Chi se lo sarebbe aspettato? Molti monasteri si stanno riempiendo di giovani. Ancora una volta ci salveranno loro dall’attuale crollo di civiltà?

Giovani e monasteri


Nell’attuale deserto spirituale che attanaglia soprattutto l’Occidente (e in particolare l’Europa occidentale) e abbandona specialmente il mondo giovanile in uno spaventoso vuoto esistenziale e di significato, con le relative crescenti immoralità … chi lo direbbe che invece proprio in Europa ci siano pure monasteri pieni di giovani?

Certo, ci sono anche storici monasteri oggi agonizzanti e sull’orlo della chiusura, altri già diventati musei se non persino alberghi. Però, e non fa notizia anche se è una straordinaria notizia, ci sono pure monasteri, maschili o femminili, che si stanno invece riempiendo di giovani.

Chi si affacciasse ad uno di questi monasteri, pur di clausura, ne rimarrebbe poi persino profondamente colpito se non interiormente attratto! Non sono pochi infatti coloro che vi fanno visita (se ne sono accorte persino laicissime agenzie turistiche ed enti come il TCI), così come coloro, anche appunto giovani, che desiderano trascorrere nelle loro “foresterie” giorni di ritiro, di silenzio, di preghiera e magari pure di discernimento vocazionale.

Ricordiamo in proposito che nella tradizione “benedettina”, nei suoi innumerevoli rami cresciuti nella storia, l’ospite ha avuto sempre un particolare riguardo cristiano (“ero forestiero e mi avete ospitato”, dice Gesù); per questo le “foresterie”, adibite allo scopo e attigue al monastero, hanno rivestito spesso un’importanza assai rilevante. Nell’alto Medioevo, sia per gli ospiti del monastero come per i “pellegrini” di passaggio (ad esempio per recarsi a Roma o a Santiago de Compostela), esse sono state perfino alla base di quelli che poi saranno gli Ospedali (appunto da “ospitare”), per le cure anche sanitarie offerte ad essi (vedi nell’apposito capitolo sul “monachesimo” nel dossier dedicato al Medioevo).
Ancor oggi è possibile soggiornarvi, magari anche solo per condividere per un week-end o per periodi più prolungati la vita o almeno lo spirito del monastero.

Da cosa può dipendere questa forse inaspettata attrazione? Al di là delle diverse vocazioni e carismi, basterebbe intanto stare già un po’ in silenzio, in casa o nella bellezza del Creato – ed è significativo che molti storici monasteri siano sorti anche in luoghi bellissimi o abbiano essi stessi contribuito a renderli attraenti, belli, ordinati, fertili e talora ricchi di fiorente vegetazione e agricoltura (vedi nel nostro dossier sul Medioevo) – per accorgerci che nel nostro cuore alberga un profondo e insopprimibile desiderio di Dio. “Perché ci hai fatti per te, e il nostro cuore non ha posa finché non riposa in te”, come si esprime all’inizio delle sue Confessioni (vedi) quel giovane del IV-V secolo che all’inizio visse una gioventù assai simile a quella attuale ma poi divenne S. Agostino (vedi)! Basta infatti stare in questi monasteri e lasciarsi avvolgere per qualche giorno nella loro pace, preghiera e silenzio, per sperimentare e poi comprendere, al di là della magari iniziale tentazione di fuggire, che non sono i monaci ad essere “fuori dal mondo”, ma è invece spesso il mondo ad essere ”fuori di sé”, travolto da un chiasso, frenesia e agitazione che è davvero “alienante”.

Non a caso, tutte le volte che le ideologie della Modernità (vedi), che fanno sentire talora ancor oggi le proprie sulfuree conseguenze, hanno parlato di religione come di “alienazione” (Feuerbach, Marx) o della trascendenza come una sorta di fuga dalla realtà (Nietzsche vedi) o delle virtù cristiane come rinuncia a godersi la vita (edonismo), hanno condotto invece l’uomo in terribili nuove forme di schiavitù; e volendo costruire il “paradiso” sulla terra ne hanno fatto spesso un “inferno”!

