Dividiamo questa Notizia in due parti, di cui la prima, per la sua importanza etica, è mantenuta come documento nella sezione “Fede e morale” (vedi)
Nella prima parte (A) soffermiamo infatti la nostra attenzione sulla questione della “bestemmia”, con i suoi risvolti etici e persino sociali. Nella seconda parte (B), a partire da recenti notizie, vediamo come potrebbero essere invece considerate “offensive”, nella società sempre più animalista, alcune espressioni riferite al …cane!
A) La bestemmia (vedi)
B) L’offesa al cane
L’importante non è non offendere Dio, ma il cane?
A motivo della confusione mentale e culturale sulla corretta (filosofica, metafisica e anche religiosa) “gradualità ontologica”* e del ritorno a forme peraltro arcaiche di “panteismo” (la dea Natura), con conseguenze come l’esasperato ecologismo (vedi) e animalismo (si dà più importanza alla natura e agli animali che all’uomo), oggi tale delirio culturale raggiunge anche l’ambito che qui trattiamo (la bestemmia; i “diritti” di Dio, dell’uomo e degli animali).
* Ricordiamo quale sia, anche razionalmente e filosoficamente, la corretta “gradualità ontologica” (l’ordine d’importanza degli esseri): 1. Dio (Essere Supremo); 2. Angeli (puri spiriti creati, senza corpo); 3. Essere umano (spirito creato e immortale, e come tale pensante e libero, in un corpo); 4. Animali (esseri viventi dotati di sensibilità o vis estimativa); 5. Vegetali (esseri viventi dotati solo di vis vegetativa); 6. Materia.
Se la bestemmia sembra di fatto platealmente tollerata, nonostante le norme vigenti, pare invece che gli animali, ad esempio il cane, acquisti progressivamente una dignità intangibile (e non si può non pensare in proposito ad una terribile diffusa bestemmia che dovrebbe farci rabbrividire)!
Circa l’importanza data oggi al cane (nonostante che l’abbandono dell’agricoltura e quindi della vita agreste abbia poi costretto i cani, ed è per loro una vera violenza, a vivere negli appartamenti, con la pappa preparata da noi e senza neppure avere la soddisfazione di cacciare, e i bisogni fisiologici obbligati), al di là di ciò che possiamo quotidianamente constatare, già in una passata News (del 17.01.2018) avevamo fatto alcune considerazioni, in riferimento anche solo ad alcuni dati italiani.
Ne riportiamo qualcuno (rimandando al testo completo nella Notizia indicata):
Gli Italiani che posseggono almeno un cane sono 35 milioni e la spesa annua per i cani si aggira attorno a € 3,5 miliardi (di cui la metà per l’alimentazione, in crescita annua del 4%, e l’altra metà per gli accessori e le cure). Se la loro alimentazione diventa sempre più raffinata (fino a fare invidia a molti poveri) e costosa, la loro cura prevede già non solo le spese veterinarie (in alcune città c’è già persino il numero di emergenza, anche notturno, per contattare una clinica veterinaria) ma gli “psicologi” per cani e persino i “coccolatori professionisti”, con percorsi educativi “personalizzati”(in Italia ce ne sono 2000, 400 solo in Lombardia); poi ci sono i “dog-toys” (le vendite crescono in modo esponenziale) e persino le “vacanze” pensate appositamente per loro. Dato poi che sono diventati anche uno status-symbol (“dimmi che cane hai e ti dirò chi sei”), c’è chi pensa per loro anche regali tipo “cappotti di cachemire” o collarini con “cristalli di Swarovski”. Anche le assicurazioni per i cani sono poi passate in poco tempo dai € 50 ai € 150 annui per polizza. Sono poi apparse le “pompe funebri” per i cani, con tanto di “cremazione” e consegna delle ceneri da portare a casa (così, recita una pubblicità in merito, “non ci separa più da loro anche dopo la loro morte”).
Sono diventati “gli amici a 4 zampe” (che tristezza parlare di amicizia in questi termini, quasi che la differenza sia data dal numero delle gambe!), “animali da compagnia” (quanto deve sentirsi terribilmente “solo” l’uomo contemporaneo, se magari rifiuta la preghiera e la comunione con Dio per sentirsi poi in compagnia solo di un cane), “amori” (c’è chi dice che non si può capire l’amore se non si ha un cane!), “figli” (c’è chi gli dice “vieni dalla mamma”! ed è diventato di moda chiamare invece i figli “i miei cuccioli”!) e la loro “dipartita” una tragedia (con tanto appunto di simil-funerali, cremazione e conservazione delle loro ceneri; c’è chi è arrivato a dire ad un amico che capisce il suo dolore per la morte della mamma perché anche lui ha perso il cane!). Il guinzaglio al collo è diventato una proibita tortura, sostituito da quello ascellare (tenendo presente che un grande cane potrebbe così superare in forza quello del suo proprietario e trascinarlo via o sfuggirgli; ma presto verrà considerato crudele anche qualsiasi guinzaglio (ma non lo è forse anche tenerli chiusi in un appartamento?). È diventato intanto proibito definirsi loro “padroni”. Infatti per il 90% dei proprietari, i cani fanno parte della loro “famiglia” (pare che il 60% ammetta di portarselo anche a letto).
