Sono ormai decenni che è in atto, specie in Occidente, una gran propaganda del “preservativo” – sostenuta da enormi interessi commerciali (multinazionali farmaceutiche) e ideologici (un “pensiero unico dominante”, che spinge per una distruzione dell’umano anche attraverso una sessualità totalmente deresponsabilizzata e immorale) – come metodo “sicuro” per vivere la sessualità a piacimento e senza alcun pericolo di pagarne le conseguenze (gravidanze o malattie sessualmente trasmesse).
Tutto questo, oltre ad aver appunto contribuito enormemente alla diffusione di un uso “libertino” e distruttivo della sessualità, cioè appunto una sessualità deresponsabilizzata e quindi in fondo “disumana” (cioè non pienamente umana, che invece di costruire l’umano alla fine lo distrugge, come distrugge gli amori e persino le famiglie), risulta paradossalmente falso anche dal punto di vista prettamente scientifico; ed ha contribuito, al di là di come si potrebbe pensare, proprio alla diffusione di tali malattie, talora mortali (v. AIDS); e, in riferimento al rischio di gravidanza, non ha contribuito per nulla alla diminuzione degli aborti, anzi, li ha persino moltiplicati (oggi anche attraverso la diffusione delle nuove tragiche forme di “aborto fai-da-te”, cioè con pillole da acquistare in farmacia).
Quando dunque si dice, anche a livello politico, che la distribuzione generalizzata (persino gratuita e a spese dello Stato o degli enti locali) del preservativo, allo scopo di escludere gravidanze indesiderate, di limitare gli aborti, o di escludere il contagio dell’HIV e altre malattie veneree, è non solo moralmente riprovevole, ma anche scientificamente falso. Anche se questi sono “dogmi laicisti” che da anni sono indiscutibili e si rischia persino il linciaggio mediatico e sociale se si osa discuterne (anni fa il Parlamento belga è giunto persino ad una sorta di denuncia del Papa Benedetto XVI per avere osato fare affermazioni vere in questo senso, anche se controcorrente).
Ebbene, sottolineiamo in merito alcuni dati scientifici oggettivi *.
Il “condom” presenta una fallacia intorno al 10-15% relativamente al virus dell’HIV, perché tale virus, rispetto allo spermatozoo, è assai più in grado di attraversare la barriera del lattice (materiale con cui è fatto il preservativo) (cfr. AA.VV., Qual è il grado effettivo di protezione dall’HIV del profilattico?, in Medicina e Morale, 5 (1994), pp. 903-925; L. Ciccone, Aspetti etici della prevenzione della infezione da HIV, in Medicina e Morale, 2 (1996), pp. 277-278; E. Sgreccia, A proposito delle campagne di prevenzione dell’AIDS, in Medicina e Morale, 4 (1999), pp. 637-639; J. Suaudeau, Le «sexe sûre» et le préservatif face au défi du SIDA, in Medicina e Morale, 4 (1997), pp. 689-726; H. Singer-Kaplan, The Real Truth about Women and AIDS: «Counting on condoms is flirting with death» [«Contare sui preservativi è far la corte alla morte»], Simon & Schuster, 1987).
Già nel 2000 un autorevole studio scientifico americano (“Scientific Evidence on Condom Effectiveness for Sexually Transmitted Disease PreventionW) aveva concluso che la percentuale di inefficacia del condom era appunto del 15%. Che non si escluda totalmente la possibilità di tale contagio è persino indicato, per legge, nelle stesse istruzioni (“bugiardino”) delle confezioni di preservativi in vendita.
Parlare di un’efficacia del 99,8% per ogni singolo rapporto sessuale può sembrare una sicurezza quasi assoluta; ma statisticamente la possibilità di insuccesso sale a 18 su 100 rapporti sessuali! Il che costituisce già un pericolo (persino di vita) impressionante ( J. Thomas Fitch, MD, Curtis Sine, MD, W. David Hager, MD, Joshua Mann, MD, MPH, Mary B. Adam, MD, e Joe McIlhaney, MD, Condom Effectiveness. Factors that Influence Risk Reduction, in Sexually Transmitted Diseases, 29 (dicembre 2002) 12: 812); se poi in questo modo si continua a fare credere che il profilattico è sicuro, incoraggiando così rapporti liberi e deresponsabilizzati, il pericolo si moltiplica in modo esponenziale (cfr. Willard Cates, How Much Do Condoms Protect Against Sexually Transmitted Diseases?, in IPPF Medical Bulletin, 31 (febbraio 1997) 1:2-3). Se quindi sul singolo rapporto il preservativo rappresenta una certa quasi totale sicurezza di barriera al virus, su scala generale favorisce invece la sua diffusione! Se cioè il rischio personale legato ad una certa insana condotta non viene percepito, tale condotta si diffonde enormemente (come infatti è avvenuto e avviene), ma in questo modo insieme si diffonde enormemente anche la possibilità di contagio. Giocare alla roulette russa una volta può essere rischioso, giocare 100 volte è infatti assai più rischioso.