Possiamo però anche chiederci da cosa possa nascere quella discrepanza, sopra accennata, non solo tra Ordini religiosi ma pure tra singoli monasteri.
Intanto sorprende come a fronte dello spaventoso tracollo, specie in Europa occidentale (Italia compresa), delle vocazioni religiose di “vita attiva” (in particolare le suore, con interi Ordini sull’orlo della totale estinzione, se non attingessero dall’Africa o dall’India – vedi delle statistiche in fondo ad una recente News), tranne forse alcuni rami del mondo “francescano” che contano talora anche numerosi Novizi e giovani Professi, esiste invece appunto una fioritura di alcuni Ordini monastici (cioè di vita contemplativa, di clausura), sia maschili che femminili, e di non pochi monasteri.
Mentre però negli ordini religiosi di vita attiva (frati e suore) non c’è un particolare carisma di “stabilità” e i loro membri possono essere spesso trasferiti da un convento ad un altro, la vocazione monastica (monaci e monache) si indirizza, oltre che ad uno specifico Ordine monastico, anche ad un particolare monastero, dove in genere, tranne casi eccezionali, si permane per tutta la vita (persino le loro tombe sono all’interno di quel perimetro monastico).
Da cosa dipende appunto che alcuni monasteri, nonostante il diffuso ateismo pratico (specie in Europa occidentale) e la stessa grande crisi della Chiesa, siano particolarmente vivi e fecondi, per la presenza di numerose vocazioni giovanili, sia maschili che femminili? Molte volte, al di là del carisma stesso dell’Ordine monastico (benedettino, cistercense, carmelitano, certosino), assume una particolare importanza anche proprio la guida della singola comunità, cioè chi è l’Abate o la Badessa (Abbadessa). È poi chiaro che un monastero con pochi e anziani monaci o monache sia in genere inesorabilmente destinato a morire. Anche se entrasse uno o solo qualche giovane, oltre alla difficoltà della vita comunitaria, come si potrebbe poi garantire anche solo la cura stessa di molti monaci anziani? Mentre un monastero dove entrano invece molti giovani in pochi anni, il ricambio generazionale è ovviamente più regolare e sostenibile, anche sul piano della vita comunitaria, della stessa liturgia (in genere cantata), come pure per l’autosostentamento economico dello stesso monastero (pur essendoci anche aiuti tra diversi monasteri di uno stesso Ordine). Inoltre, un monastero dove entrano molti giovani a sua volta costituisce un ulteriore richiamo ed attrazione per altri giovani.


Trappa di Vitorchiano (VT)

Tra i monasteri particolarmente fecondi, cioè con molti monaci giovani e sempre nuove vocazioni, potremmo fare degli esempi straordinari, anche in Italia. Basterebbe pensare al caso del monastero “trappista” (Cistercensi della stretta osservanza) femminile di Vitorchiano (VT) (vedi; la foto sopra si riferisce ad esso), dove persino già dagli anni ’60, nonostante la crisi post-conciliare che ha svuotato anche molti monasteri e quasi azzerato certi ordini religiosi e perfino molti Seminari diocesani, probabilmente proprio per la presenza di una straordinaria Badessa (come di chi l’ha succeduta), che ha saputo indirizzare il monastero in un fecondo equilibrio tra tradizione e rinnovamento (anche nel canto liturgico vedi), ha conosciuto uno straordinario sviluppo di vocazioni (decine e decine), che non è terminato nel tempo e ancor oggi perdura e continuamente si accresce, così da giungere a fondare (quando il numero dei monaci diventa persino eccessivo, una porzione della comunità si stacca e va a fondare o consolidare altri monasteri; si usa persino l’espressione “sciamare”, come le api) ben altri 8 monasteri in tutto il mondo (vedi), a cominciare già nel 1968 da Valserena (Guardistallo, Toscana), che ha raggiunto anche 90 monache ed ha a sua volta fondato o sostenuto altri monasteri in tutto il mondo.

