatitudine o dannazione eterna nella nuova dimensione extra-spazio/temporale). Ecco perché avvertiamo misteriosamente il male, ogni sofferenza e la stessa fatica, e soprattutto la morte, come ciò che “non dovrebbe” esserci.

È quindi paradossale che delle conseguenze del peccato (anche di quelli personali) molti incolpino addirittura Dio, quando invece sono il frutto amaro della ribellione a Lui e alla Sua santa volontà.

La venuta di Dio stesso sulla terra (Incarnazione), cioè N.S. Gesù Cristo, e la Redenzione dell’uomo da Lui operata nel “mistero pasquale” (Croce e Risurrezione), se non ci hanno tolto le conseguenze terrene e fisiche del peccato originale (malattie e morte del corpo), ci hanno permesso, se accogliamo la Sua grazia, di essere però liberati dalle conseguenze eterne del peccato (inferno), che è ciò che più conta, e di trovare pure un nuovo autentico significato alla stessa sofferenza.

La presenza di Gesù sulla Terra è già l’inizio del mondo nuovo ed eterno (Regno di Dio). Ne sono un segno anche i Suoi innumerevoli miracoli fisici (vedi), che peraltro sono sempre indicativi del più grande miracolo che Egli può e vuole sempre realizzare nella nostra anima (conversione e vita con Lui, cioè la salvezza eterna) (cfr. ad es. Mc 2,3-12).

Per questo, pure lungo la storia e anche ai nostri giorni, Dio può operare talvolta, spesso anche per intercessione di Maria Santissima o dei Santi e perfino delle nostre umili preghiere, dei miracoli, anche fisici (vedi l’intero dossier “Miracoli”). Si tratta di eventi certo straordinari ma sempre possibili. A Dio nulla è impossibile; anche se normalmente Egli stesso rispetta le leggi scientifiche che ha fatto e lascia alla nostra intelligenza e libertà, che ci ha donato creandoci a Sua immagine, la possibilità di studiare e scoprire i fenomeni naturali, le loro cause e perfino, riguardo alla salute, i rimedi (terapie) delle patologie che possono colpirci (vedi i punti 1-4 dello stesso dossier). Nasce così la possibilità e anche il dovere di fare Medicina. Però la scienza stessa, e pure la Medicina, non può rifiutarsi a priori di voler osservare e studiare tali fenomeni (sarebbe un atteggiamento non scientifico) o negare apoditticamente che possano intervenire cause non ordinarie ma straordinarie (anche preternaturali, soprannaturali e soprattutto divine). Quante volte invece, specialmente oggigiorno e con le nuove conoscenze e i nuovi strumenti a disposizione, proprio la scienza, indagando su tali fenomeni, conclude con la loro totale inspiegabilità naturale (vedi i molti casi presentati nel dossier citato).  

Si pensi in tal senso, tra gli altri miracoli, alle numerosissime e prodigiose “guarigioni fisiche istantanee” (oltre a quelle avvenute nel tempo, per non dire di quelle psicologiche e soprattutto spirituali, che non sono però considerate dalla ricerca scientifica pur essendo determinanti per il cambiamento di vita e per l’anima) avvenute a Lourdes a partire dalle apparizioni della Madonna in quel luogo nel 1858, guarigioni verificate anche dall’apposito “Bureau médical” (Ufficio medico istituito per l’analisi scientifica e documentata di tali eventi). Si tratta di migliaia di guarigioni fisiche istantanee documentate clinicamente, di cui la Chiesa ne riconosce come “miracoli” solo 70. Si potrebbe poi citare il caso eclatante del Premio Nobel per la Medicina Alexis Carrel, che miscredente e andato a Lourdes appositamente per smentire tali eventi cosiddetti miracolosi, gliene capitò sotto gli occhi uno enorme ed evidente, da poterlo analizzare clinicamente, fino a fargli concludere non solo l’esistenza del miracolo ma da provocare la sua stessa radicale conversione cristiana (vedi nel dossier sopra citato).

Torniamo ora alla pienezza della Rivelazione, cioè ai Vangeli e all’intero Nuovo Testamento. Vediamo come Gesù, mentre conferma il rapporto tra il peccato originale e il male morale e fisico che c’è nel mondo (è in fondo il segno dell’allontanamento da Dio e della presenza di Satana stesso nel mondo) e in certi casi anche il nesso esistente tra i peccati personali e le proprie tribolazioni e malattie (cfr. ad es. Gv 5,14), libera invece la mentalità ebraica dal voler sempre vedere un rapporto di causa-effetto tra il peccato e le malattie o le disgrazie che possono capitare (cfr. Lc 13,1-5). Intanto è evidente che per Gesù (Dio, Verità) il vero male è quello dell’anima, cioè il peccato, e che la vera “disgrazia” è appunto “non-avere-la-grazia” di Dio (com’è significativo che in italiano usiamo proprio questo termine cristiano); vivere infatti nel peccato grave e perseverarvi, rifiutando fino alla fine la conversione e il perdono di Dio, conduce alla dannazione eterna.

Soffermiamoci però ancora un poco sul nesso tra peccato e male fisico (e la morte). Rimane dunque vero che senza il peccato originale non ci sarebbe stato nel mondo e nella storia il male, anche la malattia e la morte. Il danno peggiore provocato poi dai nostri singoli peccati (specie se mortali vedi) è appunto la disgrazia, cioè il perdere la “grazia di Dio”, perché questo può rovinare la vita terrena e soprattutto condurci alla dannazione eterna (inferno), se non pentiti e possibilmente assolti dal Sacramento (vedi). Tali peccati rovinano certo anche la vita terrena, nostra e in genere anche quella degli altri, specie i più prossimi. Rimane certo vero che certe malattie e certe morti (disgrazie fisiche) sono pure il frutto del peccato, quindi della disobbedienza a Dio. Dare ad esempio la colpa a Dio perché un giovane, magari in preda all’alcool o alla droga e guidando in modo spericolato, possa uccidersi e uccidere in un incidente stradale è ovviamente un controsenso, come lo è chi s’è cercato la malattia e persino la morte per abusi appunto di alcool, di droghe e persino per modi gravemente immorali di vivere la stessa sessualità (che oltre ai danni morali – anche gravissimi: v. adulteri, divorzi e aborti – possono provocare gravi e talora persino letali conseguenze fisiche). Tali morti e questi mali fisici sono appunto frutto del peccato, cioè della disobbedienza a Dio; per cui è proprio assurdo e paradossale incolpare Dio stesso di questi mali e di queste morti. Non dimentichiamo poi che Satana, se ha come primo scopo quello di dannare eternamente le nostre anime (inferno, il suo regno), è pure “omicida” (cfr. Gv 8,44) e vuol distruggere anche la vita fisica, persino l’umanità intera e il pianeta su cui viviamo. 

Rimane ancor oggi importante comprendere che tale nesso tra peccato (colpa) e male fisico (anche una malattia o un grave evento) non sia da vedersi ovunque (come Gesù stesso rimprovera in certa mentalità ebraica, cfr. appunto Lc 13,1-5). Infatti ciò può diventare persino pericoloso per la nostra stessa coscienza. Tale erronea mentalità, peraltro ancor oggi diffusa (paradossalmente proprio tra coloro che, a ben vedere, credono poco o non credono affatto!), potrebbe infatti condurci a chiedere, persino a Dio: “ma che male ho fatto per meritare questo?”, “ma che colpa hanno dei bambini innocenti?”, “perché dei malfattori stanno invece spesso bene in salute e sono persino longevi?”; e ciò potrebbe appunto erroneamente e gravemente condurre ad una sorta di ribellione a Dio o addirittura all’ateismo (ma in tal caso, tra l’altro, con Chi potremmo allora prendermela?).

Se così fosse, non si capirebbe tra l’altro perché spesso proprio i Santi hanno sperimentato ogni specie di sofferenze e persino la morte (v. anche il martire, che muore, magari dopo torture di ogni tipo, pur di non rinnegare Cristo; e proprio per questo gli è garantito il paradiso) (vedi in proposito il sacrificio ad esempio di questi “giovanissimi” santi contemporanei).

In realtà proprio il cristianesimo, specialmente alla luce della Croce e Risurrezione di Cristo e soprattutto in vista della salvezza eterna, ha permesso di superare queste erronee mentalità.

