Un violento attacco (persino anticristico) contro l’autentico bene dell’uomo può nascondersi – cosa in cui il demonio è maestro – anche dietro le intenzioni apparentemente più nobili.
Questo accade assai spesso pure nel mondo della “comunicazione”; e talora persino in quello della “giustizia”. Così, persino il dovere di denunciare il male, di non nasconderlo, specie da parte di chi può e deve difendere non solo chi l’ha subito ma l’intera società, e di perseguirlo anche penalmente, per dovere di giustizia come pure per cercare in tutti i modi di eliminarlo e prevenirlo, può facilmente trasformarsi, sotto il pretesto ad esempio del cosiddetto “diritto all’informazione”, nel presunto diritto-dovere di reclamizzarlo, giungendo peraltro in questo modo pure a moltiplicarlo.
Sotto il cosiddetto diritto all’informazione si nasconde soprattutto il desiderio di aumentare i fruitori (audience), sapendo quanto il pettegolezzo (gossip) da sempre attiri coloro che poi ipocriticamente fanno magari gli scandalizzati. Lo scopo è ancor più palese quando l’inutile e talvolta parossistica divulgazione del male si attarda senza scrupoli e rispetto altrui su scabrosi e persino agghiaccianti particolari, oggi anche in foto/video, giungendo inoltre a fare penoso spettacolo del dolore altrui. Ancor più insopportabile l’ipocrisia, anche culturale, di coloro che si ergono quali intrepidi paladini della moralità, fingendosi scandalizzati di un male, che invece in fondo da decenni promuovono, almeno come mentalità che lo genera. Questo lo si nota specialmente nel campo della sessualità, dove da decenni si semina il “vento” della liberalizzazione totale di ogni pulsione e comportamento, elevato addirittura al livello di “diritto” inalienabile, facendo poi ipocritamente gli scandalizzati se si raccoglie sempre più la “tempesta” di una sessualità ormai letteralmente impazzita, anche se fa notizia solo in particolari eccessi o quando serve per colpire avversari, sociali, politici, economici, culturali e soprattutto religiosi.
La denuncia e la spettacolarizzazione del male viene poi perseguita talora per creare persino un clima generalizzato di sospetto, di denigrazione, di accusa, di pregiudizio e persino di repulsione addirittura nei confronti di intere categorie di persone.
Nei confronti della Chiesa Cattolica, sia sulle questioni presenti come in quelle storiche, questo accade assai spesso. E il fine non è certo quello dell’amore della verità e del bene delle persone, ma solo quello di accusare la Chiesa, spesso in modo arrogante, parziale e falso, con il recondito scopo persino di distruggerla.
Nel mondo della “giustizia”, poi, deve valere anzitutto la “presunzione di innocenza”, che è un cardine dell’autentica giurisprudenza (fin dai processi dell’Inquisizione, che per prima lo promosse, v. il documento), cioè fino al giudizio penale definitivo l’indagato/imputato è da considerarsi innocente; e sono gli accusatori a dover provare i capi d’accusa prima ancora che l’imputato provare la sua innocenza. Quindi l’indagato non può essere messo preventivamente alla berlina, magari già come “mostro” da sbattere in prima pagina (salvo magari non dire quasi nulla quando poi, persino dopo anni, risultasse innocente), distruggendolo così moralmente e socialmente.
Esiste poi il diritto alla “riservatezza” (la tanto declamata privacy, quando invece siamo sempre più controllati).
Va poi salvaguardato pure il bene morale dei destinatari dell’informazione, e quindi valutare se sia giusto divulgare o meno gli scandali; esiste infatti pure il dovere, anche sociale, di “non scandalizzare”, cioè di non recare grave danno morale alle coscienze, alle anime, con l’inutile divulgazione e spettacolarizzazione del male, anche quando realmente commesso.
Infine c’è pure il pericolo che, con l’inutile e spesso dannosa divulgazione del male, si creino forme di emulazione e quindi addirittura di moltiplicarlo ulteriormente.
Scandali sessuali
Quando poi si parla di scandali a sfondo sessuale, allora la macchina informatica va a pieno regime, anche se assai spesso a senso unico (cioè gli scandali si vedono solo da una parte e si nascondono dall’altra), creando “mostri da prima pagina” assai spesso prima ancora di una accusa confermata da un regolare processo. È difficile credere che questa spettacolarizzazione quasi maniacale degli scandali nasca dal desiderio di proteggere la dignità della sessualità e della persona umana; anzi, ogni occasione è buona per creare ulteriori pruriginose malizie nei lettori o ascoltatori.
Gli attuali infiniti scandali sulle “molestie sessuali” – all’interno di una cultura e società che da decenni fa di tutto per idolatrare e persino far degenerare le pulsioni sessuali, predicando che tutto è lecito e persino un “diritto” – sono di un’ipocrisia tale da cadere persino nel ridicolo.