Già altre volte abbiamo parlato della straordinaria e incredibile fioritura di vocazioni monastiche, specie maschili, che riscontriamo addirittura nella “laicissima” Francia (vedi in fondo al documento “Francia: deserto ed oasi”). Si tratta tra l’altro in genere di monasteri legati fortemente alla Tradizione e nella liturgia sono rimasti persino ancorati al Vetus Ordo.
Si pensi ad esempio al monastero di Barroux, non lontano da Avignone (vedi un breve video; qui si può pure ascoltare, in diretta o differita, il canto quotidiano delle loro liturgie), o a quello, sempre maschile, di Fontgombault (vedi un breve video), ad oriente di Poitiers; entrambi molto legati alla plurisecolare tradizione monastica e alla liturgia secondo il Vetus Ordo.

È poi significativo che, come avvenne proprio già nel Medioevo, da questi monasteri, come appunto quello di Barroux, nascano pure “scuole” per la sana e cattolica educazione di molti ragazzi, i cui genitori decidono di affidare appunto ai monaci la loro formazione umana, cristiana e professionale e intanto conoscono e un po’ condividono pure la bellezza della vita monastica (vedi un breve video).

Che questa fedeltà alla Tradizione, anche liturgica, non possa essere interpretata come una sorta di “archeologismo” spirituale o di nostalgiche visioni di un passato che si credeva ormai tramontato (e spesso si è violentemente voluto far tramontare), è testimoniato proprio dal fatto delle numerose vocazioni giovanili, cioè di giovani che appunto sono nati dopo il periodo conciliare e post-conciliare.

Del resto, abbiamo ancora altre volte citato, sempre in Francia e proprio legati al mondo della Tradizione cattolica, la crescente presenza di giovani all’annuale pellegrinaggio a piedi (nei giorni di Pentecoste) tra Parigi e Chartres (vedi – leggi leggi leggi leggi).

Sempre per rimanere in Francia, recentemente (vedi News “Fede e sport”) abbiamo pure citato la promettente Abbazia (Canonici regolari) di Lagrasse (vedi), nei pressi di Narbonne, dove appunto è entrato pure un campione nazionale di volley (leggi).

Sulla fede cristiana in Francia, giuntavi fin dai primi anni del cristianesimo e resa assai feconda anche proprio dalla presenza di gloriosi e innumerevoli monasteri, così come la sua violentissima “ghigliottina” ad opera dell’Illuminismo e della Rivoluzione [che è giunta ad uccidere molti cattolici, persino bambini (leggi ad esempio l’eccidio dei Cattolici della Vandea all’interno del dossier apposito) e a radere al suolo gloriose cattedrali (vedi) e straordinari monasteri (persino Cluny, il più grande monastero della storia)], con ciò che ne è seguito, fino alla sua orgogliosa “laïcité” contemporanea (e la Madonna vi fece fronte con le straordinarie apparizioni del XIX secolo non a caso proprio in questo Paese), vedi appunto il documento “Francia: deserto ed oasi”, corredato pure con le indicazioni e la vicenda di alcuni dei gloriosi suoi monasteri.

Ma questi monasteri italiani e francesi, assai ricchi di vocazioni e allietati dalla presenza di numerosi monaci giovani, non sono gli unici. Assi significativo è ad esempio un “caso” presente in Austria, un Paese dal glorioso passato cattolico ma ultimamente decaduto paurosamente in un deserto spirituale senza precedenti (con tanto di residuale clero e laici cattolici talora persino “contestatori” della vera dottrina, come del resto avviene anche in Germania, Belgio e Olanda): si tratta del monastero cistercense di Heiligenkreuz (Santa Croce) (vedi), non lontano da Vienna, assai fecondo di vocazioni (maschili), attraente per molti giovani e irradiante la propria esperienza nel territorio e in altri monasteri.


Chi sono questi giovani monaci?

