Fede e Sacramenti
Tra consuetudini, ignoranza e abbandoni
Dopo aver già compiuto nell’ultima News (vedi) una riflessione sul Sacramento dell’Ordine, che ci ha pure offerto l’opportunità di una piccola analisi su questioni anche gravi che interessano l’attuale vita della Chiesa, presentiamo qui ancora alcune considerazioni sui Sacramenti, su cosa essi siano, cosa presuppongano e che grazia donino, per poi compiere solo alcune osservazioni sui singoli Sacramenti (escluso quello dell’Ordine che abbiamo appunto già analizzato), specie in riferimento all’attuale situazione italiana, dove, a fronte della sostanziale permanente richiesta di alcuni di essi (specie per l’infanzia), anche se non si capisce poi con quale fede, si assiste invece all’abbandono o alla corruzione di altri Sacramenti. Si potrà forse comprendere meglio come la questione fondamentale sia soprattutto quella della fede e soprattutto della sconcertante ignoranza religiosa che ormai affligge anche il nostro Paese, pur centro mondiale della Cattolicità.
I Sacramenti sono azioni liturgiche
La Liturgia costituisce il culto, la preghiera ufficiale, che la Chiesa rivolge al Padre, in Cristo risorto e vivo, per mezzo dello Spirito Santo. Mediante i suoi atti, la Liturgia rende gloria a Dio (SS.ma Trinità) e attua la redenzione e santificazione dell’uomo (di ogni singola anima).
La Liturgia è costituita soprattutto dai Sacramenti (in primis l’Eucaristia e dunque la stessa S. Messa), dai Sacramentali (ad esempio le Benedizioni) e dalla “Liturgia delle Ore” (Ufficio delle Letture, Lodi, Ora media, Vespri e Compieta).
Il Concilio Ecumenico Vaticano II (1962/1965) ha dedicato significativamente proprio alla Liturgia il suo primo documento (“Sacrosanctum Concilium”, vedi). E ciò che più colpì il popolo di Dio, creando talora confusione e sconcerto (come se la Chiesa Cattolica improvvisamente cambiasse dopo duemila anni!), furono proprio delle riforme certo radicali della Liturgia, popolarmente identificate perfino col Concilio stesso, attuate già nell’immediato periodo post-conciliare, ma che a ben vedere la “Sacrosanctum Concilium” non aveva formulato o semmai permesso solo in certi casi. Pensiamo ad esempio all’uso della lingua moderna, solo parzialmente permessa ma privilegiando ancora quella latina (cfr. S.C. 36 e 54), che rimane quella ufficiale e tipica, agli altari voltati “coram populo”, di cui invece il Concilio non parla (eppure sono state fatte persino spese enormi e talora anche scempi architettonici per attuarli), o al repentino abbandono (per sostituirlo spesso con canti simil-musica leggera) del più che millenario canto gregoriano (quando invece viene confermato e privilegiato, cfr. S.C. 116). Esistono certo, già nell’immediato periodo post-conciliare, delle radicali riforme liturgiche attuate dal Pontefice stesso (pensiamo soprattutto al “Novus Ordo” e al relativo “Missale Romanum” del 1969). Emerse però subito, in modo persino teologicamente indebito, l’importanza assunta dalle Conferenze Episcopali nazionali, per sé sempre sottomesse all’autorità del Romano Pontefice, che anche nell’ambito liturgico hanno posto progressivamente in atto delle riforme di non scarsa incidenza per la stessa vita cristiana dei fedeli, inizialmente come decisioni locali e persino facoltative e poi diventate di fatto universali e perfino obbligatorie, com’è ad esempio la questione della S. Comunione in mano, in Italia abbastanza recente rispetto ad altre Chiese europee, inizialmente rispettando determinate regole poi però progressivamente inosservate.
Sarebbe dunque necessario, anche oggi, prestare molta attenzione ed usare molta prudenza, per il bene stesso delle anime, a certe riforme fatte passare astutamente come locali o come eccezioni (e a determinate condizioni) e che poi diventano invece regola generale e senza condizioni (una tattica cosiddetta “pastorale” che oggi si pone in atto persino su gravi questioni dottrinali, come appunto abbiamo osservato anche nella News precedente vedi). Se poi, per tornare al periodo anche immediatamente post-conciliare, non ci si riferisce nemmeno più ai testi reali del Magistero, ma ad un presunto e ossessivamente ripetuto “spirito del Concilio” (in ogni campo della vita della Chiesa e già nella riflessione teologica, ma appunto anche nella Liturgia), allora lo straripamento degli abusi può diventare non più contenibile, fino a raggiungere e superare il “limite del sopportabile”, come ebbe a dire ufficialmente lo stesso Benedetto XVI (vedi), che si sforzò in ogni modo di cominciare ad attuare una doverosa “Riforma della riforma”, fortemente ostacolata e poi brutalmente fermata! [Una delle decisioni più forti, in tal senso, fu appunto il Motu proprio “ Summorum Pontificum” (vedi)].
[A proposito di intollerabili abusi liturgici, ecco un caso certamente limite ed eclatante, ma comunque reso possibile da questo clima ecclesiale, di una “particolare” celebrazione della S. Messa, su cui è addirittura intervenuta persino l’autorità giudiziaria italiana, ma invece senza particolari conseguenze canoniche (vedi l’immagine). Ma basterebbe pure vedere come arriva all’altare questo vescovo (vedi)!]
I Sacramenti sono dunque azioni liturgiche e, come dice la parola stessa, sono realtà “sacre”!
I Sacramenti sono soprattutto opera di Dio
Ad uno sguardo superficiale sembrerebbe che gli artefici, gli attori principali dei Sacramenti siamo noi, in primis il sacerdote.
Nonostante sia esplicitamente proibito, in quanto esistono delle norme canoniche (Codice) e liturgiche (Rubriche) da rispettare, persiste infatti in proposito una mentalità che a ben vedere è appunto “clericale”, secondo cui la Liturgia è roba del prete e che egli possa permettersi di fare e disfare come vuole, attuando la cosiddetta “creatività liturgica”, fino appunto a raggiungere abusi, talora perfino sacrileghi oltre che illeciti, che creano sconcerto e scandalo nei fedeli, creando grave danno alle loro anime (anche se magari alcuni applaudono alle loro persino stravaganti novità). Il discorso poi non cambia se questo “clericalismo” si trasforma oggi in “sinodalismo”: sempre si permane nell’equivoco che la Liturgia e la Chiesa stessa siano opera “nostra”! Addirittura si parla di “diritti” a ricevere i Sacramenti (cominciando magari dai Sacramentali, per dare meno nell’occhio – vedi il recente caso eclatante di alcune Benedizioni – o appunto come eccezioni, prima locali poi universali), diritti peraltro senza alcun dovere e condizione morale da rispettare, come obbedienza a Dio stesso! Inoltre la Chiesa stessa pare sempre più diventare simile ad una sorta di assemblea parlamentare e democratica, dove le scelte persino dottrinali si crede possano dipendere dai voti e dalle maggioranze e minoranze (anche se poi – come abbiamo osservato appunto nella News precedente vedi o in quella dello scorso anno in circostanze analoghe vedi – certe decisioni sono invece assai pilotate e indotte).
Non dobbiamo inoltre dimenticare che siamo fortemente immersi, specie in Occidente, in un dominante clima culturale caratterizzato soprattutto dal “relativismo” (tutto è ridotto ad opinione e al “secondo me”), ma anche da una superficiale e opprimente mentalità “materialista” (il soprannaturale non esiste), commerciale (tutto serve solo per vendere) e del culto dell’immagine (tutto serve per apparire e fare spettacolo, magari per un giorno). Tutto ciò è infatti penetrato persino nelle cose più “sacre”, come appunto sono i Sacramenti, anch’essi sempre più fagocitati in queste logiche, che sono invece antitetiche alla fede cristiana e assai dannose per le anime.
Dentro queste logiche perverse tutti avrebbero poi “diritto” a tutto (basta che lo vogliano), senza alcuna condizione e “dovere” morale!
È inoltre una logica che rende tutto “spettacolo”, compreso appunto i Sacramenti. Basterebbe pensare ad esempio all’uso ormai abituale e persino paranoico dell’applauso, anche in chiesa (talora persino sollecitato dal prete, quando invece la Liturgia lo proibisce), persino nei funerali. Oppure all’invasione ossessiva dei fotografi, dove pare persino che non siano più questi al servizio dell’evento, ma al contrario che sia l’evento al servizio della fotografia. Per non parlare poi delle spese esagerate se non persino scandalose, quindi moralmente illecite, per feste, regali, abbigliamenti, pranzi, fotografi, fiori, musiche, auto; e tutto ciò non solo per i Matrimoni (torneremo su questo alla fine) ma ormai pure per i Battesimi e le Prime Comunioni.
Al di là di questi “show” da teatro o da set televisivo o cinematografico, che si scatenano specie nei Matrimoni e che fanno per un giorno sentire gli sposi (specie la sposa) delle “star” del cinema – non importa se poi una percentuale sempre più cospicua di Matrimoni, pur celebrati in chiesa e quindi come Sacramento unico e indissolubile, dura meno degli abiti! – è proprio la Liturgia in quanto tale che ha cambiato prospettiva* e consapevolezza: si è sostanzialmente smarrita la coscienza che l’Attore e l’Artefice principale dei Sacramenti non siamo noi ma è Dio stesso, realmente presente e operante (anche se non fotografabile)!
“L’essenziale è davvero invisibile agli occhi” (come recita una famosa espressione di Saint-Exupéry), perché è Dio stesso!
* Questo sostanziale e gravissimo errore di prospettiva (tutto ruota intorno a noi, non più intorno a Dio!) risente della cosiddetta “svolta antropologica” emersa inizialmente in certa teologia (si pensi a quella di K. Rahner, dapprima quasi condannata dalla Chiesa e poi diventata invece dominante nel periodo conciliare e post-conciliare) ed ecclesiologia (visione della Chiesa), per poi trasferirsi nella pastorale e appunto persino nella liturgia. Essa, a ben vedere, affonda le propria radici già nella “rivoluzione” del pensiero moderno (vedi), che peraltro è venuta storicamente a coincidere pure con l’espansione dalla Riforma (rivoluzione) protestante; e noi subiamo ora entrambi questi erronei influssi. Anche la questione degli altari e del sacerdote celebrante voltati “coram populo” (cioè verso l’assemblea, verso la gente) – con il pretesto di “vedere” (che invece non c’entra con la liturgia, anzi in quella orientale è addirittura opposto, come dimostrano ad esempio le iconostasi) – è appunto sostanzialmente dentro questa logica (tutto ruota attorno a noi) [potremmo allora provocatoriamente chiederci, a proposito dei Matrimoni, perché invece proprio gli sposi non siano voltati anch’essi verso la gente, visto che si crede che proprio loro siano al centro dello “spettacolo”?]
Oltre a ruotare tutto attorno a noi, tutto ruota attorno al nostro “fare” (ne abbiamo parlato già nella News precedente). [Contro questa errata e gravemente riduttiva visione della Chiesa e dell’impegno cristiano, oltre che della pastorale e persino della stessa Liturgia, si ascolti di nuovo (specie ai minuti 33’/36’) quanto disse il card. Ratzinger in una celebre conferenza del 1990].
Non si tratta però solo di certi Sacramenti come eventi speciali, ma spesso anche delle usuali celebrazioni eucaristiche (la S. Messa): il sacerdote, sempre più ridotto a simil-pastore protestante, appare ormai come il super protagonista, il leader, talora fa persino lo show-man! Il centro della Messa è diventata infatti la predica, che occupa non a caso uno spazio di tempo esorbitante, tanto da obbligare a fare poi in fretta il resto e persino la Comunione e il relativo ringraziamento (non importa se invece sarebbero previsti anche idonei e significativi spazi di silenzio appunto per poter pregare nel proprio cuore)! Talora il sacerdote scende persino tra la gente col microfono volante; e lo fa anche poi per “scambiare la pace”, un lasciare l’altare che è peraltro liturgicamente proibito e che dopo la consacrazione dovrebbe venire persino spontaneo evitare, visto che sull’altare c’è Gesù stesso! Il Sacrificio di Cristo sulla Croce, che si rinnova in modo “incruento” ma reale sull’altare, s’è tramutato solo nella “Cena del Signore” (appunto simil-protestante), al semplice ricordo dell’Ultima Cena (e non presenza reale di Cristo!); talora la Messa stessa è intesa come incontro e festa della comunità, se non addirittura come “spettacolo”, dove l’ideale è che ciascuno abbia da “fare” qualcosa (a questo s’è ridotta la tanto declamata “partecipazione attiva dei fedeli”?). Una riprova di ciò è che finita la Messa (lo spettacolo), la chiesa diventa una sorta di “foyer” di teatro, per parlare ad alta voce con amici e conoscenti: che ne è del tabernacolo, dove c’è Gesù vivo?! che ne è del ringraziamento e della preghiera personale per la celebrazione e per la Comunione magari appena ricevuta? Appunto: tutto ruota intorno a noi! Tutto è spettacolo!
Si dimentica inoltre che il sacerdote è la “causa strumentale” del Sacramento, ma la “causa principale” è sempre lo Spirito Santo! I Sacramenti sono appunto opera di Dio, non nostra!
Per la validità del Sacramento il ministro sacro (causa strumentale) deve essere nella “successione apostolica” (il presbitero in modo subordinato al vescovo) e usi “correttamente” materia e forma del Sacramento stesso. Ogni Sacramento ha infatti la propria “materia” e “forma” e senza queste non è valido. La materia è spesso proprio un elemento materiale e visibile (l’acqua per il Battesimo, il pane e il vino per l’Eucaristia, il Crisma per la Cresima….). La forma è in genere proprio la formula esatta (parole) da usarsi perché il Sacramento avvenga.
A proposito del ministro del Sacramento, esistono delle eccezioni rispetto al ministro sacro.
Nel caso, ad esempio, del Battesimo dato in pericolo di morte (può avvenire persino al momento del parto) il ministro può essere un genitore stesso o chiunque, se si presume o si sa che i genitori ne avrebbero dato il consenso; può persino essere un non-cristiano, purché abbia l’intenzione di fare quello che fa la Chiesa; il ministro deve poi usare correttamente la materia (acqua) e la forma (parole esatte e triplice infusione o immersione).
Per il Sacramento del Matrimonio i “ministri” sono proprio gli sposi stessi, però alla necessaria presenza del Sacerdote (che presiede la liturgia del Sacramento e in genere pure la S. Messa all’interno della quale normalmente e giustamente ma non obbligatoriamente si colloca la celebrazione del Matrimonio) e di due testimoni (che comprovino l’atto avvenuto, che in genere ha pure valore anche civile). La “forma” del Sacramento sono le esatte parole del Sacramento che gli sposi si scambiano davanti appunto al sacerdote e ai testimoni. Può sembrare strano, ma invece la “materia” del Sacramento del Matrimonio è di fatto la loro successiva unione carnale (già nell’intenzione della donazione reciproca dei corpi), senza la quale, a meno che non si sia fatto uno voto speciale e condiviso di castità, il sacramento rimane “non consumato” e quindi sostanzialmente ancora non prodotto (se ciò fosse possibile comprovarlo si riconosce infatti la nullità del Matrimonio).
A proposito di dover usare correttamente la forma, e quindi le parole esatte che la liturgia del sacramento prevede (con l’autorità del Magistero della Chiesa e secondo le stesse Rubriche liturgiche), pena l’invalidità del Sacramento stesso, si veda ad esempio quanto è stato recentemente precisato dalla stessa S. Sede (Congregazione – oggi Dicastero – della Dottrina della fede) a riguardo delle parole (forma) del Sacramento del Battesimo (vedi): s’è chiesto se sia valido un Battesimo in cui si sia usata la formula “Noi ti battezziamo nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo” (pare che qualche sacerdote lo faccia, pensando erroneamente di sottolineare così meglio l’aspetto ecclesiale del Sacramento!), invece di “Io ti battezzo …”. La risposta (autorevole) è stata che tale Battesimo è invalido (nullo) e conseguentemente quel bambino/persona non ha avuto accesso alla vita cristiana e non può in seguito neppure accedere a tutti gli altri sacramenti, che rimarrebbero a loro volta invalidamente conferiti, ma deve essere ancora battezzato!
Si tenga dunque presente tutto questo, tanto più che dilagano purtroppo sempre più, in nome magari della presunta ma sacrilega “creatività liturgica”, gli abusi, che potrebbero appunto persino invalidare i Sacramenti stessi e conseguentemente non produrre alcuna grazia sacramentale. In certi casi il Sacramento celebrato diventa persino “sacrilego” e come tale, oltre a non produrre alcuna “grazia” diventa persino nocivo! Si pensi in tal senso al caso in cui un penitente nascondesse volontariamente un peccato mortale commesso (vedi quali sono – si tenga presente che i peccati sono la “materia”, si dice remota, del Sacramento della Confessione vedi), commettendo appunto un sacrilegio; così come il fare la Comunione con tali peccati sulla coscienza perché non ancora confessati, dunque senza essere “in grazia di Dio”. Non solo tali Sacramenti non ci farebbero bene ma sarebbero addirittura nocivi (vedi cosa dice in proposito lo stesso S. Paolo in 1Cor 11,23-30).
Dunque nei Sacramenti la “Presenza” principale non si vede (e non è fotografabile!): è Cristo stesso, risorto e vivo. L’artefice principale è sempre lo Spirito Santo.
Davvero nei Sacramenti l’essenziale (Dio e la Sua opera in noi) è invisibile, ma si manifesta attraverso dei “segni”, visibili ed efficaci.
Lo scopo dei Sacramenti è sempre la nostra santificazione, la costruzione del Regno di Dio e la Sua gloria!
Quando dunque parliamo di Sacramenti, e ovviamente ancor più quando li celebriamo o addirittura li riceviamo (se siamo nelle disposizioni per poterli ricevere), è sempre necessario ricordare che si tratta appunto non di un’opera nostra, ma appunto opera di Dio (“opus Dei”), dono suo, istituiti per la Sua gloria (come ogni cosa creata) e per la nostra santificazione (che è il senso vero della vita)! A noi spetta l’accoglienza devota di questi doni soprannaturali, di averne interiormente le condizioni necessarie per riceverli, e di viverne di conseguenza, cioè con quella particolare “grazia” che ci è stata data, restando il più possibile nel Suo amore e nell’obbedienza alla Sua santa volontà, che è anche il nostro vero bene.
Si tenga presente che alcuni Sacramenti ci donano una “grazia” (forza divina, a cui poter e dover sempre attingere) tale da durare tutta la vita (anche se certo tale grazia viene indebolita dai nostri peccati, ma anche ravvivata dal Sacramento della Confessione e Comunione, come dalla nostra preghiera e da un vero cammino spirituale). Infatti il Battesimo, la Cresima e l’Ordine si possono ricevere una volta sola e non possono essere revocati. Il battezzato potrebbe ad esempio gravissimamente apostatare (non essere “sbattezzato”, come oggi si sente dire; e tale apostasia è di fronte a Dio una ribellione gravissima e quasi satanica, un esplicito rifiuto di Cristo!), ma anche in tal caso non cesserebbe di essere battezzato (infatti se tornasse a Cristo non potrebbe e non dovrebbe essere di nuovo battezzato). Un sacerdote potrebbe chiedere o essere “ridotto alla stato laicale” (“spretato”, si dice popolarmente), ma con tutto ciò non cesserebbe di essere un sacerdote (perché anche il Sacramento dell’Ordine imprime un “carattere” indelebile) e quindi se ad esempio celebrasse in quelle condizioni la S. Messa, lo farebbe “illecitamente” (non potrebbe farlo) ma “validamente” (quel pane e quel vino diverrebbero ugualmente il Corpo e il Sangue di Gesù vivo!). Anche il Sacramento del Matrimonio, pur non imprimendo nelle anime degli sposi un “carattere” sacramentale indelebile, dona però loro una “grazia speciale” che dura tutta la vita. Per questo tale matrimonio, se validamente celebrato (altrimenti è “nullo”, cioè inesistente; e con un particolare processo canonico si può verificare o meno questa nullità, non “annullare”, come si sente erroneamente dire comunemente, perché neanche un Papa potrebbe “annullare” un sacramento, trattandosi appunto di realtà sacre e divine!) è indissolubile (fino alla morte di uno di coniugi). Per questo qualsiasi altra unione agli occhi di Dio è adulterio. Infatti non si può celebrare un altro Matrimonio (Sacramento) e se quegli sposi cristiani, dopo una separazione e persino divorzio civile, tornassero per grazia insieme, come auspicabile e doveroso, non dovrebbero ovviamente celebrare di nuovo il Sacramento del matrimonio. Ovviamente tale “grazia” del Sacramento del Matrimonio, che oggettivamente dura appunto tutta la vita e può donare delle forze soprannaturali per poter superare ogni possibile crisi e difficoltà, va come sempre alimentata, può e deve crescere con una vera vita di fede, ma può essere indebolita dal peccato (specie se grave; che va al più presto confessato e da cui ci si deve allontanare, specie se appunto mina l’unità e l’amore coniugale); ma con tutto ciò non può essere oggettivamente e totalmente eliminata (ecco la fonte soprannaturale del matrimonio cristiano).
