La storica assenza di “libertà di educazione” in Italia.
Come dovrebbe essere noto (ci sono sul sito anche molte notizie su questo problema, ad esempio del 12.12.2019), l’Italia è uno dei pochi Paesi tra le democrazie occidentali in cui la “libertà di educazione” (uno dei diritti fondamentali dell’uomo, cioè la libertà di scegliere scuole e università che siano secondo le proprie identità culturali e religiose o comunque che si ritengono più idonee alla formazione) è garantito solo a parole, anche dalla Costituzione, ma non si è mai attuato.
È ancora un retaggio ideologico del Risorgimento, in opposizione alla Chiesa Cattolica e alle sue istituzioni educative (in genere molto ambite, persino dai non-cattolici) e secondo una visione “statalista” (lo Stato come unico supremo educatore delle nuove generazioni) che ha avuto anche nella tradizione marxista della “sinistra” un proprio perno.
Persino nello stesso lessico diffuso è presente un equivoco, indotto, per cui si parla di scuole “statali” e di scuole “private”, quando invece anche le scuole “non-statali” svolgono un fondamentale ruolo “pubblico”, tanto è vero che nella maggior parte dei casi i titoli di studio che rilasciano sono riconosciuti dallo Stato (non sono quindi scuole private, ma non-statali, pubbliche e paritarie).
L’incredibile storica discriminazione, che è una vera e propria ingiustizia sociale, è data soprattutto a livello economico: lo Stato, che prende le tasse da tutti i cittadini anche per garantire l’istruzione, spende (e spesso male) quei soldi solo per chi sceglie le scuole statali e non li spende invece per chi sceglie altre scuole, che pur riconosce come “paritarie” (cioè dello stesso valore educativo e, per le superiori e l’università, di idonea preparazione anche in ordine alla futura professione). Per cui per gestire queste scuole e avvalersi di questo diritto fondamentale (libertà di educazione) bisogna ripagare tutto da capo, cioè in pratica bisogna pagare due volte. Da cui poi l’idea che ci vogliano molti soldi per poter permettersi queste scuole e che siano quindi le scuole “per i ricchi”, o, peggio ancora, per comprare titoli di studio.
Tra l’altro lo Stato, oltre al dovere di sostenere queste scuole paritarie per principio (appunto per garantire un diritto fondamentale dei cittadini e per il quale i cittadini hanno già pagato le tasse), dovrebbe farlo anche per interesse, in quanto, se non ci fossero le scuole paritarie, lo Stato italiano non riuscirebbe neppure a sostenere tutte le spese per l’istruzione e quindi non sarebbe in grado di garantire il diritto allo studio per tutti.
Specie le scuole paritarie cattoliche, che sono la quasi totalità, sono scelte da molti genitori, nonostante l’ingiustizia da parte dello Stato di far ripagare da capo i costi, sia per la loro qualità (e in questo senso vengono scelte per i loro figli anche dai non-cattolici) che per l’identità cattolica della formazione che lì si garantisce (o almeno si dovrebbe garantire, perché purtroppo talora non è neanche più così).
Già il drastico calo, in questi ultimi 60 anni, delle vocazioni religiose – e parliamo di esperienze educative storiche, da parte ad esempio di Ordini religiosi nati con questo carisma e missione già nel XVI secolo, come ad esempio Gesuiti, Barnabiti, Orsoline, o, nel XIX secolo, come i Salesiani di S. Giovanni Bosco) – e quindi di coloro che svolgevano il compito di insegnanti ed educatori per missione e pure gratuitamente, ha creato la necessità di assumere insegnanti laici (da retribuire) ed ha di conseguenza obbligato, in mancanza di finanziamenti statali, a far pagare rette più alte o sono state costrette a chiudere.
La discriminazione e l’ingiustizia dello Stato Italiano (dal Risorgimento in poi) ha portato e porta infatti molte di queste scuole al fallimento, non per assenza di studenti, che sarebbero moltissimi, ma per assenza di fondi! [Nei primi decenni dell’unità d’Italia si giunse addirittura da parte dello Stato alla soppressione violenta di queste scuole e persino dei secolari Ordini religiosi che le avevano fondate e le gestivano (tragica e violenta operazione che il Piemonte subito attuava man mano che avanzava alla conquista dell’Italia – vedi 1 e 2)].