A proposito di questi giovani, sia maschi che femmine, che si sentono oggi attratti, anche in Occidente, alla vita monastica ed entrano nei rispettivi Ordini religiosi e monasteri, non si pensi a loro “fughe” dal mondo o di giovani con problemi sociali o di lavoro oppure a loro sotterranee fragilità psicologiche se non addirittura sessuali. Infatti, oltre ad uno stretto e lungo discernimento iniziale e di chi li accompagna dal loro ingresso sia nel Postulandato (periodo di prova) e poi ancora dalla Professione religiosa “semplice” (temporanea) a quella “solenne” (definitiva), periodi in cui cioè il candidato può decidere liberamente di uscire o talora è appunto invitato a farlo, è pure significativo che tali giovani, sia uomini che donne, siano spesso già laureati e talora anche in carriera, oppure siano persone talora già affermate nella società (e persino campioni sportivi, come abbiamo sopra ricordato).

Insomma, mentre in Occidente, compresa l’Italia (centro mondiale della Cattolicità) assistiamo non solo ad un progressivo abbandono (apostasia) della fede, che diventa pressoché totale nelle nuove generazioni (vedi le News “Emergenza educativa” e vedi la recente News “Fede e Sacramenti”), e che trascina con sé il catastrofico svuotamento dei Seminari (sacerdoti diocesani) e di quasi tutti i Noviziati degli Ordini religiosi, soprattutto femminili, sorprende invece come il monachesimo, cioè proprio la clausura, e in genere tanto più quanto rimane ancorata alla vera Tradizione e alla plurisecolare liturgia della Chiesa, conosce talora delle straordinarie fioriture di vocazioni, sia maschili che femminili!


L’attrazione esercitata dal monastero

Già alcuni decenni orsono, sorprese molto l’opinione pubblica quando l’inaccessibile mondo della Clausura si aprì per la prima volta, ad opera discreta dell’operatore e poi dirigente RAI Sergio Zavoli, prima (1958) ai microfoni dalla radio e poi (1988) addirittura, sia pur con grande discrezione e ad opera delle monache stesse, al mondo della televisione. Era un mondo quasi sconosciuto che raggiunse per la prima volta il grande pubblico mediatico, che ne restò sorpreso ed affascinato, a tal punto da provocare persino nuove vocazioni monastiche. Ecco qui tale celebre documentario!

Per giungere a tempi più recenti (2005) ebbe ugualmente una grande eco, nonostante le censure del mondo cinematografico e mediatico, il film-documentario “Il grande silenzio” (Die grosse Stille) (vedi), girato da Philip Gröning nella Grande Chartreuse (vedi), cioè nel celebre monastero (della più stretta clausura) fondato da San Bruno, il fondatore dell’Ordine, nell’XI sec. tra le montagne nei pressi di Grenoble (F), monastero che fece appunto da prototipo del nuovo ordine monastico e di tutti i monasteri che lo seguirono e che da questo prendono il nome (appunto, le “Certose” *). L’autore del film ebbe eccezionalmente il permesso di produrlo, se avesse però accettato (com’è stato fatto) di stare anche lui isolato all’interno del monastero per almeno 6 mesi, condividendone la vita. Egli non concesse nulla agli effetti cinematografici, nemmeno una colonna sonora e altro che potesse rendere più attraente il pur lungo filmato; per questo i lunghissimi silenzi, specie nella parte iniziale, possono lasciare sconcertati anche gli spettatori più spirituali; ma poi quel clima spirituale pian piano avvolge, inebria e aiuta, forse persino cambia molte cose della propria vita.

(*) Le Certose, nate appunto 1000 anni fa e poi diffuse ovunque, anche in Italia, talora posseggono pure uno straordinario pregio artistico: si pensi ad esempio, per rimanere appunto in Italia, a quella di Firenze, di Pisa, di Napoli e soprattutto a quella nei pressi di Pavia, ma anche a quelle più piccole e isolate, come quella di Pontignano (SI) o di Trisulti (FR) e persino di Capri (NA)], purtroppo tutte ormai senza più monaci. Attualmente in Italia ne rimangono vive (cioè coi monaci “Certosini”) solo 3, tra cui quella dove si ritirò ed è sepolto lo stesso S. Bruno, nel paese che da lui prende il nome, cioè Serra S. Bruno, in Calabria (VV), dove vi fecero visita sia Giovanni Paolo II (5.10.1984, vedi) che Benedetto XVI (9.10.2011, vedi la stupenda omelia tenuta ai monaci certosini). [È singolare che in tale Certosa calabrese si ritirò in preghiera e visse il resto dei suoi giorni addirittura il pilota americano che nel 1945 sganciò le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki!].

