Abbiamo parlato altre volte della terribile legge contro la “blasfemia”, in vigore in Pakistan (musulmano) dal 2003, legge che permette anche a soli due testimoni (in fondo è facile, anche senza prove certe) di accusare chiunque di offesa all’Islam, il che può condurre a pene severissime, fino alla condanna a morte!
Tale legge è talora impugnata semplicemente per vendette personali; ma è soprattutto usata per condannare a morte i cristiani, spesso perché non vogliono convertirsi all’Islam. Divenne famosa la dolorosissima odissea, durata 10 anni, di Asia Bibi, giovane donna cristiana, condannata a morte per non aver voluto convertirsi alla religione musulmana; in quel caso, grazie anche ad una mobilitazione mondiale, dopo 10 anni di carcere duro il processo s’è concluso nel gennaio 2019 con la liberazione (v. News del 30.01.2019).

Anche in questi giorni (8.09.2020) un altro cristiano è stato condannato a morte per ‘blasfemia’. Si tratta di un uomo di 37 anni, Asif Pervaiz, padre di 4 figli, che nel 2013 giunse a licenziarsi dalla ditta di calze dove lavorava, a Lohore, perché il suo supervisore, Muhammad Saeed Khokhar, lo spingeva ad ogni costo a convertirsi all’islam, rendendogli la vita difficile. Di fronte alla sua resistenza, il 2.10.2013 Asif venne allora accusato dal suo datore di lavoro Saeed Ahmed Khokhar, musulmano, di avergli inviato tramite cellulare messaggi blasfemi sull’Islam, il Corano e Maometto. Nonostante la falsità dell’accusa, ma temendo il peggio, Asif ha cercato allora di fuggire e tenersi nascosto; ma 8 giorni dopo è stato trovato e arrestato. Per prenderlo, la polizia ha dapprima arrestato dei suoi familiari (la madre, Naseem Akhtar, e due cognati), poi ha picchiato un suo amico, Waseem Anwar, perché rivelasse il suo nascondiglio. Ora, dopo quasi 7 anni di carcere, il processo s’è concluso con la condanna a morte di Asif. [fonte: AsiaNews, 9.09.2020]