La fede cristiana (come abbiamo anche di recente ricordato, vedi la News su “Bibbia e cultura”) ha infatti permesso di superare sia il fatalismo (presente in quasi tutte le religioni antiche, persino nella cultura greca e romana, basti pensare al Fato/Destino, creduto persino superiore agli dei), sia il dualismo del manicheismo (esistono due princìpi assoluti, del bene e del male; dottrina falsa, poiché, come abbia sopra ricordato, il male è solo un “concetto privativo”; scoprire questa corretta idea del male fu una liberazione anche per il giovane S. Agostino, che all’inizio era caduto anche in questa errata filosofia). La fede cristiana ha permesso poi appunto di superare quella certa mentalità ebraica del tempo, diffusa peraltro tra le gente ancor oggi, che porta a vedere un nesso troppo stretto tra peccato e male fisico.

Invece, come abbiamo molte volte sottolineato anche in questo sito, proprio il cristianesimo ha permesso poi un approccio più razionale e scientifico alla Natura (Creato) e allo stesso problema della salute (Medicina) [cfr. il documento sulle basi medievali e cristiane della scienza (vedi), sulla scienza nata dalla fede cristiana (vedi) ed anche nelle recente News su “Bibbia e cultura (vedi)]. Dio ha infatti creato tutte le cose con una logica, spesso perfino matematica, cioè secondo leggi naturali, che in genere egli stesso mantiene e rispetta (tranne appunto ai casi eccezionali chiamati “miracoli”), e ha dato all’uomo, creato a Sua immagine in quanto dotato di spirito, cioè di intelligenza e libertà, la possibilità di scoprire tali leggi e utilizzarle pure per il proprio bene (anche quindi per recuperare la salute). Ciò ha permesso appunto la nascita e lo sviluppo della scienza e pure della Medicina, come poi brevemente vedremo.

Tornando al Vangelo e all’assoluta novità cristiana che ne scaturisce, sottolineiamo come proprio il fatto che Dio abbia voluto redimere l’uomo mediante la Croce di Cristo, cioè la più inaudita delle sofferenze anche fisiche, ha donato ad ogni sofferenza umana (fisica, psicologica, spirituale) la possibilità di essere vissuta in un modo totalmente nuovo, con un significato altissimo, che permette appunto di vedere e vivere il dolore in un modo che lo rende non solo sopportabile ma addirittura come un evento positivo, persino “salvifico”, cioè misteriosamente assai utile non solo per la propria anima ma anche per quella degli altri (missione) e persino come suprema forma d’amore a Dio stesso (si veda in proposito lo straordinario documento di Giovanni Paolo II intitolato appunto “Salvifici doloris”). Si tratta di poter infatti partecipare, in modo mistico, alla stessa Croce di Cristo, cioè alla Sua stessa opera della Redenzione del mondo (cfr. Col 1,24)!

Innumerevoli Santi, ma anche comuni fedeli, ci testimoniano questo ben più profondo miracolo, che è il trovare e vivere il significato pieno e autentico della sofferenza, cristianamente vissuta.

Mentre è certo doveroso fare ogni sforzo, anche medico, per garantire la salute e guarire da una malattia, così com’è lecito chiedere a Dio, se è nella Sua volontà (che è il nostro vero bene), di donarci la guarigione, persino appunto un miracolo, è intanto sempre possibile e doveroso “offrire” a Dio, in unione alla Croce di Cristo, le proprie sofferenze e dolori, per il bene della nostra stessa anima come di quella degli altri. Ci sono state e ci sono addirittura persone speciali che si offrono volontariamente a Dio come “vittima”, fino alla morte, per questo scopo o per ciò che sta a cuore a Dio stesso e alla missione della Chiesa (la salvezza delle anime).

Il poter scoprire e vivere l’altissimo significato cristiano della sofferenza, anche una malattia, permette non solo di ottenerne degli enormi benefici alla propria anima (e se Dio la permette è certamente per il nostro bene, cfr. Rm 8, spec. 28-37), ma spesso anche per il proprio stato spesso persino psicologico (una pace interiore, che può paradossalmente persino convivere anche con le più atroci sofferenze, come molti santi e cristiani appunto ci testimoniano) e persino per la propria volontà. Non a caso possiamo spesso riscontrare come proprio chi, magari fin da giovanissimo, ha dovuto sperimentare anche grandi prove e la sofferenza, specie appunto se vissute cristianamente, possieda una forza d’animo e una capacità di impegno della volontà assai più forte, potremmo dire forgiata e fortificata proprio dal dolore, rispetto a chi è cresciuto in ogni agio e benessere, se non addirittura chi da bambino è stato viziato o da giovane s’è impantanato nell’ozio e nei vizi. Infatti, una vita di peccato e lontana da Dio, tanto più nel vuoto esistenziale e nichilista che attanaglia specie molti ragazzi e giovani dell’attuale civiltà occidentale, provoca, oltre al danno spirituale (con serio pericolo di dannazione eterna), enormi ripercussioni anche psicologiche e talora anche fisiche (ne è prova l’enorme diffusione di disturbi psichici, anche gravi, in tali realtà sociali e culturali odierne; vedi nella News dedicata proprio alla “Emergenza educativa”).

Abbiamo infatti accennato all’inizio come sia particolarmente doveroso ed urgente che anche la Medicina si apra ad una visione davvero “olistica” (unitaria, personalistica) dell’uomo e delle stesse cure mediche, così da riferirsi, pur nella dovuta distinzione di competenze, alla salute umana nella sua globalità, cioè nell’armonia di corpo (soma), mente (psiche) e spirito (pneuma).

La fede, la preghiera, l’unione a Cristo (vita di grazia), permettono una visione diversa della vita e della stessa malattia e della morte, oltre a permettere appunto (al di là dei diversi temperamenti, caratteri e situazioni psicologiche) una maggiore serenità di fondo, che talora è appunto persino in grado di ottenere enormi benefici anche dal punto di vista terapeutico (ad esempio il grande santo medico Giuseppe Moscati ne era convintissimo, anche nella sua competente ed elevata professionalità medica).

Ricordiamo infine ancora che, secondo quanto Dio stesso ci ha pienamente rivelato in Cristo (Verità) e la santa Chiesa ci insegna a credere e vivere, anche il nostro corpo possiede un’altissima dignità: abitato fin d’ora dall’anima (che si separa da esso nell’ora della morte) il corpo stesso del Battezzato (specie se continua a vivere in grazia di Dio) è abitato dallo Spirito Santo; è dunque “tempio di Dio” (cfr. 1Cor 6). Alla fine del mondo e al Giudizio universale, si riunirà poi all’anima e parteciperà anch’esso alla beatitudine eterna (paradiso) o alla dannazione eterna (inferno).

Nel disegno originario di Dio (Creazione) c’era nell’uomo una piena armonia tra corpo e spirito; e tale è la radice della nuova e piena antropologia cristiana, a differenza di tutte le altre religioni, filosofie e civiltà (vedi quanto ricordato anche nella recente News “Bibbia e cultura”).

Così, se già il corpo umano è opera del Creatore (e per questo è “bene”, cfr. Gn 1), esso ha assunto una dignità ancora più elevata e sublime quando il Redentore dell’uomo (Cristo Signore) ha assunto un vero corpo (e anima) umano; si è infine di offerto in nostro riscatto (salvezza eterna) sulla Croce con il Suo Corpo e il Suo Sangue ed è risorto col suo vero Corpo; così si rende presente nel tempo in ogni Eucaristia, che rinnova sull’altare il Suo Sacrificio per la nostra salvezza, col Suo Corpo e il suo Sangue.

Per questo anche Maria Santissima, concepita come Immacolata (cioè a differenza di ogni essere umano e per i meriti di Cristo stesso, senza peccato originale e quindi tutta bella e “piena di grazia”, cioè di Dio), è stata Assunta in Cielo anche con il suo corpo. 


Invece le filosofie, ideologie e rivoluzioni della Modernità (vedi), in opposizione alla fede cristiana, hanno distrutto anche tale armonia (tra corpo e spirito) e integrale antropologia (visione dell’uomo). Ancor oggi, pur se in modo magari meno cruento, esse fanno sentire i propri nefasti influssi, permeando la mentalità dominante e la stessa Medicina (non è purtroppo raro avvertirli oggi persino nella stessa Chiesa Cattolica).