Anche a proposito del “canto gregoriano”, in genere mantenuto e ben cantato in tali monasteri – canto peraltro promosso dal Concilio (cfr. S.C. 116), come del resto la lingua latina (cfr. S.C. 36 e 54), e invece cestinato come pluricentenaria imbarazzante anticaglia dalla maggior parte delle liturgie post-conciliari, a favore peraltro spesso, nelle parrocchie, di simil-canzonette da musica leggera! – fece anche in questo caso sorpreso scalpore quando (1983) i monaci di Santo Domingo de Silos, in Spagna, accettarono dalla multinazionale discografica EMI di produrre due registrazioni (CD o musicassette) dei loro canti e che sorprendentemente divenne invece il “caso discografico” dell’anno, subito in testa alle classifiche mondiali! 

Insomma, certe derive in atto nella Chiesa in questi ultimi tempi, all’inseguimento del presunto “uomo d’oggi”, ormai persino incline ad assecondare i suoi peccati, pensano all’uomo e al popolo di Dio reali o a quelli ideologicamente inventati a tavolino e assunti acriticamente da un “pastoralismo” questo sì disincarnato? Al di là dell’apparenza, pure questi dati anche giovanili, sia pur certo ancora propri di una ristretta minoranza, non stanno forse a dimostrare, pur nello smarrimento e svuotamento interiore attuale, che l’uomo è in realtà affamato della Verità di sempre, di Dio, di Cristo Signore e persino della bimillenaria e fecondissima tradizione, liturgia e vita della Chiesa?


Una nota sul monachesimo medievale e la nascita dell’Europa

Diceva con una battuta sarcastica il grande giornalista francese André Frossard, dapprima ateo (era addirittura figlio del fondatore del Partito Comunista Francese) e poi convertitosi alla vera fede cattolica (fu anche celebre intervistatore di Giovanni Paolo II): “Ci hanno detto (dall’Illuminismo in poi) che il Medioevo erano secoli bui, oscurantismo cattolico. Io non lo so: ma quello che ci ha lasciato è di uno splendore unico”!

Ne abbiamo dato una piccola ma documentata testimonianza nel nostro nutrito dossier sul Medioevo (vedi), in cui abbiamo dedicato molte pagine (II Parte del dossier, vedi) al monachesimo e a ciò che ha rappresentato non solo per il Medioevo, ma per la civiltà europea e in fondo per l’intero mondo occidentale.

Dopo avere fatto qualche cenno sulla figura del Padre del monachesimo occidentale (cenobitico), cioè su S. Benedetto da Norcia (ci torniamo tra poco – vedi nel sito l’apposita catechesi di Benedetto XVI) e su ciò che l’Ordine monastico da lui nato ha rappresentato non solo per la Chiesa ma per la stessa civiltà europea (non a caso è stato proclamato Patrono d’Europa), in tale dossier ci siamo soffermati sulla multiforme fecondità non solo spirituale e morale, ma culturale e persino tecnica, scientifica, agraria, gastronomica, che il monachesimo ha esercitato appunto sull’Europa.

Basterebbe pensare che all’apice del suo splendore (XI sec.), l’Ordine benedettino contava in Europa ben 37.000 monasteri; ed alcuni monasteri erano gremiti di monaci (quello di Cluny, in Borgogna, il più grande del mondo e poi distrutto dalla Rivoluzione, giunse ad avere addirittura mille monaci)!

Dall’albero benedettino nacquero nel corso dei secoli, ma quasi tutti durante il Medioevo, molteplici rami di questa straordinaria famiglia monastica, ordini tuttora esistenti e talora anche molto fecondi [molti di questi, fondati in genere da Santi, nacquero in Francia e presero il nome dal primo monastero del nuovo (o riformato) Ordine: dai Cluniacensi (appunto da Cluny) ai Cistercensi (da Cistercium/Citeaux), fino ai più recenti Trappisti (da La Trappe); senza dimenticare, anche se in parallelo, i Certosini (da Chartreuse) fondati appunto da S. Bruno].