Così vediamo (quasi d’obbligo, per educazione) far festa al cane del conoscente come si farebbe al suo bambino (quando c’è invece chi guarda storto a dei genitori che hanno commesso l’errore di far nascere un bambino non proprio “normale”, mentre nel suo “miglior interesse” sarebbe stato meglio abortirlo, cioè ucciderlo)!
Nella Notizia del 2.03.2018, avevamo sottolineato come tale idolatria del cane (perché di questo si tratta, non del normale affetto che l’uomo ha sempre nutrito per questo mammifero che ha chiamato “amico” e che si mostra in genere così “fedele” e affettuoso) assuma ora anche dei connotati giuridici, il che può rappresentare qualcosa di molto pericoloso nel campo del Diritto!
Ad esempio già nel 2010 una riforma del Codice della strada (art. 31 legge 29/luglio/2010 n. 120, modifica dell’articolo 189 del decreto legislativo n. 285 del 1992) veniva di fatto ad equiparare, anche a livello penale, l’investimento di un cane o di un gatto a quello di un essere umano (quando dovrebbe essere ovvio che l’animale non è consapevole e quindi può gettarsi improvvisamente in una strada senza possibilità di evitarlo). Un taxista è stato intanto linciato e ucciso per aver investito un cane!
Così, dal 6.02.2018, la Protezione Civile ha tra i suoi doveri quello di soccorrere e assistere gli animali (Decreto Legislativo n. 224, pubblicato in Gazzetta Ufficiale con il titolo “Codice della protezione civile”); infatti nella modificazione dell’art. 1 di tale Codice si menziona ora che il dovere di tale Ente nazionale (di pubblica utilità) riguarda pure “la tutela della vita, integrità fisica, beni, insediamenti, animali e ambiente, dai danni o dal pericolo di danni derivanti da eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall’attività dell’uomo”. In altri termini, gli addetti della Protezione civile devono salvare ad esempio tanto un bambino quanto un gattino finito sotto le macerie di un terremoto.
A proposito dei nuovi “diritti” del cane, ecco una notizia di questi giorni, che ci giunge dalla Spagna (leggi) (si tenga presente anche la diffusione della nuova “parola magica” – best interest – usata in Inghilterra, e non a caso si cita ovunque in inglese, anche per uccidere i bambini, cfr. News del 10.04.2017 e 2.06.2017, del 30.04.2018 e del 6.09.2020).
Se, com’è noto, le famose “corride” spagnole sono già andate sotto accusa per salvaguardare la vita dei poveri tori, ora si fa strada la questione dei “diritti del cane” (non certo dei bambini nascituri nel grembo della propria madre)!
Sembrano come al solito belle parole e nobili sentimenti, si pur nella confusione mentale e culturale sulla gradualità ontologica e nell’dolatria pagana dell’ecologismo e animalismo sempre più imperanti; ma in realtà creano dei pericolosi precedenti e potrebbero produrre un monstrum giuridico. Ecco il caso.
Un uomo di Oviedo, dovendo essere impegnato all’estero per due anni (2018/2020), lascia in affido il proprio cane alla cameriera. Quando torna, desidererebbe riaverlo, ma la cameriera si oppone. Andati per via legale (nel febbraio 2021 il proprietario denuncia la cameriera per appropriazione indebita) e il Tribunale civile di Oviedo nell’ottobre 2021 gli dà ragione. La cameriera fa però ricorso e lo vince. Infatti il 5.01.2022 in Spagna è entrata in vigore una nuova legge, che sembra marginale ma invece è di una pericolosità giuridica enorme: stabilisce infatti che i cani, in quanto «esseri viventi dotati di sensibilità», non devono più essere considerati “beni mobili” (cose), ma una sorta di via di mezzo tra le cose e le persone! Con questo nuovo status obbligherà ad esempio a precisi accordi sul loro mantenimento in caso di divorzio tra i padroni (proprio come se fossero dei figli!) oppure non potranno essere oggetto di pignoramento in caso di debiti.
