Sulle questioni del cambiamento del clima sta crescendo un’ideologia, che assume talora i connotati di un’isteria (con tanto di giovanissime profetesse come Greta Thunberg), e manifestazioni di piazza (come i cosiddetti Fridays for Future, e relativi scioperi studenteschi promossi paradossalmente dalle scuole stesse!) e ancor peggio da autorevolissimi incontri politici internazionali, in grado di condizionare le scelte politiche ed economiche, persino il progresso stesso, dell’umanità ventura. Al fondo di ciò c’è addirittura una rinascente visione pagana, che divinizza la Terra e alla quale dovremmo sacrificare l’uomo stesso, “cancro del Pianeta” (espressione già del WWF), in una sorta di autodemolizione dell’Occidente e dell’uomo stesso.
Come in tutte le ideologie, che assurgono all’assoluto, si esaspera un aspetto, magari anche reale (in questo caso il dovere di rispettare la natura e limitare ogni forma di inquinamento), ma negando la complessità del reale e della verità, con affermazioni che, con il sostegno del mondo mediatico, diventano “dogmi” indiscutibili (ad esempio si demonizza tanto l’anidride carbonica, la fatidica CO2, dimenticando che anche gli alberi e l’humus del terreno la producono, cioè i superprotetti boschi e parchi). Chi nega questi dogmi è classificato subito come “negazionista” (come per chi nega l’Olocausto?) ed esposto al pubblico ludibrio e censurato dal circo mediatico e persino dai pubblici consessi. C’è già chi propone di perseguire a livello internazionale chi nega questi dogmi ecologisti.
Abbiamo già osservato (v. News 28.06.2019) come non sia affatto vero che tutto il mondo scientifico, anche quello più autorevole, sia d’accordo nell’attribuire al solo elemento “antropico” (cioè all’uomo e al progresso tecnologico-industriale), il cambiamento del clima, che tra l’altro è assai meno catastrofico di quanto immaginato o prospettato.
Ascoltiamo in merito ancora un grande scienziato: il dottor Ernesto Pedrocchi, Docente (emerito, dal 2010) di Termodinamica applicata ed Energetica al Politecnico di Milano. Ecco le sue parole:
“il riscaldamento globale esiste: dal 1850 la crescita della temperatura media del pianeta è stata di 1° C. Dobbiamo però anzitutto ricordare che la superficie terrestre è costituita al 70% da acqua, al 30% da terre asciutte, di questo 30%, tolti i deserti, le foreste, i ghiacci perenni, solo il 10% è antropizzato, dunque, in totale, il 3% della superficie terrestre è abitato dall’uomo. Dal 1750 la CO2 sta effettivamente aumentando; ma la produzione è causata dall’uomo solo per un 5% del totale. Anche l’analisi della storia climatica del pianeta (negli ultimi 10.000 anni) non permettere di attribuire alla CO2 la causa del riscaldamento. Non c’è dubbio infatti che la causa principale del cambiamento climatico è il Sole. La nostra stella interviene sul cambiamento del clima essenzialmente in due modi: la posizione reciproca con la Terra (fattore astronomico) nei grandi cicli fra ere glaciali e interglaciali, mentre nei cicli più brevi conta soprattutto l’attività solare (i cicli della macchie solari). Altro elemento che incide sul cambiamento del clima sono anzitutto le correnti marine. Poi c’è il vulcanesimo (ad esempio l’eruzione del vulcano Tambora, nelle Filippine, rese il 1815 “l’anno senza estate” in tutto il pianeta; persino nella pianura padana non cresceva nulla).
In realtà la CO2 sta producendo un rinverdimento in tutto il mondo. L’allarmismo sulla desertificazione è falso: il mondo, in questo momento, sta rinverdendo, anche nel Sahel.
Circa l’energia necessaria per la vita contemporanea dell’uomo, l’80% proviene dai combustibili fossili (carbone, gas e petrolio) e non si vede come questi possano essere sostituiti a breve. Con la fuga in avanti del Green New Deal, che mira a rinunciare completamente ai combustibili fossili entro il 2050, per produrre la stessa quantità di energia dovremmo poter costruire 3 reattori nucleari ogni due giorni, oppure 6000 pale eoliche ogni giorno. Possibile?
Dovremmo porre maggiore attenzione agli inquinanti, non alla CO2 che non inquina. L’uso di combustibili fossili produce inquinanti quali gli ossidi di zolfo, l’ossido di azoto, tutti i tipi di particolato e gli incombusti. Dobbiamo fare ogni sforzo per ridurli. Ovviamente la loro riduzione comporta costi più alti, quindi è facile intuire che non sia una strategia accettabile ad esempio in Paesi in via di sviluppo. Ma anche un Paese economicamente avanzato e super-industrializzato come la Germania, inseguendo ad esempio l’obiettivo delle auto elettriche, sta portando le grandi industrie automobilistiche tedesche alla drastica riduzione dei ricavi e alla crescita della disoccupazione”. [fonte: NBQ, 22.11.2019]
Un altro grande professore italiano che ha seri dubbi sul catastrofismo climatico e sulla sua causa antropica è il professor Franco Prodi, membro dell’Accademia Nazionale delle Scienze, docente ordinario emerito di Fisica dell’atmosfera all’Università di Ferrara, ha diretto il Fisbat (Istituto per lo studio della Bassa ed Alta atmosfera) e l’Isac (Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima), istituti del CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche). Nonostante che l’IPCC (Gruppo intergovernativo dell’Onu sul cambiamento climatico) sostenga di essere certo al 95% che l’aumento di temperatura media registrato negli ultimi due secoli sia dovuto all’azione umana, per molti scienziati (tra cui lo stesso prof. Prodi) “tale affermazione non è scientificamente fondata. Non esiste neppure una corrispondenza causa-effetto fra aumento della concentrazione di Co2 e riscaldamento. Sia prima dell’avvento dell’era industriale che oggi esistono cause del riscaldamento globale come quella astrofisica (variabilità del sole), astronomica (variazione nella distanza stella-pianeta e precessione angolare dell’asse terrestre sul piano dell’eclittica), il flusso di calore che proviene dall’interno della terra, le emissioni dei vulcani, il degassamento della crosta terrestre (con relative emissioni di CO2), il ruolo della circolazione oceanica, l’interazione vegetazione-atmosfera e oceano-atmosfera. […] Non si valuta poi che oltre a un certo livello (di saturazione) l’aumento di CO2 non determina riscaldamento. Non si valuta inoltre adeguatamente il ruolo concomitante di tutti gli altri gas serra (il vapore acqueo, il metano, l’ozono, l’anidride solforosa) e soprattutto il cosiddetto feed-back, cioè il modo in cui il sistema complesso reagisce ad ogni variazione definita”. [Fonte: Tempi, 4.12.2019]