Una figura di spicco in tal senso fu nelle prima metà del sec. XII S. Bernardo di Chiaravalle (vedi la catechesi apposita di Benedetto XVI), che riformò l’ordine (Cistercensi) e fondò personalmente decine di monasteri in tutta Europa (compreso quello di Chiaravalle alla periferia sud di Milano).

Nello stesso Dossier, sempre nella parte dedicata al monachesimo (vedi), ci siamo soffermati un poco su alcuni aspetti della vita monastica: la preghiera (e il canto, col grande rilievo che ebbe nella stessa storia della musica), la meditazione e la lettura (è noto l’immenso lavoro dei monaci amanuensi nel ricopiare i testi antichi e nuovi, ma vedi pure le straordinarie biblioteche dei monasteri e la nascita delle scuole, prodromi delle Università, nate tutte dalla Chiesa), il lavoro manuale (con tanto di bonifiche di immensi territori, della cura e sviluppo dell’agricoltura e degli allevamenti e della tecnica; si tenga inoltre presente che l’unità dei diversi monasteri permetteva pure una circolarità e diffusione delle scoperte e delle tecniche allora all’avanguardia e altrove impensabile); si aggiunga pure una diversa idea delle talora immense proprietà e della loro gestione (attorno ai monasteri crescevano i borghi e i centri, garantendo lavoro anche ai laici) e la fecondità della carità cristiana (appunto anche nelle foresterie e nei borghi attigui, fino alla nascita degli ospedali e il relativo sviluppo della farmacia e medicina). 

Si veda in proposito, ad esempio, la documentata sintesi che ne ha fatto lo studioso americano T. E. Woods Jr., How the Catholic Church built western civilization, Washington D.C., 2001 (trad. it., Cantagalli SI, 2007: “Come la Chiesa Cattolica ha costruito la civiltà occidentale”).


Un’analogia … tra il crollo dell’Impero romano e l’attuale crollo (se non suicidio) della civiltà occidentale

Ascoltiamo queste parole di Benedetto XVI, tratte appunto dalla catechesi tenuta il 9.04.2008 (vedi) su S. Benedetto da Norcia (santo di cui peraltro significativamente volle prendere il nome da Papa) e riportata nel nostro sito (come di altri Santi, nella sezione “Sulle orme … dei Santi” vedi):

“A cavallo tra il V e il VI secolo il mondo era sconvolto da una tremenda crisi di valori e di istituzioni, causata dal crollo dell’Impero Romano, dall’invasione dei nuovi popoli (i barbari) e dalla decadenza dei costumi (della morale)… In questa tremenda situazione, e proprio a Roma, (lo Spirito Santo) fece emergere una nuova via d’uscita da tale “notte oscura della storia”: San Benedetto da Norcia. La sua opera (monachesimo occidentale) e specialmente la sua Regola si rivelarono apportatrici di un autentico fermento spirituale, che mutò nel corso dei secoli, ben al di là dei confini della sua Patria e del suo tempo, il volto dell’Europa, suscitando dopo la caduta dell’unità politica creata dall’impero romano una nuova unità spirituale e culturale, quella della fede cristiana condivisa dai popoli del continente. È nata proprio così la realtà che noi chiamiamo Europa”.

In quella Roma imperiale ormai sulla via del tramonto viveva un giovane già in promettente carriera, ma che poi, disgustato dalla dissolutezza di quella civiltà ormai in decadenza (come in fondo l’attuale), sentì la chiamata di Dio a ritirarsi in totale solitudine, silenzio e preghiera, dapprima presso una grotta nelle vicinanze di Subiaco, per poi trasferirsi a Montecassino, dove visse il resto della vita e dov’è tuttora sepolto (in quella sua immensa abbazia). Chi avrebbe potuto immaginare che quel giovane, seguito per secoli e secoli da una moltitudine immensa di giovani discepoli, sarebbe divenuto, per volontà di Dio, il padre stesso del “monachesimo occidentale” (cenobitico), cioè di quell’immenso albero “benedettino”, dai molteplici e sempre fecondi rami, che a sua volta divenne una delle basi fondamentali di un’intera civiltà (occidentale) ed elemento unificatore di popoli assai diversi ma uniti dalla stessa fede cristiana che formarono l’Europa?

