La vera scienza, al di là delle iniziali euforiche pretese peraltro di stampo ottocentesco (scientismo, positivismo), è in genere molto umile. Non solo perché più scopre e più si accorge che c’è da scoprire (e che la realtà è molto più complicata di come prima si potesse pensare), ma per il suo stesso metodo (induttivo e sperimentale, per cui procede per intuizioni, verifiche sperimentali e quindi per generalizzazioni comunque di casi particolari, anche quando fossero sufficientemente certi, per cui sempre ancora passibili di falsificabilità) e per la sua intrinseca incapacità di dare giudizi pur indispensabili per la vita dell’uomo, come quelli etici (bene e male non sono giudizi scientifici ma morali; eppure proprio una scienza usata per il male può oggi persino distruggere l’umanità e il pianeta, come può aiutarci invece a migliorare la vita se usata per il bene).
Anche di fronte a questa che è la più grande pandemia mondiale almeno degli ultimi decenni, la scienza, nonostante il suo immenso progresso, si trova di fatto, al di là dell’altezzosità di certi suoi cosiddetti esperti, a balbettare, non sapendo neppure rispondere alle domande più elementari: com’è nato il virus? ha uno o più ceppi? come si diffonde? quanto persiste al di fuori dell’uomo (decisivo per sapere ad esempio se un ambiente può essere contagioso anche dopo che è stato frequentato e lasciato da persone eventualmente infette)? è vero che gli animali non lo trasmettono (visto che ormai non c’è quasi casa senza un cane e loro non hanno certo limiti di contatti, anzi, annusano di tutto e ovunque)? come avvengono i contagi? su quali superfici (anche attraverso le banconote o le monete, i pulsanti di campanelli, citofoni, ascensori)? a quali distanze si è sicuri (è vero che bastano 1-2 metri)? e soprattutto, una volta infettati: come si cura questa infezione virale?
Così i governanti, comunque più che mai proni ai “comitati scientifici”, si trovano ad annaspare, nonostante il piglio talora persino dittatoriale, in drammatiche e provvisorie soluzioni, talora persino irrazionali se non dannose, di fatto ancora medievali: tutti a casa, isolati, con mani bocca e naso coperti! (e non importa se ciò provoca nuovi danni alla salute, alla psiche, alla società e drammaticamente all’economia privata o di un intero Paese)!
Nonostante ciò, i cosiddetti “esperti”, come i “Comitati tecnico-scientifici” (da chi sono composti? chi li ha scelti?), non hanno mancato di pontificare ad ogni ora, con le loro statistiche e i loro nuovi dogmi, indiscutibili, da credere e da obbedire, sotto pena di reato. Ed hanno preteso entrare persino nel merito delle questioni … “divine” (se e come celebrare, quali sacramenti, ecc.)! [l’infettivologo Galli ha affermato: «Non si può consentire la libertà di culto. La Messa non è una priorità». Il virologo Burioni ha dichiarato: «Dio vuole che tutti preghino da casa… abbiamo chiuso quello che non è indispensabile, penso che la parrocchia possa non aprire»].
Non importa se all’inizio veniva spontaneo chiedersi perché si potesse celebrare un matrimonio civile in Comune e non uno religioso in Parrocchia (v. sotto Notizia del 10.04.2020), perché si potessero dire le preghiere funebri al cimitero e non in chiesa, perché fosse possibile prendere un autobus (sia pur adattato con riduzione di posti ma comunque al massimo di mq 40) ma fosse vietato celebrare anche distanziati in una vastissima cattedrale o con pochissime persone in una S. Messa feriale o nella chiesa di un paese di montagna; e soprattutto, come pareva soprattutto all’inizio delle prime liberalizzazioni, perché partecipare alla Santa Messa, anche nel rispetto di tutte le distanze e norme sanitarie, fosse stato considerato più contagioso che andare al supermercato, dal tabaccaio, in libreria e poi persino al bar, al ristorante o in un museo.
Inutile porsi domande. Basta dire “tecnico-scientifico” perché un non meglio precisato Comitato diventi subito un’entità dogmatica sovrana e le sue formulazioni verità indiscutibili cui dover obbedire ciecamente!