In questa parte dell’Anno liturgico dobbiamo meditare sui Novissimi cioè sulle realtà ultime: la morte, giudizio di Dio, inferno e paradiso

Novissimi… sepolti


In questa parte dell’Anno liturgico, tra la conclusione di un anno e l’inizio di un altro, dovremmo essere sospinti più che mai a meditare sui “Novissimi”, cioè sulle realtà ultime: la morte, il giudizio di Dio, l’inferno e il paradiso.

La stessa Liturgia, “fons et culmen” della vita cristiana (cfr. S.C., n. 10), ci sollecita a questo.

Ma cercare i Novissimi nella predicazione, discorsi, catechesi, messaggi della Chiesa contemporanea è più arduo che cercare l’ago in un pagliaio! E in genere, quando talora lo si trovasse, spesso è falso ed eretico, cioè non corrispondente al vero, dunque a ciò che Dio stesso ci ha rivelato e che inesorabilmente incontreremo come invece è (per questo si dice “giudizio”, cioè l’emergere evidente della verità) già un secondo dopo la nostra morte!

Non si tratta di una questione marginale, ma essenziale, fondante; su cui tutto si regge o crolla!

Lo esprime bene anche S. Paolo, scrivendo ai Corinzi. Ma, pensandoci bene, lo coglie anche la nostra ragione.

Quando infatti S. Paolo si accorse che alcuni della comunità di Corinto, di fronte ai primi cristiani che morivano (mentre Cristo non era ancora tornato “glorioso” a concludere la storia e a giudicare tutti), cominciavano a sollevare dubbi sulla vita eterna, l’Apostolo li richiamò fortemente su questo punto, talmente essenziale, dice, che la sua negazione metterebbe in crisi l’intera fede cristiana, annullando il Vangelo nel suo centro e in fondo negando Cristo stesso!

Ascoltiamo allora le sue parole (il testo intero è in 1Cor 15), che, ricordiamo, sono Parola di Dio:

“Vi rendo noto, fratelli, il vangelo che vi ho annunziato e che voi avete ricevuto, nel quale restate saldi, e dal quale anche ricevete la salvezza, se lo mantenete in quella forma in cui ve l’ho annunziato. Altrimenti, avreste creduto invano!

Vi ho trasmesso dunque, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture, e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici. In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti.  Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli. Ultimo fra tutti apparve anche a me […]

Ora, se si predica che Cristo è risuscitato dai morti, come possono dire alcuni tra voi che non esiste risurrezione dei morti? Se non esiste risurrezione dai morti, neanche Cristo è risuscitato! Ma se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede. Noi, poi, risultiamo falsi testimoni di Dio, perché contro Dio abbiamo testimoniato che egli ha risuscitato Cristo, mentre non lo ha risuscitato, se è vero che i morti non risorgono. Se infatti i morti non risorgono, neanche Cristo è risorto; ma se Cristo non è risorto, è vana la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati. E anche quelli che sono morti in Cristo sono perduti. Se poi noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto in questa vita, siamo da compiangere più di tutti gli uomini. Ora, invece, Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti […]

E perché noi ci esponiamo al pericolo continuamente? … Se soltanto per ragioni umane io avessi combattuto a Efeso contro le belve, a che mi gioverebbe? Se i morti non risorgono, mangiamo e beviamo, perché domani moriremo“ (1Cor 15,1-8.12-20.30-32).

Che la questione dell’Aldilà sia decisiva ed essenziale, lo coglie del resto appunto anche la nostra ragione.

In un percorso infatti – e tutta la vita è in fondo un grande viaggio (in cui nessuno può fermare il tempo o impedire che alla fine ci sia la morte!) – la fine, il dove stiamo andando, non è mai una questione secondaria o una facoltativa curiosità, ma è lo scopo e il senso stesso del cammino, il fine. Non parlarne, non capire, è in fondo costringerci a “girare a vuoto”, a vanificare il viaggio stesso, persino a renderlo assurdo, senza senso e in fondo fonte di disperazione (il contrario di “speranza” – ricordiamo che nell’ottica di fede la “speranza” dell’Aldilà è una “virtù teologale”!). E a nulla servirebbe cercare di non pensarci; perché comunque il tempo passa, il viaggio va avanti (e nessuno può fermarlo) e la fine (o il fine) si avvicina inesorabilmente!

Per questo la questione del tempo e dell’Aldilà è decisiva, anche a livello umano, cioè per la vita terrena e per ogni uomo.

Se poi qualcuno pensasse ancora, dopo 2000 anni dalla venuta di Dio sulla Terra, che dell’Aldilà non sappiamo nulla (c’è chi ancora dice “non è mai venuto nessuno dall’Aldilà a dirci come stanno le cose”!), dimenticherebbe che è venuto Dio stesso a dircelo! E a ridarci, ad un prezzo altissimo (la Sua Croce), il paradiso, liberandoci dal potere di Satana e dall’inferno!