Nel sec. XI si contavano in Europa ben 37.000 monasteri benedettini!

Giustamente Paolo VI proclamò S. Benedetto “Patrono d’Europa”.

Ecco cosa può fare la grazia di Dio anche solo a partire da un giovane che ad essa si apre! Ecco cosa può nascere, pur da un piccolo seme e tra le macerie stesse di una civiltà in decomposizione!

Agli occhi del mondo, di quella Roma del bengodi ma ormai di “fine impero”, la decisione di Benedetto da Norcia poteva essere interpretata come una “fuga” dal mondo, un semplice “ritirarsi” in solitudine e preghiera, forse persino la scelta di un “perdente”, a confronto con le aperte possibilità di carriera e piaceri che quella Roma gli offriva. E invece quella Roma e quella “civiltà di fine impero” stavano ormai sprofondando verso la propria fine. Mentre l’autentica fede cristiana, persino per lui inizialmente incarnata nella solitudine dei monti laziali, diventava, anche e proprio attraverso la sua chiamata e opera, la sorgente appunto della nuova civiltà cristiana, oltre e soprattutto occasione di salvezza per milioni di anime.

Non sono pochi coloro, anche tra gli storici, che rilevano una certa analogia tra la profonda crisi di civiltà emersa alla fine dell’Impero romano d’Occidente e la crisi del tempo presente, specie appunto dell’Occidente. Un Occidente che giunge perfino a vergognarsi di se stesso e a voler tagliare le proprie radici.

Finito il fecondo e luminoso millennio del cosiddetto Medioevo cristiano (vedi), poi per questo tanto denigrato dall’Illuminismo come “oscurantismo” e “secoli bui”, e dopo il trionfo della ideologie anticristiane della Modernità, con le loro feroci rivoluzioni e guerre (vedi), nonostante il progresso scientifico e tecnologico (che ha però creato, con la “rivoluzione industriale”, pure nuove forme di schiavitù e disumanità, per non parlare dell’impiego della scienza stessa negli armamenti bellici, fino alle bombe atomiche), attualmente l’Occidente, basti pensare alla stragrande maggioranza della realtà giovanile (vedi), vive una vuoto e deserto spirituale tale da potersi senza dubbio definire “nichilismo” non solo filosofico ma ormai pratico e dell’intera civiltà (vedi).

Purtroppo negli ultimi tempi anche la Chiesa (almeno in gran parte) è entrata in una crisi di fede e di identità tale da sfigurare quasi totalmente il suo volto (e il volto stesso di Cristo!) e renderla per questo insignificante e inutile (cfr. Mt 5,13) (vedi).