Invece l’immensa grazia data ad esempio dall’Eucaristia, specie se ben preparata e degnamente ricevuta, come doveroso, può conoscere dei momenti diversi: ad esempio, appena ricevuta, c’è addirittura una presenza che potremmo quasi dire “fisica” di Gesù in noi (ecco quanto è brutto e grave che dopo la Comunione non ci sia una prolungata e concentratissima preghiera di ringraziamento!); poi, consumata in noi la specie fisica del pane che è diventato Gesù, rimane la Sua presenza spirituale ed una Sua particolare grazia, appunto come sempre da alimentare, ma che si può purtroppo pure perdere con il peccato mortale (da cui essere sanati con la S. Confessione, anche per poter fare in seguito di nuovo la Comunione).
Poiché appunto i Sacramenti sono realtà “sacre” (come dice la parola stessa Sacramento), divine, non semplicemente cose umane o cose nostre che possiamo gestire a piacimento (né noi, né il sacerdote e neppure un Papa può farlo!), occorre anzitutto avere quello stupore e persino timore che suscitano appunto le realtà sacre, che sono le più importanti della vita e che persino ci sfuggono e ci sovrastano nella loro realtà più profonda, altissima e trascendente. È peraltro significativo che ciò si registri in qualsiasi civiltà della storia, fin dall’inizio della presenza dell’uomo sulla Terra e in ogni momento e luogo dell’intera storia umana. Ciò si evidenzia in ogni espressione religiosa, sempre e ovunque considerate le realtà più importanti non solo della vita personale ma anche di quella sociale (al di là di quel che pensa invece la Modernità, l’Illuminismo e la Massoneria, che vorrebbero ridurre l’esperienza religiosa a solo fatto intimo e privato) e si esprime pure nella straordinaria bellezza, ricchezza (anche artistica) e centralità appunto dei luoghi di sacri, di culto e preghiera (dagli altari primitivi a quelli degli Incas o Aztechi, dalle pagode alla moschee, fino ovviamente alle nostre stupefacenti cattedrali)!
Del resto, persino in ogni espressione religiosa e in ogni civiltà, si è parlato in proposito di “mistero” nello stesso tempo “fascinosum et tremendum” (una nota espressione del teologo R. Otto, nel suo celebre testo Das Heilige, “Il Sacro”), che cioè ci attira nella sua incommensurabile bellezza e nello stesso tempo quasi ci atterrisce per la sua grandezza e infinitezza che ci sovrasta, trattandosi appunto di realtà “divine”!
Se poi si tratta addirittura dell’Eucaristia, siamo posti di fronte (e persino ci nutriamo) della presenza “reale” di Dio stesso, essendo il Santissimo Corpo e Sangue di Cristo Signore, vero Dio e vero uomo, del Risorto, del Vivente, del Kyrios (appunto il Signore, vedi ad esempio la Sua impressionante “visione” nell’Apocalisse, fin dal suo esordio e poi ancora in tutto questo stupefacente ultimo testo sacro della Rivelazione biblica), del “Giudice universale” che un giorno vedremo e al cui giudizio nessuno potrà sfuggire o vantare pretese (come ci ricorda anche solo il noto affresco di Michelangelo nella Cappella Sistina vedi)!
Certo, Dio si è pienamente rivelato in Cristo come Amore infinito, come Santissima Trinità, Gesù è l’Emmanuele, cioè il Dio-con-noi; ma senza dimenticare che Dio è il tre volte “Santo” (come dice l’ebraico, mancando di superlativo assoluto, già nella sconvolgente visione-vocazione di Isaia vedi e come ancora cantiamo nella S. Messa appunto poco prima che Egli si renda presente sull’altare), cioè “altro”, infinitamente superiore, trascendente, infinito!
“Adorare” è allora l’atteggiamento interiore ed esteriore che esprime meglio e doverosamente come si sta di fronte alle realtà divine! Esso significa: prostrati a terra, “con la bocca” (dal latino il riferimento è appunto alla bocca) quasi aperta per lo stupore e magnificenza di quanto contemplato, sia pure ancora, fin che dura questo tempo, sotto i veli dei segni!
Ricordiamo che si adora solo l’Eucaristia, in quanto appunto presenza reale e viva di Cristo. [L’unica eccezione, per sottolinearne il significato in quel giorno, è l’adorazione della S. Croce il Venerdì Santo, giorno appunto della morte del Signore e peraltro giorno in cui non si celebra l’Eucaristia]. Tutte le altre immagini (e persino il Crocifisso, tranne appunto il Venerdì Santo), di Dio stesso, della Madonna e dei Santi, si “venerano”, non si “adorano”. Ricordiamo inoltre che il segno fisico dell’adorazione, che si fa appunto solo davanti all’Eucaristia – nella S. Messa al momento della consacrazione e possibilmente (altrimenti almeno un inchino profondo) prima di fare la Comunione; in seguito solo davanti al tabernacolo dove è presente l’Eucaristia (che si riconosce per un particolare lume vivo, cioè non elettrico; fino a pochi anni orsono si riconosceva anche per una rivestimento in tessuto pregiato e col colore liturgico del giorno, chiamato “conopeo”) – è la genuflessione, che non è un semplice inginocchiarsi (questo si può fare sempre, in seguito e anche per continuare l’adorazione o anche solo per pregare e persino in casa o in altro luogo dove si voglia pregare), ma un portare il ginocchio destro in terra e poi rialzarsi (non è necessario fare il Segno di Croce) [laddove le condizioni fisiche non lo permettono (per età o impedimento fisico) si fa un inchino profondo, non una pseudo genuflessione, come spesso si vede fare e che peraltro è assai goffa e appunto poco liturgica e sacra].
Quanto già questo solo pensiero dovrebbe farci rabbrividire pensando a come invece spesso viene trattata e ricevuta l’Eucaristia … come abbiamo visto già nella News precedente (vedi), a proposito di certe attuali celebrazioni eucaristiche, di come sia inteso il tabernacolo dove Dio permane nelle ostie consacrate, e pure dell’attuale abuso di Ministri straordinari della Comunione, per non parlare poi degli abusi sacrileghi.
A ben vedere, al fondo di tanta attuale superficialità, confusione e atteggiamenti che, magari in nome della “creatività liturgica”, talora raggiungono perfino il sacrilego, c’è sostanzialmente proprio la perdita del “senso di Dio”!
Non si trattano dunque i Sacramenti come “cosa nostra”, come iniziative umane, disponibili ad essere interpretati, celebrati e vissuti a piacimento o secondo le sensibilità personali o del tempo.
Sono iniziative di Dio, opera dello Spirito Santo (che ne è la causa principale), mediante la mediazione della Chiesa, che li amministra mediante il ministro indicato (come causa strumentale) ma non ne è “padrona”! Nessuno, né alcun sacerdote o vescovo e neppure il Papa, ha il potere di manomettere queste realtà sacre e divine!
A noi spetta di riceverli e parteciparvi, con immensa gratitudine, rispetto, riverenza, con l’ossequio della nostra ragione (occorre sapere ciò che si sta ricevendo, almeno per quanto è possibile ad una povera creatura come noi e secondo le capacità di ciascuno, ma anche doverosamente illuminati dalla grazia di Dio e pure da tutta la preparazione dovuta) e della nostra volontà (fondamentalmente è in “obbedienza” a Dio e alla Sua Parola che li celebriamo e riceviamo, come pure in obbedienza alla perenne Tradizione e all’autentico Magistero della Chiesa, fino ad obbedire pure alle norme liturgiche stabilite nelle apposite Rubriche della Chiesa Cattolica, secondo i diversi Riti ammessi).
Non si tratta appunto di realtà da interpretare, celebrare e vivere a piacimento e, come si dice appunto oggi, con “creatività” liturgica, per andare incontro al fantomatico “uomo d’oggi” (quando invece al fondo del nostro “io” l’uomo è sempre lo stesso e ha lo stesso bisogno di Dio, che non varia nel tempo e nello spazio) o ancor più banalmente perché piacciono di più.
Anche l’espressione “animare la liturgia“, oggi assai diffusa negli ambienti ecclesiali, è in sé impropria, perché appunto la Liturgia non è un cadavere, una realtà morta da rianimare, tanto meno uno spettacolo da rendere attraente, ma è proprio la Liturgia ad animare noi! E lo può fare meglio non per le nostre novità o attrazioni (o “partecipazione attiva” nella sua falsa accezione di “fare tutti qualcosa”) ma proprio se conserva e manifesta la sua dimensione più propria, appunto sacrale, divina, soprannaturale!
I 7 Sacramenti sono istituiti da N. S. Gesù Cristo per la nostra salvezza
Dobbiamo anzitutto sempre ricordare che l’esistenza di tutte le cose, visibili e invisibili, e in particolare dell’essere umano e di ciascuno di noi, è opera di Dio, “creazione” sua! Tutto viene da Lui; e tutto è creato per Lui; soprattutto noi stessi, creati e redenti per la Sua gloria, che è anche la nostra eterna felicità.
Dio ci ha infatti creati (l’essere umano e ogni singola persona) per la Sua gloria, cioè perché potessimo partecipare alla Sua vita e godere per sempre del Suo infinito Amore [cfr. il Catechismo di S. Pio X: “Perché Dio ci ha creati? Dio ci ha creati per conoscerlo, amarlo e servirlo in questa vita, e per goderlo poi nell’altra, in paradiso”].
Per questo, anche dopo il peccato originale (Gn 3), come pure in riferimento ai nostri singoli peccati (vedi), Dio ci ha “redenti” in Cristo, cioè attraverso la Sua Incarnazione, Croce e Risurrezione.
Così ogni uomo può trovare salvezza nella vera fede in Cristo e attraverso i Sacramenti che sono appunto scaturiti dalla Sua Croce (come indica la tradizionale immagine, scelta per la testata di questa News).
La Chiesa Cattolica, fondata da N. S. Gesù Cristo, secondo i criteri che Egli stesso ha voluto e non da noi mutabili, può e deve “salvare” eternamente le anime di tutti gli uomini della storia; e lo può e lo deve fare mediante i suoi insegnamenti (immutabili perché dipendenti appunto dalla Parola stessa di Dio) e i Sacramenti, attraverso cui la “grazia” (la vita stessa) di Dio, donataci in Cristo, ci può raggiungere. Per questo la Chiesa è in se stessa “santa”, ma per noi anche “Madre e Maestra”!
È poi contenuto irrinunciabile della fede cristiana (cattolica, cioè autentica) che tutti i 7 Sacramenti siano istituiti da N. S. Gesù Cristo, appunto per la nostra salvezza, cioè sempre in riferimento all’universale vocazione alla “santità” e per l’edificazione del Regno di Dio e ultimamente per la Sua gloria.
Ovviamente, per il Sacramento dell’Ordine e per quello del Matrimonio, dipende dalla vocazione che Dio dona a ciascuno (per l’Ordine sacro solo agli uomini; per il matrimonio ovviamente solo per l’unione indissolubile di un uomo e una donna) e comportano dei relativi compiti specifici; ma lo scopo principale è sempre quello della propria e altrui santificazione e per la “missione”, cioè per la costruzione del Regno di Dio, e in fondo appunto per la stessa gloria di Dio.
Per alcuni Sacramenti l’istituzione e il comando di Cristo sono espliciti: si pensi al Battesimo (Mc 16,16) e all’Eucaristia (Gv 6,53-54; Lc 22,19); ma pure per il Sacramento dell’Ordine (su cui ci siamo già soffermati vedi) si può osservare come esso sia immediatamente deducibile dalle Sue scelte e parole, ad esempio nella chiamata dei 12 Apostoli a seguirlo in modo del tutto particolare (Lc 6,13) e la loro esclusiva presenza all’istituzione dell’Eucaristia nell’Ultima Cena (Mc 14,17-26), come il potere loro dato di rimettere i peccati (Gv 20,22-23), quindi con l’istituzione pure del Sacramento della Penitenza.
Come abbiamo appunto sottolineato nella News precedente, questo potere spirituale di celebrare l’Eucaristia e di rimettere i peccati, dato da Gesù agli Apostoli, era ovviamente trasmissibile ad altri uomini, con “l’imposizione delle mani” e quindi con un Sacramento apposito (appunto l’Ordine sacro), visto che Gesù non pensava certo alla salvezza solo degli Apostoli e di coloro che essi personalmente avrebbero incontrato, per poi finire con la loro morte. Circa poi i 3 gradi del Sacramento dell’Ordine (Episcopato, Presbiterato e Diaconato) abbiamo visto come essi si rendano evidenti sin dai primissimi giorni della Chiesa, come nel caso dell’immediata istituzione del diaconato (At 6) e la costituzione degli “anziani” (presbiteri) a capo delle piccole comunità (At 14,23), oltre ovviamente alla “successione apostolica” che si realizza nei Vescovi (At 20,28; 1Tm 3,1-7; Tt 1,4-9).
Per il Sacramento della Cresima (che col Battesimo e l’Eucaristia viene a costituire i “Sacramenti dell’Iniziazione cristiana”) manca il riferimento ad un esplicito comando di Gesù, ma subito la Chiesa primitiva, a partire proprio dall’esperienza della Pentecoste (At 2) e per le particolari effusioni dello Spirito Santo che ricevono spesso i credenti in Cristo (cfr. ad es. At 4,31; 10,44; 11,15; 15,8; 19,2-6), mossa dallo stesso Spirito, riconosce questa effusione come data da un Sacramento specifico, in genere legato al Battesimo stesso (come ancora è oggi nel Battesimo degli adulti o in alcune tradizioni orientali anche nel Battesimo degli infanti).
Circa il Sacramento dell’Unzione degli Infermi il riferimento classico, già appunto dai tempi apostolici, è costituito ad esempio dalla Lettera di S. Giacomo (cfr. Gc 5,14).
Che il Matrimonio, ovviamente solo tra un uomo e una donna (oggi per la prima volta nella storia dell’umanità occorre precisare anche questo, perché l’omosessualità poco o tanto c’è sempre stata, ma di matrimonio in tal senso non c’è traccia in nessuna epoca storica!), già iscritto nella natura stessa (non a caso sull’argomento Gesù fa esplicito riferimento a Genesi, cioè alla Creazione), richiedesse uno specifico intervento di Dio e persino un Sacramento apposito, si evidenzia pian piano, anche se Gesù fa un chiaro riferimento a “ciò che Dio unisce” (quindi ad un intervento specifico di Dio), che rende peraltro moralmente lecito (e solo in questo caso!) diventare “una carne sola” (rapporti sessuali); e questo è con una sola persona e per sempre (matrimonio unico e indissolubile), dicendo “l’uomo non separi ciò che Dio unisce”. Il testo di Mt 19,3-9 è inequivocabile e vale tanto per le donne come per gli uomini (mentre la poligamia maschile in certi casi era ammessa nell’Antico Testamento e lo è tuttora nell’Islam); e nessuno, nella Chiesa e nella storia, ha il potere di mutare questa volontà divina e questo comando e relativo divieto (del divorzio e di una nuova unione, come del resto di ogni unione sessuale al di fuori appunto del matrimonio).
Certo è poi il cammino della Chiesa, guidata più che mai per questo dallo Spirito Santo, visto che è proprio lo Spirito Santo l’agente principale che produce i Sacramenti e dona la loro grazia specifica, a capire ed indicare sempre meglio, nel solco della perenne e immutabile Tradizione e sotto la guida del Magistero*, anche queste supreme realtà divine, che la Chiesa amministra (e di cui non è “padrona” né artefice principale, ma solo amministratrice) per la santificazione dei credenti in Cristo, siglando appunto autorevolmente e dogmaticamente questo “sacro Settenario”.
* Ricordiamo che, secondo l’autentica dottrina cattolica, riconfermata anche dall’ultimo Concilio (vedi), Parola di Dio (appunto “Dei Verbum”), non è solo la Sacra Scrittura cioè la Bibbia (tanto meno da interpretarsi a piacimento), ma, pur essendo quella la fonte principale della Rivelazione, oltre ad esserci un Vangelo orale trasmesso già dagli Apostoli, sono Parola di Dio (Dei Verbum) anche la Tradizione e il Magistero della Chiesa.
Tale consapevolezza è stata invece infranta dalla “Riforma protestante”, che ha abolito quasi tutti i Sacramenti ed ha lasciato a livello personale e soggettivo l’interpretazione stessa della Bibbia (persino abolendone dei libri, come la Lettera di Giacomo), e da tutte le “sette” che ne sono seguite fino ad oggi, fino ad arrivare ai “Testimoni di Geova” (che neppure sono cristiani perché negano la divinità di Cristo e il cui Battesimo è fasullo e per uno già cristiano è un gravissimo atto di apostasia, che esclude dalla salvezza eterna).
I Sacramenti sono appunto sette. Al termine di questa riflessione compiremo ancora qualche rapida osservazione su ciascuno di essi, specie in riferimento all’attuale situazione ecclesiale e storica, soprattutto italiana (di quello dell’Ordine, nei suoi 3 gradi, ci siamo appunto invece già occupati nella News-catechesi precedente vedi).
Sottolineiamo dunque che i Sacramenti dell’Iniziazione cristiana, che cioè introducono nella vita cristiana (nella vita stessa di Dio!), sono il Battesimo, la Cresima e l’Eucaristia. Il Battesimo e la Cresima (o Confermazione) si possono ricevere una volta sola nella vita, perché imprimono nell’anima un “carattere” (sigillo) indelebile. L’Eucaristia (S. Messa) va invece partecipata in ogni domenica (e nelle altre feste comandate) e ricevuta (Comunione) il più spesso possibile (ma solo se “in grazia di Dio”, cioè senza “peccati mortali” sulla coscienza). Per togliere i “peccati mortali” (vedi) commessi dopo il Battesimo (perché il Battesimo toglie tutti i peccati, quello “originale” e, negli adulti, anche quelli personali commessi) c’è il Sacramento della Confessione (o Penitenza). Per diventare marito e moglie agli occhi di Dio c’è solo il Sacramento del Matrimonio (unico e indissolubile, cioè che si può celebrare una volta sola, se non in caso di vedovanza, in quanto solo la morte scioglie un matrimonio). Per diventare (solo per gli uomini) diacono, sacerdote o vescovo ci sono i tre gradi del Sacramento dell’Ordine. Per ricevere una particolare assistenza divina in una grave situazione di salute, in vecchiaia e soprattutto nell’approssimarsi della morte, c’è il Sacramento dell’Unzione degli Infermi (o Estrema Unzione).
Oggettivamente essi sono obbligatori per raggiungere la salvezza eterna. Quello del Matrimonio e dell’Ordine ovviamente in riferimento alla propria vocazione data da Dio, cioè se a ciò chiama Dio. Quello dell’Unzione degli Infermi invece se è possibile riceverlo (non si aspetti però l’ultimo momento, né tanto meno quando il moribondo è incosciente; non è invece possibile conferirlo ad un morto, sia pur da poco); per questo è bene pensarci molto per tempo o in particolari circostanze, e aiutare gli altri, specie i propri cari, a farlo ed a riceverlo nei giusti modi e con frutto.
Ricordiamo ancora che esiste l’obbligo morale di ricevere i Sacramenti dovuti, ma invece non esiste alcun diritto a riceverli (è bene sottolinearlo, visto che siamo in una mentalità dominante e una società dove tutti vantano diritti, anche i più assurdi, magari senza alcun dovere!); così come nessuno possa parlare di “discriminazione” (altra parola magica diventata il “passe-partout” per accettare tutto e tutti) se non può riceverli perché ne mancano le necessarie condizioni spirituali (in genere a causa delle proprie stesse scelte, contrarie alla legge di Dio).
Non esiste ad esempio alcun “diritto” di una donna ad essere sacerdote o che debba sentirsi “discriminata” se non può farlo, perché ciò rientra nella stessa chiara volontà di Cristo (come abbiamo appunto evidenziato nella News precedente); tra l’altro anche un giovane uomo potrebbe, ad esempio, sentire una vocazione sacerdotale ma senza con ciò avere il “diritto” di diventarlo, perché magari non ne ha le condizioni o il Vescovo non lo ritiene idoneo o preparato per questo. Allo stesso modo, una persona che vive rapporti sessuali stabili (e senza pentimento e proposito di non più farlo) all’interno di una “convivenza” o una “nuova unione” al di fuori del suo originario matrimonio cristiano (indissolubile per la stessa volontà di Cristo) non può essere assolta in Confessione e quindi non può accedere all’Eucaristia; con ciò non può sentirsi assolutamente “discriminata” o vantare il “diritto” di poter ricevere questi Sacramenti, perché ciò è contro la stessa volontà di Cristo; in realtà è proprio tale persona che si auto-esclude, cioè si pone da se stessa e per le sue stesse scelte (a meno che appunto non le cambi) al di fuori delle imprescindibili condizioni per poterli ricevere.