Per questo, il silenzio attuale, pressocché generalizzato anche nella Chiesa, sulla questione (sui Novissimi), vanifica alla base la fede cristiana, il Vangelo stesso, l’Incarnazione stessa di Dio e la Redenzione dell’uomo operata da Cristo Signore nel mistero pasquale (la Sua morte e risurrezione)!

E ciò, pensandoci bene, rappresenta persino il più grande “furto” all’uomo (altro che una generica e umanitaria “carità”!), perché lo priva del senso stesso della vita e della possibilità della salvezza eterna!

Sull’essenzialità della questione, anche a livello umano, ci siamo trattenuti già nell’Introduzione alle catechesi (“Perché dovrei?” – vedi il testo, come pure l’audio-catechesi in mp3 riportata alla fine, del resto già presente su YouTube, vedi nella sezione Video).

Sull’Aldilà c’è poi anche la catechesi 7 (vedi), come pure l’audio-catechesi in mp3 riportata alla fine e anch’essa già presente su YouTube (vedi) nella sezione Video.

Sul “morire cristiano”, vista la confusione attuale anche di molti cattolici praticanti, abbiamo poi fatto alcune sottolineature in 3 documenti (riportati anche nella sezione Fede e morale): sulla cremazione (vedi), la donazione degli organi (vedi) e l’eutanasia (vedi).

Circa la questione del tempo e del suo senso (e il suo fine!) avevo in passato anche prodotto un piccolo testo, richiestomi dalla Pastorale Universitaria del Vicariato di Roma per tutti gli universitari presenti in città (a Roma gli universitari sono circa 250.000!) e riportato qui in pdf nella sezione Archivio: Il tempo e il suo senso (leggi).

Fino a poco tempo fa era infatti a tutti evidente che la questione dei Novissimi (morte, giudizio, inferno e paradiso) era il punto centrale e risolutivo della fede cristiana; ma anche la novità assoluta del Vangelo (rispetto anche alle Religioni e filosofie) e per la vita stessa di ogni uomo.

Se infatti l’anelito all’eternità e l’intuizione dell’immortalità dell’anima (in quanto spirituale) era già presente nel senso religioso universale dell’uomo, in ogni religione e persino razionalmente fondato già nella filosofia classica greca, cosa fosse poi l’Aldilà, la vita eterna, rimaneva invece per tutti (persino per l’Antico Testamento biblico) un mistero insondabile, cui teorie astratte e non provate cercavano invano di indicare qualche risposta.

Il Vangelo, cioè l’avvenimento (non una teoria!) di Cristo, della Sua venuta e soprattutto della Sua morte e risurrezione, spalancavano invece pienamente (almeno per ciò che è necessario sapere per la nostra salvezza eterna) il mistero sul senso della vita e soprattutto sulla morte e l’Aldilà. Appunto i Novissimi: cosa avviene nel momento della morte (la separazione dell’anima dal corpo), il giudizio “particolare” di Dio (per ciascuna anima) e quello “universale” (di tutti, alla fine del mondo e alla risurrezione dei corpi), il paradiso (beatitudine eterna) e l’inferno (dannazione eterna)!

Lo si apprendeva già da bambini e vi si ritornava continuamente nella predicazione.

Ascoltiamo in proposito cosa diceva il celebre Catechismo di S. Pio X, che nella sua forma semplice (a domande e risposte) ancora 60 anni fa veniva persino studiato a memoria già dal Catechismo, cioè fin da bambini!

Ecco alcune chiare espressioni iniziali di tale glorioso Catechismo:

“Chi ci ha creati? Ci ha creati Dio!” …

“Perché Dio ci ha creati? Dio ci ha creati per conoscerlo, amarlo e servirlo in questa vita, e per goderlo poi nell’altra, in paradiso

“Che cos’è il Paradiso? Il paradiso è il godimento eterno di Dio, nostra felicità, e, in Lui, di ogni altro bene, senza alcun male”. “Merita il paradiso chi è buono, ossia chi ama e serve fedelmente Dio, e muore nella sua grazia”

“I cattivi che non servono Dio e muoiono in peccato mortale meritano l’inferno”. “L’inferno è il patimento eterno della privazione di Dio, nostra felicità, e del fuoco, con ogni altro male, senza alcun bene”.

“Dio premia i buoni e castiga i cattivi perché è la Giustizia infinita”

“Gesù Cristo giudicherà ciascuno subito dopo la morte”

“Ci sono due giudizi: l’uno particolare, di ciascuna anima, subito dopo la morte; l’altro universale, di tutti gli uomini, alla fine del mondo”

“Dopo il giudizio particolare l’anima, se è senza peccato e senza debito di pena, va in paradiso; se ha qualche peccato veniale o qualche debito di pena, va in purgatorio finché abbia soddisfatto; se è in peccato mortale, come ribelle inconvertibile a Dio, va all’inferno

“È certo che esistono il paradiso e l’inferno: lo ha rivelato Dio, spesse volte, promettendo ai buoni la vita eterna e il suo stesso gaudio, e minacciando ai cattivi la perdizione e il fuoco eterno”.