Per rispondere a tale crisi, non si può certo pensare di ridurre allora la vita cristiana ad un anonimo “impegno sociale” (semmai, per agire da cristiani nel sociale, va studiata ed applicata sempre più l’autentica Dottrina sociale della Chiesa vedi, invece sempre più abbandonata) o ad un vago “impegno caritativo”, peraltro spesso appiattito sull’immanenza se non addirittura agganciato alle vecchie o nuove ideologie. Non si tratta neppure di consumarsi in un logorante moltiplicarsi di convegni ecclesiali e logorroici programmi “pastorali”, in un continuo “parlare della Chiesa” e “darsi da fare” in essa [si ascolti ancora (specie ai minuti 33’/36’) quanto disse in proposito il card. Ratzinger in una celebre conferenza del 1990]. Non si tratta neppure di ritirarsi in una ambigua “scelta religiosa” (fatta ad esempio dall’AC nel 1969). L’Occidente non può neppure credere di poter sfuggire al materialismo e al dominio delle logiche economiche e commerciali dominanti rifugiandosi in disincarnati “spiritualismi” di tipo orientale (yoga, zen e lo stesso buddismo) o nelle nuove forme pseudo-ascetiche di stampo neo-panteista (in adorazione della Natura), sempre più di moda, per non parlare di certe forme estreme esoteriche se non addirittura sataniche (assai più diffuse di quel che si pensi). Al di là di un falso ascetismo e di asfissianti appartenenze comunitarie, tali gruppi o “sette” costituiscono peraltro vere e proprie trappole, persino economiche, nuove forme di schiavitù, di dipendenza psicologica, in genere anche dal loro leader. La questione fondamentale è che in queste forme solo apparentemente “spirituali”, al di là di iniziali apparenze, il proprio “io” si ritrova ancora terribilmente “solo”, se non alienato e persino schiavo (talora appunto di Satana stesso). Manca infatti il “Tu” vero: di Cristo, di Dio-Amore e Trinitario! Si presti però attenzione perché talora anche l’appartenenza a certi gruppi o movimenti cattolici può assorbire in una stessa logica (appunto da “setta”): si occulta la propria solitudine esistenziale, se non persino i propri problemi psicologici, in totalizzanti riferimenti comunitari, scambiati unilateralmente per la Chiesa stessa, in una cieca obbedienza al proprio leader, erroneamente intesa come obbedienza a Dio stesso (persino al di fuori dell’autentica fede, trasmessa dalla perenne Tradizione della Chiesa).

Com’è appunto già avvenuto dopo il crollo dell’Impero romano e si è sviluppato nel fecondo millennio medievale, specie ad opera dei monasteri, il silenzio orante permette di ritrovare se stessi in Cristo, la solitudine (monaco) in Dio diventa sorgente di vera “compagnia” e fraternità (cenobio), il ritirarsi dal mondo per dar lode a Dio diventa, oltre che via di santificazione, persino capacità costruttiva di un mondo nuovo, luce e punto di riferimento nella notte del mondo.

Lo stesso monachesimo nacque dapprima, specie nell’Oriente mediterraneo, come prevalentemente eremitico (anacoretico); poi (pur restando “monaci”, cioè soli) assunse specie in Occidente forme più comunitarie (cenobitico).

Non a caso qualcuno (persino dagli USA), al fine di una rinascita cristiana e della stessa civiltà mondiale, ha significativamente parlato di “Opzione Benedetto” (vedi) (vedi) (vedi), ipotesi che ha già raggiunto un vasto consenso mondiale.

Come appunto quando, “a cavallo tra il V e il VI secolo il mondo era sconvolto da una tremenda crisi di valori e di istituzioni, causata dal crollo dell’Impero Romano, dall’invasione dei nuovi popoli e dalla decadenza dei costumi … emerse una nuova via d’uscita da tale notte oscura della storia” (come appunto disse Benedetto XVI a proposito di S. Benedetto), non potrebbe essere così anche in questo ancor più tragico crollo di civiltà?

Potrebbe essere, almeno per un po’ di tempo, un cristianesimo, una Chiesa, certo non più di massa ma ridotta ad un “piccolo resto”, apparentemente insignificante; ma in realtà, secondo la logica evangelica del “piccolo seme” (cfr. Mt 13,31-32), ciò può diventare nel tempo assai fecondo e persino costruttrice di storia, come appunto avvenne all’inizio ma anche appunto 15 secoli orsono col monachesimo [cfr. quanto profetizzato da J. Ratzinger già nel lontano 1969 (vedi e vedi) o confidato da Paolo VI a J. Guitton, (vedi le parole conclusive dell’ultima News)]. 

E non può accadere, al di là dei possibili interventi straordinari di Dio stesso nella storia ventura se non prossima (peraltro profetizzati e preparati soprattutto dall’Immacolata!), che questa notte di “civiltà di fine impero”, che questo “suicidio” persino culturale dell’Occidente, sprofondato nel nichilismo a seguito della sua apocalittica “apostasia” dalla fede cristiana, che questa stessa tremenda crisi della Chiesa, possa conoscere una nuova aurora di luce soprannaturale, a partire da piccole comunità ma ancor proprio dai monasteri e persino da quei giovani che inaspettatamente proprio ora stanno riscoprendo la fede (il senso vero della loro vita) e spesso vi accedono?