Pochi giorni fa (27.10.2020) il Papa ha autorizzato la Congregazione delle Cause dei Santi a procedere alla canonizzazione o beatificazione di alcuni nostri fratelli e sorelle nella fede (vedi). Tra questi, è stato riconosciuto il “martirio”, cioè l’uccisione in odium fidei (da parte di partigiani comunisti il 21.07.1945, quindi a guerra finita) di don Luigi Lentini, parroco di Crocette di Pavullo nel Frignano (Modena).
Siamo nel terribile “triangolo rosso” emiliano, dove negli ultimi mesi di guerra e nel primo periodo post-bellico (1944-1946), con ferocia inaudita e premeditata, i partigiani comunisti uccisero 22 (circa 100 in tutta Italia) sacerdoti o frati e persino il quattordicenne seminarista Rolando Rivi (già proclamato Beato, cfr. News 15.04.2018, 5.10.2013, 27.11.2013, 14.05.2011). Nel giugno 1946 venne ucciso anche don Umberto Pessina; e si è avviato il processo di beatificazione anche per don Tiso Galletti.
Don Luigi Lenzini (1881-1945) è il primo sacerdote che sarà beatificato, col titolo di martire, tra quelli uccisi dai comunisti in Emilia in quel periodo.
Con questo riconoscimento canonico, prezioso per la nostra fede, si getta finalmente nuova luce sui delitti che si perpetrarono, “in odio alla fede”, specie in quelle zone emiliane, da parte di molti partigiani comunisti, addirittura anche a guerra finita, e quasi sempre rimasti impuniti.
Nei primi decenni del dopoguerra, anche a motivo dell’egemonia (comunista) del PCI nella zona, e la stessa pressione contraria da parte dell’ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia) c’era ancora molto timore e reticenza nell’affrontare, anche da parte della Magistratura, questi casi, i reali mandanti e gli artefici di questi atroci delitti, pur conosciuti dalla popolazione locale.
Lo stesso documento vaticano in merito delinea il quadro storico e ideologico dentro cui si colloca l’uccisione “in odio alla fede” e quindi il martirio di don Luigi Lentini: «In Emilia-Romagna negli anni 1943-1945 gruppi della Resistenza, sostenuti dal Partito Comunista, cominciarono a progettare la liquidazione della Chiesa, considerata ostacolo all’ascesa del marxismo nel dopoguerra. Le brigate comuniste, non trovando l’appoggio della gente dell’appennino modenese legata ai valori cristiani, cominciarono a colpire i sacerdoti. Don Lenzini continuò a svolgere la propria missione sacerdotale assistendo chiunque ne avesse avuto bisogno, indipendentemente dall’appartenenza politica. Il clima persecutorio verso gli esponenti della Chiesa e la ferocia usata dai carnefici per indurlo a bestemmiare e ad inneggiare a Stalin, attestano che l’odium fidei fu il motivo di questa esecrabile uccisione». «Dopo la Liberazione aveva ricevuto minacce, eppure aveva continuato a svolgere il ministero con carità e franchezza. La fama di martirio si diffuse subito e permane fino ad oggi, unita ad una certa fama di segni».
Nella notte tra il 20 e il 21 luglio 1945, si presentarono alla porta della canonica dei giovani, con il pretesto dell’amministrazione dei sacramenti ad un moribondo. Resosi subito conto che si trattava di una trappola, perché aveva appena fatto visita all’ammalato indicato, il Parroco don Luigi Lentini scappò su per le scale, raggiunse il campanile e suonò le campane per attirare l’attenzione dei parrocchiani, ma senza risultato. I sequestratori iniziarono infatti a sparare sul piazzale della chiesa per intimorire chiunque avesse osato intervenire a difesa del Parroco. Raggiunto e sequestrato con incredibile violenza, don Luigi fu trascinato mezzo svestito in aperta campagna, e a circa un chilometro dalla canonica, lo obbligarono a scavarsi la fossa e, dopo averlo picchiato selvaggiamente, fu evirato, gli strapparono le unghie e lo finirono con un colpo alla testa. Fu ritrovato, sepolto a testa in giù, il 28 luglio successivo.
Le indagini compiute nell’immediatezza dei fatti dai Carabinieri furono ostacolate dalla reticenza dei testimoni, che continuarono per anni a mostrarsi impauriti e restii a qualsiasi testimonianza in merito (persino la perpetua che pur aprì la porta ai partigiani quella notte).
Significativo che don Luigi, in tempo di guerra, avesse fatto tanto bene anche a questi giovani partigiani (come ad altri giovani e parrocchiani) che lo sequestrarono e uccisero, nascondendoli anche durante i rastrellamenti tedeschi. Uno di loro inoltre aveva frequentato e conosceva bene la canonica.
A carico degli arrestati, che pur si contraddicevano e si accusavano l’un l’altro, c’erano molti indizi, ma non emersero prove decisive. Così, quando nel 1949 si fece il processo relativo a quel delitto presso la Corte d’Assise di Modena, nonostante i fortissimi dubbi manifestati dal pubblico ministero, si giunse all’assoluzione degli imputati “per insufficienza di prove”.
Ora don Luigi Lentini sale agli onori degli altari. Preghi per noi, perché resistiamo senza paura ai nuovi virulenti attacchi del Maligno e stiamo con coraggio dalla parte di Cristo e della Verità.