Assistiamo così a sempre nuove forme di “materialismo”, dove cioè la dimensione spirituale dell’uomo viene sempre di nuovo censurata, di “ateismo pratico”, dove cioè Dio o è negato o è almeno eclissato dall’orizzonte esistenziale e sociale, con la censura di tutto ciò che è soprannaturale, divino ed eterno. Al contrario, come per un movimento pendolare conseguente appunto alla perdita di unità e di armonia della persona, non mancano neppure nuove deleterie forme di “spiritualismo” falso, disincarnati e alienante, dove più che la ricerca autentica di Dio, specie pienamente rivelatosi in Cristo, si insegue una sorta di benessere psicologico (religione wellness), così da far proliferare sempre nuove sette religiose, talora persino sedicenti cristiane. Anche a riguardo del corpo, si oscilla tra eccessi opposti. Da un lato si manifesta una spasmodica idolatria del corpo, dell’estetica e dello sport (con i loro relativi “idoli”) e soprattutto della stessa salute fisica (si vedano in tal senso pure gli eccessi di analisi, fin dalla gravidanza, o di vaccini, sin dalle più tenere età, o di eccessivi controlli sanitari di massa); tutti valori e cose buone, ma che se assolutizzati diventano un’idolo cui sacrificare ogni cosa e valori ancora più alti e decisivi. Al contrario assistiamo pure ad un sostanziale disprezzo del corpo, ridotto a puro “oggetto”, fin dal suo sorgere (vedi anche la questione della procreazione assistita) sia nel suo essere scartato se non rientra in certi parametri di salute (vedi l’aborto e la mentalità eugenetica, che arriva a scartare chi non rientra in determinati parametri fisici; vedi in tal senso la stessa eutanasia). Anche da morto, contrariamente a tutta la fede cristiana (teologia, antropologia ed etica), il corpo umano è ormai ridotto ad oggetto, persino a merce da vendere a pezzi (vedi l’ambigua promozione della “donazione degli organi”) o da bruciare (vedi la cremazione). Non parliamo poi di una sessualità ridotta ad oggetto e schiava dell’edonismo, che si manifesta già in un certo tipo di “educazione sessuale” scolastica, per poi approdare alla pornografia diffusa ovunque e fin da giovanissimi, fino al “sesso usa e getta” e addirittura alla prostituzione (vedi).

In tal modo la Medicina stessa rischia di pervertirsi e passare, contro la sua stessa identità e vocazione, dal “servizio alla vita” a prestarsi e asservirsi persino ad un’invasiva e diabolica “cultura di morte” (vedi). Si giunge così, da parte proprio della Medicina e dei Medici stessi, a giustificare certi omicidi, anche nei confronti di bambini, disabili e anziani, addirittura come loro “miglior interesse” (vedi) ed a considerare le loro vite “non più degne di essere vissute” (in base a quali parametri e criteri?). Certo, all’opposto, una sorta di delirio di onnipotenza della scienza e della stessa Medicina, giunge pure ad inutili e disumani “accanimenti terapeutici”.

[Nel sito si navighi in proposito pure nelle diverse parti di “Fede e morale” (vedi), con particolare attenzione alla sezione riguardante la “Dottrina sociale della Chiesa” (vedi) e in essa alle parti dedicate specialmente al rapporto tra 5° Comandamento e legge civile e penale (cfr. domande 29303132)]


Tra fede e medicina: uno sguardo alla storia della Chiesa

Torniamo ora alla domanda iniziale: perché la fede cristiana ha sempre alimentato e promosso una particolare attenzione agli ammalati e ha generato innumerevoli opere di carità nei loro confronti, tanto da non avere eguali nella storia della civiltà mondiale?

Come abbiamo appunto ricordato, invece di vedere nella malattia una sorta di “maledizione” divina o del destino, tale da provocare persino una riprovazione ed emarginazione sociale, come spesso era ed è in molte religioni e civiltà arcaiche e non cristiane, il cristiano, nonostante sappia che anche la malattia è conseguenza del peccato originale e qualche volta persino dei peccati personali, si mette sulle orme di Cristo, che compie moltissimi miracoli per liberare anche dal male fisico (vedi) e soprattutto salva il mondo con la Croce, cui possiamo con le nostre sofferenze essere associati (cfr. Col 1,24; com’è significativo che in italiano usiamo l’espressione “ho una croce” o “sono in croce”!); soprattutto, secondo le Sue stesse parole (cfr. Mt 25,36.39), Gesù giunge perfino ad identificarsi col bisognoso, anche con l’ammalato, e considera come fatto o non fatto a Lui ciò che viene fatto o non fatto anche appunto all’ammalato (“Ero ammalato e mi avete visitato”); e ciò con conseguenze perfino eterne!

Ciò ha contribuito a realizzare nella storia, anche sul piano sociale, la grande “rivoluzione” cristiana.

Anche per questo, la Chiesa Cattolica costituisce pure la più grande istituzione caritativa del mondo e della storia. Non ci sono paragoni possibili con qualsiasi altra civiltà, religione o ente umano della storia! Si tratta di una dato storico oggettivo ed inequivocabile. Tale “carità” (amore per il prossimo) riguarda anche la realtà degli ammalati (infermi). Tale primato storico e mondiale non riveste solo un dato quantitativo (numero delle strutture e degli operatori sanitari), cioè per l’incalcolabile numero di opere caritative attuate ovunque dalla Chiesa Cattolica lungo 2000 anni, ma anche qualitativo, cioè per il tipo elevato e sincero di carità posta in atto, nei confronti di ogni tipo di bisogno umano incontrato (oltre ovviamente, ed è la sua missione prioritaria e ineludibile, per la salvezza eterna della anime).

La radice di tale straordinaria e impareggiabile attività caritativa è appunto la fede in Cristo.

Non dobbiamo però mai dimenticare che il primo e fondamentale “bisogno umano” è quello della salvezza eterna della propria anima. Questo è infatti lo scopo della stessa Incarnazione di Dio (Cristo) e della Redenzione da Lui operata nel mistero pasquale (Croce e Risurrezione). Dimenticare questo significa distruggere il cristianesimo e ridurre Gesù stesso ad un autore e predicatore di opere buone, specie in favore dei più bisognosi, riducendolo ad un grande filantropo e umanitarista, negando così la Sua divinità (che è la più grande e perniciosa delle bestemmie, il motivo stesso per cui è stato condannato a morte dal Sinedrio, cfr. Mt 26,62-66). Questo è anche il primo e fondamentale compito che Cristo affida alla Chiesa,  inviandola in tutto il mondo e per tutta la storia (cfr. Mc 16,15-16), fornendole gli strumenti soprannaturali (fede e sacramenti) per realizzare tale missione, cioè appunto la salvezza eterna delle anime (santificazione), di ogni uomo che Dio chiama all’esistenza (cfr. Mt 28,18-20). Questa è dunque anche la suprema e ineludibile “carità”.

Poiché non è possibile disgiungere l’amore totale per Dio dall’amore del prossimo come a se stessi, come Gesù stesso insegna (cfr. Mt 22,37-39), la carità nei confronti del prossimo si manifesta anche in particolari forme di “prossimità” specie nei confronti dei più bisognosi, in cui Gesù stesso in qualche modo si identifica (cfr. Mt 25,31-46), anche se non certo allo stesso modo con cui è ad esempio “presente” nell’Eucaristia! Occorre inoltre tener presente che esistono non solo bisogni materiali ma anche spirituali, morali, psicologici (vedi, anche nello “schema per fare bene l’esame di coscienza”, le “opere di misericordia corporale e spirituale” che la Chiesa autorevolmente insegna).

La vera “carità” è poi quella che da Dio scaturisce (perché Dio è Amore) e a Dio ritorna, abbracciando anche gli altri. Si dice infatti per questo che è una “virtù teologale” (come la “fede” e la “speranza”) (vedi l’Enciclica di Benedetto XVI “Deus caritas est“). Non si tratta dunque di semplice filantropia, umanitarismo emotivo od opzione volontaria (volontariato).