Certo, laddove ci siano le condizioni spirituali per riceverli, nessun Ministro sacro può rifiutare un Sacramento (visto invece che ci sono stati sacerdoti e persino vescovi che hanno rifiutato ad esempio la S. Comunione a chi voleva riceverla in ginocchio e in bocca, quando peraltro non esiste alcun divieto in tal senso né alcun obbligo a riceverla in mano, tanto più che il poterla ricevere in mano, e solo a determinate condizioni, è solo permesso da uno speciale “Indulto” in merito).
Semmai c’è appunto il dovere di riceverli e di essere ben preparati e solo se si è nelle condizioni spirituali e morali per farlo: ciascun essere umano ha ad esempio il dovere di ricevere il Battesimo, Cresima ed Eucaristia (Sacramenti dell’Iniziazione cristiana) per accedere alla vita di Dio [secondo poi il 3° Precetto della Chiesa c’è l’obbligo morale di fare la S. Comunione, ovviamente in grazia di Dio, almeno a Pasqua]. Ciascun battezzato ha poi il dovere morale di confessare i “peccati mortali” commessi dopo il Battesimo (e in particolare dall’ultima Confessione, se gli altri sono già stati confessati), col Sacramento della Penitenza [secondo poi il 2° Precetto della Chiesa c’è l’obbligo morale di confessarsi almeno una volta all’anno, ad esempio per poter ricevere la Comunione pasquale]. Esiste pure il diritto e il dovere, se ovviamente ci sono le condizioni fisiche, morali e spirituali per farlo, di ricevere l’Unzione degli Infermi, soprattutto per fare una buona morte cristiana. Sempre per i battezzati, esiste poi il dovere di sposarsi col Sacramento del Matrimonio (se tale sacramento non è mai stato già celebrato da uno o da entrambi e se ci sono le condizioni canoniche, spirituali e morali per farlo). Sono infatti gravemente contrarie alla volontà di Dio, e quindi moralmente proibite, le convivenze o i matrimoni solo civili [che sono inoltre peccati stabilmente voluti (quindi senza la possibilità della Confessione) e pubblici (quindi con l’aggravante del peccato di “scandalo”; e se oggi tutto pare normale, rimane comunque un’oggettiva contro-testimonianza a Cristo Signore e alla Sua legge)]. Circa il Sacramento dell’Ordine, per esercitare il ministero sacro corrispondente (secondo la propria vocazione e il giudizio della Chiesa), c’è il dovere di riceverlo, se Dio appunto chiama a questo e se appunto la Chiesa (attraverso il giudizio del Vescovo) ritiene tale persona (uomo) idoneo a questo.
Quando poi esistono tutte le condizioni (morali, canoniche e liturgiche) per poterli ricevere, allora il fedele ha pure il diritto, laddove ovviamente è possibile, di ricevere i Sacramenti dovuti.
[Nel sito, tra le catechesi fondamentali (vedi), si veda in proposito quella n. 5 sulla “Chiesa Cattolica” (vedi), specie la domanda 5.4 (vedi), e quella n. 6 sulla “Vita cristiana” (vedi), specie le domande 6.4 (vedi) e 6.5 (vedi). Sul Sacramento della Confessione c’è poi un particolare aiuto (vedi), così come sulla Eucaristia e la S. Messa (vedi)]
Senza i Sacramenti non può esserci autentica vita cristiana
Se riducessimo il cristianesimo ad una religione tra le tante (e sarebbe blasfemo ed apostata farlo, perché si negherebbe o si relativizzerebbe l’Incarnazione e la Redenzione operata da Cristo con la Sua croce e risurrezione!), magari disponibili alla “massonica” fratellanza universale, senza differenze di religioni, o riducessimo ancora l’essere cristiani ad un generico essere “brave persone” che non fanno del male a nessuno, allora ovviamente non si capirebbe perché i Sacramenti, istituiti da Cristo, sarebbero necessari per la vita cristiana e per la nostra e altrui salvezza eterna. Ma se invece crediamo in Gesù Cristo come unico Dio fatto uomo, seconda persona della SS.ma Trinità, incarnato, morto in Croce e risorto per la nostra salvezza, e quindi la Sua Parola come Verità assoluta (appunto perché divina), se cioè siamo nella fede vera, allora è impensabile e gravissimo non obbedire al Suo comando e non raccogliere il Suo dono infinito d’amore, con cui appunto ci salva, cioè rifiutare i Sacramenti.
Dunque la fede autentica (in Cristo) non può essere separata dal Battesimo e dagli altri Sacramenti che Cristo ha istituito per la nostra salvezza (come abbiamo sopra ricordato).
Oltre all’autentico Vangelo, all’intero Nuovo Testamento (Sacra Scrittura rettamente tramandata e interpretata dalla Chiesa Cattolica), alla fede apostolica, alla Tradizione perenne della Chiesa e al supremo e perenne Magistero di tutti i Pontefici, basterebbe peraltro anche solo ricordare l’ultimo solenne e decisivo “mandato” (cioè “missione”) che Gesù risorto affida alla Chiesa di tutti i tempi e luoghi, fino alla fine del mondo e per la salvezza di tutti gli uomini: “Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato” (Mc 16,15-16).
E’ dunque evidente che non si possa scindere il binomio fede (credere in Cristo, al Vangelo) e Sacramenti (in primis il Santo Battesimo).
Per questo, come abbiamo già ricordato, per le nostre stesse singole anime la Chiesa Cattolica è nostra Maestra (ci insegna indefettibilmente l’autentica fede) e nostra Madre (ci genera alla vita divina ed eterna mediante il Battesimo e tutti i Sacramenti).
Da ciò si comprende pure come la purtroppo assai diffusa espressione “credente non praticante” – che sta ad indicare non tanto la consapevolezza di essere in peccato perché si vive senza Sacramenti (ad esempio senza la S. Messa domenicale), ma proprio il considerarli accessori, facoltativi o inutili! – costituisca un vero e proprio controsenso (in Chi credo allora? in quale Cristo? o si considera ancora la fede come un vago credere in una divinità generica o addirittura in “qualcosa” di superiore che magari forse ci sarà?), oltre che una chiara disobbedienza a Cristo stesso e quindi manifestando di fatto una non-fede in Cristo (oltre a dissentire a quello che i cristiani in duemila anni hanno sempre considerato, in obbedienza a Cristo e alla Chiesa, il centro della vita). Perché se Gesù è Dio allora per definizione stessa appunto non si sbaglia in quello che dice e comanda (vedi quanto Gesù dice sulla necessità dell’Eucaristia, da ricevere assai spesso e non solo nella Prima Comunione), allora non posso pensarla diversamente e devo sforzarmi di obbedire alla Sua legge. Semmai, se avessi dubbi su alcune questioni di fede o di morale (e in genere si tratta spesso di ignoranza), devo approfondire e cercare di capire sempre meglio (e ovviamente di vivere di conseguenza) [infatti la fede cristiana, pur superando le nostre capacità, è anche ragionevole, ha cioè i suoi “perché” e le sue spiegazioni valide. Si vedano in tal senso anche nelle nostre catechesi fondamentali (vedi), formulate sinteticamente in domande e risposte, anche in riferimento alle questioni e ai dubbi più comuni].
Dice infatti il Signore Gesù: “Io sono la Via, la verità e la Vita” (Gv 14,6), “Io sono la porta” per poter entrare nell’eternità di Dio (cfr. Gv 10,1-18), e “chi mangia la mia carne ha la vita eterna” (Gv 6,47-58). Non si tratta dunque di optional! Così, obbedire a Dio stesso in tutto (o almeno sforzarsi di farlo, confessando poi presto i propri peccati quando abbiamo invece disobbedito a Lui, anche in questo non riceverlo e non incontrarlo nei Sacramenti) non può assolutamente significare essere esagerati o “bigotti”. Non è appunto “opzionale” o da esagerati e bigotti ad esempio andare a Messa tutte le domeniche e confessarsi spesso; o decidersi di sposarsi col sacramento del Matrimonio (se ci sono ovviamente nell’anima le dovute condizioni), come appunto Dio comanda, invece di decidere di “convivere” e di continuare in questo peccaminoso stato di vita. Insomma, non è da esagerati cercare di non fare peccati (e di pregare molto, anche per evitarli) e “amare Dio con tutto se stessi”. Gesù conferma che “amare Dio con tutto se stessi” è il Comandamento più importante (cfr. Mc 12,28-20), ma amare Dio si concretizza anzitutto nell’osservare i Suoi comandamenti (cfr. Gv 14,21.23-24).
E’ in gioco la nostra stessa salvezza eterna [vedi in proposito, nelle Catechesi fondamentali, la questione 5.4].
Diversa invece è la questione se uno non per colpa propria è ancora all’oscuro di questa necessità, rivelataci e donataci da Cristo stesso, o perché è vissuto prima di Cristo o perché non è ancora stato raggiunto dall’evangelizzazione. In tal caso, in via “straordinaria” e sempre per i meriti di Cristo (unico Redentore dell’uomo), Dio potrebbe salvare tale persona se avesse almeno obbedito alla legge morale inscritta già nella coscienza di ogni uomo [sempre nelle Catechesi fondamentali, vedi ad esempio la questione 4.12 e la questione 6.4 vedi].
La vita cristiana non si riduce però ai Sacramenti. Occorre anzitutto l’autentica fede!
Se è vero che non può esserci reale vita cristiana (partecipazione alla vita divina e salvezza eterna) senza i Sacramenti, è però altrettanto vero che la vita cristiana non si riduce ai Sacramenti.
Occorre prestare molta attenzione a questo punto, anche e specialmente in Italia, perché se è vero che oggi siamo di fronte ad una scristianizzazione e ad un’apostasia dal cristianesimo senza precedenti, però è ancora vero che, nonostante tutto, la richiesta dei Sacramenti (specialmente quelli che si riferiscono ai bambini) è ancora molto alta, anche se in continua diminuzione. Occorre quindi valorizzare al massimo questa richiesta, che è una residuale occasione di grazia invece già tramontata anche in molti Paesi europei; ma non bisogna per nulla indulgere ad un “minimalismo” (accettare tutto e tutti, senza neppure proporre un vero cammino di fede) che può inizialmente accontentare ancora i cosiddetti “fedeli” (o parrocchiani o semplicemente richiedenti), ma che in realtà, oltre a tradire gravemente le loro anime, non fa che ritardare e ormai di poco il loro allontanamento (molte volte basta infatti che l’andazzo generale o persino certi leader pubblici facciano altre scelte perché anch’essi le facciano)!
Occorre cioè che i Sacramenti siano collocati, proposti e conferiti dentro un cammino di fede, da proporre certo con pazienza e misericordia ma non certo abbandonando nell’ignoranza dei suoi stessi fondamenti e tanto meno facendo credere che il “discernimento” e il cosiddetto “accompagnamento pastorale” sia frainteso o compreso come un silenzio e perfino un tradimento della Verità, dell’autentica Dottrina, che non è né un macigno né dei “sassi da lanciare” (come si sente purtroppo dire), ma la condizione stessa della loro salvezza, quindi come espressione più alta ed autentica di carità (cfr. Gv 8,32; cfr. pure Gv 12,9). Mentre un indulgere alla menzogna, al peccato, alla mentalità dominante, è realmente abbandonare i fedeli sotto il macigno di Satana e della dannazione eterna!
Occorre dunque che ci sia un rapporto stretto e fecondo tra Sacramenti e fede, e che tale fede non sia generica e vaga, ma doverosamente si allarghi ad illuminare tutti i campi della vita, personale, familiare e persino sociale.
Proprio a fronte di una situazione sociale ed ecclesiale cha andava già fortemente e inesorabilmente impoverendosi e crollando, ormai anche in Italia, già negli anni ’70 del secolo scorso, i Vescovi italiani (CEI) pensarono ad un programma pastorale decennale (appunto dal 1970 al 1979) significativamente intitolato “Evangelizzazione e sacramenti”, cadenzando di anno in anno, anche con appositi documenti, l’analisi di ogni singolo Sacramento e la proposta di un cammino di fede corrispondente. In quegli anni non stava ancora venendo meno la richiesta dei Sacramenti, almeno non platealmente come oggi, ma era già abbondantemente venuta meno, e sempre più, la vera fede cristiana!
Se è dunque vero che non è possibile una vera vita e fede cristiana senza Sacramenti, è altrettanto vero che proprio i Sacramenti rimangono sostanzialmente “infruttuosi”, e talora non sarebbero nemmeno più leciti, al di fuori di un vero cammino di fede.
Perché è certamente vero che i Sacramenti, proprio per la particolare grazia divina che conferiscono, possono donare e continuamente aumentare la fede; ma è altrettanto vero che senza la fede, senza una reale scoperta ed un progressivo cammino di fede, cioè di un reale rapporto col Cristo vivo e vero, tale “grazia” rimane sostanzialmente soffocata, fino a morire, da una vita senza fede e lontana dalla conoscenza stessa della Parola e della volontà divine. Come appunto un buon seme, per usare le parole stesse di Gesù, caduto in un terreno arido o soffocato dalle spine (cfr. Mt 13,3-8 e 18-23).
Si tratta però, e anche questo non va dato assolutamente per scontato (anche in Italia), di conoscere più in profondità l’autentica fede, che non si limita affatto a qualche generica idea religiosa o morale, ma si riferisce all’intera volontà divina (espressa in Cristo, nel Vangelo e in tutta la Sacra Scrittura, e donata e autenticamente interpretata attraverso gli insegnamenti ufficiali e autentici della Chiesa cattolica, nella sua bimillenaria Tradizione e nel suo perenne Magistero) e che abbraccia tutti gli aspetti della vita (vedi il Credo e il Catechismo della Chiesa Cattolica)!
[Vedi nel sito le Catechesi fondamentali nella sezione “Un aiuto per capire la fede”]
Una fede vaga, fondamentalmente ignorante dei suoi contenuti (e della stessa Rivelazione divina, come se cioè Dio non avesse parlato e non si fosse addirittura incarnato in Cristo!), una fede vissuta “a modo proprio”, e che non abbraccia tutti gli aspetti della vita, fondamentalmente corre il serio rischio di perdersi (come infatti avviene oggi in molti, pur battezzati nella Chiesa Cattolica) e di far perdere la salvezza eterna (secondo le parole stesse di Gesù: cfr. Mt 28,20; Mc 16,15-16; ma anche Gv 6,47.50-51.53-54).
In fondo “una fede fai da te” potrebbe essere per l’anima persino più insidiosa dell’ateismo stesso, perché l’ateismo radicale, se è coerente con se stesso, abbandona poi inevitabilmente in un vuoto spaventoso che sostanzialmente divora e poi “annichilisce” il significato di ogni cosa (vedi la News “Dio è morto!”), per cui può paradossalmente risvegliare la fame di Dio e persino riaccendere, per grazia, il desiderio di una sincera e profonda conversione (come avviene infatti in non poche persone, anche tra i giovani!). Mentre una fede vaga e sostanzialmente non solo povera ma persino falsa, potrebbe illudere di essere ancora “credenti” e in certe circostanze penose della vita potrebbe anche risultare “consolante”; ma in realtà, proprio perché una fede non corrisponde al vero, condurrebbe ugualmente alla dannazione eterna.
Nota sull’apostasia dell’Europa occidentale
Nella generale e gravissima (di fronte a Dio stesso!) apostasia dal cristianesimo, che affligge oggi soprattutto l’Europa occidentale (vedi) – continente che è invece stato per quasi due millenni culla e promotore della fede e della civiltà cristiana nel mondo intero e che oggi sostanzialmente la rifiuta, apparentemente in modo morbido o col pretesto della “laicità” dello Stato e delle Istituzioni ma che in realtà talora non riesce più a celare il suo livore anticattolico, specie quando la fede non accetta di farsi ridurre solo nell’ambito della coscienza o tuttalpiù della sfera privata, o incasellare nel relativismo dominante, come un’opinione tra le tante, ma laddove è ancora in grado di annunciare i veri contenuti di fede e di morale come autentico bene dell’uomo – le anime corrono il serio rischio di perdersi, quasi senza neppure accorgersene e la società di sprofondare in un vuoto spaventoso, che attanaglia specie le nuove generazioni (vedi; mentre nel frattempo molte di loro sono già divenute ampiamente adulte e spesso interiormente, spiritualmente e moralmente decrepite).
Non dimentichiamo che l’apostasia pone, di fronte a Dio stesso (cui dovremo un giorno tutti rendere eternamente conto!), in una situazione peggiore di chi invece non è ancora stato raggiunto dall’annuncio del Vangelo e potrebbe in via eccezionale e sempre per i meriti di Cristo essere giustificato (come abbiamo già sopra ricordato, vedi questione 4.12]
[Sulla situazione dell’Europa occidentale, vedi appunto la 6^ Parte del documento “Quale Chiesa?”]
In questo quadro esistenziale e sociale che costituisce ormai un desolante “deserto spirituale” (specie appunto delle nuove generazioni ma ormai non più solo loro), dove impera incontrastato un distruttivo materialismo-edonismo senza più limiti (che pretende di chiamare “diritti” anche i “peccati” più gravi!) – un vuoto che sempre più in Europa occidentale è persino rimpiazzato da una montante e assai determinata presenza musulmana (talora persino violenta e intransigente) – talora fioriscono, come abbiamo molte volte ricordato, pure straordinari fiori di grazia, anche a livello giovanile (vedi ad esempio in Francia; si pensi anche alla crescente e devota partecipazione di decine di migliaia di giovani, in genere legati al mondo della Tradizione e alla perenne liturgia, all’annuale pellegrinaggio a piedi da Parigi a Chartres vedi, leggi).
Però ormai pure in Italia assistiamo, anche a livello statistico (vedi ad esempio alcuni dati riportati alla fine di questa News), ad un incalzante e terrificante abbandono dei Sacramenti e della stessa fede e vita cristiana (e ricordiamo che, contrariamente a ciò che la cultura dominante vuol far credere, non si tratta di opinioni o credenze ma di perdere la salvezza eterna!) e ad una spaventosa ignoranza religiosa (tra l’altro paradossalmente concomitante con la crescita dell’istruzione media), che attanaglia in modo drammatico specie le nuove generazioni (vedi la News sulla “Emergenza educativa”), che paiono come interiormente anestetizzate così da non porsi neppure più la questione religiosa; ma ha raggiunto ormai anche la grande maggioranza degli adulti, persino in coloro che si autodefiniscono ancora “credenti” e addirittura tra gli stessi “praticanti”. Così, in una News dello scorso anno (vedi), che presentava peraltro dei dati statistici eloquenti, drammatici ed inequivocabili (ripresi in fondo alla presente News), abbiamo osservato che, se la stragrande maggioranza dei cittadini italiani sono ancora “battezzati” nella Chiesa cattolica, è enorme la percentuale di coloro che si definiscono “credenti non praticanti”, cioè non frequentano la Chiesa (né va a Messa né tanto meno si confessa regolarmente); inoltre, e il dato è ancora più sconvolgente, anche tra coloro che si definiscono e sono credenti “praticanti” (invece una minoranza sempre più ristretta degli Italiani), di fatto potrebbero essi stessi essere definiti “non credenti”, visti i contenuti assai vaghi della loro fede e persino il loro esplicito dissenso su fondamentali questioni di morale cattolica per non dire di Dottrina sociale della Chiesa.
In questo desolante quadro, appunto ormai anche italiano, di progressivo abbandono della fede, ma prima ancora di un’ormai quasi assoluta “ignoranza” (persino non consapevole) dei contenuti della fede stessa – provocato certamente da una cultura (quindi anche attraverso le scuole e gli strumenti di comunicazione sociale) anticattolica violentemente imposta all’Italia già dal Risorgimento (vedi sotto) – continuare ad andare incontro, senza assumersi alcuna responsabilità, alla sempre più residuale richiesta di Sacramenti (specie quelli dei bambini, quasi per un’inerzia di abitudini sociali e familiari, assai spesso come pura esteriorità e contraddetti la stessa settimana successiva dalla loro ricezione), può essere difficilmente ancora sostenibile e avere un futuro.