Nel grave momento attuale di crisi
Ora anche l’emergenza Coronavirus (con scuole chiuse e in molte scuole paritarie, specie dell’infanzia, con la perdita delle rette) darà a molte scuole paritarie il colpo di grazia. Col il prossimo anno scolastico (cioè dal settembre 2020), pare che la metà delle scuole paritarie dovrà chiudere! Ebbene, anche in questa emergenza sanitaria, economica e sociale, il Governo continua di fatto a non occuparsi delle famiglie e dell’educazione dei figli (ad esempio: a chi lasciarli se le scuole non riaprono?), ma anche a discriminare le scuole paritarie, totalmente dimenticate anche dai numerosi, incalzanti e spesso oscuri DPCM del Presidente del Consiglio. Ma se lo Stato non si occuperà subito di questo problema, non riuscirà più a garantire neppure il fondamentale diritto allo studio per tutti i suoi cittadini! Se invece lo Stato sostenesse le scuole paritarie addirittura ci guadagnerebbe, anche economicamente.
Facciamo due conti.
In Italia ci sono 12 milioni di famiglie con 8,4 milioni di figli in età scolastica a carico.
Lo Stato italiano spende ogni anno per l’istruzione (con soldi assunti dalle tasse di tutti i cittadini) € 56 miliardi.
Nelle scuole paritarie ci sono 900.000 alunni (600.000 nelle scuole Materne e Primarie) e 180.000 lavoratori (docenti e personale).
Nelle scuole statali il costo medio annuo di uno studente è per lo Stato di € 10.000. Nelle scuole paritarie, che in genere offrono servizi e qualità migliori, è invece di € 5.500.
Se la spesa per l’Istruzione fosse spalmata su tutte le scuole pubbliche (statali e paritarie) lo Stato risparmierebbe fino a € 6 miliardi.
Se invece le scuole paritarie chiudessero, lo Stato non solo non avrebbe le strutture scolastiche per accogliere quei 900.000 studenti in più, ma non potrebbe sostenere quei € 6 miliardi di spesa in più per garantire a tutti l’istruzione nelle scuole statali. Avrebbe inoltre 180.000 disoccupati in più (i lavoratori appunto delle paritarie).
Se lo Stato continua in questa storica ingiustizia e discriminazione, già a settembre – oltre agli altri enormi problemi sociali ed economici che questa epidemia ci lascerà drammaticamente davanti – potrebbe quindi andare incontro anche al fallimento dell’intero sistema scolastico del Paese! E le paritarie che riuscirebbero ancora a sopravvivere sarebbero pian piano davvero solo quelle per i genitori che possono permettersi una retta annua di almeno € 8.000, quindi sarebbero davvero “scuole per i ricchi” (come è già appunto nell’immaginario collettivo, non sapendo che ciò è appunto causato da una grave ingiustizia statale).
Non è impossibile, anzi è addirittura facile ed economico trovare la soluzione al problema, se non ci si ostinasse ad essere ingabbiati nei pregiudizi ideologici (PD e M5S sono infatti ancora contrari).
Basterebbe pensare ad esempio, e sono proposte avanzate da tempo e tuttora ripresentate in Parlamento (e già attuate in molti Paesi), al “costo standard” per studente, cioè una quota unica di spesa per studente, fruibile poi in qualsiasi scuola pubblica (statale o non statale), cioè scegliendo davvero liberamente la scuola che si ritiene più idonea e formativa; oppure si potrebbe almeno pensare alla possibilità di detrarre la retta dalle imposte; o ancora a provvedere al pagamento degli stipendi dei docenti delle paritarie da parte dello Stato.
Chissà, se di fronte al dramma attuale, si metterà mano a togliere questa storica ingiustizia e si comincerà a garantire davvero questo fondamentale diritto (che tra l’altro per la Dottrina sociale della Chiesa [vedi] è uno dei cosiddetti “valori non negoziabili”!); oppure se si continuerà questa grave discrimazione, per pregiudizi ideologici se non per aperta opposizione alla Chiesa, anche a costo di far fallire l’intero sistema scolastico italiano?