La Chiesa, fin dai primi giorni e sempre nella storia, ha avuto per questo una particolare attenzione d’amore a chi si trova in qualsiasi genere di bisogno, dai più poveri e indigenti agli infermi (anche i malati più gravi e perfino infettivi), e ovviamente nei confronti pure di grandi peccatori (pur condannando apertamente il peccato, come Gesù stesso ha fatto). Non a caso sinonimo di carità è anche il termine “misericordia”; ed è significativo che ad esempio in alcune regioni d’Italia si chiamino “misericordia” ancora molti centri di assistenza (oggi magari divenuti laici) e persino e le ambulanze.

Mentre appunto l’ammalato, tanto più se grave e con patologie che potevano essere contagiose, era in genere emarginato dalla società pagana e non cristiana, anche in Europa, i singoli cristiani e il cristianesimo nel suo insieme hanno sempre avuto un particolare riguardo per loro.

Possiamo riscontrare ciò sia nella vita dei Santi (come non ricordare, solo per citare un caso emblematico ma non isolato, l’abbraccio di S. Francesco d’Assisi al lebbroso) come in intere istituzioni nate dalla Chiesa Cattolica lungo tutti i secoli, fino al sorgere di veri e propri Ordini religiosi a ciò particolarmente dediti.

Anche questa è un’assoluta novità cristiana. Poveri, derelitti e ammalati sono categorie di persone che sono sempre state scartate, in ogni civiltà e persino in ogni religione; nel cristianesimo sono invece oggetto di una particolare e amorevole attenzione.

Basterebbe pensare ad esempio all’invalicabile sistema di “caste”, fondate proprio sull’induismo, nell’immensa India (si pensi in tal senso quanto sia stata “rivoluzionaria” ancora nell’epoca attuale l’opera di carità, senza distinzione alcuna di persone, proprio a cominciare da Calcutta, di santa Madre Teresa!)

Questa rivoluzione d’amore fu sconosciuta anche nelle zone più ricche e progredite del mondo antico, come nella Grecia classica o nella Roma imperiale.

Oltre alle singole, personali e comunitarie opere di carità cristiana, presenti fin dai primi giorni del cristianesimo, quando poi nel sec. IV, terminate le più feroci persecuzioni, la Chiesa uscì dalla clandestinità, creò subito e ovunque strutture di carità e di assistenza per poveri, vedove, orfani e pure per gli infermi e ammalati.

È il caso ad esempio di Basilio (330-379; vedi), il santo vescovo, Padre e Dottore della Chiesa, della Cappadocia (attuale Turchia). Oltre che punto di riferimento per il monachesimo orientale (un monachesimo non più solo eremitico ma cenobitico, cioè comunitario), san Basilio ebbe particolare cura dei poveri, delle vedove e degli orfani, come degli ammalati; nella sua stessa città e diocesi di Cesarea in Cappadocia, creò la “Cittadella della carità”, detta appunto Basiliade, che costituì una sorta di vero e proprio ospedale, forse il primo caso della storia!

A Roma, sempre nel IV sec., troviamo ad esempio il caso della nobile matrona romana di nome Fabiola (Santa), che, di fervente fede cristiana, dopo la morte prematura del marito si consacrò alla preghiera e alla penitenza, ma fondò quello che è considerato il primo grande ospedale pubblico della storia. 

Nel glorioso e “luminoso” Medioevo (vedi il nostro articolato dossier che lo ricorda e testimonia), il monachesimo (vedi), nella sua miracolosa capacità di diffondere non solo la vera fede cristiana ma quella straordinaria cultura che sta alla base della civiltà europea e occidentale, generò pure uno straordinario progresso tecnico (persino nel campo dell’agricoltura, pure bonificando e rendendo fertili interi territori, e addirittura della cucina); diede pure origine a feconde opere di carità (vedi), anche per gli stessi ammalati.

Pur nella priorità della contemplazione e della preghiera e nell’osservanza scrupolosa della “clausura”, già la Regola di San Benedetto coniuga sapientemente e armonicamente “ora et labora” (preghiera e lavoro); per questo il monachesimo benedettino e tutti i rami monastici che ne sono derivati hanno dato alla luce anche le straordinarie opere sopra accennate. Risulta tra l’altro che fin dall’inizio del monachesimo benedettino (sec. V) la stessa Abbazia di Montecassino, culla del monachesimo occidentale, possedesse un’importante Infermeria, a disposizione non solo dei monaci ma di chiunque vi accedesse, compreso i pellegrini in transito. In questo senso, pur salvando appunto la stretta “clausura” e la priorità della vita contemplativa (preghiera e meditazione), tale Regola riserva pure una certa importanza alla Foresteria (immediatamente attigua al monastero), dove poter ospitare il visitatore (ancor oggi c’è chi vi trascorre brevi o lunghi soggiorni di silenzio e di preghiera) o il pellegrino, che viene considerato come un segno di Cristo stesso; di conseguenza egli doveva essere accolto, ospitato, nutrito, e, se ammalato o infermo, si doveva provvedere anche alle sue cure mediche, per quel che allora e in quelle circostanze si poteva. Tali Foresterie o strutture attigue divennero pure rifugio e ricovero per i viandanti, i bisognosi e gli infermi. Tale servizio, come le altre forme di carità, oltre alle possibilità di lavoro fornite dal monastero (da cui i borghi nati e cresciuti attorno ai monasteri medievali), veniva offerto anche agli abitanti della zona.

La Foresteria del monastero, nella sua cristiana e gratuita “ospitalità”, diveniva talora dunque anche un “Ospitale”, dotato spesso pure di un’attrezzata Infermeria. Potrà sorprendere, ma proprio da questo deriva il nome “Ospedale”, come pure l’espressione “ricovero” e il verbo “ricoverare”.

È peraltro significativo che in francese l’Ospedale, oltre che “hôpital” è pure detto “Hôtel-Dieu” (cioè “casa di Dio”). Infatti fin dal VII secolo “Hôtel-Dieu” è il nome dato in Francia a strutture edilizie assistenziali situate in genere nei pressi delle cattedrali e posti alle dipendenze del vescovo. Inizialmente destinate quali alloggi per i pellegrini e viaggiatori, assunsero pian piano funzioni più generali di assistenza medica, fungendo dapprima come “ricovero” (si dice infatti ancor oggi così l’essere assistiti in un ospedale e o in ospizio) per anziani e ammalati, per poi trasformarsi nel tempo in ospedali veri e propri. L’Hôtel-Dieu di Parigi, ad esempio, fu fondato nel 651 da san Landerico, vescovo di Parigi: è il più antico ospedale della capitale francese e uno dei più antichi ancora in attività. Simbolo della carità e dell’ospitalità cristiana della città medievale, rimase il solo ospedale di Parigi fino al Rinascimento. Tuttora si trova di fronte alla cattedrale di Notre Dame, sull’Île de la Cité (isola della Senna, cuore storico della città), come grande e rinomato ospedale ed chiamato ancora Hôtel-Dieu [cfr. Francesco Agnoli, Case di Dio e Ospedali degli uomini, Fede e Cultura. 2012 (vedi)]. Si ricordi che a Parigi, accanto a Notre Dame, anzi nel suo stesso cortile, sorgeva anche quell’Università che sarà nota come “la Sorbona” (come spesso accadeva nel Medioevo attorno a monasteri e cattedrali, vedi e vedi).

A Salerno nel 820 Adelmo, un benedettino proveniente da Montecassino, fondò un ospizio per malati, una vera Infermeria che diede pure origine alla “Scuola medica salernitana”, che durò fino al sec. XIII e attirava studenti e studiosi da tutto il mondo allora conosciuto. In essa, sotto l’impulso e la protezione dell’Abbazia di Montecassino e nel clima spirituale che da essa promanava, si studiavano i testi di Ippocrate e Galeno, così come le opere di medici arabi come Avicenna. Nacque così, sotto la protezione e all’insegna dell’apostolo ed evangelista Matteo, patrono di Salerno, nel cui celebre duomo è sepolto, tale scuola medica, da cui si sviluppò l’Almo Collegio Medico di Salerno (dove i Diplomi, con un sigillo in ceralacca raffigurante San Matteo nell’atto di scrivere il Vangelo, venivano consegnati i nel duomo stesso o nella chiesa di San Pietro a Corte o ancora nella Cappella di Santa Caterina).