Visto che appunto la questione principale non è più cercare di andar incontro alla residuale richiesta di Sacramenti – tenendo tra l’altro presente che già ora, specie riguardo alla S. Messa domenicale, anche in Italia si fa ormai fatica a garantirla in tutte le Parrocchie (e non serve neppure pensare a Liturgie diverse e con altri Ministri o operatori pastorali, creando spesso enorme confusione persino in coloro che vi partecipano, come abbiamo osservato nella News precedente vedi nel paragrafo dedicato appunto al problema pastorale delle “piccole parrocchie”) – ma di porre in atto davvero una nuova evangelizzazione (quasi come dovessimo ricominciare da capo, ma ovviamente con i contenuti di fede di sempre!) e di privilegiare le sedi più opportune e potenzialmente feconde per farlo, come quelle dove le persone di fatto vivono o comunicano e soprattutto le nuove generazioni si formano, ‘in primis’ le scuole, le università, il mondo militare e persino certe realtà sportive, oltre alle realtà del mondo ospedaliero (realtà dove peraltro è ancora garantita una possibilità di presenza cattolica, o persino di cappellani, ma dove non si investono forse le energie migliori, per usare un eufemismo). Del resto Gesù stesso parlava nelle sinagoghe ma assai spesso per le strade e perfino laddove passavano quelle più importanti, come l’incrocio decisivo di Cafarnao, Gerico e ovviamente a Gerusalemme.
Si tenga poi presente che il problema non è tanto quello di inventare nuove strategie, ma di proporre con verità gli autentici contenuti della fede cristiana. Tra l’altro, laddove questo viene fatto, non mancano pure frutti assai abbondanti e significativi, anche nelle nuove generazioni e nelle situazioni più difficili (persino nella laicissima Francia, vedi appunto gli esempi visibili sui link in fondo a questo documento più volte citato).
Risulta invece impressionante osservare come, nella quantità enorme di iniziative, energie, spese e tempo impiegata per parlare di queste organizzazioni e strategie pastorali (che spesso consumano fino all’esaurimento persino le residuali forze stesse dei cosiddetti “operatori pastorali”, dai sacerdoti ai vescovi fino all’ultimo laico cattolico impegnato in parrocchia o nelle associazioni cattoliche), assai spesso è proprio la fede che viene da un lato data per scontata e dall’altro persino taciuta se non adulterata (talora con vere e proprie eresie, fino addirittura all’apostasia)! [circa gli equivoci e la dissipazione delle forze residuali di coloro che sono considerati i cristiani più impegnati “pastoralmente” vogliamo di nuovo suggerire l’ascolto di questa importante conferenza del 1990 del card. Ratzinger (ascolta, specie ai minuti 33’/36’)].
Il “caso Italia”
L’obiettivo di distruggere la fede cattolica e le radici cristiane dell’Europa e dell’intero Occidente, che si erano già prefissi l’Illuminismo e la Modernità con le sue rivoluzioni (vedi), come in Italia soprattutto il Risorgimento, in genere sempre sotto la guida della Massoneria, non solo non è venuto meno ma ha raggiunto più che mai i vertici istituzionali (basterebbe pensare alla UE) e, almeno così pensano, della Chiesa stessa. A ben vedere, se ciò assume i connotati persino di uno scontro apocalittico, anche a livello culturale ed esistenziale rappresenta invece una sorta di “suicidio” dell’Occidente, giunto a vergognarsi di se stesso e della propria storia e a rinunciare alla propria identità (fondamentalmente cristiana). Ne fanno corollario perfino quelle nuove forme ideologiche, certamente sostenute e promosse dai “poteri forti”, quali la Cancel culture, quella Woke (negli USA con tanto di militanza Black Lives Matter); ma ne è un segno eloquente pure l’irrazionale promozione (in ambito cattolico mascherata persino come carità) di un immigrazionismo selvaggio, al fine di creare non solo nuove forme di schiavitù ma soprattutto di mescolare e appunto annientare ogni identità culturale e religiosa (anche se in genere i musulmani la mantengono con orgoglio e dove possono persino già la impongono con forza). Tutto ciò mentre le grandi “Democrazie occidentali” non si accorgono della pericolosità del loro vuoto interiore e morale, che potrebbe portarle al tracollo morale, e neppure percepiscono che non possono più “farla da padroni” nel pianeta (vedi una News in proposito).
L’Italia costituiva appunto un caso particolare, assai arduo da conquistare da parte di questo potere anticattolico, ma il più ambito, proprio per il suo valore simbolico, in quanto si tratta dello stesso centro mondiale dalla Cattolicità (che nel mondo conta circa 1,4 miliardi di fedeli) e per la presenza viva del Capo della Chiesa Cattolica (il Papa), quindi oggettivamente e numericamente l’autorità morale e spirituale più importante del pianeta (anche perché le altre Religioni e Confessioni non hanno un unico leader mondiale a guidarle).
Infatti nessuno nella storia era riuscito a distruggere l’identità cattolica del “Bel Paese”, nonostante i molti tentativi posti in atto e la presenza e influenza nel suo territorio di molti potentati stranieri. Non ci riuscirono i musulmani, che pur tentarono molte volte di raggiungerla e occuparla (come avevano fatto nella penisola iberica e nella regione dei Balcani), sia con le loro flotte [v. i Saraceni e soprattutto con la battaglia navale di Lepanto (1571)] che con i loro potenti eserciti [v. le battaglie di Belgrado (1717) e di Vienna (1683)], battaglie miracolosamente vinte dalle forze cristiane. All’interno dello stesso mondo cristiano non ci riuscì la Riforma protestante, che non riuscì a penetrare nel nostro Paese. Non ci riuscì neppure la Rivoluzione francese, che pur fece sentire un poco la sua influenza nel settentrione. Alla fine, nonostante la violenta invasione, non ci riuscì neppure Napoleone (che nel 1809 giunse addirittura a rapire il Papa Pio VII, portarlo a Parigi e poi di fatto imprigionarlo a Fontainebleau fino al 1814, quando ormai Napoleone era alla fine del suo potere e dei suoi giorni e il Papa poté tornare a Roma acclamato dal popolo in festa). Quando invece il Risorgimento, a guida del Piemonte e sostenuto dalle forze massoniche anticattoliche anche inglesi (vedi dossier e vedi documento), riuscì ad occupare l’Italia, col pretesto di unificarla, e giunse addirittura ad invadere Roma (1870), il gioco della distruzione o quanto meno emarginazione della Chiesa e della fede cattolica e della fede, sembrava fatto, almeno a livello di potere politico. Si accorsero però, secondo la nota espressione attribuita a Massimo d’Azeglio, che “fatta l’Italia” (quella appunto che volevano lorsignori) restava un compito ancora più arduo, quello di “fare gli Italiani” (che, al di là della propaganda risorgimentale, volevano restare cattolici). Oltre ai centri di potere politico, economico e culturale (al cui accesso i Cattolici erano di fatto interdetti) furono appunto i libri, i nuovi giornali (e in seguito i nuovi sistemi di comunicazione di massa) a tentare l’impresa (di cambiare la testa e la coscienza degli Italiani), così come dovevano essere atte allo scopo (di indottrinare alle nuove ideologie liberal-massoniche) le nuovo scuole di Stato (pensiamo al “tempio” romano del Ministero della Pubblica Istruzione) e persino, per i giovani maschi, la nuova invasiva “leva militare” (che sottraeva, all’inizio anche per anni, alle famiglie e quindi anche al lavoro le forze più giovani e vive del Paese), fino portarli poi alla “inutile strage” della Prima Guerra Mondiale (dove morirono almeno 600.000 di loro e lasciandone mutilati altri 500.000), come in seguito alla Seconda Guerra Mondiale. Anche il Fascismo, nonostante i Patti Lateranensi e il Concordato e un’apparente non ostilità, proprio sulla questione della formazione dei giovani conobbe lo scontro più duro con la Chiesa.
Invece, dal secondo dopoguerra, per uno strano connubio di forze culturali e politiche, solo apparentemente antagoniste, da un lato di stampo liberal-massonico ed edonista (fortemente promosso dagli USA, che erano stati i vincitori e i liberatori) e dall’altro di stampo marxista (per l’incidenza del più grande Partito Comunista dell’Occidente, dotato di una superba capacità organizzativa sul territorio e lautamente sostenuto da Mosca), condussero la Chiesa Cattolica, nonostante gli oltre 40 anni di governi a guida democristiana, a perdere sempre più incidenza culturale e capacità formativa delle nuove generazioni. Così si giunse al fatidico ‘68 , dove improvvisamente si evidenziò che il mondo non solo operaio ma giovanile e studentesco (persino quello che frequentava le scuole e università cattoliche!) era ormai quasi totalmente estraneo e persino fortemente ostile alla Chiesa (che tra l’altro proprio in quegli anni era sottoposta alla tempesta post-conciliare, che voleva contestare tutto e ripudiare il proprio bimillenario passato; e in ciò non mancarono certo gli influssi di “poteri forti”, penetrati da tempo all’interno stesso della Chiesa). In tale tumultuoso contesto ebbe poi facile gioco, trattandosi poi del mondo giovanile, la “rivoluzione sessuale” (vedi; qualcuno dice ironicamente “l’unica rivoluzione veramente riuscita”!), che, sostenuta appunto sia dall’edonismo americano quanto dal potere culturale della Sinistra (ben conscia che in questo modo si potevano facilmente sottrarre i giovani dalla Chiesa), condusse di fatto specie le nuove generazioni all’abbandono della Chiesa e della fede cattolica o ad una sua paradossale riduzione ad un generico impegnarsi per gli altri (poi spesso secondo logiche appunto marxiste) che conquistò e poi svuotò gli stessi ambienti giovanili cattolici.
Ecco perché anche in Italia, pur centro della cristianità, negli ultimi decenni siamo andati progressivamente incontro da un lato all’abbandono della Chiesa e della fede (nonostante la sostanziale ma estemporanea richiesta dei Sacramenti, specie dell’infanzia) e dall’altro, fatto ancor più inquietante, all’ignoranza di cosa sia davvero la fede anche in coloro (ormai super-minoranza) che ancora frequentano la Chiesa.
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Come sappiamo, o dovremmo sapere, al di là delle logiche mondane, culturali e di potere, è sempre più evidente che la in genere silente battaglia in atto non sia solo a questo livello, ma rifletta uno scontro ben più profondo, radicale, spirituale e persino preternaturale, tra la “Donna” e il “Drago” (vedi Ap 12 e segg.), che potrebbe persino preludere a quello decisivo, finale e appunto apocalittico (cfr. pure il Catechismo della Chiesa Cattolica al n. 675: vedi).
La Chiesa negli ultimi decenni
Che “la questione principale” fosse quella della fede, e soprattutto della mancanza di autentici contenuti cristiani di fede e di morale persino tra gli stessi Cattolici, emerse già chiaramente nel pontificato di Paolo VI, specie nell’ultimo suo decennio*; così come tale preoccupazione fu fin dall’inizio al centro del pontificato di Giovanni Paolo II (un pontificato anche itinerante che lo portò in tutto il mondo, facendosi egli stesso instancabile missionario), che intersecò peraltro il Grande Giubileo del 2000 (si veda in proposito il decisivo documento Dominus Jesus, da lui voluto proprio in occasione del 2000 e tanto avversato dagli stessi ambienti cattolici, anche altolocati!) e l’inizio del III Millennio cristiano (vedi la Lettera apostolica Novo Millennio Ineunte, che significativamente e profeticamente individuava, come programma pastorale del nuovo millennio cristiano, nientemeno che un richiamo urgente alla “santità”). Inutile poi ricordare come tutto il pontificato e l’altissimo magistero di Benedetto XVI fosse tutto incentrato sulla questione della vera fede, che peraltro scaturisce da una vera Liturgia (lex orandi, lex credendi) [in tal senso, sulla coraggiosa scelta del Motu proprio Summorum Pontificum (vedi) abbiamo già fatto accenno sopra], fino ad indire un intero Anno della fede, significativamente posto proprio a cavallo tra il 2012 e il 2013 (durante il quale è successo quanto sappiamo)!
* È fuor di dubbio che negli ultimi 10 anni del suo Pontificato (1968-1978), il Papa Paolo VI, che pur aveva di fatto condotto e portato a termine il Concilio Vaticano II (perché Giovanni XXIII che lo indisse e iniziò l’11.10.1962, perfino sperando di concluderlo entro il successivo Natale ascolta, morì il 3.06.1963 quando il Concilio non aveva ancora prodotto neppure un documento ed era anzi subito entrato in una tumultuosa e concitata fase, concludendosi poi molto dopo, l’8.12.1965), visse un profondo turbamento interiore, nemmeno troppo celato, per quanto stava emergendo nella Chiesa del post-Concilio, così da fargli pubblicamente esternare (omelia della solenne S. Messa dei SS. Pietro e Paolo del 1972, vedi) come al posto della sperata “primavera della Chiesa” ci si fosse invece trovati immersi in una grande “tempesta”, a tal punto da pensare che lo stesso “fumo di Satana” si fosse infiltrato attraverso qualche fessura all’interno stesso della Chiesa! Ricordiamo tra l’altro che la sua ultima Enciclica Humanae Vitae (vedi; pubblicata nel 1968, dopodiché nei rimanenti 10 anni del suo pontificato non ne volle più scrivere neppure una vedi) conobbe una feroce contestazione dall’interno stesso della Chiesa e persino da parte di interi Episcopati [sul suo laconico e profetico pensiero circa l’attuale situazione della Chiesa, confidato all’amico e accademico francese J. Guitton, vedi l’esatta citazione al termine di questa News].
Quale fede?
Evidentemente, parlando del necessario rapporto tra “Fede e Sacramenti” (su cui qui soffermiamo la nostra attenzione), così che la fede non si risolva in un’adesione solo intellettuale o moralistica e i Sacramenti non si riducano ad una sorta di riti magici, sarebbe necessario approfondire quali siano le caratteristiche della vera fede. Soprattutto tenendo presente che oggi, anche in coloro che di autodefiniscono “credenti”, spesso si tratta di una fede generica, soggettiva, “fai da te”. Tant’è vero che, come abbiamo già sottolineato, esiste appunto già una sproporzione enorme tra i sedicenti “credenti” e i cosiddetti “praticanti”; quando invece partecipare alla S. Messa tutte le domeniche e confessarsi di frequente è un grave obbligo morale, nel senso di una fondamentale legge divina; inoltre l’Eucaristia è il dono più grande che Cristo ci ha lasciato, a prezzo della Sua Croce e necessario per la nostra salvezza, e che rende Nostro Signore realmente presente e si fa addirittura nostro cibo (se siamo in grazia di Dio), come condizione per accedere alla vita eterna (cfr. Gv 6,53-54)!
[Nel sito vedi tutta la sezione, logicamente consequenziale dal primo numero all’ultimo, intitolata “Un aiuto per capire la fede” e che costituiscono appunto le catechesi fondamentali, cioè quelle sulle questioni di fondo]
La fede è l’adesione dell’intelletto e della volontà alla Verità pienamente rivelata in Cristo (Logos) e autenticamente tramandata dalla Chiesa Cattolica.
Non si tratta appunto di un vago “senso religioso” o della credenza in una qualsiasi presunta divinità, ma di credere, seguire, obbedire e amare, l’unico e vero Dio (SS.ma Trinità), seguendo e amando con tutto se stessi l’unico Salvatore (Gesù Cristo) e obbedendo alla Sua Parola (Verità assoluta).
Inoltre, spesso anche quella diffusa tiepidezza religiosa, senza alcun entusiasmo interiore e conseguente capacità di missione, cioè di trasmettere la fede agli altri (talvolta neppure ai più vicini e persino in famiglia!), che attanaglia e rende sterile e vuota anche la vita di molti cattolici adulti, è proprio causata da un’insopportabile ignoranza dei veri contenuti della fede e della morale [per non parlare della stessa Bibbia (persino del Nuovo Testamento e talora degli stessi Vangeli, vedi), del Catechismo della Chiesa Cattolica (vedi) e dei documenti del Magistero, come della Liturgia, della spiritualità cristiana, della vita dei Santi (vedi)]. Insomma, anche per moltissimi adulti cattolici italiani, la fede, se ancora c’è, è rimasta a livello infantile (oggi sempre più neppure quella, perché anche i bambini non sanno in genere praticamente più nulla della fede).
Poiché la fede non si riduce però a verità da credere solo intellettualmente e neppure solo ad una morale da seguire, tanto meno solo ad un vago buon comportamento, ma è la sequela stessa del Risorto e partecipazione alla Sua stessa Vita, sono appunto necessari i Sacramenti, attraverso i quali Dio ci salva, cioè ci libera dal peccato e dall’inferno e ci fa partecipi della Sua vita divina ed eterna!
Fede e Sacramenti
I Sacramenti hanno certo un’efficacia oggettiva, che è dono di Dio (“grazia”, appunto gratuita) e va infinitamente al di là delle nostre capacità di comprensione e di coerenza di vita. Sono talmente “oggettivi” (ex opere operato) che non conta ad esempio neppure la bontà o meno del sacerdote che li amministra (ex opere operantis). Non sono però una sorta di “riti magici”, la cui efficacia spirituale sarebbe automaticamente legata a delle formule o azioni liturgiche. La loro efficacia, specie nel tempo, aumenta o diminuisce a seconda della fede e dello stato dell’anima di chi li riceve.
Spesso vediamo, negli stessi miracoli di Gesù (vedi), che Egli richiede la fede del destinatario perché possa operare (cfr. ad es. Mt 8,13; 9,22; 15,28; Lc 18,42), anche se poi è proprio il miracolo (e in noi il Sacramento), che talora la suscita e comunque dona una grazia particolare e un aumento stesso della fede. È però altrettanto vero, come Gesù ci ricorda con una celebre parabola (cfr. Mt 13,3-8 e 18-23), che l’efficacia della Sua grazia e del Suo dono (anche sacramentale) dipende appunto anche dal terreno che esso trova. Se non ci fossero le condizioni e disposizioni giuste, i Sacramenti potrebbero persino produrre effetti negativi (cfr. 1Cor 11,29), come del resto può fare anche un medicinale (e significativamente la stessa Eucaristia viene pure detta non solo “nutrimento” ma anche “medicina dell’anima”).
Invece, senza questo spessore di autentica fede e spiritualità cristiana (cattolica) – che come si vede non può ridursi semplicemente a fatto di coscienza, interiore e privato, tanto meno al solo aspetto cultuale, ma diventa appunto capacità di giudizio nuovo su tutto e poi anche capacità di missione – i Sacramenti, pur mantenendo oggettivamente una loro potenza, in quanto azione divina in noi, rischiano però fortemente di rimanere inefficaci, senza frutto (vedi Lc 8,4-15). Spesso, anche in Italia, diventano riti esteriori, “abitudinari”, “consuetudini” familiari e sociali (e facili poi a perdersi, se così fa la società attorno a noi), ridotti perfino a feste, se non addirittura ad una sorta appunto di “riti magici” (formule per ottenere magari delle “grazie”, cioè favori divini, e non “la grazia”, cioè la vita divina). Alla fine non ci condurrebbero neppure alla salvezza eterna (cfr. Mt 7,21)!
Fede e morale
La vita cristiana non si riduce semplicemente all’obbedienza ad una morale, tanto meno può ridursi ad un semplice comportarsi bene (essere semplicemente delle “brave persone” e “non far del male a nessuno”; cosa che tra l’altro potrebbe al limite riscontrarsi anche in una persona non credente o non praticante*). Una morale senza fede, anche se fosse giusta e completa, ridurrebbe però la vita cristiana ad un “moralismo” peraltro alla fine vuoto, pesante e spesso persino fallimentare (una logica ancora “farisaica”, come si evince dal Vangelo e tanto criticata da Gesù stesso).
Però è altrettanto vero che non può esserci una fede e neppure un ricevere i Sacramenti senza una vera morale cristiana. La morale cristiana, cioè l’obbedienza ai comandamenti divini, portati alla pienezza da Gesù, non si riduce appunto ad un bene generico, ma in una ferma volontà di voler seguire, con l’aiuto di Dio, tutti i suoi Comandamenti.
La legge di Dio non riguarda poi certo solo il culto (andare a Messa) né la morale cristiana si riduce appunto ad un generico essere brave persone e non far del male a nessuno [v. il diffuso e banale credersi a posto perché “non ammazzo” e “non rubo”; anche se poi non pochi anche di questi, visto il generale andazzo sociale, non si accorgono di peccati gravissimi, quali “avere l’amante”, fare o favorire l’aborto (un vero uccidere!) e frodare anche gravemente nel commercio (un vero rubare) o nei doveri fiscali] [nelle Catechesi fondamentali, vedi le questioni del punto 6; vedi poi l’intera sezione “Fede e morale”, come vedi pure l’aiuto per fare bene l’Esame di coscienza].