“Il paradiso e l’inferno dureranno eternamente”.

Oggi questi contenuti chiari della vera e perenne fede cattolica (condizione della nostra salvezza eterna!) sembrano addirittura diventati parole proibite, persino in molti ambiti della Chiesa.

Si ripete a sproposito, cioè in modo unilaterale (e quindi falso), che “Dio è amore” e misericordia infinita (il che è verissimo! cfr. 1Gv 4,8-10.16); ma un amore senza verità e giustizia è una caricatura dell’amore, della verità, di Dio stesso!

Inutile sentirsi poi dire che la Chiesa deve “aggiornarsi”, “cambiare paradigma”: perché Dio, come la Verità, non cambia! Se la Chiesa cambiasse su questioni così decisive (la nostra salvezza eterna e le condizioni per raggiungerla!), rivelate da Dio stesso, non sarebbe più credibile, in fondo non sarebbe più la Chiesa Cattolica! Perché non insegnerebbe più il Vangelo di Cristo Signore (che non a caso dedica proprio a queste “realtà ultime” gran parte del suo contenuto)!

Tra l’altro, se la Chiesa osasse cambiare questi contenuti essa si inventerebbe un proprio Dio a piacimento, magari apparentemente più allettante e meno sconvolgente, ma che non ci salverebbe! Inoltre, se la Chiesa “di oggi” osasse tanto (disobbedendo a Dio e tradendo l’umanità!), potremmo allora aspettarci coerentemente che quella “di domani” smentisca quella di oggi!

Eppure nel Credo (Simbolo niceno-costantinopolitano, del IV secolo) affermiamo fortemente “aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà”; e già nel Credo “apostolico” troviamo la certezza che Gesù, risorto e asceso al cielo, “siede alla destra di Dio, Padre onnipotente; di là verrà a giudicare i vivi e i morti”, così come crediamo fermamente alla “resurrezione della carne” e alla “vita eterna”.

Nella Salve Regina parliamo della vita terrena come di un “esilio”, che per di più assai spesso si tratta di una “valle di lacrime”, e preghiamo la Vergine Santa di “mostrarci, al di là di questo cammino terreno da esuli, il Suo Figlio Gesù”! E ancora, in ogni Ave Maria, la preghiamo con insistenza di assisterci in ogni momento, ma soprattutto “nell’ora della nostra morte”, perché da come sarà trovata l’anima nostra in quel momento dipenderà la nostra salvezza o dannazione eterna!

Questa consapevolezza cristiana era così forte e radicata nel popolo di Dio, che fino a qualche decennio fa erano comuni tra il popolo queste espressioni: si pregava Dio che ci risparmiasse non tanto la morte ma la morte “improvvisa” (subitanea), cioè senza la possibilità di prepararsi bene (per questo dobbiamo essere sempre “pronti”, come ci raccomanda innumerevoli volte lo stesso Signore Gesù!), cioè con la S. Confessione, il Viatico (ultima Comunione) e il sacramento dell’Estrema Unzione! Ma era anche comune, ad esempio di fronte ad un pericolo e persino ad un affettuoso scherzo di un nipotino per spaventare la nonna, sentirle dire “mi fai morire senza sacramenti”: il dramma non sarebbe stato tanto morire, ma appunto morire senza sacramenti!

Del resto erano anni, e innumerevoli generazioni, che nei dialoghi, per assicurare di una certezza assoluta annunciata, la si confermava con un semplice quanto indiscutibile “com’è vero Dio!” e “com’è vera la Madonna!”

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Il cristianesimo non è una semplice religione paragonabile con le altre (pur essendo la religione con più seguaci: 2,5 miliardi di persone). Il Vangelo non è una semplice “dottrina”, confrontabile con altre dottrine religiose o filosofiche.

Gesù Cristo è il Signore (il Kyrios), Dio stesso fatto uomo, incarnato. Il suo non è un semplice “messaggio” (come oggi comunemente si dice, in fondo già relativizzandolo a livello di opinione tra le tante!), una dottrina opzionale, una “credenza” tra le tante, anzi persino più trascurabile delle altre (si pensi, specie in Europa occidentale, all’attuale indifferenza, apostasia, al diffuso ateismo e materialismo, e persino all’approdo a credenze orientali sulla “reincarnazione” o a quelle pagane sul “ritorno alla Natura”!). Cristo Signore è invece il perché di tutto e di tutti!

Basterebbe pensare agli “inni cristologici” presenti in S. Paolo (cfr. Ef 1,3-10; Col 1,12-20 – vedi anche il seguito di questi testi solenni), da meditare continuamente!