Uno studio della prestigiosa rivista scientifica Lancet (cfr. J. Richens, J. Imrie, A. Copas, Condoms and seat belts: the parallels and the lessons, in Lancet, 2000; 355(9201): 400-403) rileva che in molte azioni pericolose (come persino nella guida dell’auto), la ridotta percezione di rischio in realtà lo aumenta (se credo di esser protetto sarò ancora più irresponsabile) (cfr. così L.A. Eaton, S. Kalichman, Risk compensation in HIV prevention: implications for vaccines, microbicides, and other biomedical HIV prevention technologies, Current HIV/AIDS Reports, 2007; 4(4) :165-72). Insomma oggi risulta che in linea generale col preservativo il contagio l’HIV non regredisce affatto, ma rimane stabile o addirittura aumenta (cfr. M.M. Cassell – D. T. Halperin – J.D. Shelton – D. Stanton, Risk compensation: the Achilles’ heel of innovations in HIV prevention?, in British Medical Journal, 2006, 332: 605-607; R. Puccetti – M.L. Di Pietro, Catholic Magisterium and scientific community: possible dialogue on the bridge of numbers, British Medical Journal, 2 Apr. 2009 [letter]; P. Kajubi, M.R. Kamya, S. Kamya, S. Chen, W. McFarland, N. Hearst, Increasing condom use without reducing HIV risk: results of a controlled community trial in Uganda, in Journal of Acquired Immune Deficiency Syndromes. 2005; 40(1): 77-82).
Passando poi all’uso del preservativo per scopi contraccettivi (sempre immorali), le possibilità di “rischio”, cioè di concepimento e quindi di gravidanza, vanno dal 2% al 17,4% (per la pillola anticoncezionale estro-progestinica vanno invece dallo 0,3% all’8,7%, a seconda della correttezza e costanza dell’uso; per la spirale al rame (che ha però già effetti abortivi e non solo contraccettivi) le possibilità di inefficacia vanno dallo 0,6% all’1% (R. Puccetti, I veleni della contraccezione, ESD, Bologna, 2013, p. 355). In Italia si registrano ogni anno 23.000 gravidanze dovute all’inefficacia dei contraccettivi ormonali (R. Puccetti – G. Carbone – V. Baldini, Pillole che uccidono, ESD, Bologna, 2012, p. 140) e che spesso sono quindi bambini a rischio aborto!
Quindi anche il pericolo di affidarsi all’aborto aumenta: uno studio accurato in merito (cfr R. Puccetti – M.L. Di Pietro – V. Costigliola – L. Frigerio, Prevenzione dell’aborto in occidente: quanto conta la contraccezione?, in Italian Journal of Gynaecology & Obstetrics, 2009, 21 (3): 164-178; Pillole che uccidono, pp. 133-142) ha rilevato (in Inghilterra e Galles) infatti che in 10 anni, a parità di pratiche contraccettive, il tasso di abortività è cresciuto da 16,3 a 18,3 ogni 1.000 donne in età fertile. Così in Francia, dove le donne che pur hanno fatto uso di contraccettivi sono passate in 12 anni dal 52% all’82%, il numero degli aborti però, contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, non è affatto diminuito. In Spagna: in pochi anni la pratica contraccettiva è cresciuta dal 43% al 60%, ma il tasso di abortività è addirittura aumentato: dal 5,5 all’8,8 ogni 1.000 donne (J.L. Duenas – I . Lete – R. Bermejo – A. Arabat – E. Perez-Campos – J. Martinez-Samean – I. Serrano – J.L. Doval – C. Coll, Trends in the use of contraceptive methods and voluntary interruption of pregnancy in the Spanish population during 1997-2007, in Contraception, 2011, 83 (1): 82-87). L’ingente sforzo dell’Inghilterra per diffondere la contraccezione tra le ragazze ha portato invece a questo a questo risultato: gli aborti tra ragazze con meno di 16 anni è più che raddoppiato in 40 anni (cfr. D. Paton, Underage conceptions and abortion in England adn Wales 1969-2009: the role of public policy, in Education and Health, 2012, 30 (2): 22-24). Insomma laddove aumenta la pratica contraccettiva, contrariamente alle false aspettative, non diminuisce affatto il numero di aborti ma aumenta! E questo proprio perché tali pratiche fanno lievitare una sessualità senza regole e limiti morali [persino il periodico filo-abortista dell’Alan Guttmacher Institute for Planned Parenthood Federation of America, ha dovuto ammettere che “in sei Paesi come Cuba, Danimarca, Paesi Bassi, Stati Uniti, Singapore e Repubblica di Corea, il numero di aborti e l’uso della contraccezione sono aumentati in modo simultaneo” ( C. Marston – J. Cleland, Relationship between contraception and abortion: a review of the evidence, in International Family Planning Perspectives, 2003, Mar. 29 (1): 6-13); cfr. D. Kirby, The impact of programs to increase contraceptive use among adult women: a review of experimental and quasi-experimental studies, in Perspectives on Sexual and Reproductive Health, 2008, 40 (1): 34-41].
* Tutti i riferimenti bibliografici sono tratti da NBQ del 2-08-2018 (Tommaso Scandroglio)