* Si tenga in proposito presente che l’espressione, spesso sentita, secondo cui “si può essere brave persone anche senza andare in chiesa” (ammesso che poi sia sempre vero, perché poi non solo un’anima ma persino un’intera società, lasciata senza Dio e la Sua grazia, diventa preda e schiava del peccato e del demonio stesso), risente già di una terribile e falsa riduzione della vita cristiana semplicemente appunto ad un essere “brave persone” (anche se poi, perdendo la consapevolezza del peccato e di quali siano i peccati, anche le cose più gravi, come appunto l’aborto, per non parlare di una vita sessuale senza regole morali, diventano per la società odierna persino dei “diritti”!), quando invece il più importante comandamento, come ricorda Gesù stesso, confermando e approfondendo la legge divina già dell’Antico Testamento (cfr. Mt 22,36-38; vedi anche tutto Mt 5) è l’amore e l’obbedienza a Dio con tutto se stessi (e basterebbe pensare ai primi 3 Comandamenti, che ne sono già una attuazione).
Fede e cultura
La vera fede cattolica, sia pur talvolta con le dovute mediazioni e con gradi diversi di responsabilità (anche sociali) e di obbligo morale (a seconda dei cosiddetti “doveri del proprio stato”, cioè delle vocazioni e dei compiti specifici della propria vita e missione), deve anche diventare cultura, cioè nuova capacità di giudizio su tutte le cose, personali e sociali (vedi nel sito l’ampia sezione “Fede e cultura”, come pure l’ampio documento sulla “Dottrina sociale della Chiesa” vedi).
Evidentemente non si tratta soprattutto o sempre di “cultura” in senso intellettuale o di possedere un elevato titolo di studio, tanto meno di possedere tutti specifiche competenze. Certo, anche questo è importante e doveroso, specie se appunto ne abbiamo le capacità o se ce lo impongono i particolari compiti e responsabilità (personali, familiari e sociali) della vita. Non è chiesto ad esempio a tutti di intendersene di una buona Teologia; ma è invece chiesto a tutti di conoscere almeno il Catechismo della Chiesa Cattolica (vedi) o almeno il suo Compendio (vedi).
Quando diciamo che la fede deve diventare cultura significa che deve diventare “mentalità”, cioè modo di vedere tutte le cose non secondo i criteri mondani ma appunto secondo la Parola di Dio e gli insegnamenti della Chiesa, cioè appunto con una mentalità di fede, che poi significa uno sguardo “vero” (significato pieno) su tutte le cose. Ascoltiamo ad esempio questa sapiente sottolineatura di Giovanni Paolo II: “una fede che non diventa cultura è una fede non pienamente accolta, non interamente pensata, non fedelmente vissuta” (vedi).
Se possibile (e se è possibile è anche doveroso) è necessario saper dare un giudizio più vero e cristiano anche sui fatti della storia e persino sull’attualità [vedi appunto nel sito la sezione “Fede e cultura”, come i Dossier (vedi), le stesse News (vedi per argomenti) e altre questioni presentate ad esempio in Archivio (vedi)].
Questa fede pensata, che conosce le sua ragioni, ha le sue prove, ma è anche capace di giudizio più vero sulle tante questioni della vita, persino della storia (non a caso la cultura anticattolica si sforza fin dalle più tenere età di instillare nella mente delle falsità storiche sulla Chiesa, così da toglierne la fiducia e poi diminuire o abolire la fede dei ragazzi) come del presente (si pensi alle innumerevoli menzogne anche sul presente della Chiesa o l’ossessiva divulgazione dei suoi scandali interni, censurando invece tutto il bene e persino la santità che c’è stata e che ancora c’è, ma sempre silenziata), questa fede pensata diventa appunto una fede più forte e dona pure una buona capacità di missione anche per gli altri. Invece una deficienza o ignoranza in merito ha un’enorme incidenza negativa non solo sulla propria anima ma sulla vita intera, provoca una tiepidezza di fede e uno scarso entusiasmo, ma anche una sorta di timidezza e persino di “complesso di inferiorità” di fronte alla mentalità dominante e al potere anticristico, riducendo o annullando la propria capacità di “missione”, che è invece un dovere primario della vita cristiana (datoci da Cristo stesso, donatoci già con la Cresima e sostenuto in noi, se vogliamo e lo preghiamo, dalla presenza attiva dello Spirito Santo).
Una visione riduttiva della religione e della fede
Come possiamo invece assai spesso constatare, persino in buone persone che magari non perdono mai una Messa, esiste nelle coscienze e nelle menti, anche appunto dei “cristiani praticanti”, una visione assai riduttiva della religione e della fede. A tal punto che non sono pochi coloro, anche tra i “praticanti”, che di fronte ad esempio ad un richiamo ad ampio raggio di che cosa comporti doverosamente un’autentica fede e morale cristiana (che magari appunto neppure conoscono), non esiterebbero a parlare persino di esagerazioni, bigottismo, integrismo e fondamentalismo religioso. Insomma, anche laddove non decada a livello esplicito di un sostanziale “fai da te”, la religione (come peraltro voleva già l’Illuminismo e vorrebbe tuttora la Massoneria) viene di fatto sostanzialmente ridotta a fatto privato, di coscienza, di culto o comunque riguardante ambiti molto ristretti della vita concreta (anche personale, per non dire sociale).
Si tenga presente, a scanso di equivoci, che non si tratta tanto o solo di una questione di incoerenza morale, cioè di una discrepanza tra fede e morale, di un non comportarsi secondo la fede professata e quindi secondo la legge di Dio (questa è purtroppo, poco o tanto, la misera condizione di tutti noi, poveri peccatori), ma proprio di ignoranza di cosa sia la fede e la morale cristiana! Cioè: non solo o non tanto non si pratica quello in cui si dice di credere, ma non si sa proprio cosa significhi davvero credere (appunto l’autentica fede e morale cristiana)!
Quanto poi tale ignoranza sia colpevole solo Dio davvero lo sa. Molte volte la responsabilità di tale ignoranza dipende in gran parte dal mancato insegnamento da parte di chi, con grande responsabilità di fronte a Dio stesso oltre che alle anime, dovrebbe darlo (gli stessi sacerdoti nei confronti dei fedeli o i genitori nei confronti dei figli, ma anche gli stessi educatori). Molte volte è invece colpa propria (che può essere anche grave, come “peccato di omissione”), cioè della propria negligenza, accidia, pigrizia, tenendo presente che l’attuale generazione, se è certo svantaggiata da un clima culturale e sociale appunto fortemente a-cristiano e anticristiano, gode però dell’enorme vantaggio di potersi documentare anche privatamente, con gradi opportunità che, a saperle cercare, sono proprio a portata di mano (e persino di clic).
Tali “peccati di omissione” nella propria formazione cristiana sono forse quelli che più incidono negativamente sul proprio cammino di fede. Non si tratta cioè di non obbedire sempre, per debolezza, a ciò che Dio dice e la vera fede insegna (questo sono i singoli peccati, di cui ovviamente pentirsi, confessarli e cercare di non commetterli più), ma proprio di una sorta di “peccato di fondo“, cioè non sapere neppure cosa Dio dice e la Chiesa insegna, ad esempio su una specifica questione, pur importante per la vita personale e sociale e persino per il nostro e altrui destino eterno.
Qualche nota sui singoli Sacramenti
A questo punto, dopo aver compiuto una discreta analisi di ciò che costituisca la vera fede cattolica e ciò che rappresentino davvero i Sacramenti, compiamo qualche rapida riflessione sui singoli Sacramenti, corredata da qualche dato dell’attuale drammatica situazione, specie italiana.
Ovviamente non torneremo sul Sacramento dell’Ordine (nei suoi tre gradi), cui abbiamo dedicato tutta la corposa News/catechesi precedente (vedi), e dove peraltro abbiamo già compiuto delle riflessioni anche sull’Eucaristia (sulla celebrazione della S. Messa, sulla distribuzione della S. Comunione, sul servizio all’altare, anche facendo riferimento ad alcuni nuovi e gravi problemi che peraltro non sono solo pastorali, ma liturgici, persino teologici e dottrinali).
Terremo appunto qui uno sguardo soprattutto sulla situazione italiana, non solo perché è il nostro Paese e la Chiesa che qui vive e a cui apparteniamo, ma proprio perché l’Italia e la Chiesa italiana, essendo il centro mondiale della Cattolicità, riveste un ruolo tutto particolare per la vita della Chiesa universale, quindi anche con una particolare responsabilità di esempio per il mondo intero. Il crollo della fede in Italia (e soprattutto a Roma!) rappresenterebbe infatti un segno apocalittico per la Chiesa universale e per l’intera umanità (e non mancano in proposito anche delle importanti profezie, pure in mistici e apparizioni mariane riconosciuti come autentici dalla Chiesa).
[Sull’attuale situazione della fede in Italia vedi la News del 21.08.2023]
Ecco dunque solo qualche osservazione su come spesso si vivono i singoli Sacramenti, specie appunto in riferimento alla situazione italiana.
Battesimo
Iniziazione cristiana degli adulti
Quando una persona adulta non battezzata si converte all’autentica fede cristiana e vuole entrare pienamente nella vita divina e nella vita della Chiesa, al fine della propria santificazione e della salvezza della propria anima, compie, con la guida e la garanzia della Chiesa Cattolica, un non breve cammino di progressiva conoscenza (catechesi) dei contenuti della fede cristiana cattolica, che deve già essere contrassegnato anche nella vita personale da progressivi segni di conversione, di obbedienza a Dio e alla Sua legge e di abbandono della vita di peccato. Tale cammino, che può durare anche anni, si chiama ufficialmente Catecumenato e prevede anche liturgicamente dei passi concreti da porre progressivamente in atto. Per avere la forza già soprannaturale di compiere questo cammino e conseguentemente per combattere Satana (che in tutti i modi cerca di evitarlo, per tenerci in suo potere e portarci con lui all’inferno) e i peccati che ancora rendono a lui schiavi, c’è addirittura una “unzione” con uno specifico “olio santo” (consacrato dal vescovo il Giovedì Santo, insieme agli altri due olii santi e che per questo si chiama S. Messa “del crisma”), che si chiama infatti “olio dei catecumeni” (con cui si unge il corpo del catecumeno, in genere solo il petto; si fa questa prima unzione sacra anche all’inizio del Battesimo dei piccoli). In questo caso lo specifico olio santo indica e dona proprio la forza spirituale per il buon combattimento della fede (come venivano unti i soldati prima delle battaglie, per riceverne vigore muscolare). In questo cammino il catecumeno è sostenuto anche dal Padrino o Madrina, oltre che dal sacerdote e da tutta la comunità cristiana. Il catecumeno può già partecipare alla Liturgia della Parola (prima parte della S. Messa) ma non ancora alla Liturgia eucaristica, non essendo appunto ancora battezzato. Non a caso gli storici e spesso gloriosi (anche artisticamente) Battisteri sono posti fuori, davanti alla porta della chiesa (poi posti in genere in fondo alla chiesa).
L’ultima preparazione prossima alla propria “Iniziazione cristiana” è in genere corrispondente alla Quaresima (la cui liturgia ha questa caratterizzazione “battesimale”, con apposite preghiere e Letture bibliche, che per i già battezzati è invece tempo penitenziale cioè di conversione, di riscoperta e approfondimento del proprio Battesimo), con appositi Riti.
L’Iniziazione cristiana di un adulto, cioè il suo ingresso nella vita divina e nella salvezza eterna, si compie – preferibilmente nella “Veglia pasquale”, centro di tutto l’anno liturgico e che ha chiaramente proprio anche questa caratteristica battesimale (dopo la “Liturgia della luce” e quella lunga della “Liturgia della Parola”, prima della “Liturgia Eucaristica”, che è sempre il culmine di tutto, c’è appunto la “Liturgia battesimale”, che, anche laddove non ci fossero Battesimi, richiede a tutti i fedeli presenti di rinnovare le “promesse” e le “rinunce” del proprio Battesimo) – con i tre Sacramenti detti appunto dell’Iniziazione cristiana e che sono il Battesimo, che toglie il “peccato originale” e tutti i peccati personali, la Cresima (con l’olio santo del Crisma, principale olio santo, che indica consacrazione a Cristo e realizza una particolare effusione dello Spirito Santo) – entrambi con l’assistenza fisica e spirituale del Padrino/Madrina – e soprattutto l’Eucaristia, cioè ricevendo il Santissimo Corpo (e Sangue) di Cristo risorto! I “neofiti”, cioè i neo-battezzati, vengono pure rivestiti con una significativa “veste bianca”, segno della loro anima rinnovata e dell’altissima dignità ricevuta, che in genere si portava per almeno una settimana (da cui il nome “in albis” data alla settimana di Pasqua, fino alla domenica successiva, che porta lo stesso nome). Il segno della “candela accesa” al Cero pasquale indica la bellezza di aver ricevuto la luce di Cristo e della fede, come della ferma volontà di tenerla accesa per tutta la vita, così da andare incontro a Cristo che tornerà nella gloria ancora “con le lampada accesa” (come indicano alcune parabole di Gesù, così come i suoi miracoli di dono della vista ai ciechi).
[Si può vedere ad esempio la recente Iniziazione cristiana di giovani militari, tenuta (come ogni anno, durante il grande Pellegrinaggio internazionale dei militari) a Lourdes il 25.05.2024]
Battesimo dei bambini
Quando invece vengono battezzati i neonati o comunque gli infanti, cosa non solo lecita ma assolutamente doverosa, per togliere il “peccato originale” (non a caso anche per loro ci sono nel Battesimo preghiere di “esorcismo”, nel Vetus Ordo ancora più numerose e pressanti) e per renderli subito partecipi della vita della Santissima Trinità, condizione di salvezza eterna (quando erano più frequenti le morti degli infanti l’urgenza era ancora più impellente), l’Iniziazione cristiana differisce il suo completamento, con gli altri due Sacramenti (Cresima ed Eucaristia), ad un’età più adulta (questo nei riti latini, anche per avere la presenza del vescovo almeno nella Cresima; mentre nei riti orientali, come anche nella Chiesa ortodossa, anche per gli infanti ci sono tutti e 3 i Sacramenti dell’iniziazione cristiana insieme, magari con una goccia del Sangue di Cristo o un pezzettino dell’Ostia consacrata messa in bocca al piccolo). Ovviamente, perché non resti appunto un atto liturgico estemporaneo e senza vero frutto spirituale, si richiede che degli adulti (in primis ovviamente i genitori e poi anche il Padrino/Madrina, ma in certo qual modo l’intera comunità cristiana di appartenenza) garantiscano progressivamente, secondo le diverse età e situazioni, la formazione cristiana (catechesi) del piccolo battezzato. Insomma, ciò che evidentemente non si può fare prima (Catecumenato) di deve obbligatoriamente fare dopo (Catechesi). I genitori (aiutati dal Padrino/Madrina) lo promettono solennemente nel Rito, di fronte a Dio e alla Chiesa (i genitori lo promettono già al momento del loro Matrimonio cristiano, tra l’altro essendo l’educazione cattolica dei figli una delle condizioni necessarie per poter celebrare il Sacramento del Matrimonio, persino nei possibili matrimoni cristiani di mista religione, cioè dove uno dei nubendi non è cristiano o cattolico, ma promette ugualmente che renderà possibile tale formazione cattolica dei figli).
Si può allora comprendere meglio quanto grave (e sacrilego!) sia oggi la richiesta del Battesimo dei figli senza questo impegno dei genitori (o di chi per loro) per l’educazione cristiana di tali piccoli, dandone ovviamente anche l’esempio!
Quando poi oggi sempre più spesso ci troviamo di fronte a genitori che pubblicamente vivono in contraddizione con la vita cristiana (ad esempio perché divorziati riaccompagnati o anche solo perché pubblicamente non credenti o non praticanti) ci troviamo di fronte a difficoltà enormi. Se non possiamo certo far ricadere su questi piccoli la non fede o l’incoerenza cristiana dei loro genitori, rimane pur vero e necessario che i genitori o chi per loro devono assolutamente garantire questa futura formazione cristiana dei loro figli battezzati appunto da infanti. Invece per il Padrino/Madrina, che vanno appunto “scelti” per questo compito di aiuto cristiano, anche indipendente dai legami di parentela o di amicizia, essi non possono assolutamente essere al di fuori di una testimonianza cristiana (come appunto chi fosse in una situazione coniugale irregolare o comunque di evidente lontananza dalla fede e dalla pratica cristiana). Quanto ricordato nella prima parte della presente News/catechesi dovrebbe renderne manifesto il motivo: non si tratta di non accogliere, di emarginare, di discriminare, di non essere “inclusivi”, ma di fatto con le scelte della loro stessa vita tali persone dimostrano di non poter garantire questa educazione cattolica di tali piccoli; prometterebbero (di fronte a Dio e alla Chiesa, com’è previsto nel Rito) un’educazione che loro pubblicamente contraddicono con la loro stessa vita e con le proprie scelte fondamentali, talora senza neppure segni di pentimento. Non possiamo prenderci gioco delle realtà più sacre e di Dio stesso!
Il rito del Battesimo dei bambini, dopo un’iniziale unzione (sul petto) con l’Olio dei catecumeni (vedi sopra), prevede poi già una prima unzione (sulla fronte) con l’Olio del Crisma (anche se l’unzione piena sarà data appunto nella Cresima). Ci sono poi altri riti assai significativi, come quello della consegna della “veste bianca” e della “candela accesa” (v. sopra), come quello dell’Effatà (espressione aramaica che significa “Apriti!”, usata da Gesù nella guarigione di un sordomuto e riportata in originale dal Vangelo di Marco, cfr. Mc 7,32-35), con cui il sacerdote tocca le labbra e le orecchie del piccolo pregando e augurandogli che, appunto con l’aiuto dei suoi cari, possa un giorno ascoltare la Parola di Dio e professare la vera fede in Cristo!
Compiamo un’ultima osservazione (già accennata in questa News) circa le consuetudini familiari o sociali, come sui segni e sulle stesse feste, relative ai Sacramenti e che oggi hanno perso talora ogni autentico riferimento di fede e fatto persino sparire ogni riferimento allo stesso Sacramento celebrato e festeggiato. Si pensi ad esempio a certe “bomboniere” e a certi “gadget”, anche per il Battesimo (vedi immagine sotto), che non hanno nulla di sacro ma si riferiscono a pupazzi o personaggi propri dei cartoni animati o peggio.
Circa poi la scelta di non battezzare i figli, che comincia a lievitare anche in Italia e non solo da parte di genitori non cristiani o non credenti ma persino tra coloro che si dicono “credenti” e persino tra gli stessi “praticanti”, essi se ne assumono la responsabilità eterna di fronte alle anime dei loro figli e di fronte a Dio stesso! Se non fossero cristiani o non fossero credenti e praticanti, potrebbero comunque permettere ugualmente il Battesimo dei loro piccoli, con la garanzia che qualcuno garantisca per loro la formazione cristiana del figlio (come abbiamo visto sopra). Se si tratta invece di genitori sedicenti “credenti” e talora persino “praticanti”, tale scelta è ancora più grave e paradossale: è di fatto segno di chiara apostasia dalla fede, perché ciò indica che concretamente non credono in Cristo e disobbediscono gravemente al Suo comando supremo (cfr. Mc 16,16).
Anche la falsa motivazione “da grande sceglierà lui” è segno di chiaro abbandono della fede, perché riduce appunto la salvezza eterna donataci da Cristo e la fede ad una sorta di opinione, di scelta personale o sociale, come se il Battesimo fosse alla stregua di una tessera di un club o di un partito politico. Tra l’altro agli infanti non viene chiesto alcun permesso, né di esistere, né del nome che viene loro dato, né del vestito o nutrimento, né dei medicinali, ecc. Non si capisce perché per la cosa più importante per la vita e per l’eternità dovrebbe scegliere lui (semmai da adulto ratificherà o meno tale supremo dono divino con la sua vita). Inoltre, chi dice questo fornirà poi davvero al figlio tutti gli elementi e la formazione adeguata per conoscere realmente l’autentica fede cristiana e quindi poter scegliere a ragion veduta? Perché ovviamente se non conoscerà non potrà neppure scegliere; e non possiamo certo pensare che oggi o domani questa formazione cristiana l’avrà dalla società o dalla scuola!
Cresima
Come abbiamo appena sopra ricordato, la Cresima (o Confermazione) è il 2° sacramento dell’Iniziazione cristiana e come il Battesimo è un sacramento che si riceve una volta soltanto nella vita perché imprime nell’anima un “carattere” indelebile, “un sigillo” (termine che è espresso proprio nel Rito stesso del Sacramento della Cresima: “Ricevi il sigillo dello Spirito Santo”). Tale Sacramento richiede, come materia, l’uso del più importante dei tre Olii santi, quello appunto del “Crisma” , consacrato dal Vescovo il Giovedì Santo nella S. Messa che ne prende il nome; è infatti un’unzione sacra (da cui il termine “crisma”, che significa proprio unzione, e il nome stesso del Sacramento: Cresima, anche se si può chiamare pure Confermazione).