Ecco quello nella Lettera agli Efesini (cap. 1):

“Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli, in Cristo… In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, predestinandoci a essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo, secondo il beneplacito della sua volontà. E questo a lode e gloria della sua grazia, che ci ha dato nel suo Figlio diletto; nel quale abbiamo la redenzione mediante il suo sangue, la remissione dei peccati secondo la ricchezza della sua grazia. Egli l’ha abbondantemente riversata su di noi con ogni sapienza e intelligenza, poiché egli ci ha fatto conoscere il mistero della sua volontà, secondo quanto nella sua benevolenza aveva in lui prestabilito per realizzarlo nella pienezza dei tempi: il disegno cioè di ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra”.

E quello nella Lettera ai Colossesi (cap. 1):

“Ringraziamo con gioia il Padre, che ci ha messi in grado di partecipare alla sorte dei santi nella luce. È lui infatti che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del suo Figlio diletto, per opera del quale abbiamo la redenzione, la remissione dei peccati. Egli è immagine del Dio invisibile, generato prima di ogni creatura; poiché per mezzo di lui sono state create tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili: Troni, Dominazioni, Principati e Potestà. Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte sussistono in lui.

Egli è anche il capo del corpo, cioè della Chiesa; il principio, il primogenito di coloro che risuscitano dai morti, per ottenere il primato su tutte le cose. Perché piacque a Dio di fare abitare in lui ogni pienezza e per mezzo di lui riconciliare a sé tutte le cose, rappacificando con il sangue della sua croce, cioè per mezzo di lui, le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli”.

Altro che una religione tra le tante! o persino un’opinione tra le tante!

Ripetiamolo ancora. Se ci chiediamo (e dobbiamo chiedercelo continuamente, trovando risposta certa nella fede) “Perché siamo stati creati?”, cioè, in fondo: “perché esistiamo?”, la risposta sintetica e verissima è quella che ci ha ricordato il Catechismo di S. Pio X e che è sintesi di tutta la Bibbia (Rivelazione di Dio e storia della salvezza): “Dio ci ha creati per conoscerlo, amarlo e servirlo in questa vita, e per goderlo poi nell’altra, in paradiso”.

Non dobbiamo però dimenticare un altro dato “rivelato” e fondamentale.

Già col “peccato originale”, all’inizio della storia dell’umanità, l’essere umano, tentato e vinto da Satana, è decaduto e si è privato del paradiso, cioè della beatitudine eterna di Dio (come tutti gli angeli ribelli decaduti e diventati così “diavoli”, che hanno costituito di conseguenza l’inferno – l’inferno non è stato creato da Dio, perché è una “privazione”; Dio ha creato degli esseri liberi, gli angeli e l’uomo, liberi persino di dirgli di no). La stessa natura umana, tuttora trasmessa dai genitori ai figli, è così decaduta e ferita, con l’aggravante poi di tutti i peccati personali, commessi dall’uso della ragione in poi.

Tutto ciò ci ha dunque destinati inesorabilmente all’inferno. Ma Dio, nella Sua infinita misericordia, mediante l’Incarnazione, passione, morte e risurrezione del Signore nostro Gesù Cristo (Dio stesso fatto uomo), ci ha liberato dal potere di Satana (“Il Principe di questo mondo”, il “menzognero” e “omicida fin dall’inizio”, come lo chiama Gesù stesso) e ci ha riaperto le porte del paradiso, unendoci a Sé!

Oggi potrebbe per molti sembrare una sintesi esagerata o incomprensibile, ma fondamentalmente Gesù è venuto a liberarci dal potere di Satana (pur lasciandoci liberi, per donarci la possibilità di un merito) e dall’inferno, riaprendoci (a prezzo del Suo Sangue, cioè del Sacrificio della Croce) le porte del paradiso, cioè l’accesso alla vita stessa della Santissima Trinità!

È in tal senso purtroppo significativo che non si predichi più che il Battesimo ci libera dal “peccato originale” e dal potere di Satana (l’antico Rito prevedeva infatti perfino molteplici “esorcismi”, anche per i neonati!), ma ci si limita a dire che esso ci fa diventare “figli di Dio” (cosa certo verissima) o che in questo modo si entra semplicemente “nella comunità cristiana”, per molti come se si trattasse dell’ingresso in un club o di una tessera di partito (per questo si arriva poi all’obiezione che allora dovrebbe decidere liberamente il piccolo, una volta divenuto adulto).

Ascoltiamo infatti già una delle prime prediche di S. Pietro (At 10,34-43), guida suprema della Chiesa in quanto primo Papa (come Gesù ha voluto la Sua Chiesa): sinteticamente proclama che “Gesù Cristo, che è il Signore di tutti, … passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo“. Poi aggiunge: “noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nella regione dei Giudei e in Gerusalemme. Essi lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che apparisse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi, che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti. E ci ha ordinato di annunziare al popolo e di attestare che egli è il giudice dei vivi e dei morti costituito da Dio. Tutti i profeti gli rendono questa testimonianza: chiunque crede in lui ottiene la remissione dei peccati per mezzo del suo nome”.