Per lo stesso motivo, attigue ai monasteri nacquero appunto persino importanti e storiche farmacie. Si pensi ad esempio alla celebre farmacia del monastero di Camaldoli, storica e tuttora esistente e rinomata (vedi).

Nei monasteri sorgevano infatti spesso degli “horti medici”, per la coltivazioni di piante medicinali (officinali), sviluppando così una sapiente fitoterapia, oggi persino rivalutata anche da grandi centri medici, come la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica del S. Cuore (Policlinico Gemelli) (leggi).

[A proposito di importanti Farmacie cattoliche tuttora esistenti e di particolare rilievo medico e farmaceutico, persino con medicinali importanti ma raramente disponibili altrove, si potrebbe citare la famosa Farmacia della Città del Vaticano (vedi), accessibile anche al pubblico non vaticano (vedi)]

“I monasteri divennero punti di riferimento anche per le cure mediche, non disponibili altrove in Europa dopo il crollo dell’Impero Romano”. Del resto, nel patrimonio delle fornitissime biblioteche dei monasteri, “non mancava la raccolta sistematica anche di tutta la produzione antica e contemporanea della dottrina medica” (cfr. T. E. Woods Jr., “How the Catholic Church built western civilization”, Washington D.C., 2001; trad. it., “Come la Chiesa Cattolica ha costruito la civiltà occidentale”, Ed. Cantagalli, Siena 2007).

Possiamo dire che dal XII sec. nacquero dalla Chiesa Cattolica gli ospedali nel senso strutturale moderno, che si distinguevano per professionalità, disciplina e organizzazione. Nonostante le conoscenze scientifiche e mediche ovviamente ancora assai lontane da quelle moderne, impressiona però una davvero commovente attenzione umana e cristiana (che possiamo talora registrare dalle testimonianze del tempo, come dagli archivi storici), da fare invidia alle attuali condizioni e attenzioni riservati ai degenti persino oggi.

Ricordiamo poi come, sempre nel periodo medioevale, sorsero innumerevoli e grandiose opere di carità cristiana, per far fronte ai diversi bisogni dell’uomo e dei popoli (vedi).

Non possiamo poi non far almeno un accenno all’opera degli Ordini cavallereschi (vedi), anche in merito all’assistenza degli ammalati e infermi e quindi anche alla storia della Medicina.

Tali Ordini cavallereschi, militari ma anche ospedalieri, nacquero in occasione delle Crociate [vedi l’apposito dossier (sul significato e le regole di tali Ordini cavallereschi vedi) o vedi il relativo documento]. Gli Ordini cavallereschi ospedalieri, oltre ad averlo fatto in Terra Santa, dal sec. XII fondarono ospedali anche in tutta Europa!

Tra tali Ordini, di particolare rilevo furono ad esempio gli Spedalieri (o “Cavalieri di S. Giovanni”, detti poi Cavalieri di Malta). Dopo aver costruito la loro prima e principale sede proprio a Gerusalemme, costruirono e diressero ospedali in tutta Europa. Il loro Decreto di Le Puy, intitolato “Come in nostri signori ammalati devono essere ricevuti e serviti”, divenne una pietra miliare nello sviluppo dell’ospedale [Tale Ordine regge tuttora un importante ospedale anche in Roma (vedi) (vedi)]. Così l’Ordine di San Lazzaro di Gerusalemme (o “Cavalieri di San Lazzaro” o “Lazzariti”)  che a Gerusalemme si occupava soprattutto proprio dei lebbrosi (vedi il termine “Lazzaretto”, dato ai luoghi di cura di questi poveretti e poi anche ad altri gravi infermi di malattie contagiose o ritenute tali, presenti lungo la storia e in moltissime città vedi), che nel 1255 passò da Ordine cavalleresco appunto ad Ordine ospedaliero.

Importanti e celebri, anche se discussi, furono poi i Templari (soppressi già all’inizio del sec. XIV).

Ci furono poi ordini militari, cavallereschi e ospedalieri cattolici anche di stampo nazionale, come l’Ordine di Santa Maria dei Teutonici (tedeschi, inizialmente ospedalieri in Terra Santa) o i Cavalieri di S. Tommaso Becket (inglesi).

Col sec. XVI, la Chiesa Cattolica ha visto poi rifiorire, per opera dello Spirito Santo, veri e propri Ordini religiosi Ospedalieri, quasi sempre sorti dal carisma di grandi Santi, i cui nomi ancor oggi sono propri degli Ospedali che trovano in loro le proprie radici (e in certi casi retti ancora, in toto o in parte da tali Ordini religiosi)! Tra i più noti e diffusi, abbiamo ad esempio quello sorto da San Giovanni di Dio (detti comunemente, compreso i loro ospedali, “Fatebenefratelli”, così chiamati in Italia a partire dall’abituale invito che il Santo rivolgeva) o quello di San Camillo de Lellis (Ordine detto appunto dei “Camilliani”, talora ancora molto attivo, anche se negli ultimi decenni, come molti ordini religiosi,  assai ridotto).

È bene sottolineare che proprio per questo, cioè a motivo della carità cristiana (cattolica) che li ha generati o appunto addirittura degli Ordini Religiosi che li hanno eretti e serviti, moltissimi ospedali portano nomi di Santi (in passato quasi tutti), oltre ai riferimenti alla fede e devozione cattolica [anche a Roma andiamo dallo storico Santo Spirito in Sassia, non lontano da S. Pietro, al S. Camillo al Fatebenefratelli, dal S. Filippo allo stesso S. Giovanni dell’Addolorata, uno dei più grandi e antichi ospedali di Roma, nato ovviamente (accanto alla cattedrale di Roma S. Giovanni in Laterano) sotto il patrocinio dei Papi, e uno dei più grandi del centro Italia].

Tra gli Istituti e Ordini religiosi particolarmente dediti alla cura degli  ammalati abbiamo pure, solo per parlare della Francia e degli Istituti femminili: le “Ospedaliere di Maria Immacolata” (Istituto senza voti, sorto a Bourges nel 1657), le “Ospitaliere di s. Tommaso di Villanova” (Istituto fondato da A. Le Proust nel 1661 a Lamballe), le “Ospitaliere di Nostra Signora della carità” (Istituto fondato dal venerabile B. Joly nel 1682 a Digione). le “Ospitaliere istitutrici del Terz’Ordine di S. Francesco” (Istituto sorto nel 1853 ad Arras dall’unione di varie case del Terz’Ordine francescano), le “Ospedaliere del Sacro Cuore di Gesù e della B. Vergine Maria” (Istituto fondato da B. Menni nel 1880).

Se passiamo poi al sec. XIX, quando il liberalismo/capitalismo e la rivoluzione industriale presentavano certo dei progressi tecnici ma provocavano anche dolorosissime piaghe sociali, possiamo notare come la carità cristiana abbia permesso il sorgere di nuove straordinarie opere, specie nei confronti dei più bisognosi, e lo Spirito Santo abbia suscitato nuovi carismi, straordinari Santi e persino nuovi Ordini religiosi. Si pensi soprattutto a quanto accadde, per rimanere in Italia, soprattutto a Torino. Lì le nuove industrie richiamavano dalle campagne e dalle valli piemontesi (come poi sarà dal Meridione d’Italia) fiumi di poveri, anche ragazzini, in cerca di lavoro ma poi spesso trattati da schiavi o abbandonati totalmente ai margini della società e in preda alla più nera miseria e di conseguenza spesso in balia della malavita che facilmente poteva sfruttarli. Proprio in questa città lo Spirito Santo suscitò allora Santi speciali, chiamati “sociali” proprio perché dediti a tali drammatiche situazioni di bisogno. Tra questi spicca certamente, specie per l’educazione dei ragazzi e dei giovani, S. Giovanni Bosco (il celebre fondatore dei Salesiani); ma anche figure eccezionali come S. Giuseppe Cafasso (vedi la catechesi), S. Leonardo Murialdo, San Giuseppe Marello, S. Giuseppe Allamano e pure il beato Faà di Bruno (cui Vittorio Messori dedicò uno studio che lo rese più noto al grande pubblico vedi). Non possiamo però dimenticare, specie per la straordinaria opera da lui nata in favore dei più derelitti, anche tra gli infermi, la figura di San Giuseppe Cottolengo, il fondatore della “Piccola casa della Divina Provvidenza”, più comunemente nota proprio col suo nome (il Cottolengo), uno tra gli esempi più luminosi di cristiana attenzione, cura e carità, particolarmente dedita ai più emarginati, anche tra gli infermi, che si occupò addirittura di quei piccoli infermi che la società considerava dispregiativamente quasi dei “mostri” e per questo abbandonati, persino dai loro stessi genitori (così come oggi sono spesso uccisi prima ancora di nascere).