Ricordiamo peraltro che lo stesso appellativo “Cristo”, dato a Gesù (cfr. Mt 16,16), da cui poi il termine “cristiano” dato ai suoi seguaci già dai primi tempi (cfr. At 11,26), deriva dal greco Kristos (Χριστός, che significa appunto “unto”); in latino è tradotto con “Christus” e in italiano appunto con “Cristo”; l’originale ebraico è “māshīah” (Messia), che significa appunto “l’Unto (del Signore)”, cioè l’Inviato e il Consacrato di Dio. A dire il vero, pur essendo entrato nell’uso comune, tale appellativo (Gesù Cristo, nel senso di Gesù è il Cristo, cioè appunto il Messia) non esprime appieno la novità assoluta della identità di Gesù (ecco perché specie all’inizio Gesù vuole mantenere questo “segreto messianico”, cioè non vuole essere chiamato così e che si conosca così), in quanto Gesù non è appunto solo l’Inviato o il Consacrato (Unto) di Dio ma Dio stesso (la Seconda Persona della Santissima Trinità, il Verbo-Logos fatto uomo).
Con il “crisma” si unge appunto la fronte del cresimando. Tale principale “olio santo” è già stato usato una prima volta, abbiamo visto, sulla fronte del neo battezzato se infante. Si tratta dello stesso “olio santo” che viene usato nel sacramento dell’Ordine, per ungere le mani del sacerdote o il capo del vescovo; con esso si unge pure con abbondanza l’altare di una nuova chiesa, nella sua consacrazione, e le Croci lungo la navata della stessa nuova chiesa.
Tale unzione sacra indica consacrazione e appartenenza a Cristo (come appunto il “sigillo” che indicava l’appartenenza di un oggetto o di una missiva ad esempio di un re e ne garantiva l’autenticità).
Anche per la Cresima, come per il Battesimo (di un adulto o di un infante), è prevista la figura del Padrino/Madrina, come garante e aiuto. Non è necessario che sia dell’ambiente familiare, ma deve avere i connotati di vita cristiana già sopra descritti per tale figura nel Battesimo (non possono ricoprire questo compito coloro che pubblicamente conducono una vita apertamente non cristiana, perché sarebbe una palese contraddizione).
Tale unzione sacra, oltre che segno di consacrazione e appartenenza, mantiene pure il segno della forza, del combattimento. Sino a pochi anni orsono si diceva significativamente che questo Sacramento rende “soldati di Cristo”; e un piccolo schiaffo sulla guancia del cresimato da parte del Vescovo, come appunto l’investitura di un soldato, ne era un ulteriore segno [ora, con il “buonismo” imperante, s’è sostituito tale gesto con una carezza o scambio di pace].
Tale Sacramento, come sappiamo e come abbiamo ricordato sopra in riferimento alla sua implicita istituzione da parte di Cristo stesso (vedi), conferisce una particolare effusione dello Spirito Santo, come fu l’esperienza degli Apostoli e della Chiesa nascente il giorno di Pentecoste (cfr. At 2).
Per questo, tale appartenenza a Cristo e tale effusione dello Spirito Santo, comporta pure il dovere della testimonianza e della missione cristiana e ne rende capaci, come appunto la Pentecoste, prima grande effusione dello Spirito Santo, rese abili gli Apostoli per venire allo scoperto come testimoni di Cristo risorto e iniziare così la missione evangelizzatrice della Chiesa nella storia.
Come abbiamo visto, nei Riti orientali tutti e tre i Sacramenti dell’Iniziazione cristiana, quindi anche la Cresima, vengono conferiti insieme, anche per gli infanti (come nel Rito latino avviene per gli adulti). Rimane però infatti anche nel Rito latino, come abbiamo ricordato, una prima unzione col Crisma (peraltro non ben teologicamente collocabile) anche nel Battesimo dei neonati. In tale Rito latino, invece, il Sacramento della Cresima viene per così dire differito ad un’età più adulta, soprattutto per permettere al Vescovo diocesano di conferirlo lui (anche il sacerdote, sempre col permesso del vescovo, può dare la Cresima, come lo fa nell’Iniziazione degli adulti o in altre circostanze particolari; però, visto che il Vescovo non può essere presente a tutti i Battesimi dei neonati, almeno si riserva d’essere presente e celebrare questo 2° Sacramento dell’Iniziazione cristiana).
Come tutti i Sacramenti, abbiamo visto, anche la Cresima è anzitutto un dono di Dio, da vivere poi con la particolare grazia che dona. In senso proprio, quindi, il termine Confermazione dato a questo sacramento non indica tanto, come oggi spesso si sente dire, che il battezzato diventato ormai grande “conferma” ora lui il proprio Battesimo (come se appunto la vita cristiana fosse la partecipazione ad una associazione umana), ma che Dio conferma in lui la grazia del Battesimo e gli conferisce una nuova grazia, appunto per una particolare effusione dello Spirito Santo e lo rende partecipe della “missione” che Cristo affida alla Chiesa!
L’idea, peraltro abbastanza recente (e non ovunque), di posticipare la Cresima dopo la Prima Comunione non ha in sé molto senso dal punto di vista teologico e liturgico (essendo appunto il 2° e non il 3° Sacramento dell’Iniziazione cristiana, mentre l’Eucaristia ne è appunto il culmine). L’idea poi, sempre più presente anche in Italia, specie in alcune zone o diocesi, di posticipare sempre più l’età della Cresima, quasi come espediente pastorale per “tenere” per qualche anno di più i ragazzi in Parrocchia (tra l’altro non si sa poi con quale risultato formativo; anzi molte volte i ragazzi non ricevono più la Cresima o si trovano a doverla richiedere prima del Matrimonio, ammesso che ancora si sposino in chiesa) ha appunto ancor meno senso teologico e liturgico.
Dovrebbe comunque essere purtroppo evidente che ormai proprio la Cresima, invece di costituire l’inizio di un impegno di vita e di testimonianza cristiana, ne sigla in genere la fine!
Ecco un ulteriore motivo per cui non si può continuare a pensare di assecondare una peraltro sempre più calante richiesta dei Sacramenti, senza una vera formazione cristiana e senza autentiche comunità di adulti capaci di testimoniare la fede alle nuove generazioni.
Eucaristia
Ovviamente, quando parliamo del Sacramento dell’Eucaristia, non parliamo certo solo della Prima Comunione, che dovrebbe essere solo la “Prima” di un’innumerevole serie di Comunioni che ci accompagnano e sostengono per tutta la vita, fino all’ultima Comunione prima di morire (che è detta appunto “Viatico” perché ci accompagna e rafforza per l’ingresso nell’eternità).
L’importanza data alla Prima Comunione (che nel Battezzato da adulto è appunto nella stessa S. Messa della celebrazione del Battesimo e della Cresima, in quanto appunto culmine dell’Iniziazione cristiana) è solo perché finalmente quel battezzato è ormai nelle condizioni di poter anche ricevere sacramentalmente Gesù in sé e di partecipare quindi pienamente anche alla S. Messa. Invece, nell’attuale immaginario collettivo, se ne parla spesso, anche per la perfino esagerata enfasi della festa annessa, come dei tre Sacramenti dei bambini, da cui il consueto dire: “sì, ho ricevuto tutto: Battesimo, Comunione e Cresima!”, quasi come se si fosse assolto ad un obbligo, se non forse persino che ci si è tolti il fastidio… (inutile nascondere che forse lo pensano anche molti genitori, se non altro per la preoccupazione di provvedere a tutte le feste annesse a tali sacramenti, con tanto di spese, spesso esagerate se non scandalose).
Quando invece parliamo del Sacramento dell’Eucaristia parliamo in fondo di ogni sua celebrazione, cioè della S. Messa, “fonte e culmine” della vita cristiana (anche se la vita cristiana non si riduce appunto ad andare a Messa, come sopra abbiamo sottolineato).
Si aprirebbe qui tutta la problematica (ma ne abbiamo fatto cenno già a proposito del Sacramento dell’Ordine vedi) di come sia concepita, celebrata e vissuta oggi la S. Messa: dal modo con cui si celebra a quello di come viene distribuita la S. Comunione, fino a cosa ormai rappresenti il tabernacolo (dove si conserva l’Eucaristia, cioè Gesù vivo, Dio stesso!) e se e come si compia l’Adorazione eucaristica (tanto decisiva per la vita cristiana e il bene delle nostre anime, come per le stesse comunità parrocchiali).
Non possiamo ovviamente qui soffermarci sul significato della S. Messa e dell’accentuazione teologica, liturgica (e persino architettonica) che si è evidenziata con la Riforma liturgica post-Conciliare. Se il Concilio di Trento (sec. XVI), specie in risposta alla grave deformazione dell’Eucaristia operata dalla Riforma protestante, aveva mantenuto e particolarmente accentuato l’aspetto del Sacrificio (aborrito appunto da Lutero), cioè del rendersi realmente presente sull’altare, sia pur in modo incruento, del Sacrificio di Cristo sulla Croce (vero culto a Dio, per la gloria del Padre e causa della nostra Redenzione), appunto più evidente nel Vetus Ordo, la Riforma post-conciliare (Novus Ordo) ha invece certamente maggiormente accentuato, in modo persino unilaterale, l’aspetto del “memoriale dell’Ultima Cena” (più vicino appunto alla sensibilità protestante). L’altare stesso (termine che indica appunto l’“ara” del sacrificio, realtà peraltro presente in ogni espressione religiosa fin dall’antichità più remota) ha assunto più il segno del tavolo del banchetto (oggi talora persino poggia oggetti vari). Si è poi persino gravemente scaduti all’idea della S. Messa addirittura come “festa della comunità”! [A ben vedere è un grave errore di prospettiva pure quando una S. Messa viene posta quasi come “pretesto” o elemento accessorio per feste, convegni, incontri o altri eventi cattolici (cioè per dare ancora una parvenza di cattolicità ci si mette anche la S. Messa, ma evidentemente non è più il momento centrale della vita e pure di tale iniziativa anche ecclesiale o pastorale)].
Si tratta appunto di un radicale cambiamento di prospettiva, nel senso proprio teologico, ecclesiale, liturgico e persino architettonico del termine, cioè di chi o cosa si ponga davvero “al centro” (Dio o l’uomo? Cristo o il prete? Il soprannaturale o l’assemblea?). Ecco dove è giunta la cosiddetta “svolta antropologica” di origine teologica (K. Rahner) e poi impostasi nel periodo post-conciliare e di cui abbiamo già sopra parlato. In questo senso va intesa pure la svolta di 180° degli altari e del celebrante (da “coram Deo” a “coram populo”), la visione stessa del sacerdote celebrante, simil-protestante e “pastore-leader” della comunità (se non persino intrattenitore o addirittura “show-man”) e quant’altro fa fin troppo bene intendere come si sia di fatto eclissata la consapevolezza che lì è presente Dio stesso!
Soffermiamoci però ancora un poco appunto sulle Prime Comunioni …
In ordine alla “Iniziazione cristiana” la Prima Comunione costituisce appunto il culmine. Per questo anche dal punto di vista della successione temporale dovrebbe essere dopo la Cresima. Persino nella Iniziazione cristiana degli adulti, pur convergendo i 3 Sacramenti in un’unica celebrazione, Battesimo e Cresima sono conferiti all’Offertorio e l’Eucaristia risulta quindi celebrata e ricevuta dopo, appunto come culmine di tutto. Qui infatti si realizza, con la “transustanziazione”, una “presenza reale” di Gesù stesso, che rinnova sull’altare in modo incruento il Suo Sacrificio della Croce, suprema offerta al Padre e prezzo della nostra Redenzione, facendosi poi addirittura nostro cibo, nostro supremo nutrimento spirituale!
A differenza però del Battesimo e della Cresima, che abbiamo ricordato imprimono un “carattere” indelebile e per questo possono essere ricevuti una volta sola nella vita, la Prima Comunione è invece semplicemente appunto la “prima” (la prima piena partecipazione all’Eucaristia, anche ricevendola in sé!) di una serie che dovrebbe essere innumerevole di Comunioni, che devono essere presenti lungo tutta la vita, fino appunto all’approssimarsi della morte con l’ultima Comunione (Viatico).
L’Eucaristia (S. Messa) deve essere partecipata ogni domenica (e festa comandata, cioè attualmente in Italia, al di là delle solennità che cadono già in domenica, il 1° gennaio, 15 agosto, 1° novembre, 8 dicembre e 25 dicembre) – questo è il 1° Precetto della Chiesa, in attuazione del 3° Comandamento (vedi Esame di coscienza) – e deve essere ricevuta (se la propria anima è “in grazia di Dio”, cioè senza peccati mortali), il più spesso possibile (è comunque il 3° Precetto della Chiesa che si riceva almeno una volta all’anno, soprattutto a Pasqua o nel tempo pasquale; e già non obbedire a questi precetti è un “peccato mortale)!
Ne è riprova che se ogni Parrocchia conserva (per secoli!) i Registri dei Battesimi e delle Cresime (anzi la Cresima ricevuta viene annotata pure in calce all’Atto di Battesimo), cui si deve canonicamente attingere per poter ricevere anche gli altri Sacramenti, Matrimonio e Ordine compresi, non esiste invece un Registro ufficiale delle Prime Comunioni, perché la riprova che un fedele ha fatto la Prima Comunione è che continua a riceverla anche dopo e per sempre.
Si comprende allora come tutta l’enfasi, bella ma talora eccessiva (tanto più se prevale l’esteriorità), data alla Prima Comunione e non alla S. Messa e alle Comunioni successive (per tutta la vita), costituisca sostanzialmente un controsenso, se non addirittura qualcosa di “sacrilego” (una presa in giro di Dio stesso?), e un gravissimo peccato per i genitori che fanno magari grandi spese per questo evento e non si curano affatto delle altre Comunioni della vita del figlio (già dalla domenica successiva) come della sua formazione cristiana! Gesù ha peraltro parole severissime per chi è di ostacolo (questo è il significato della parola “scandalo”) alla loro fede e alla formazione cristiana dei piccoli (cfr. Mt 18,5-6), tenendo presente che, se sono sposi cristiani, tale solenne impegno (dell’educazione cattolica dei figli) è stato assunto già nel Sacramento del loro Matrimonio (addirittura come condizione per poterlo celebrare) come pure in occasione del Battesimo dei loro stessi figli (anche questo come condizione per poterlo celebrare).
Inoltre, l’attuale apostasia dalla vera fede cristiana si manifesta persino nelle eccessive feste e costosissimi pranzi, nei fantasmagorici regali, nei vestiti, ovviamente specie delle mamme, che si servono anche di questa occasione, se possono permetterselo economicamente, per una sorta di passerella di moda, non importa se persino con scollature e minigonne già in sé immorali e comunque totalmente dissonanti rispetto alla sacralità del luogo e del momento, quindi persino di pessimo gusto! Talora, se il parroco non provvede diversamente per i bambini della Prima Comunione, persino le bambine sono già in questa logica (vedi foto sotto). La perdita della fede si manifesta poi persino in altri piccoli segni esterni, come nei ricordini e nelle bomboniere, dove ogni segno della fede e del Sacramento è perfino totalmente sparito (vedi foto sotto). Un genitore cristiano fa invece certamente attenzione a non cadere in queste trappole commerciali di fatto “pagane”.
Tornando poi a parlare ancora delle Sante Comunioni di ogni Santa Messa dovremmo fare lunghe e pure tristi considerazioni: da chi fa passare anni senza ricevere la Santa Comunione (appunto peccato grave contro il 3° Precetto della Chiesa), oppure al contrario vedere quasi tutti i presenti andare a riceverla, anche senza essere “in grazia di Dio” (difficile pensare che lo siano tutti!), cioè con peccati mortali (vedi) non confessati sulla coscienza, così da commettere sacrilegio e mangiare perfino “la propria condanna” (cfr. 1Cor 11,23-30), cioè fargli male invece che bene!
Siamo arrivati al punto che abbiamo sentito affermare in modo ingannevole, persino in documenti ufficiali (vedi, nota 351), che la Comunione non è un Sacramento “per i perfetti” (espressione appunto ingannevole, perché allora solo Maria SS.ma potrebbe riceverla!), sottintendendo con ciò che non importa essere e rimanere nel peccato grave per poterla ricevere (e ciò è contro il costante e immutabile insegnamento della Chiesa)! Del resto è stato persino detto che non sarebbe poi così grave dare la Comunione anche a un Protestante (che neppure crede alla presenza reale di Cristo nell’Ostia consacrata!) e persino a un ebreo (perché anche Gesù lo era!). Si parla persino di “ospitalità eucaristica” (come se fosse un invito a pranzo, dove non si deve escludere nessuno)! Accade poi anche questo, se non si presta attenzione: in certi Santuari famosi nel mondo visitati anche da turisti internazionali (come a Lourdes) è stato fatto osservare (con avviso liturgico ai preti celebranti di prestare la massima attenzione a questo nella distribuzione della S. Comunione) che certi turisti, ad esempio giapponesi, fanno la Comunione, pur non essendo cristiani, pensando in questo modo di compiere persino una doverosa cortesia, come segno di rispetto e partecipazione a questi riti cattolici (come ad esempio si deve essere scalzi, anche se non musulmani, per entrare in una moschea)! Non parliamo poi della non remota possibilità che le ostie consacrate (Gesù stesso), specie se ricevute in mano, tanto più nelle grandi assemblee liturgiche, siano disperse e perfino trafugate per essere usate nei riti satanici! Tutto ciò non è eccessiva attenzione alla “dottrina” o alle Rubriche liturgiche (cose oggi ritenute non doverose ma persino deplorevoli!), ma evidente e sacrilega profanazione dell’Eucaristia (con gravissimo danno alle anime), scambiata per segno di accoglienza, inclusività e misericordia!
Pensiamo poi appunto al modo di ricevere l’Eucaristia, in piedi, in mano (fu un Indulto della S. Sede ed oggi sembra quasi un obbligo) e persino senza seguirne le indicazioni (sul modo di riceverla, la posizione esatta delle mani, la genuflessione o inchino prima di riceverla, la consumazione davanti al sacerdote, l’attenzione ai frammenti dove è ancora presente Gesù stesso!), di prepararsi (chi ricorda ad esempio che c’è ancora almeno un’ora di digiuno previo? in pochi decenni si è passati dal digiuno dalla mezzanotte precedente alle 3 ore di digiuno, fino all’attuale inutile e dimenticata ora di digiuno; ma s’è visto persino un parroco distribuire caramelle in sacrestia ai chierichetti prima della Messa e della loro Comunione); per non parlare del doveroso ringraziamento dopo la Comunione (deve essere un tempo prolungato, possibilmente in ginocchio, aiutati anche dal previsto “silenzio liturgico” – non è assolutamente necessario riempire ogni spazio di tempo con dei canti, come se il silenzio fosse un momento di imperdonabile débâcle di uno spettacolo!). Tale tempo e preghiera di ringraziamento (per la S. Messa appena celebrata ma tanto più se s’è fatta la Comunione e quindi nei primi momenti c’è addirittura una presenza fisica di Gesù in noi!) dovrebbe prolungarsi in devoto raccoglimento anche dopo il termine della S. Messa [tanto più che la chiesa è un’aula sacra, dove in ogni momento del giorno deve regnare il silenzio! (!), anche perché se c’è il tabernacolo (oggi spesso quasi nascosto o comunque decentrato), c’è Gesù stesso realmente presente!], mentre invece ormai normalmente appena terminata la S. Messa, come fosse finito uno spettacolo, la chiesa diventa una sorta di “foyer” di teatro, per parlare allegramente coi vicini, amici e conoscenti (e si giustifica questo persino cristianamente, dicendo che è la bellezza del ritrovarsi in comunità; ma perché non farlo fuori o altrove?). Che ne è appunto del tabernacolo (dove c’è Gesù vivo)? come poter continuare a pregare? Il diavolo, che magari ha già cantato vittoria perché ha spinto molti a fare Comunioni persino sacrileghe (non in grazia di Dio), ora non vede l’ora, anche in chi ha fatto degnamente la S. Comunione, di far sparire subito la grazia speciale di quel momento (quando Gesù nei primi minuti è persino ancora “realmente” presente in noi, per rimanere poi solo spiritualmente presente).
Allora, anche quando ci fosse stata persino precisione nei riti, s’è trattato solo di uno spettacolo sia pur ben preparato e prodotto? Che ne è della dimensione soprannaturale, sacra, divina? Tutto ruota appunto intorno a noi!
[Nella precedente News (vedi) abbiamo poi fatto accenno all’abuso dei Ministri straordinari della Comunione (detti persino erroneamente “dell’Eucaristia”)]
Per concludere, ricordiamo in merito pure degli accorati ma inascoltati richiami del Magistero emersi in alcuni importanti documenti sull’Eucaristia prodotti nel 2003, 2004 e 2007 (vedi nel sito alcune loro decisive citazioni, rimaste però pressoché inascoltate)!