E così ancora in S. Paolo, secondo un episodio narrato da Atti degli Apostoli (At 26), in cui tra l’altro leggiamo (Paolo sta difendendosi in un processo intentato contro di lui dai Giudei):

“Agrippa disse a Paolo: “Ti è concesso di parlare a tua difesa”. Allora Paolo, stesa la mano, si difese così: […] “i Giudei sanno che, come fariseo, sono vissuto nella setta più rigida della nostra religione. Ed ora mi trovo sotto processo a causa della speranza nella promessa fatta da Dio ai nostri padri […] Perché è considerato inconcepibile fra di voi che Dio risusciti i morti?

Anch’io credevo un tempo mio dovere di lavorare attivamente contro il nome di Gesù il Nazareno, come in realtà feci a Gerusalemme; molti dei fedeli li rinchiusi in prigione con l’autorizzazione avuta dai sommi sacerdoti e, quando venivano condannati a morte, anch’io ho votato contro di loro. In tutte le sinagoghe cercavo di costringerli con le torture a bestemmiare e, infuriando all’eccesso contro di loro, davo loro la caccia fin nelle città straniere.

In tali circostanze, mentre stavo andando a Damasco con autorizzazione e pieni poteri da parte dei sommi sacerdoti, verso mezzogiorno vidi sulla strada, o re, una luce dal cielo, più splendente del sole, che avvolse me e i miei compagni di viaggio. Tutti cademmo a terra e io udii dal cielo una voce che mi diceva in ebraico: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? Duro è per te ricalcitrare contro il pungolo. E io dissi: Chi sei, o Signore? E il Signore rispose: Io sono Gesù, che tu perseguiti. Su, alzati e rimettiti in piedi; ti sono apparso infatti per costituirti ministro e testimone di quelle cose che hai visto e di quelle per cui ti apparirò ancora. Per questo ti libererò dal popolo e dai pagani, ai quali ti mando ad aprir loro gli occhi, perché passino dalle tenebre alla luce e dal potere di satana a Dio e ottengano la remissione dei peccati e l’eredità in mezzo a coloro che sono stati santificati per la fede in me”.

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Dobbiamo quindi precisare che Dio vuol salvare tutti; ma invece non tutti si salveranno! Perché Dio, pur avendoci salvati in Cristo e a prezzo della Sua morte e risurrezione (quindi siamo salvi per “grazia”), non ci toglie la libertà (altrimenti saremmo dei “burattini senza alcun merito”) e quindi anche la possibilità di rifiutare la chiamata alla santità, la grazia, la conversione e dunque la salvezza eterna! Tutto il Vangelo, cioè Gesù, insiste continuamente sulla necessità della conversione e l’accoglienza fruttuosa della grazia per essere salvi!

Dire – come purtroppo si sente oggi dire sempre più spesso! – che “si salvano tutti e comunque”, cioè anche quelli che rifiutano volontariamente la fede, il Battesimo, la conversione, il pentimento dei propri peccati e il proposito di non più commetterli, la Confessione e l’Eucaristia, non corrisponde affatto al Vangelo, cioè alla parola stessa di Cristo; e quindi non è fedele a Dio, alla Verità rivelata, non è rispettoso della Sua giustizia e del Suo stesso amore. Non è però neppure rispettoso dell’uomo, perché se così fosse Dio scavalcherebbe la nostra libertà (ci farebbe violenza!) e ci toglierebbe la possibilità di acquisire dei meriti (e conseguentemente anche avere delle colpe). Inoltre, questa convinzione erronea di fatto annulla la missione stessa della Chiesa, inviata da Cristo e con lo Spirito Santo nel mondo e nella storia per “salvare” le anime, cioè gli uomini di tutti i tempi e di tutti i luoghi (cfr. Mc 16,15-16 e  Mt 28,17-20)!

Questa “salvezza di tutti e comunque” è infatti una conclamata eresia (falsa credenza nella cosiddetta “apocatastasi”, cioè nella salvezza generale alla fine del mondo), cioè una convinzione falsa, contraria al Vangelo e all’autentica fede cattolica. Essa è stata ufficialmente condannata dalla Chiesa nel Concilio di Costantinopoli II del 553.

L’apocatastasi (dal greco “apocatastasis“) è una falsa dottrina di origine gnostica, diffusa specie nel III secolo, secondo cui ci sarebbe alla fine il ristabilimento generale e definitivo di tutta la creazione (e di tutti) in uno stato di perfetta beatitudine. Anche i peccatori (impenitenti) alla fine del mondo sarebbero tutti perdonati e riconciliati con Dio dopo un “fuoco purificatore.

Tale eresia, condannata (come contraria al Vangelo e all’autentica fede e dottrina) appunto dal Concilio di Costantinopoli II (553), nega la pena dell’Inferno (eterno), di cui invece parla continuamente Gesù!