Tra le innumerevoli ed eroiche forme di carità nei confronti degli ammalati, anche di quelli considerati più gravemente infettivi (come i lebbrosi), dovremmo almeno citare Padre Damiano (de Veuster), il missionario belga canonizzato da Benedetto XVI, che attorno al 1870 andò da solo ad aiutare nel corpo e nello spirito centinaia di lebbrosi abbandonati da tutti (anche dallo Stato) e relegati in un’isola delle Hawaii (Molokai) dove nessuno voleva più sbarcare. Dopo aver portato nell’isola un raggio della luce e dell’amore di Dio, fino a riorganizzare anche socialmente quei poveretti, che si sentivano così amati, egli stesso vi morì di lebbra.

Venendo al sec. XX, in cui queste opere e istituti di carità rivolti verso ogni forma di bisogno umano, anche dei malati, si diffondono e crescono anche qualitativamente (anche per gli sviluppi della Medicina stessa), compiamo solo un’osservazione su uno speciale carisma, che tutti forse conoscono ma non sempre comprendono. Il carisma specifico delle Missionarie della Carità, fondate nel 1950 da Santa Madre Teresa a Calcutta (India) e immediatamente diffusesi in tutto il mondo, è infatti proprio quello di servire Cristo nei “più poveri dei poveri” (come ella amava dire), quindi anche gli ammalati e proprio quelli che in molti Paesi vivono totalmente ai margini della società, allora persino lasciati morire proprio ai bordi delle strade di Calcutta. Quella delle Missionarie della Carità è un’immensa opera di carità cristiana, che riflette l’amore di Dio per queste persone povere, sole e abbandonate, facendo sentire loro, senza alcuna distinzione e attraverso la loro vicinanza e il loro servizio, certo anche ben organizzato, un raggio dell’amore di Dio. Tale carisma non prevede un aiuto di tipo sanitario diretto (non si tratta dunque di un Ordine o Istituto ospedaliero o che opera nel mondo della sanità), ma riflette magnificamente e concretamente l’amore di Gesù per questi poveretti soli e abbandonati, indirizzandoli certo, laddove non fosse più stata sufficiente la loro assistenza, ai dovuti centri sanitari, se esistenti in loco.

Ovviamente occorrerebbe poi ricordare qui le innumerevoli Suore che servono gli infermi negli Ospedali (fino a poco tempo fa quasi in tutti) o nelle Case di Cura, di Riposo, ecc., come pure i Frati che svolgono lo stesso servizio e missione, per non parlare dei sacerdoti Cappellani ospedalieri presenti ufficialmente in ogni ospedale d’Italia e di molti Paesi del mondo.

A proposito dell’innumerevole e preziosa presenza dei cristiani (e quindi della Chiesa) a servizio degli ammalati dovremmo ovviamente citare anche le Facoltà di Medicina (e relativi ambiti di studi medici) e gli Ospedali (o centri medici), sorti anche negli ultimi tempi dalla Chiesa Cattolica (vedi poi alcuni dati statistici). Si pensi ad esempio, solo per parlare di Roma e per citarne solo tre, al famoso Policlinico “A. Gemelli”, sorto nel 1964 unitamente alla Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, oppure all’Ospedale del Campus Biomedico, sorto nel 1993 sempre a Roma dal carisma dell’Opus Dei, oppure ancora all’Ospedale pediatrico Bambino Gesù, appartenente al Vaticano stesso (Santa Sede) dal 1924 e che è il più grande Policlinico e Centro di ricerca pediatrico d’Europa e uno dei più importanti al mondo.

In tale ambito dovremmo citare anche le figure di grandi Santi medici. Solo per parlare dell’Italia del secolo scorso, pensiamo alla straordinaria testimonianza di santità e di competenza professionale di San Giuseppe Moscati (1882-1927, di Napoli), come pure del giovane San Riccardo Pampuri (1897-1930, di Pavia).

Se poi andassimo a vedere gli studiosi e scienziati del mondo della Medicina che rappresentano pure una straordinaria testimonianza di fede e di vita cristiana, potremmo incontrare ad esempio Stenone, Pasteur, Lejeune o Sermonti. Scopriremmo peraltro quale tipo di censura fu ed è tuttora esercitata su questi autori o almeno sulla loro profonda fede cristiana cattolica.

Il danese Niccolò Stenone (1638-1686) è considerato uno dei maggiori scienziati naturalisti del sec. XVII; i suoi studi di medicina sono stati così importanti e avvalorati da una rigorosa ricerca anatomo-fisiologica, che in anatomia prende da lui il nome il cosiddetto “condotto stenoniano” e a lui si devono importanti scoperte (stabilendo ad esempio definitivamente che il cuore è un muscolo). Mente geniale, è pure considerato il padre della “paleontologia” e uno dei fondatori della geologia e cristallografia; fornì le basi della geologia moderna e fondò la stratigrafia, i cui principi sono definiti infatti “principi di Stenone”. Oltre che scienziato fu anche teologo. Nel 1667 si convertì dal luteranesimo al cattolicesimo. Divenne poi sacerdote e vescovo. È stato beatificato da Giovanni Paolo II.

Il noto scienziato Louis Pasteur (1822-1895), uno dei padri della microbiologia (fu lui a smentire definitivamente l’idea di “generazione spontanea”) era un fervente cattolico; pare che desiderasse andare a Messa tutti i giorni. A lui si deve pure la celebre frase: “Un po’ di scienza allontana da Dio, ma molta scienza riconduce a Lui”!

Jérôme Lejeune (1926-1994) fu uno dei più grandi genetisti del secolo scorso (dell’Institute de Progénèse dell’Università di Parigi). A lui si deve la scoperta del cromosoma responsabile della “sindrome di Down”; per questa scoperta fu candidato al Nobel in Medicina (era già dato per certo, ma gli fu poi negato per la sua posizione dichiaratamente contro l’aborto! vedi). Uomo di altissima professionalità e di grandissima fede cattolica, fu membro della Pontificia Accademia delle Scienze e Giovanni Paolo II lo nominò primo Presidente della Pontificia Accademia della Vita. È in corso la sua causa di beatificazione.

Giuseppe Sermonti (1925-2018) è stato uno dei più grandi genetisti e studiosi di microrganismi degli ultimi tempi e uomo di profonda fede cattolica. Fu Docente all’Università di Palermo, Ordinario di Genetica all’Università di Perugia e Direttore della “International School of General Genetics”; fu pure Vicepresidente del XIV Congresso Internazionale di Genetica tenuto a Mosca nel 1978. Nettamente contrario, per motivi prettamente scientifici, all’evoluzionismo di Darwin, fu per questo censurato dalla cultura dominante italiana (spesso solo sedicente scientifica, in realtà talora appunto con paraocchi ideologici).

Una nota sulla fitoterapia

La “fitoterapia”, cioè la cura con erbe e piante medicinali, sta tornando in auge, senza per questo voler demonizzare la chimica farmaceutica. In tal senso si rivaluta pure quella sapienza che emerse già nei monasteri medievali, come abbiamo sopra ricordato, e pure nell’opera di non pochi Santi.

È il caso della monaca (e poi badessa) benedettina tedesca Santa Ildegarda di Bingen (1098 – 1179), che fu consigliera di principi, imperatori e Papi ed è stata proclamata da Benedetto XVI “Dottore della Chiesa” (vedi). Oltre ad essere una mistica, teologa, esorcista, scrittrice, filosofa, cosmologa, poetessa, drammaturga, linguista e musicista, fu pure ginecologa, gemmologa, erborista e guaritrice, secondo una visione olistica dell’uomo (unità di corpo e spirito) e un approccio unitario alla salute dell’uomo che sottolinea anche la valenza terapeutica delle stesse virtù umane e cristiane e destinato ad essere profetico anche per la Medicina (leggi).