Confessione
La S. Confessione (o Penitenza, che significa “conversione”) è il Sacramento istituito da Gesù Cristo, che ha affidato agli Apostoli e ai loro successori (vescovi e sacerdoti) il potere di perdonare (o non perdonare) i peccati (cfr. Gv 20,22-23). Tale Sacramento (vedi) è necessario e indispensabile per ottenere il perdono dei peccati commessi dopo il Battesimo, specie quelli “mortali”, che tolgono cioè “la grazia di Dio”, impediscono di ricevere l’Eucaristia e se non confessati ci condurrebbero alla dannazione eterna (e per questo sono da confessare quanto prima). Occorre dunque ben individuare i propri peccati (vedi uno schema per fare bene l’Esame di coscienza), esserne pentiti e avere il proposito di non più commetterli, e quindi confessarli esplicitamente al sacerdote. Con l’assoluzione del sacerdote (se vi sono nel penitente le condizioni) i peccati sono appunto sciolti (assolti) nel Sangue di Cristo, che ha pagato sulla Croce il prezzo di questo nostro debito immenso e da noi non sanabile con le sole nostre forze.
Il sacerdote, se c’è il pentimento e il proposito fermo di non più commetterli (compreso il fuggire le occasioni di peccato e saggiamente raccogliere tutti gli aiuti spirituali, specie la preghiera, per avere la forza soprannaturale per combattere il peccato) deve assolvere tali peccati, per quanto gravi essi siano; ma se invece mancano queste condizione non può assolutamente assolvere tali peccati (è assurdo, blasfemo ed eretico affermare, come oggi si sente dire, che il sacerdote deve assolvere sempre; tra l’altro tale sacrilega “assoluzione” sarebbe comunque invalida e quindi non darebbe comunque il perdono dei peccati)!
Nel caso che il sacerdote non possa assolvere un peccatore, non è lui o la Chiesa a chiudere le porte al peccatore (come ancora si sente dire), ma è invece proprio il peccatore che chiude le porte della propria anima alla salvezza e alla grazia di Cristo (vedi).
Al di là della necessità e urgenza di confessare quanto prima i propri peccati mortali – che si chiamano così non solo perché se presenti nell’anima quasi annientano la grazia di Dio donataci coi Sacramenti, ma perché ci porterebbero alla dannazione eterna (inferno) se fossero presenti nella nostra anima nell’ora (ignota) della nostra morte (ecco perché preghiamo per questa ora in ogni Ave Maria)! – c’è comunque l’obbligo morale di confessarsi almeno una volta all’anno (2° Precetto della Chiesa e sarebbe già un peccato mortale non farlo). Rimane però importante e assai consigliato confessarsi almeno una volta al mese o anche più spesso, tanto più se non si è in grazia di Dio (allora quanto prima).
Mentre in molte chiese cattoliche estere (specie in Europa occidentale, ma sempre più anche in Italia) si assiste ad uno spaventoso abbandono del Sacramento della Confessione (e qualche volta manca persino, talora anche colpevolmente, la disponibilità dei Sacerdoti per questo Sacramento), è però indice di grave confusione spirituale constatare, anche tra i praticanti, una notevole, eccessiva e preoccupante discrepanza tra lo scarso numero di coloro che si confessano e quello, assai più relativamente abbondante, di coloro che accedono invece alla S. Comunione: con tutta probabilità si può pensare che un numero non piccolo di coloro che fanno la S. Comunione in realtà non sarebbero nelle condizioni per riceverla e quindi fanno sacrilegio.
Un altro grave segno della montante confusione spirituale in atto, anche a riguardo di questo Sacramento così decisivo per il proprio cammino spirituale e per la propria salvezza eterna, è che non solo sono pochi coloro che si confessano regolarmente (anche in rapporto a coloro che fanno invece la Comunione), ma sono pochissimi coloro che sanno confessarsi bene! Molti scambiano la S. Confessione per un semplice colloquio spirituale, talora persino solo psicologico, come se il sacerdote fosse solo un consigliere o uno psicologo e non il Ministro di Dio, che agisce “in persona Christi” (dicendo infatti “io ti assolvo”), attardandosi, spesso con discorsi interminabili, nella semplice descrizione di problemi, persino del proprio ambiente familiare e sociale, se non addirittura riducendo la Confessione ad uno sfogo e talora persino all’accusa dei peccati degli altri! [si veda in proposito il sondaggio fatto anche su questo tra i cristiani praticanti e riportato al termine di questa News]
Tale Sacramento deve invece vertere sull’accusa esplicita, chiara e non prolissa dei propri peccati (da sapere con precisione quali siano e commessi dopo l’ultima Confessione o comunque non ancora confessati perché dimenticati o sacrilegamente nascosti nelle precedenti Confessioni, fossero anche della lontana vita passata), non dunque dei “problemi” o delle “fragilità” (come oggi si sente dire), e possibilmente di quante volte essi sono stati commessi (perché ciò ne aumenta la gravità; se non è possibile dirne il numero, si dica almeno se spesso o raramente, tanto o poco, solo in rari episodi o in modo abitudinario). Occorre aggiungere solo, specie se il Confessore non ci conosce, il proprio stato di vita (perché ci son doveri corrispondenti ad esso, ad esempio se uno è sposato, se è genitore, se ha particolari responsabilità ecclesiali o sociali) e tutto ciò che può aumentare o diminuire la gravità del peccato stesso (ad esempio, l’aver detto una bestemmia, che è già comunque un peccato mortale, ha una gravità ancora maggiore se detta di fronte ad un figlio o minore se è ancora sfuggita quasi inconsapevolmente perché si sta ancora progressivamente lottando contro questo terribile vizio assunto magari in precedenza).
Si faccia poi particolare attenzione a confrontarsi con la legge di Dio e non con la mentalità (e persino col linguaggio) dominante: capita ad esempio di sentire usare ormai anche in Confessione l’espressione “il mio compagno/compagna”, che è un’espressione impropria e gravemente ambigua, tanto da compromettere la Confessione stessa, perché un conto è se con tale espressione si intenda il proprio coniuge cristianamente sposato e un conto se si tratta di un fidanzato/a e un conto ancora se si parla di un convivente o di un partner sposato solo civilmente (nel qual caso non è neppure possibile dare l’assoluzione perché stati di vita costantemente opposti alla legge di Dio)!
Matrimonio
Non possiamo ovviamente qui entrare nel merito di questo Sacramento, istituito da Nostro Signore come unico (con una sola persona e ovviamente di sesso opposto) e indissolubile (solo la morte può scioglierlo) e come unico modo per diventare agli occhi di Dio “marito e moglie”.
Si tenga presente che, secondo la morale cristiana e quindi secondo la stessa volontà di Dio, i rapporti sessuali sono leciti solo all’interno del matrimonio e anche in esso solo a determinate condizioni.
Sulla morale sessuale e sulle più comuni domande e obiezioni in merito, si veda il lungo documento apposito (con 40 domande e risposte). Si veda anche quanto riguarda il 6° Comandamento nello Schema per fare bene l’Esame di coscienza. Sulla castità prematrimoniale si possono vedere/ascoltare nel sito pure delle belle e assai significative testimonianze di giovani (vedi e vedi), vedi anche al termine del documento sulla “rivoluzione sessuale” del ’68 (i cui catastrofici effetti oggi tocchiamo più che mai con mano).
[Si vedano a fine documento alcuni dati statistici circa il matrimonio, con particolare riferimento all’attuale situazione italiana e persino in coloro che si dichiarano cattolici (vedi anche News del 21.08.2023)]
Crescono e sembrano ormai persino normali (persino tra giovani sedicenti cristiani e addirittura impegnati in Parrocchia!), le convivenze, che sono invece gravemente e stabilmente contrarie alla volontà di Dio e pure di pubblica contro-testimonianza cristiana.
Si accede poi al Matrimonio in età sempre più avanzate (preceduto quindi da anni di convivenze e comunque con rapporti sessuali stabili, quando tutto ciò è appunto peccato grave) e aumenta sempre più il numero di coloro che accedono al matrimonio già con i figli. Anche questo pare ormai normale (sembra persino carino che nelle Partecipazioni stampate siano i figlioletti ad annunciare il Matrimonio dei genitori o che nel rito siano ancora loro a fare da paggetti e portare all’altare le fedi dei genitori!), quando invece è abnorme e contro la legge di Dio, perché i figli hanno il diritto a nascere in una famiglia costituita e con papà e mamma stabilmente uniti in matrimonio.
È poi esorbitante il numero delle crisi dei Matrimoni anche cristiani, delle separazioni e dei divorzi (scelte appunto nettamente contrarie all’esplicita volontà di Dio, confermata ed accresciuta da N. S. Gesù Cristo, vedi Mt 19,3-9) [Se a tali divorzi seguono poi, come ovviamente quasi sempre accade, nuove unioni (convivenze o matrimoni civili), si creano delle situazioni morali assai difficili, che per la loro stabilità nel peccato (peraltro pubblico), vanno ad escludere per decenni dalla grazia di Dio o almeno dalla possibilità di confessarsi (mancando il pentimento e il proposito di non più commetterlo) e di fare la Comunione (non essendo in grazia di Dio) [vedi in proposito quanto ricordato sopra riguardo al Sacramento della Confessione e dell’Eucaristia].
Inoltre, rispetto ai Matrimoni religiosi, crescono anche in Italia i matrimoni solo civili (che oggi possono essere sciolti in tempi brevissimi e che spesso sono già seconde o terze nozze). Pur essendo anch’essi comunque in netto calo, hanno però già superato da tempo quelli religiosi.
Comunque, anche a riguardo di chi sceglie, obbedendo a Dio, di celebrare il Sacramento del Matrimonio, assistiamo spesso ad un’apocalittica confusione. Intanto è sempre più raro che si viva il fidanzamento in senso cristiano, cioè in castità e come tempo, da non prolungarsi peraltro in modo esagerato, per conoscersi ed amarsi davvero e per imparare ad impostare la futura famiglia secondo la santa volontà di Dio (quasi mai, a ben vedere, i problemi che emergono poi nel matrimonio sono totalmente assenti prima; mentre proprio i rapporti sessuali prematrimoniali assai spesso accecano la vista interiore per poter fare un serio discernimento e talora creano persino dei ricatti psicologici).
Una nota sulla celebrazione del Matrimonio e sull’intero evento
Su certe persino paradossali se non blasfeme celebrazioni dei Matrimoni cristiani abbiamo già fatto qualche osservazione più sopra (vedi nel paragrafo “I Sacramenti sono soprattutto opera di Dio”). Aggiungiamo qui solo qualche nota, talora persino divertente per non dire avvilente! Infatti, oltre al catastrofico numero anche di questi matrimoni che vanno poi incontro al fallimento entro pochi anni, la stessa celebrazione del Sacramento del Matrimonio (cioè il Rito stesso, in chiesa) segna ormai l’apoteosi di quella logica commerciale (tutto serve per vendere) e dello spettacolo (tutto fa spettacolo, sia pur per un giorno) che ormai attanaglia anche questi Sacramenti, sia pur in picchiata numerica e seguiti da catastrofici esiti! Quasi mai, purtroppo talora anche con la complicità o almeno subordinazione di molti sacerdoti a tali logiche dissacranti, possiamo constatare in tali celebrazioni (per non dire poi il resto) uno stile davvero cristiano. Anche le chiese, persino il presbiterio e l’altare, vengono intese come una sorta di “set cinematografico”, con invasiva e spesso dissacrante presenza dei fotografi [da tenere invece a bada, altrimenti le loro logiche commerciali e da spettacolo, senza alcuna conoscenza liturgica, diventano davvero dissacranti oltre che persino maleducate (solo in alcune diocesi fanno dei corsi preparatori e obbligatori anche per loro, se vogliono operare in una chiesa)]. In tale apparato scenografico tutta l’attenzione, specie all’inizio, è concentrata sulla sposa: l’ingresso della sposa ha poi com’è noto un tono molto cinematografico, da star del cinema, con tanto di “red carpet” e marcia nuziale, per mano al padre [peraltro un residuo di una mentalità molto antica e non certo cristiana, dove avveniva il passaggio di proprietà della donna dal maschio-padre al maschio-marito, che attende la sposa ai piedi del presbiterio (inspiegabilmente solitario, totalmente fuori scena e nessuno pensa e guarda a lui); mentre il Rito cattolico non parla di questo ma invece suggerisce persino che i nubendi siano accolti dal sacerdote all’ingresso della chiesa e poi entrino insieme in chiesa]. Ovviamente tutta l’attenzione del pubblico (che dovrebbe essere invece una comunità in preghiera per gli sposi) oltre che sulla sposa è soprattutto concentrata sul suo vestito: esso è in genere con strascico e velo anche assai lungo e soprattutto è rigorosamente in bianco (mentre tradizionalmente questo era segno di verginità!) e oggi sempre più con spalle scoperte, anche in pieno inverno (vedi), scollature (vedi) e ora persino con provocanti spaccature (vedi), che per sé renderebbero vietato l’ingresso in chiesa, in tale abbigliamento, persino ad una turista in piena estate e in una chiesa vuota (come ad esempio, nonostante i tempi, si fa rigorosamente osservare appunto anche ai turisti nelle Basiliche papali romane).
Tutto ciò per non parlare del comportamento talora scomposto e dissacrante di certi invitati, che oggi magari non sanno neppure più che cosa sia una chiesa tanto meno un Sacramento. Molti parlano tranquillamente (pare che in certi casi qualcuno si sia acceso persino una sigaretta) e magari, tranne nei “momenti clou” del matrimonio, entrano ed escono dalla chiesa. Quanti sanno che sull’altare durante la S. Messa è presente e si offre sulla Croce per noi Gesù stesso (anche se non è fotografabile e quindi non conta sulla scena)!? Si tenga invece presente (e questo vale anche per gli altri Sacramenti) che una celebrazione ben fatta, davvero sacra, come riflesso della soprannaturalità dell’evento e persino corredata da un’omelia non lunga ma davvero cristiana (!), può diventare (e talora lo è stato!) una singolare occasione di conversione per gli stessi invitati e presenti, che appunto oggi sono sprofondati in una totale ignoranza religiosa e non hanno alcuna esperienza vera della fede.
Ovviamente, specie alla fine (ma ormai anche durante il Rito e persino con l’incoraggiamento del sacerdote), non possono poi mancare gli scroscianti e perfino scomposti applausi, che sono invece sempre proibiti in chiesa, che è un’aula sacra, tanto più durante una celebrazione!
A proposito di applausi, peraltro chiaro segno della totale sottomissione della gente alla cultura televisiva (che li immette ovviamente ovunque, in modo ossessivo e ripetitivo, pure registrati oltre che obbligati), si può facilmente notare come essi siano appunto entrati in modo persino paranoico nel sentire popolare: oggi si applaude sempre e a tutto, persino ad una “bara” durante un funerale, specie se il morto era un personaggio famoso oppure vittima di qualche incidente e persino omicidio (defunto che ovviamente non sa che farsene di questo, mentre pare invece scontato, persino per il prete celebrante, che egli sia in paradiso, cosa invece rarissima e comunque certa solo per i Santi canonizzati, come ricorderemo più sotto)!
Appunto, tutto è “spettacolo”! E volete poi togliere alla sposa l’ebbrezza e l’illusione di sentirsi almeno per un giorno appunto una sorta di star del cinema?
Se poi andassimo ad aprire il capitolo spese (al di là del tradizionale, bello e doveroso “fare festa” per la nascita di una nuova famiglia, cosa presente in ogni tempo e civiltà, anche quando si viveva semplicemente e persino in povertà), potremmo constatare delle uscite economiche non solo esagerate ma talora folli e persino “kitsch”. In questa società commerciale e mediatica, tutto è finalizzato solamente al “vendere” e appunto a “fare spettacolo”; e in questa logica sono appunto ormai stati incasellati anche i Sacramenti! Abbiamo già fatto cenno all’uso smodato della fotografia, dove non è più questa al servizio dell’evento ma è l’evento al servizio della ripresa (e ciò non solo permettendosi di bloccare “la scena” al fine di realizzare pose da star del cinema, ma giungendo persino al grottesco paradosso di veder sparire gli sposi soli col fotografo, dopo la “cerimonia”, per andare a fare delle riprese in qualche luogo ameno, persino lontano, lasciando spesso gli invitati al pranzo in un’estenuante e affamata attesa). Se parliamo poi del capitolo fiori, possiamo talora vedere chiese, presbiteri e altari trasformati in una sorta di “orto botanico” (vedi), persino nascondendo l’Eucaristia (alla faccia di decenni di altari voltati “coram populo” perché la gente veda). Sul settore musica si scade poi spesso in uno sdolcinato romanticismo, da romanzo televisivo strappalacrime, magari dando un calcio al millenario patrimonio della musica sacra e liturgica. Se poi parliamo dell’auto degli sposi, possiamo persino contemplare delle Rolls-Royce o altre limousine se non addirittura carrozze coi cavalli, così gli sposi possono sognare per un giorno di essere membri di una famiglia reale (anche se poi non si ritroveranno certo a Buckingham Palace ma magari in qualche buco di città e a fare i conti con l’affitto o col mutuo da pagare). Per il ristorante, ben al di là dei doverosi e tradizionali pranzi nuziali, spesso si devono sopportare strumentisti vari, che non si limitano a produrre una musica soft da sottofondo, il che può essere anche piacevole, ma talmente invasiva da impedire di parlare anche ad uno stesso tavolo; non mancano poi ormai pure gli “intrattenitori”, talora persino di pessimo gusto se non addirittura volgari. Se poi aprissimo il capitolo del “viaggio di nozze“, il problema è cosa inventare di nuovo, visto che gli sposi, già da fidanzati e ancora prima, hanno già sperimentato quasi tutto, dai viaggi in auto, in aereo, alle crociere, e rigorosamente con la camera matrimoniale (che è invece peccato grave al di fuori del matrimonio). Per concludere dovremmo parlare del settore abbigliamento, dove gli invitati, ben al di là della doverosa eleganza d’occasione, talora però confusa persino con la volgarità (specie d’estate), sembrano costretti a pensare di vestirsi non tanto per andare alla celebrazione di un Matrimonio, ma quasi fosse “la Prima della Scala”!
Dentro queste oceaniche spese, si pensa invece poi di lasciare una cospicua offerta per la chiesa, anche solo per le luci, le pulizie, il sacerdote e i ministranti, come per la stessa vita parrocchiale? C’è chi s’è limitato ad un laconico “tante grazie eh!” e magari neppure a quello. E se il Parroco osa farne accenno allora è la solita solfa del prete e della Chiesa attaccata ai soldi!
Insomma, tutto ciò per fare di quel giorno solenne appunto uno “show”, uno spettacolo, e far sentire, specie la sposa, una sorta di provvisoria star del cinema; ma non certo per entrare nel “mistero” del Sacramento che si sta celebrando, cioè nel sacro, nel soprannaturale e nel divino! Eppure, come abbiamo ricordato, è proprio Dio che sta operando ed è Lui il personaggio e attore principale (ma non è fotografabile, dunque per la gente non c’è)!
Senza nasconderci poi che, tra i tanti motivi per cui si rimanda e persino si rinuncia al Matrimonio (continuando in genere a vivere peraltro come se già si fosse sposi, come la convivenza, e quindi in gravi e stabili situazioni di peccato), c’è pure quello delle insostenibili spese per celebrare un matrimonio, quando invece tali spese sono solo accessorie, cioè di contorno, mentre agli occhi di Dio e per le proprie anime ciò che conta è solo il Sacramento del Matrimonio, che per sé economicamente pesa poco o nulla.
Abbiamo poi già ricordato con tristezza come anche tra coloro che celebrano il Sacramento del Matrimonio, e quindi consapevoli – lo hanno anche giurato e firmato in un apposito documento (che rimane negli Archivi ecclesiastici per secoli!) e così hanno pubblicamente promesso anche nel Rito (di fronte a Dio, al sacerdote, ai testimoni e alla Chiesa intera) – che Gesù stesso istituisce senza eccezioni il Sacramento del Matrimonio come “unico e indissolubile”, mentre poi di fatto sempre più spesso e in poco tempo anche gli sposi cristiani giungono alla separazione e al divorzio, per poi accedere a nuove unioni!
Sul Sacramento dell’Ordine vedi la News/catechesi precedente
Unzione degli Infermi
Anche per questo settimo Sacramento, istituito da Cristo Signore per sostenerci in un grave problema di salute, o nella vecchiaia e soprattutto nella prossimità della morte – ma da ricevere possibilmente per tempo, da lucidi e corroborati anche dal Sacramento della Confessione e dall’ultima S. Comunione detta Viatico – c’è una grande confusione e assistiamo ad un generale abbandono (quasi non se ne parla neppure più). Si tratta appunto di una Unzione sacra (da cui anche il termine di “Estrema Unzione”), con uno specifico “olio santo” (detto appunto “degli Infermi”), consacrato dal Vescovo (come per quello dei Catecumeni e soprattutto per quello del Crisma) il Giovedì Santo nella Santa Messa del Crisma.