Questa eresia, che sembra così bella, consolante e a lode dell’amore misericordioso di Dio, è falsa e perniciosa per lo spirito e invece di salvarci ci spingerebbe progressivamente ad abbandonare ogni impegno spirituale e morale e in ultima analisi ci condurrebbe così verso la dannazione eterna!

Una salvezza assicurata a tutti e comunque mina infatti alla base il combattimento spirituale, togliendoci forza, tenacia, volontà di vincere ogni tentazione, spingendoci così inesorabilmente a perdere. Se è vero che l’impeto più forte deve essere quello di amare Dio (e piacergli) con tutte le nostre forze, è pur vero che ci è assai utile anche ricordare e temere la possibilità dell’eterna dannazione!

Questa conclamata eresia, oggi così rimontante e diffusa, oltre ad incoraggiare la pigrizia, svuota poi di senso non solo ogni lotta, ogni fatica, ma anche ogni dolore, persino la forza per affrontare e superare le numerose e inevitabili prove della vita! In queste prove noi possiamo partecipare invece alla passione e Croce di Cristo Signore, e quindi contribuire alla nostra e persino altrui salvezza!

Com’era significativa e bella, sia pur da comprendere esattamente (perché è Cristo, con la Sua grazia, che ci salva), la popolare e fino a poco tempo fa assai diffusa espressione, nell’affrontare le prove della vita: “per guadagnarmi il paradiso”!

Inoltre, questa attuale perdita del significato del dolore e delle prove stesse della vita abbandona progressivamente o in un facile e ingenuo ottimismo (“andrà tutto bene”, comunque) o nella disperazione, persino alla perdita della virtù teologale della speranza (il desiderio di raggiungere Dio, speranza perché appunto non è automatico e assicurato comunque, dunque richiede vigilanza, come Gesù stesso ci richiama molteplici volte!); ma progressivamente, di fronte alle prove della vita e al male del mondo, può condurre anche alla disperazione umana e sociale. Per questo vediamo che sempre più l’uomo contemporaneo, una volta palesatisi gli insuccessi e il fallimento degli strumenti scientifici, medici e persino politici per risolvere i problemi, si sente talmente schiacciato dalle prove e dal male da desiderare di “farla finita”! In questo senso si comprende non solo il vertiginoso aumento dei suicidi (in crescita esponenziale significativamente proprio nei paesi più sviluppati), ma anche l’attuale logica dell’eutanasia e in fondo anche quella dell’aborto (specie quello eugenetico), quando si dice che certe vite non sono degne di essere vissute e allora si eliminano, “nel loro miglior interesse”! Possiamo poi persino cogliere in questa perdita del significato delle prove della vita (“per guadagnarci il paradiso”) anche la crescita esponenziale, specie nelle società più benestanti, dei disturbi psichici, delle depressioni, degli esaurimenti nervosi, persino quando non ci sono problemi reali, ma la vita ha perso appunto di significato. La mancanza di senso (cristiano) della vita, delle sue prove, del dolore e persino della morte, rende infatti pian piano la vita insopportabile.

La mancanza dell’Aldilà rende pian piano insopportabile e soffocante l’Al di qua. Togliere il Cielo ha reso insopportabile e terribilmente noiosa la Terra, nonostante tutti i vani tentativi per non pensarci, per distrarsi, per non fermarsi a riflettere, cioè per alienarsi, perfino con tutti i tipi di “droga”, anche quelli che non si definiscono ufficialmente così!  [vedi o ascolta in proposito un mio breve commento per tutta l’Università Cattolica italiana, richiestomi e prodotto in occasione della festa del Battesimo di Gesù]

Pensiamo poi a quella persino logorante espressione che talora potrebbe emergere dal profondo del nostro io: “Chi me lo fa fare?

Quanto si resiste di fronte a situazioni paradossali, a incomprensioni radicali, persino ad una società che sembra promuovere il cattivo e punire il buono (in questa “dittatura del relativismo”, in questa radicale confusione tra il bene e il male, senza poterli più chiamare con il loro nome)? Alla fine, al di là di qualche raro robusto carattere naturalmente “forte” (quanti lo sono poi davvero e sempre?), questa domanda (chi me lo fa fare?) riemerge in tutta la sua lacerante evidenza, che potrebbe portarci nel vuoto angosciante del non-senso, al lasciarsi andare, ad abbandonare ogni impegno, specie nel combattimento spirituale (interiore)!

La progressiva perdita del senso del peccato, già del “peccato originale” (che ha ferito la nostra natura umana e fa spesso riemergere, persino in coloro che pure ne sono stati liberati per grazia nel Battesimo, la sconsolante sensazione di “non farcela”), come pure la vana lotta contro un’ingiustizia (le cui colpe sarebbero però sempre e solo “degli altri”), potrebbero condurci a non trovare risposta e senso alcuno a questa domanda. Ciò è inesorabilmente accresciuto proprio dal dimenticare che esiste Dio, certo Amore infinito, ma anche Giustizia perfetta e Giudice universale, dal dimenticare che tutti dovremo “rendere conto” a Lui, che tutto e tutti vede e di tutto ricompensa con il premio o il castigo eterno. Questa dimenticanza, potremmo dire persino questa censura (oggi persino nella Chiesa!), dei Novissimi ci toglie alla fine ogni voglia e persino la forza di impegnarci per il bene e per il vero. Chi me lo fa fare? La risposta più grande, più vera e più forte è ancora: Dio!

