L’Ungheria prosegue coerentemente per la sua strada nella promozione e difesa di alcuni principi cristiani ‘non negoziabili’, senza farsi intimorire e dominare dal “pensiero unico dominante”, dalle nuove ideologie e dalle direttive in tal senso che provengono dalla UE o dall’ONU. E in questo il premier Orban ha una tenacia che non teme le pressioni, le ritorsioni e le calunnie (persino numerose fake-news) che da tali organismi provengono.
Il Parlamento ungherese ha deciso ad esempio, con una Risoluzione presentata dal partito dei Democratici Cristiani e approvata dalla maggioranza dei parlamentari (115 voti a favore e 35 contrari), di non ratificare la Convenzione di Istanbul, subdolamente pro-gender, che parla della sessualità come di una “costruzione sociale”, quindi sprezzante della stessa oggettività biologica e della “legge naturale”, continuamente irrise dal potere culturale, economico e politico di gran parte dell’Occidente.
Si tratta di una Convenzione del Consiglio di Europa del 2011 ed entrata in vigore nel 2014 dopo le prime 10 ratifiche. Dei 47 Paesi membri, tale Convenzione non è stata ratificata da gran parte dei paesi dell’Europa centro-orientale (Ungheria, Ucraina, Rep. Ceca, Slovacchia, Lituania, Lettonia, Moldova, Liechtenstein, Bulgaria, Armenia, e persino dal Regno Unito); altri Paesi non hanno nemmeno firmato il documento (Russia e Azerbaijan), altri hanno accompagnato la firma con importanti riserve (Romania, Polonia, Andorra, Malta, Slovenia).
Come al solito, anche le nuove potenti ideologie, come quella del gender, nascondono il loro vero intento (che stravolge la natura stessa dell’uomo) sotto il pretesto della difesa di veri o presunti diritti o comunque buone e accattivanti idee. In questo caso, la Convenzione parla ufficialmente di “difesa delle donne contro le violenze, anche domestiche”; ma ad un esame più attento del testo, si capisce che il vero intento è quello di diffondere e imporre l’ideologia gender. Si afferma ad esempio (articoli 3 e 4) che il “genere” è diverso dalla realtà biologica sessuale; si propone di sradicare qualsiasi «tradizione basata sul genere stereotipato dei ruoli» (articoli 12 e 13); si oppone al diritto dei genitori di essere gli educatori primari dei propri figli (articoli 12 e 14); presume che gli uomini siano sempre i colpevoli della violenza domestica (art. 12); e impone infine un imponente meccanismo di monitoraggio in tal senso dei Paesi, tale da scavalcare ed erodere le sovranità nazionali (art. 66).
La Risoluzione ungherese, che si oppone a tale Convenzione di Istanbul, riafferma con chiarezza e fermezza che tale ideologia in essa sottesa è contraria alla tradizione, all’ordinamento e ai valori del popolo ungherese.
In risposta, è ovviamente subito scattata di nuovo la guerra dei poteri forti internazionali (v. ad es. The Guardian) contro Orban e le sue politiche, accusandolo di omofobia e persino di misoginia.