Allo stesso modo, anche il grande Santo calabrese Francesco da Paola (1416-1507), fondatore dell’Ordine dei Minimi, noto anche in quanto taumaturgo, assisteva gli infermi e operò molte guarigioni; ma fu pure un maestro della fitoterapia, oggi rivalutato anche da riscontri scientifici (leggi).


Attuali realtà cattoliche del mondo sanitario

Come abbiamo già sottolineato, la Chiesa Cattolica è pure la più grande organizzazione mondiale di carità della storia e del presente. Ciò riguarda anche il mondo della sanità (la cura degli infermi).

Diamo allora uno sguardo ad alcuni recenti dati statistici ufficiali.

Nel mondo ci sono attualmente 121.564 Istituzioni sanitarie della Chiesa Cattolica:

5.245 ospedali; 18.179 ambulatori; 14.963 dispensari; 17.223 centri per anziani, disabili e malati cronici; 532 lebbrosari; 9.374 orfanotrofi; 10.723 centri per bambini; 18.789 centri specialistici per educazione/rieducazione sociale; 12.308 consultori familiari. Ci sono poi circa 60.000 altri centri di assistenza sociale e prestazioni varie; e 25.257 Centri di pastorale della salute.

Non entriamo qui nella dolorosa questione della perdita dell’identità cristiana di non poche di queste realtà cattoliche, fino al punto da renderle talora praticamente irriconoscibili o ridotte a semplici opere umanitarie e assistenziali, senza più alcuna vera dimensione trascendente e religiosa.


Qualche recente notizia

Un quadro sia entusiasmante che assai fosco

Potremmo dire che il dato entusiasmante è offerto dagli enormi progressi della Medicina, che è riuscita e riesce (e si auspica riuscirà) a curare e debellare molte patologie, fino ad innalzare (in molti Paesi) l’età media della vita umana.

L’orizzonte che appare sempre più fosco è dato invece da un progressivo soggiacere della Medicina a logiche commerciali, ideologiche e di potere, persino a livello mondiale; oltre al pericolo di rimanere in una visione riduttiva e materialistica dell’uomo o nella pretesa prometeica di sentirsi “padrona” della vita umana.

Non entriamo qui nel merito delle notizie afferenti alla Bioetica (aborto, procreazione assistita, eutanasia, donazione degli organi, …), perché nel sito c’è già molta documentazione (vedi) e diverse News se ne sono occupate (vedi ad esempio quella sulla “Cultura di morte”).

Oltre a quanto già ricordato nella pagina introduttiva di questa News, sarebbe interessante entrare ad analizzare almeno un poco quella crisi della medicina, difficile ormai da nascondere, nonostante l’alterigia abbastanza usuale dei medici (anche se oggi hanno persino a che fare con pericoli di violenza nei loro confronti addirittura in corsia d’ospedale) e il super potere che la Medicina mondiale, più che i singoli medici, esercita appunto a livello planetario e su cui si muovono enormi forze di tipo economico e pure ideologico. C’è già una crisi segnata forse pure dall’ingente numero di studenti di Medicina, così da condurli talora a degli sbocchi che non sono proprio quelli auspicati: dopo lunghi anni di faticoso studio, tale laureato trova magari difficoltà ad entrare nelle Specializzazioni (ormai obbligatorie per esercitare la professione ma di fatto a numero chiuso), oppure al termine si trova magari ad essere disoccupato o mal pagato se non persino costretto, per raggiungere certi “posti”, a soggiacere ad umiliazioni e vessazioni da parte di “chi conta”, per poi ridursi ad essere considerato magari un semplice funzionario di una “azienda” sanitaria. Si tratta però soprattutto di una crisi di senso, di significato, persino di coscienza, con cui affrontare e vivere tale professione. Potremmo dire che anche in questo prezioso campo del sapere e dell’agire umano, la perdita delle proprie radici umane e cristiane (che qui abbiamo un poco ricordato) conduca spesso inesorabilmente ad un vuoto, per non dire ad un vero nichilismo, senza passione e senza speranza per la propria stessa professione, che dovrebbe essere invece una “missione”. Esso si riflette poi inevitabilmente sul malato stesso (potremmo proprio dire “paziente” anche in senso stretto), trattato come oggetto, come dato di una cartella clinica e a sua volta abbondonato ad una logica commerciale, dove non conta più nulla chi sia come quale sia la sua esistenza, il significato stesso della sua vita, del suo dolore e persino del suo stesso possibile morire! [Sulla crisi della Medicina e il futuro dell’uomo vedi una significativa intervista al professor Frajese]

Se il materialismo, scientismo e positivismo del sec. XIX avevano già fortemente permeato pure la Medicina, il loro influsso filosofico e ideologico, per sé ormai datato, si fa purtroppo fortemente sentire anche in molta Medicina contemporanea. Come abbiamo sopra sottolineato, da un lato l’uomo, già ridotto ad “una dimensione”, cade nell’idolatria del corpo e della stessa salute fisica (non importa se magari è invece spiritualmente e moralmente distrutto). Dall’altro la scienza, e la Medicina in particolare, si presenta come in grado (se non è oggi sarà domani, almeno così si pensa) di risolvere tutti i problemi dell’uomo. In questa logica, capita pure che, laddove i problemi si presentano come ancora irrisolvibili, allora si giunga ad uccide chi porta tali problemi (v. aborto ed eutanasia), magari dicendo che lo si  fa nel suo “migliore interesse” o secondo l’infondato e falso criterio di una “vita più o meno degna di essere vissuta” (vedi ad esempio questo tragico e noto caso inglese)!

In questo incontro di due idolatrie, entrambe appunto figlie di una visione unilaterale e materialista dell’uomo, si sviluppa allora più agevolmente da un lato il super-potere (anche mondiale) della Medicina e della Farmacia, con i suoi colossali interessi; dall’altro viene poi così assicurata la totale “obbedienza” e dipendenza delle masse dagli ordini di tali poteri, fossero anche irrazionali e senza autentiche prove. Lo abbiamo appunto visto in modo eclatante e drammatico nel recente periodo della cosiddetta “pandemia”. Questa presenza “invasiva”, per non dire “totalitaria” della Medicina, ovviamente presentata come nostro autentico bene e quindi in grado di ottenere così la totale sudditanza delle masse, lo si può riscontrare persino già durante la gravidanza (eccessivamente “medicalizzata”, con innumerevoli controlli, spesso finalizzati persino all’eliminazione fisica dei “non normali”, cioè a fini eugenetici e all’aborto) e l’infanzia (coi numerosi e obbligatori vaccini, pena essere esclusi anche dalla scuole). Strano però che si vogliano poi aprire indiscriminatamente le porte ad un’immigrazione selvaggia e clandestina, con seri pericoli di reintroduzione, visto i Paesi di provenienza e gli scarsi o nulli controlli sanitari in essi presenti, di gravi patologie da noi già debellate. Una eccessiva e falsa limitazione della libertà e perfino del benessere economico, apparentemente giustificata al fine della nostra salute se non persino per la “salute del pianeta”, proviene poi dal nuovo super-potere ideologico e spesso falso (anche scientificamente) dell’Ecologismo (vedi). 