Inoltre, al di là della nostra tanto declamata volontà di essere “liberi” (persino di fronte a Dio! e questa è la radice di ogni peccato!), quanto invece siamo spesso schiavi del “giudizio degli altri”!

Quanta libertà vera dona invece la certezza del giudizio di Dio, che è ciò che conta davvero (soprattutto per la nostra salvezza eterna, ma anche per la nostra vera pace interiore in questa vita e talora persino per la risoluzione autentica dei problemi, perché comunque esiste e opera la Provvidenza divina! cfr. Lc 12,4-7.15-31), che ciò che saremo per tutta l’eternità non dipende assolutamente da ciò che gli altri pensano di noi (a dire il vero neppure da ciò che pensiamo anche noi di noi stessi), ma da ciò che pensa Dio di noi!

“Alienante” non è la religione, tanto meno il pensiero e la preoccupazione primaria dell’Aldilà (come pensava ad esempio il marxismo), ma esattamente il contrario: l’abolizione dell’Aldilà, dei Novissimi, toglie forza e impegno nella vita presente.

Chi voleva fare il paradiso sulla terra (immanente, contro ogni trascendenza), ne ha fatto un inferno, come dimostrano ampiamente le ideologie, le rivoluzioni e i regimi della modernità (vedi il nostro ampio documento).

Rimangono prima dei “valori”; poi decadono progressivamente anche questi, come riconosce anche il nichilismo e ci indica la società contemporanea (e come aveva profetizzato Nietzsche: senza Dio siamo “Al di là del bene e del male” – vedi anche la citazione circa la morte di Dio, nell’aforisma 125 della Gaia scienza “L’uomo folle”, riportata all’inizio appunto della News “Dio è morto!”).

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Già il Protestantesimo, cadendo anche nell’eresia della “sola grazia” (saremmo salvi gratuitamente per Cristo, per la fede, senza alcun nostro impegno), aveva da un lato portato allo svuotamento della morale e dall’altro aveva generato un “moralismo” asfissiante e persino ipocrita. Pure la filosofia ne ha risentito: pensiamo a Kant e al suo tanto irrazionale quanto vuoto “imperativo  categorico” (“devo perché devo”). E se per Lutero l’eresia della “sola grazia” (sola fede) aveva infatti persino portato all’esasperazione del peccato (“pecca fortiter”), con Calvino aveva addirittura condotto, vista comunque l’inesorabile presenza del male, nella terribile dottrina della “predestinazione” (alcuni nascono già per andare in inferno ed altri per andare in paradiso)!

L’attuale “misericordismo” (si salvano tutti, “Dio perdona tutti e sempre!”, “delinquente il prete che non assolve tutti e sempre!”), tanto antievangelico quanto menzognero e ingannatore – intanto prima o poi deve fare i conti con il male;  e allora i nuovi “dannati” sarebbero solo quelli che operano ingiustizie sociali o persino chi inquina l’ambiente! – rende l’amore di Dio una favola, contro la Sua giustizia. E mentre sembra che apra le porte a tutti (vedi ad es. la News precedente), spalanca le porte non solo ad un male che può diventare sempre più forte e insopportabile (persino condurci all’apocalittica fine), ma quelle stesse dell’inferno!

Ciò rende di fatto la Chiesa inutile (“sale che perde il sapore”!), ridotta ad un gruppo di “impegno sociale” (peraltro sempre più sparuto, perché non avrebbe davvero nulla di nuovo e risolutivo da dire al mondo, ma anzi spesso si trova a rimorchio delle ideologie dominanti); per altri la comunità cristiana diventa invece una sorta di comunità “wellness”, dove trovarsi bene e avere sostegno psicologico (non importa se poi ci si riduce ad obbedire ciecamente al leader di turno, come in una setta). Per questo poi la Chiesa si riduce a parlare in modo logorroico di se stessa (e farlo “insieme”, con migliaia di incontri, non rende meno vano il “cammino”!), di come organizzare la propria attività, preoccupata di “fare qualcosa”! Alla fine ci si riduce al moltiplicarsi di noiosissimi incontri, in genere comunque per “addetti ai lavori” (nonostante il tanto declamato “ascolto di tutti”), peraltro sempre gli stessi. Ciò ha reso pure i sacerdoti degli “operatori sociali” o dei semplici “presidenti” di comunità.

