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Chi credesse ancora, sulla scia del positivismo-scientismo che si crede tanto attuale ed è invece ottocentesco, che la scienza spieghi tutto, anche cos’è la vita, sappia che nessuno è riuscito ancora a spiegare cosa sia la “vita” (non parliamo poi della vita “umana”, cioè quel livello in cui la vita diventa pensante e libera, dunque con facoltà spirituali quali la ragione e la volontà libera), nonostante ne sappiamo praticamente quasi tutti i fattori costitutivi e le relative funzioni. Ma cosa sia in sé la vita nessuna ancora lo sa. Tanto è vero che nessuno è riuscito mai a “produrla” (non lasciamoci ingannare da “clonazioni” o produzioni “in vitro”, che altro non sono che assemblaggi di materiale biologico vitale già precedente).
Non solo non sappiamo cosa sia in sé la “vita”, ma addirittura non sappiamo cosa sia in sé neppure la “morte”. Tanto è vero che, anche dal punto di vista medico, ci si affida a dei parametri per così dire convenzionali: prima si accertava la morte come assenza di respiro, poi come prolungato arresto cardiaco, infine oggi come assenza di attività elettrica del cervello (elettroencefalogramma piatto). Ma anche questo è solo convenzionale; anzi, pare debba essere rivisto, se non altro perché ci sono casi di ripresa della vita anche dopo questa soglia.

È in fondo quanto è successo anche in questi giorni nel Nebraska (USA), dove un uomo di 61 anni, Marr Scott, ex speaker sportivo e padre di 4 figli, ritenuto ormai quasi “cerebralmente morto” e al quale per questo da 2 giorni i medici avevano staccato pure la “ventilazione” assistita” (estubazione; ma intanto aveva comunque continuato a respirare da solo). Mentre i suoi cari stavano già preparando il funerale (sarebbe stato cremato), si è improvvisamente risvegliato, ha cominciato a parlare; e ora sta bene!
Il signor Scott era stato portato d’urgenza al Methodist Hospital di Omaha il 12 dicembre scorso, dopo che era stato trovato a letto immobile e privo di conoscenza. Dopo i primi controlli, i medici avevano diagnosticato un infarto al tronco cerebrale, che avrebbe dovuto portare a un’anossia cerebrale («Pensavamo per questo che fosse ormai in un processo irrecuperabile», ha detto la dottoressa Rebecca Runge); in seguito risultò intanto che non si era trattato di un infarto, ma di una sindrome da encefalopatia posteriore reversibile (Pres).
Secondo la sempre più diffusa (in Occidente) mentalità eutanasica, il signor Scott aveva pure espresso in passato il desiderio di non farsi vedere dai suoi cari in condizioni di vita sostenuta solo con dei macchinari medici (una sorta di “Disposizione anticipata di trattamento” – come noto già diventata legge anche in Italia dal dicembre 2017 – per cui in quelle condizioni avrebbe desiderato essere condotto alla morte); così come aveva espresso il desiderio di donare i suoi organi. Meno male che queste due sue richieste non erano ancora state esaudite!
Non era molto praticante, anche se si considerava religioso; ma ora è sicuro che sia stato l’amore di Dio a compiere questo miracolo.