Ovviamente questo silenzio e abbandono rientra nella moderna “censura” di tutto ciò che riguarda la morte, un vero e proprio “tabù” della Modernità (si veda in proposito l’interessantissimo anche se ormai datato testo di Vittorio Messori Scommessa sulla morte, vedi), così che sia proibito parlarne agli altri, persino appunto ai propri cari che ne possono essere prossimi e persino a se stessi (e quindi si “rimuove” dal proprio orizzonte mentale, con gravi conseguenze psichiche, riconosceva già G. Jung, uno dei padri della psicanalisi), addirittura pronunciarne il nome (in modo più educato si deve dire “è mancato”, il “caro estinto”), per poi invece procurarsela, persino a spese dello Stato (v. tutta la propaganda sull’eutanasia).
[Nel sito esistono pure, circa il “morire cristiano”, tre sintetici documenti in riferimento alla questione della “cremazione” (vedi), dell’eutanasia (vedi) come pure della “donazione degli organi” (vedi), questioni su cui si sta diffondendo una falsa e non cristiana mentalità. Si veda in proposito anche l’ultima parte della News “Novissimi sepolti” (vedi)]
Circa questo 7° Sacramento, istituito dal Signore per la nostra salvezza, chiamato oggi preferibilmente “Unzione degli infermi” (a motivo appunto dell’attuale tabù sulla morte guai a chiamarlo ancora “Estrema Unzione”!), possiamo osservare oggi nella Chiesa e nei fedeli due atteggiamenti tra loro opposti. Da un lato assistiamo appunto ad un pressoché totale oblio, assai grave per la nostra anima (visto che non si tratta certo di un “optional” ma appunto di un Sacramento istituito da Cristo per darci forza, conforto, talora persino guarigione, e soprattutto per salvarci!), d’altro lato in certe Parrocchie si è creata invece una sorta di sua generalizzazione che diventa persino banalizzazione, quasi si trattasse di un semplice Sacramentale (come una Benedizione o altra unzione), per cui si organizzano celebrazioni comunitarie per ultra sessantenni, dove tutti lo ricevono, magari senza alcuna preparazione spirituale e quindi spesso senza alcun frutto spirituale.
Tali opposti atteggiamenti nei confronti di questo Sacramento (oblio o indebita se non banale generalizzazione) risentono appunto comunque della censura sul mistero della morte, di cui il cristiano deve invece essere particolarmente consapevole e ben prepararsi, e sulla necessità appunto di viverla cristianamente, essendo l’ora più decisiva della vita perché prossima all’ingresso nell’eternità. Non a caso in ogni Ave Maria, lungo tutta la vita, chiediamo alla nostra Madre Celeste di assisterci particolarmente in quest’ora (della nostra morte), non tanto perché non abbiamo dolori né tanto meno perché non ce ne accorgiamo, ma invece proprio per essere consapevoli che da come in quel momento la nostra anima viene trovata (se in grazia di Dio o lontana da Dio) dipende la nostra salvezza (Paradiso) o dannazione eterna (Inferno) oppure la lunghezza stessa del nostro Purgatorio. Dio stesso, con l’intercessione di Maria Santissima, dei Santi (in primis S. Giuseppe, patrono dei moribondi – vedi tra la preghiere quotidiane), come del nostro stesso Angelo custode, ci offre delle grazie speciali per questo momento decisivo della vita; ma proprio per questo anche il diavolo può in quel momento far di tutto per tenerci lontani da Dio, essendo questa la sua ultima decisiva occasione per portarci nel suo regno della dannazione eterna (mentre dopo la morte non può più far nulla per ottenere questo).
[Vedi in proposito nel sito l’importante News “Novissimi … sepolti”, temi che tra l’altro proprio in questi giorni e in questo tempo liturgico devono essere particolarmente al centro della nostra preghiera e meditazione!]
Dunque anche questo Sacramento, laddove è possibile riceverlo, è necessario per la nostra salvezza; non si tratta appunto di un optional ma di un apposito Sacramento donatoci da Gesù e amministratoci dal sacerdote per sostenere la nostra anima (e talora anche il nostro corpo) per i momenti per cui è previsto: grave malattia o intervento chirurgico, anzianità e soprattutto nell’approssimarsi della morte.
Precisiamo ancora. Laddove è possibile (ad esempio non c’è colpa di rifiuto quando si tratti di una improvvisa morte o perdita di coscienza o nell’impossibilità di avere il sacerdote che amministra il Sacramento), esiste il dovere morale di riceverlo, possibilmente unito alla S. Confessione e alla S. Comunione, specie nell’approssimarsi della morte. Si ricordi in proposito che non si deve aspettare troppo o gli ultimi momenti per chiamare il sacerdote e ricevere questi Sacramenti necessari per fare una buona e santa morte. Si tenga presente che, cristianamente parlando e con tutta la delicatezza che il momento richiede, non è bene nascondere ad un proprio caro l’approssimarsi della sua morte. Se siamo cristiani, infatti, sappiamo che nel momento della nostra morte siamo immediatamente di fronte a Dio e al Suo “giudizio particolare”, da cui consegue appunto, in baso allo stato dell’anima in quel momento, o la beatitudine eterna (Paradiso) o la dannazione eterna (Inferno) o la lunghezza stessa della sua purificazione in Purgatorio (stato di sofferenza purificatrice che può essere accorciato – in seguito anche con le nostre preghiere e SS. Messe di suffragio – e da cui si passa poi sicuramente in Paradiso; tra l’altro il Purgatorio cesserà alla fine del mondo). Non si giunga quindi, se è stato possibile farlo prima, a celebrare tale Sacramento in uno stato di incoscienza (anche se non sappiamo se anche in questo stato cerebrale il fedele possa ugualmente rendersi conto di tale atto, tanto più che si tratta di realtà sacre, soprannaturali e di uno speciale intervento di Dio stesso). Non è invece possibile conferire il Sacramento ad un morto, fosse anche da poco. Per questo è bene pensarci molto per tempo, ben preparandoci e approfittando magari di particolari circostanze o comunque con la possibilità di meglio viverlo e celebrarlo con frutto.
Non entriamo qui nello spinoso oltre che doloroso problema di come oggi si vive non solo la morte (sempre più raramente si pensa a fare o far fare ai nostri cari una morte cristiana!), ma anche a come si celebrano le stesse Esequie cristiane (funerali), peraltro previste solo per i “fedeli”, cioè per chi ha e vive la fede cristiana (sono ovviamente proibite non solo per i non Cattolici ma anche per tutti coloro che sino alla fine e in modo pubblico hanno compiuto scelte di idee e di vita esplicitamente opposte alla legge di Dio; per essi si celebrano semmai dopo le SS. Messe di suffragio, lasciando ovviamente a Dio il giudizio).
Invece, anche in tali dolorose circostanze, vediamo fare e sentiamo parole – persino dai cattolici praticanti e addirittura dagli stessi sacerdoti – che di cristiano hanno assai poco o sono gravemente erronee. Ad esempio, affermare di un morto che “è tornato alla casa del Padre”, anche se sembra un’espressione cristiana, è invece erronea, anzitutto perché non sappiamo se tale anima si è salvata e poi perché essa non preesisteva, se non nella onnisciente ed eterna mente di Dio, all’istante del concepimento, quando Dio l’ha creata dal nulla mentre stava avendo origine il suo corpo (quindi semmai “andata” e non “tornata” alla casa del Padre). Gravemente erroneo, anche se oggi assai diffuse a causa del “buonismo” e “misericordismo” di stampo sostanzialmente relativista, è dare poi per scontato che tale anima sia “con Dio”, “salva”, “eternamente felice”, che è “passata a miglior vita”, anzitutto perché il “giudizio” spetta a Dio (che ci ha rivelato e ci ha dato in Cristo la “verità” e la “via” per andare in Paradiso e che non si tratta certo di essere solo “brave persone”, come abbiamo visto anche in questo documento), poi perché la certezza che siano in Paradiso si ha solo dei Santi “canonizzati” dal Romano Pontefice con un suo atto solenne che implica tra l’altro eccezionalmente la sua infallibilità (ovviamente i Santi, cioè le anime che sono in Paradiso, sono immensamente di più di quelli canonizzati, come li celebriamo appunto nella solennità del 1° novembre; ma noi non sappiamo chi siano).
Parlando poi del Rito stesso delle Esequie (funerale cristiano; che è un Sacramentale e non un Sacramento, anche se normalmente inserito nella S. Messa che è invece ovviamente il Sacramento dell’Eucaristia), dove in genere sono presenti anche coloro che invece non mettono mai piede in chiesa (e quindi, come abbiamo osservato anche per Matrimoni e Comunioni, sarebbero anche occasioni privilegiate di annuncio cristiano e persino di conversione!), spesso succede e si sente invece di tutto! Oltre al dare erroneamente per scontato (anche da parte del celebrante) che appunto tale defunto sarebbe salvo e con Dio, si sono recentemente aggiunti (col permesso della CEI e solo fuori dalla liturgia e a determinate condizioni, ovviamente inosservate!) pure gli “elogi funebri” (vietati persino nell’omelia del sacerdote) e discorsi celebrativi, fatti alla fine da chiunque e persino all’ambone (luogo riservato all’annuncio della Parola di Dio!), per poi ovviamente concludere con l’inevitabile applauso (appunto proibito in chiesa), rivolto alla stessa bara! Il morto ovviamente non sa che farsene di tutto questo; semmai, ora che è e vede l’Aldilà, ci implorerebbe di elevare preghiere di suffragio per la sua anima e di non essere così stolti da vivere senza tener conto della legge e della grazia di Dio (cfr. Lc 16,19-31)!
Alcuni dati statistici italiani
A conferma di quanto sopra evidenziato e al termine di questa lunga riflessione, riportiamo (vedi la News del 21.08.2023 intitolata “La fede in Italia”) alcuni dei dati statistici (riferentisi al 2022) in rapporto all’attuale situazione della Chiesa Cattolica in Italia (centro mondiale della Cattolicità!), in riferimento proprio ai Sacramenti e soprattutto a che tipo di fede abbiano persino coloro che si dicono “praticanti”!
Dati sull’intera popolazione italiana (esclusi gli stranieri non o non ancora cittadini italiani)
Cattolici (battezzati nella Chiesa Cattolica): 70% della popolazione italiana (90% se si considerano solo gli oriundi italiani)
Praticamente però, da adulti, gli Italiani si definiscono così:
- credente (però spesso in senso molto generico): 63%
- cattolico: 58%
- cattolico “a modo mio”: 27%
- “non cattolico”, “non credente”, “non religioso” (non proprio o non sempre ateo): 37%
- cattolico praticante (va a Messa tutte le domeniche): 20% (media italiana)
È la percentuale più bassa nella storia del nostro Paese! Nonostante la grande crisi (specie giovanile) verificatasi già col 1968 (e coincisa con gli anni del post-Concilio), negli ultimi 20 anni (specie negli ultimi 10) i “praticanti” si sono addirittura dimezzati!
I “praticanti” sono più al Sud (23%) che al Centro-Nord (17%; in alcune zone solo il 10%), più tra le donne (22%) che tra gli uomini (15%). La percentuale più alta è poi tra gli anziani.
Particolarmente drammatico è il tracollo della partecipazione degli adolescenti (passati dal 37% nel 2001 al 12% nel 2022) e dei giovani (passati dal 23% nel 2001 all’8% del 2022). C’è invece talora un ritorno alla fede dopo i 30 anni. Ci sono però tra i giovani minoranze anche molto motivate di scoperta o ritorno alla fede.
Impressiona però che tra i ragazzi e gli adolescenti si dichiara ateo il 28%, per non parlare del grande numero degli indifferenti (non si pongono neppure il problema) (vedi la News “Emergenza educativa”).
Se la percentuale dei cristiani praticanti è desolante in Italia, catastrofica è quella nei Paesi dell’Europa nord-occidentale (sia cattolici che protestanti): dal 3% al 7% della popolazione!
Sempre circa i dati riguardanti i cittadini italiani:
- va regolarmente a Messa: 20%
- va a Messa solo in certe occasioni: 31%
- non va mai a Messa: 32%
In cosa davvero credono quelli che vanno ancora in chiesa? (Cattolici praticanti)
Credo, ma a modo mio: 25% (dei praticanti!)
Chi è Gesù Cristo?
- il “Figlio di Dio”: 85,6% (spesso però con difficoltà a indicare cosa ciò significhi)
- un “uomo ispirato da Dio”: 10%
- forse non è come ci viene presentato, magari è solo un mito: 10%
- non sa cosa significhi “risurrezione” (di Cristo): 67% (di chi va a Messa, dove il Risorto è presente e la Risurrezione è il centro e fondamento della vita cristiana cfr. 1Cor 15,14!)
- non crede alla vita eterna o ne parla solo genericamente: 20%
Quanto prega?
- ogni giorno: 23%
- qualche volta: 24%
- solo quando ne sento il bisogno: 22%
- spesso: 20%
- solo in chiesa: 7%
- mai: 4%
Cos’è l’Eucaristia?
- è il “vivo e vero Corpo di Cristo”: solo il 32%
- ignora però cosa sia la “transustanziazione”: 53%
- è solo un “simbolo” di Cristo: 50%
- è il “ricordo dell’Ultima Cena”: 14%
- non sa rispondere nulla: 3%
Cos’è la Confessione?
- un Sacramento in cui opera Cristo stesso (attraverso il sacerdote): 59%
- un confronto con un sacerdote: 15%
- una chiacchierata spirituale, per affrontare dei problemi personali: 18%
Cos’è il peccato?
- non sa dire nulla di specifico: 65%
- è un torto fatto agli altri: 20%
- è un’imperfezione del carattere: 5%
- è qualcosa di attinente alla psicologia della persona: 6%
- non sa cosa sia “il peccato originale”: 40%
Morale
Solo un esempio di morale sessuale (vedi; qui emergono l’ignoranza e i dissensi più vistosi):
- la contraccezione è peccato? no: 72% (quando invece lo è!)
Alcune questioni di Dottrina sociale (vedi documento apposito, anche sul rapporto morale/diritto):
– Ritiene ancora importante la presenza della Chiesa nella società?
- sì: 35%
- è imprescindibile: 9%
- è indifferente: 22%
- fa più male che bene: 17%
- è una presenza dannosa: 11%
L’aborto è un diritto da garantire nella società?
- sì: 44%
- no: 39%
- indifferente: 17%
Anche su questi gravissimi “mali” emerge il grande equivoco di molti cattolici, che dicono “io sono contrario però non posso impedire agli altri di farlo“. Con questo equivoco anche in un’Italia ancora sostanzialmente cattolica già dagli anni ’70 è passato di tutto (divorzio, aborto, ecc.). Chiariamo solo questo: se si trattasse ad esempio del grave obbligo morale di andare a Messa la domenica (III Comandamento), ovviamente imporlo a tutti sarebbe davvero un inammissibile fondamentalismo religioso; ma se si tratta invece di impedire dei gravissimi mali (addirittura sugli altri, nel caso dell’aborto addirittura uccidendo il più innocente e indifeso degli uomini!), tale obiezione toglierebbe valore e possibilità a qualsiasi legge civile e penale (sostanzialmente fatta apposta per quelli che altrimenti, se la legge lo permettesse, farebbero invece il male, che va invece impedito anche con forza) e sostanzialmente trasformerebbe ogni “democrazia” in “anarchia”!
La “fecondazione assistita” (che è peccato) va sempre garantita?
- sì: 45%
- no: 38%
- indifferente: 17%
È giusto permettere il cosiddetto “utero in affitto”? (che è grave peccato e perfino reato)
- sì: 63%
È giusto permettere civilmente i matrimoni omosessuali?
- Sì: 42%
– allora sarebbe giusto garantire loro anche l’adozione di bambini?
- No: 53%
È giusto permettere l’eutanasia (vedi)?
- si: 63% (30 anni fa: 22%)
- no: 20% (30 anni fa: 43%)
Come si può ben capire, non si tratta tanto di “incoerenze” e neppure di “peccati”, ma proprio di scegliere, tra le parole stesse di Cristo (Dio fatto uomo, Verità) o sull’autorevole insegnamento del Magistero della Chiesa, ciò su cui si è d’accordo e ciò su cui si dissente (da Dio!? magari dicendo di credere in Dio e non nella Chiesa); e ciò appunto non solo a livello di incoerenza pratica, ma proprio a livello di giudizio morale, culturale, personale e sociale!
Alcuni dati statistici sul Matrimonio in Italia (che denotano anche la perdita dell’autentica fede cristiana)
Circa alcuni dati (2020) che testimoniano il tracollo del Matrimonio in Italia dopo che nel 1970 è entrata in vigore la legge, poi sempre peggiorata, che ha permesso il divorzio, vedi un nostro documento.
Dal 2018 in Italia i matrimoni solo civili (98.182) hanno sorpassato quelli religiosi (97.596) [solo 20 anni prima (1998): matrimoni solo civili (59.078); matrimoni religiosi (217.492)]
I Matrimoni religiosi (Sacramento) sono in fortissimo calo. Un esempio significativo: nella grandissima Arcidiocesi di Milano, in 20 anni sono passati da 18.000 a 4.000.
Però anche i matrimoni solo civili sono tendenzialmente in forte calo.
Il 34% dei figli nasce al di fuori del matrimonio.
Il 75% di coloro che accedono al matrimonio (religioso o civile) ha 30 anni o più.
Circa il 50% dei matrimoni (anche religiosi!) già nei primi 10 anni va incontro al divorzio.
Convivenze ufficializzate (all’anagrafe), quindi escluse quelle occasionali e libere: 1.368.000 (2020) (20 anni prima erano solo 329.000).
Le “Unioni civili omosessuali” registrate (perché finora in Italia non c’è questo matrimonio), nonostante tutte l’enfasi mediatica e sociale su questi presunti “diritti”, sono in realtà assai esigue: nel 2018 se ne registravano in tutta Italia solo 2.808 (specie al nord).
Dovremmo anche parlare della questione della denatalità, che, oltre ad essere drammatica (l’Italia rimane ogni anno e sempre più ai vertici delle classifiche mondiali, così da prefigurare un vero suicidio non solo demografico ma anche economico, perché è socialmente insostenibile una società progressivamente di soli anziani!) è anche profondamente anti-cristiana: perché l’unione sessuale, ovviamente solo all’interno del matrimonio, deve essere naturalmente feconda e la vita cristiana deve anche condurre, laddove è ovviamente possibile, a formare una famiglia numerosa!
[Pensiamo solo a questo dato statistico ancora del 2018 (ma ogni anno la situazione peggiora): i nati sono stati 439.747 (-18.000 in un anno) (2008: 580.145) mentre i decessi sono stati 636.000. In soli 10 anni la fascia d’età 16-34 è scesa di 12 milioni!]
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Concludiamo questa lunga riflessione riportando un laconico ma assai significativo e più che mai attuale pensiero sulla situazione della Chiesa, confidato dal Papa Paolo VI all’amico e autorevole accademico francese Jean Guitton (vedi) e poi pubblicata (col suo permesso previo) dopo la sua morte [Jean Guitton, Paolo VI segreto, Ed. Paoline MI 2002, p. 152; vedi).
Ecco le parole del Papa:
“C’è un grande turbamento in questo momento nel mondo della Chiesa, e ciò che è in questione è la fede. Capita ora che mi ripeta la frase oscura di Gesù nel Vangelo di san Luca: “Quando il Figlio dell’Uomo ritornerà, troverà ancora la fede sulla Terra?”. Capita che escano dei libri in cui la fede è in ritirata su punti importanti, che gli episcopati tacciano, che non si trovino strani questi libri. Questo, secondo me, è strano. Rileggo talvolta il Vangelo della fine dei tempi e constato che in questo momento emergono alcuni segni di questa fine. Siamo prossimi alla fine? Questo non lo sapremo mai. Occorre tenersi sempre pronti, ma tutto può durare ancora molto a lungo. Ciò che mi colpisce, quando considero il mondo cattolico, è che all’interno del cattolicesimo sembra talvolta predominare un pensiero di tipo non cattolico, e può avvenire che questo pensiero non cattolico all’interno del cattolicesimo diventi domani il più forte. Ma esso non rappresenterà mai il pensiero della Chiesa. Bisogna che sussista un piccolo gregge, per quanto piccolo esso sia”; aggiunse poi: “Poco importa che qui siamo pochi, e anche che siamo soli. La nostra forza è essere nella verità… Siamo particolarmente sensibili a tutto ciò che potrebbe alterare la purezza della dottrina, che è verità. Il Sommo Pontefice deve custodire il deposito, come dice San Paolo”!