Oggi ha terminato il suo pellegrinaggio terreno Mario Paolo Rocchi, un ingegnere italiano, nato nel 1929, che collaborò anche alla progettazione del primo satellite sperimentale italiano di telecomunicazioni (il progetto S.I.R.I.O, che proprio a lui deve il nome). Ma soprattutto l’ing. Rocchi ha speso gran parte della sua vita per promuovere la vita e la dignità dei bambini non ancora nati, salvandone pure migliaia da una condanna a morte (aborto) già premeditata.
Negli anni ’70 del secolo scorso i Radicali e le femministe lottavano con tutte le forze per promuovere in Italia l’aborto e ottenerne la legalizzazione. La leader Radicale Adele Faccio predicava che “uccidere un bambino era come ammazzare un gatto” ed Emma Bonino praticava aborti a migliaia “con la pompa da bicicletta” e se ne vantava. A Firenze, proprio dove inizialmente operò la Bonino, in una villa sulle colline in periferia, che risultava anche sede locale del Partito Radicale, il medico radicale Giorgio Conciani aveva fatto del suo ambulatorio un’attivissima clinica clandestina di aborti (la scoperta fu fatta anche per merito dell’allora Sostituto Procuratore fiorentino Carlo Casini, che anni dopo divenne il presidente del Movimento per la Vita e poi parlamentare europeo per condurre anche a Strasburgo questa battaglia per la vita).
Ebbene, proprio in quegli anni e nella sua stessa Firenze, l’ing. Mario Paolo Rocchi iniziò a profondere un fortissimo impegno per la vita nascente. Fu infatti tra i fondatori, nel 1975, del primo Centro di Aiuto alla vita (CAV), centri che ebbero poi uno sviluppo enorme in tutta Italia, per promuovere e salvare la vita dei nascituri e per contrastare l’abominevole pratica dell’aborto («delitto abominevole», come lo definisce il Concilio Vaticano II nella Gaudium et spes).
All’inizio tale opera fu constrastata in ogni modo e i loro artefici furono persino oggetto di intimidazioni fisiche (proprie auto incendiate, ecc.) da parte delle forze abortiste, radicali e femministe, che con tutte le forze volevano portare l’Italia alla legalizzazione dell’aborto (ottenuta con la famigerata legge 194 del 1978, che in 40 anni ha fatto 6 milioni di vittime), considerata da loro “una conquista di civiltà”!
Dopo un già ventennale impegno per la vita, fu proprio l’ing. Rocchi, nel 1994, ad immaginare e fondare anche il Progetto Gemma, una sorta di “adozione prenatale a distanza”, cioè una forma di sostegno economico a distanza per quelle mamme che, motivo delle loro difficoltà soprattutto economiche, sarebbero state intenzionate o già decise ad abortire, e che in questo modo, cioè con questo aiuto, hanno invece potuto dare alla luce ed allevare i loro bambini!
Inoltre l’ing. Rocchi, da cattolico convinto e impegnato, sapeva però che, per ottenere lo scopo, cioè la salvezza di questi bambini altrimenti già condannati a morte, erano necessari non solo gli aiuti economici ma anche quelli spirituali: per questo l’Associazione da lui fondata ebbe anche un particolare impegno di preghiera a Gesù Bambino (che era stato anch’Egli per 9 mesi nel grembo purissimo di Maria), per la salvezza di questi bambini.
Anche quando in Italia si stava legalizzando la “fecondazione assistita” (legge 40 del 2004) e molti, anche cattolici impegnati per la vita come lui, propendevano per una sorta di “male minore” (che si permettesse cioè la fecondazione solo se “omologa”, cioè dai genitori effettivi del bambino che sarebbe stato concepito comunque in provetta), Rocchi si batté sempre perché la nascita della vita umana fosse sempre garantita come Dio l’ha voluta e non con manomissioni umane (peraltro moralmente illecite).
Oggi i Centri di Aiuto alla Vota (CAV) sono 331 ed offrono in tutta Italia accoglienza e sostegno alle maternità più contrastate.
Dal 1975, anno in cui a Firenze è stato fondato il primo Centro di Aiuto alla Vita, i quasi 5000 volontari dei CAV (con l’aiuto di 75.000 sostenitori) hanno assistito più di 500.000 donne gestanti in difficoltà ed hanno aiutato a nascere più di 200.000 bambini!
Attraverso i CAV, che fungono da intermediari tra i donatori e le mamme assistite, si pone in atto anche l’aiuto pervenuto attraverso il Progetto Gemma.
Come si concretizza questo Progetto Gemma, cioè questa “adozione prenatale a distanza”?
Il donatore si impegna ad un versamento di 18 rate mensili di € 160,00 mensili (oppure diversa rateizzazione, oppure € 2.880,00 in un’unica soluzione), per l’aiuto ad una mamma in difficoltà economica, e proprio per questo tentata o già decisa ad abortire, venuta a contato con i CAV, in modo da aiutarla economicamente per gli ultimi 6 mesi di gravidanza e i primi 12 mesi di vita del bambino.
I CAV, che fungono da intermediari tra la gestante e il donatore, garantiscono l’anonimato di entrambe; ma durante il periodo di adozione, il benefattore riceve comunque le più importanti notizie del bambino assistito a distanza e salvato dalla morte: la data della sua nascita, il suo nome ed eventualmente la sua fotografia. Terminati i 18 mesi, poi, se la madre acconsente e l’adottante lo desidera, questi potranno conoscersi e continuare il rapporto indipendentemente dalla mediazione del CAV (nascono spesso amicizie fortissime, che durano anni).
In 24 anni il Progetto Gemma ha salvato in Italia più di 22.000 vite umane!
Recapiti web: Centri di aiuto alla vita (CAV)
Mensile “Sì alla vita”
Fondazione Vita Nova Onlus – Progetto Gemma