Nel caso specifico sopra indicato, il giudice ha quindi stabilito che il cane in oggetto (Tuco) dovrà rimanere con la cameriera (Ousimamia), perché «il suo benessere consiglia di non apportare modifiche alla situazione attuale, modifiche che potrebbero causare inutili sofferenze all’animale». In altri termini, secondo il nuovo status giuridico dei cani (appena entrato in vigore), non si tratta più di garantire i legittimi diritti del proprietario, ma il best interest del cane!
È il preludio al riconoscimento di “diritti soggettivi” del cane, cioè la sua piena soggettività giuridica?
Molti pensano in tal senso che presto in Spagna, dopo aver pensato ai diritti dei tori nelle corride (perché da lì si era partiti) e aver dato questo per ora confuso stato giuridico al cane, si potrebbe presto essere denunciati come “torturatori” del cane per un guinzaglio troppo stretto o di “violenza privata” per non averlo portato ad espletare i suoi bisogni, o di “riduzione in schiavitù” per averlo tenuto in casa o legato ad una cuccia? E non essere d’accordo con queste nuove idee potrebbe essere negato o perseguito come “diffamazione” o “discriminazione”? (a quando la denuncia per cannibalismo per aver mangiato una bistecca?).
Intanto, mentre l’Occidente si sta preparando a passare dalla “dittatura sanitaria” a quella “ecologista” (vedi), i diritti degli animali entrano addirittura silenziosamente nella Costituzione Italiana! Dopo che lo aveva fatto a novembre (2021) la Camera, in questi giorni (11.02.2022) lo ha fatto il Senato, praticamente all’unanimità (468 favorevoli, 1 contrario, 6 astenuti): si tratta del cambiamento addirittura degli articoli 9 e 41 della Costituzione, dove si introduce appunto «la tutela dell’ambiente e degli animali» (cfr. Corriere della sera leggi).
Infine, ecco una simpatica ma agguerrita proposta che proviene dalla Associazione Italiana per la Difesa degli Animali e Ambiente (AIDAA) (leggi) (leggi).
Si tratta di una “petizione” in cui si chiede di eliminare dal linguaggio comune espressioni che possono risultare “offensive” nei confronti del cane!
Per intenderci: vietato dire “porco cane”*, “mondo cane”, “cane bastardo” o “figlio d’un cane” (non per non offendere l’uomo ma per non offendere il cane) e le varie parolacce e persino bestemmie che implicano l’uso della parola cane (non per non offendere Dio, ma per non offendere il cane!!).
* tra l’altro, perché l’espressione “porco cane” dovrebbe essere offensiva del cane e non anche del porco? E “porca vacca” è offensivo per l’uno o per l’altra o per tutti e due?
E poiché la scuola deve essere come sempre il luogo dell’indottrinamento di massa, fin dalle più tenere età, l’AIDAA chiede che i bimbi siano educati al buon uso della parola cane fin dalla scuola materna. Viene pure chiesta l’eliminazione di tutte quelle favole (da “Cappuccetto rosso” in giù) in cui si allude alla cattiveria del “lupo”.
Divertiamoci un po’ (maieuticamente portando l’errore fino alle estreme conseguenze, fino all’assurdo, perché di ‘follia’ ormai si tratta): sarebbe allora proibito dire pure che fa un “freddo cane” o un “caldo bestiale”? Dire ad un ignorante che è un “asino” (peraltro il mite animale che sta pure nel presepe accanto a Gesù Bambino!) sarebbe offensivo per l’animale? Così con le povere oche? Non potremmo più dire, per rispetto ovviamente agli animali citati, che uno è “matto come un cavallo”, che è un “porco” se è ad esempio cattivo o lussurioso, un “coniglio” se è pauroso (o troppo prolifico), una “iena” se è cattivo, uno “sciacallo” se approfitta delle disgrazie altrui, uno “squalo” se emerge improvvisamente come un grave pericolo, un “elefante in una cristalleria” se è poco elegante, una “lumaca” o una “tartaruga” se è troppo lento, che è un “orso” se è troppo solitario? E poi, perché definire ancora una “papera” un errore?
Si potrebbe giungere a chiedere di togliere dal Vangelo certe espressioni di Gesù stesso (che pur ha parole tenerissime per gli “uccelli del cielo”, cfr. Mt 6,26), come “Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci” (Mt 7,6), da cui emerge pure l’usuale espressione italiana “cani e porci” pronunciata con intento denigratorio per definire destinatari di tutti i tipi e indegni?
Dalla tolleranza per la bestemmia … ai diritti del cane e al rispetto anche verbale degli animali…
Torna ancora in mente un detto profetico di S. Giovanni Maria Vianney (il Santo Curato d’Ars): “Lasciate una Parrocchia senza prete (cioè lasciate l’uomo senza Dio); dopo 20 anni adoreranno le bestie”!