Sarebbe in proposito doveroso ricordare, oggi forse con più libertà che non sotto le incredibili censure di 4-5 anni fa, quanto accaduto nella stagione della cosiddetta pandemia Covid-19 e in quella successiva dei cosiddetti vaccini. Tra le nostre News c’è per questo una categoria apposita (vedi) (cfr. anche la relativa documentazione presente in Archivio: vedi vedi vedi). In quella recente stagione, drammatica non soltanto per i motivi sanitari, ma per le derive ideologiche e di potere che si sono evidenziate, abbiamo assistito attoniti a certe scelte sociali e politiche (perfino ecclesiali!) che sarebbero state impensabili fino a quel frangente. Si è attuato appunto un pericoloso ‘corto circuito’, alimentato dall’ossessiva e unilaterale propaganda del potere mediatico, tra la rincorsa del benessere fisico ad ogni costo, oggi dominante, ed un enorme e indiscusso potere pseudo-scientifico (v. gli incalzanti comunicati dei sedicenti Comitati scientifici), sanitario, economico (i grandi interessi farmaceutici) e politico (ricordiamo i DPCM anche notturni della Presidenza del Consiglio, che decidevano come avremmo dovuto vivere anche il giorno dopo?), a livello nazionale e internazionale. In realtà proprio tale corto circuito ha portato invece a sacrificare la vita persino fisica di non poche persone (spesso fino alla morte!), con talora gravissimi effetti collaterali (tuttora emergenti), oltre a compromettere il benessere psicologico di intere fasce di popolazione (anche dei giovanissimi). Tali restrizioni alla libertà, divieti sociali e obblighi sanitari, hanno travolto in modo drammatico ma ingiustificato la vita personale, familiare, sociale, lavorativa ed economica, fino a compromettere la stessa vita democratica e condurre, senza possibilità di dissenso, all’interno di una vera e propria “dittatura sanitaria”! Ricordiamo come chi allora avesse osato non sottoporsi a tale dittatura sanitaria (vaccinazione, non importa se ancora sperimentale e affatto sicura, e poi perfino riconosciuta dalle stesse case farmaceutiche come inutile ai fine del contagio) veniva considerato dal Governo (leggi) alla stregua di un “suicida” e “omicida” (ascolta)!

In questo quadro, appunto drammatico per i suoi risvolti culturali, sociali, economici e politici ancor più che per le sue valenze sanitarie, si dovrebbero poi sottolineare gli stratosferici interessi delle più importanti case farmaceutiche, specie la cosiddetta Big-Pharma USA. Non entriamo qui di nuovo nella sconcertante questione dei vaccini (esistono nel sito News e documenti appositi, già sopra citati). Sottolineiamo solo, per quel che riguarda il nostro Paese, che dopo anni di continui e drammatici tagli alla “spesa sanitaria”, perché mancavano i fondi, improvvisamente i soldi per decine e decine di milioni di vaccini (gratuitamente imposti alla popolazione) si sono trovati.

A proposito di Big Pharma USA, s’è forse recentemente palesato il perché di una più o meno dichiarata lotta di tali colossi farmaceutici contro la Chiesa Cattolica, almeno quella che vuole rimanere ancorata alla Bioetica e decisa a promuovere i “valori non negoziabili”. Senza contare le “pillole abortive”, l’aborto muove negli USA un giro d’affari che raggiunge anche i 500 milioni di $ annui; quello del “cambio di sesso” circa 200 milioni di $ annui. Tutte attività che la Chiesa cattolica condanna e non pratica; ma negli USA 1/7 delle strutture sanitarie è della Chiesa Cattolica [cfr. articolo di Charles Camosy (docente alla Creighton University School of Medicine) su “Religion News“, riportato da “Il Timone“, n. 243 (ottobre 2024), p. 9].

Strano dunque che in tale stagione pandemica ci siano stati invece in Vaticano misteriosi incontri con i vertici di tali potentati farmaceutici [tanto da riceverne per ben due volte l’AD della Pfizer Albert Bourla (leggi) (leggi) (leggi)], cui hanno fatto seguito sia l’obbligo del vaccino nella Città del Vaticano come pure l’invito mondiale a sottomettersi ad essi come “atto d’amore”!

Circa l’allarmismo sanitario artificialmente provocato in quella stagione, dove è stato posto in atto un terrificante e pericolosissimo “esperimento sociale” di dittatura sanitaria, di panico sociale artificialmente indotto e di controllo di massa, anche elettronico, vedi un recentissimo documento.

Intanto si evidenzia sempre più la volontà di ristrette, occulte ma potenti oligarchie economiche e ideologiche (una sorta Deep State) di attuare un potere unico mondiale (New World Order); ma appunto anche la Medicina, e in genere il mondo sanitario e farmaceutico, pare sempre più catturata da questa logica, peraltro dal sapore luciferino (vedi e vedi in Archivio; vedi pure l’apposita categoria delle News).

Talora si fa pure palese la volontà di stampo “malthusiano” di procurare persino una drastica riduzione della popolazione mondiale. Anche l’enorme potere e propaganda del mondo Lgbtq+ pare funzionale a raggiungere tale obiettivo (essendo ovviamente realtà “infeconde”). Non a caso anche l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) incoraggia apertamente il mondo “trans” (leggi).

Tale volontà distruttiva, non solo delle economie e delle società ma dell’uomo stesso, si nasconde, sotto l’apparenza del rispetto della Natura (una nuova forma di panteismo), anche negli imperativi del montante Ecologismo (vedi). Del resto, tanto per fare un esempio, si dovrebbe ricordare come la fondazione e lo Statuto del WWF affermi apertamente che il vero “cancro del pianeta” sia l’uomo!

Occorre in tal senso prestare molta attenzione a tutte quelle super-organizzazioni mondiali, che dietro il paravento di nobili parole e fini apparentemente buoni, umanitari e universalmente condivisibili, nascondono tali logiche perverse, ideologiche e disumane.

Esiste infatti anche un Deep State sanitario. Un’emergente e sempre più potente “Medicina Unica Mondiale”, solo apparentemente di raccordo di studi ed esperienze mediche, si impone sempre più a livello planetario in modo totalitario e sempre più ideologicamente violento (anche con enormi pressioni e ricatti economici sui singoli Paesi) e non ammette alcun dissenso (leggi).

Non ci si può più nascondere che appunto anche l’OMS si palesa ormai come una sorta di imperialismo sanitario globale, ideologicamente orientato (leggi).

Appunto anche la recente stagione pandemica ha fornito alla stessa OMS l’occasione per imporre a livello planetario i propri diktat (vedi in merito un saggio intervento del vescovo Crepaldi, in aperta opposizione al “Trattato pandemico” dell’OMS).

Intanto, l’OMS paventa persino future pandemie per continuare ad esercitare il proprio super-potere sugli Stati di tutto il mondo (leggi). Non a caso anche a Davos (World Economic Forum) già lo scorso anno l’OMS palesò di voler tenere praticamente il mondo sotto una paura costante (leggi).

Non mancano le pressioni anche sull’Italia: già lo scorso anno ci sono state, da parte dell’OMS e della UE, forti pressioni sul governo perché si pensasse ad una sorta di “green pass” generalizzato e permanente (una vera dittatura sanitaria) (leggi).

Ogni tanto infatti, dopo quanto sperimentato in modo folle, antidemocratico e persino anticostituzionale durante la stagione pandemica e dei vaccini, riappare di nuovo la volontà di instaurare un vero e proprio “controllo sanitario totale” (leggi). E tale “dittatura sanitaria” vorrebbe imporsi fin dalle più tenere età e attraverso le scuole (leggi).

Mentre l’Occidente va incontro ad un vero e proprio suicidio demografico, esso stesso segno di un vuoto di senso, di fede e di speranza (oltre che di disobbedienza a Dio), tale catastrofico “vuoto” interiore (e di fede) produce e fa lievitare in modo sempre più drammatico le crisi esistenziali e i gravi disturbi psicologici, specie nelle nuove generazioni.

In una recente apposita News (vedi) abbiamo parlato della cosiddetta “emergenza educativa” e di cosa comporti il vuoto esistenziale e di fede degli odierni ragazzi-adolescenti della società capitalista ed edonista (dell’Occidente). Alcuni studi qualificati accertano di nuovo il nesso tra l’abuso di smartphone e dei Social con i disturbi psicologici e mentali dei giovani (leggi), così come l’oceanica divulgazione della pornografia on-line accresce in modo spaventoso le patologie mentali dei ragazzi (leggi) e persino la depressione (leggi). Intanto anche in Giappone continuano a crescere i suicidi tra i minori (leggi).

L’uomo a una dimensione (solo materiale), senza Dio, e una civiltà senza Cristo (v. l’apostasia dell’Occidente), oltre a perdere la salvezza eterna, alla fine, anche se non lo dà sempre a vedere, crea pure una società “malata” e nello stesso tempo succube dei nuovi enormi poteri (anche della Medicina e della Farmacia, per non dire ovviamente dell’Economia e della Finanza).