È indispensabile ricordare che la legge suprema della Chiesa, la sua stessa ragion d’essere, è la “salvezza delle anime” (“salus animarum suprema lex”!). È indispensabile ricordare che la salvezza della propria anima è il primo dovere (“Che giova infatti all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde la propria anima?” Mc 8,36), il senso di tutto e la forza per poter affrontare anche ogni avversità.

Anche le liturgie sono diventate antropocentriche ed ecclesiocentriche. Persino il “Sacrificio” di Cristo (in Croce e che si rinnova in modo incruento nella S. Messa) s’è ridotto unilateralmente alla “Cena del Signore”, forse persino ad una “cena della comunità”!

In proposito, è importante ricordare che nel cuore e centro stesso della S. Messa (vedi nel sito), proprio nelle parole della “consacrazione del vino” (che diventa così il Preziosissimo Sangue del Signore Gesù, rinnovandosi in modo incruento il Sacrificio della Croce e la vera effusione del Suo Sangue, offerto al Padre per la nostra Redenzione), il testo ufficiale latino sottolinea, secondo le parole stesse di Gesù nell’Ultima Cena, che tale Sangue è “pro vobis et pro multis effundétur”. Erronea quindi la traduzione in molte lingue moderne (ad esempio in italiano, ma anche in tedesco – già il teologo e cardinale J. Ratzinger aveva sottolineato più volte questa erronea traduzione, che implica non pochi problemi a livello teologico, come stiamo sottolineando; ma non fu mai ascoltato, neanche da Papa!) in un “per tutti” (a parte che anche “effuso” è molto più preciso e pregnante, sottolineando l’offerta e donazione libera, del generico “versato”, che potrebbe essere anche per un involontario incidente o omicidio)! Purtroppo anche le continue (e talora improprie) traduzioni italiane della CEI non hanno corretto questo errore, che come si può capire presuppone una sostanziale differenza (Gesù muore per la salvezza di tutti, ma non tutti si salvano, perché non tutti accolgono questa grazia, per cui Gesù effonde di fatto il Suo Sangue “per molti”).

Trattandosi però delle parole stesse di Gesù, il riferimento è alla traduzione CEI della Bibbia (già approvata nel 2002). Molti cambiamenti (e traduzioni improprie, come per il “nuovo” Padre nostro) sono in effetti già lì, così che prima sono entrate nel nuovo Lezionario (entrato in vigore il 2.12.2007) e poi (per le citazioni evangeliche) anche nel nuovo Messale (entrato in vigore nella Pasqua 2021).

Strano però (o è indice proprio della volontà di sottolineare la salvezza di “tutti”?) che, mentre la traduzione CEI dei Vangeli, nel racconto dell’istituzione dell’Eucaristia nell’Ultima Cena, in proposito indichi invece queste parole di Gesù “il mio sangue versato per molti” (cfr. Mt 6,27; Mc 14,24), le parole della consacrazione anche nel nuovo Messale sono invece rimaste tenacemente “per tutti”!

In sintesi, ricordiamo la celebre espressione di S. Agostino: “Colui che ti ha creato senza di te, non può salvarti senza di te”!

Infine, pensiamo agli attuali funerali (Esequie): oltre a chi non vuole funerali religiosi (e, abbiamo visto di recente per un caso italiano importantissimo, viene elogiato anche dalle più alte autorità ecclesiastiche!), anche quelli religiosi hanno ormai ben poco di cattolico. Tra l’altro, oltre a  contravvenire le norme liturgiche, già molto fluide (non sono comunque previsti elogi funebri ma ci si deve attenere a pregare e meditare sul mistero di Cristo morto e risorto e quindi sulla fede e morale cristiana), non ci si attiene nemmeno più allo stesso Diritto Canonico, che in molti casi nega comunque che si possano celebrare le Esequie cattoliche (vedi).

Oggi tutti sono bravi, salvi, santi; tutti vanno comunque in paradiso (se ancora ci si crede)! Cosa significhi allora celebrare e pregare “in suffragio” dell’anima del defunto non è dato sapere (tenendo presente che c’è certezza dell’ingresso in paradiso solo per i Santi canonizzati dalla Chiesa)!

Pensiamo ad esempio invece al celebre inno liturgico medievale del Dies irae (vedi nel sito, in fondo alle Preghiere varie, anche in traduzione italiana), che si cantava soprattutto in questo tempo liturgico (ora solo un timido possibile rimando, nella Liturgia delle ore, per questa ultima settimana dell’anno liturgico) e comunque in ogni funerale (altro che elogi funebri e persino applausi … se si tratta di esequie con spessore mediatico)!

Tale inno ha lasciato una traccia profonda persino nella storia della musica! Basterebbe pensare al celebre Requiem di Mozart. Ecco in proposito la scena del film Amadeus (1984), quando Mozart, morente, ne detta a Salieri una decisiva strofa:  “Confutatis, maledictis, flammis acribus adictis; voca me cum benedictis”! (vedi e ascolta).

Ascoltiamo, meditiamo, preghiamo e … non dimentichiamo!