L’attuale incredibile moltiplicarsi di denunce per “molestie sessuali” nel mondo del lavoro, della politica e dello spettacolo (anche negli USA), dentro il quadro sopra descritto, assume un tono paradossale, oltre a nascondere tra l’altro possibili ricatti e motivi di lucro. Essendosi ultimamente un poco aperto il “vaso di Pandora” della pedofilia anche negli ambienti del cinema “hollywoodiano” (si veda in proposito l’articolo di B. Frigerio sulla NBQ), come nel mondo delle Ong (v. articolo) e addirittura nella stessa Unicef, che dovrebbe proteggere l’infanzia (v. articolo), la maschera ipocrita di chi si scandalizza dei frutti di ciò che appunto da decenni si predica o di chi denuncia solo a senso unico, specie contro la Chiesa Cattolica, gli scandali presunti o reali, dovrebbe finalmente cadere.
La questione “pedofilia”
Gli scandali che riguardano poi gli abusi sui bambini sono giustamente più ripugnanti ed esecrabili. Nei confronti dei piccoli, innocenti e indifesi, scatta infatti un naturale istinto di tenerezza e protezione, persino nel regno animale. Nell’essere umano poi, non parliamo poi nel cristiano, la consapevolezza della dignità della persona, fin dal concepimento, e il suo inalienabile diritto di essere fin dalla più tenera età educato nella verità e nel bene dovrebbe essere immensamente superiore; ma proprio perché creato libero, l’uomo può abusare e persino pervertire la propria libertà, fino a distruggere il proprio piccolo già nel grembo materno (e oggi si vuole che sia persino un “diritto”), di non educarlo nel bene ma addirittura nel male (come oggi vediamo persino in molte scuole) e di abusare persino della sua fragile ed indifesa innocenza.
Per questo il dovere di proteggere e salvaguardare la loro innocenza, con particolare attenzione e forza contro chi vi attenta, deve essere certamente ancor più stringente, preciso, determinato, anche a livello giuridico, come da parte di chiunque, ma specie di chi è chiamato al grave compito della loro educazione e formazione (genitori, scuola, Chiesa e di conseguenza anche lo Stato).
Gesù infatti ha parole particolarmente dure in tal senso (cfr. Lc 17,1-2), anche se lo “scandalo” riguarda pure chiunque sia di ostacolo alla fede e quindi attenti alla salvezza eterna di un’anima!
Anche in questo caso, e particolarmente in questo caso (essendo apparentemente più immediata la repulsione e la condanna morale per chi causa questi gravi danni morali e psichici), lo “scandalo” è da “prima pagina” e il “mostro”, presunto o reale, è subito alla gogna mediatica, ancor prima di qualsiasi processo. Se poi si tratta della Chiesa cattolica (certo, per la sua natura spirituale e divina, il peccato e lo scandalo è particolarmente grave e da estirpare con decisione; ma attualmente risulta l’istituzione che più ha fatto e fa per contrastare questo male) allora il potere mediatico va a pieno regime e più che mai a senso unico (cfr. documento).
In certi casi ha persino portato qualcuno alla morte per infarto (di chi è stato falsamente accusato e poi è risultato invece innocente a fine processo – cfr. News 8.01.2015) o persino al suicidio (di chi ad esempio si è trovato immediatamente sbattuto con inganno in televisione o sui giornali).
Diritto/dovere di informazione? Tentativo in questo modo di arginare e vincere il male? Amore e difesa dell’innocenza dei piccoli?
Non è difficile cogliere che più che mai la motivazione vera è un’altra. L’ipocrisia, grave, è ancora più palese quando la cultura dominante, e mediatica, esalta da decenni il “diritto” a vivere qualsiasi tipo di pulsione e vita sessuale; trovandosi poi tra l’altro sempre più in difficoltà a spiegare perché certi diritti scatterebbero automaticamente col compimento del 18° anno di vita (cioè a seconda di come una Stato considera ufficialmente l’ingresso nella maggiore età), mentre sarebbero esecrabili solo il giorno prima. Infatti c’è qualcuno che parla già di liceità di rapporti sessuali anche coi minori in caso di “consenso” (nascondendo tra l’altro che la maggior parte dei casi di cosiddetta “pedofilia” in realtà trattasi di “efebofilia”*, cioè con adolescenti; così come si nasconde, perché è ‘politicamente scorretto’, che il 90% di tali casi si registrano nel mondo omosessuale, il cui potere persino economico e politico mondiale vorrebbe impedire oggi persino ogni possibilità di critica e di dissenso).
* Anche per le accuse di “pedofilia” che riguardano il clero, cosa gravissima e insopportabile anche solo se si trattasse di un caso, nell’82% dei casi si tratta però di fatto di “efebofilia”; ma il mondo mediatico equivoca volutamente sui termini, così che l’orco, specie se sacerdote, sia più impressionante (e magari l’intero clero, se non persino l’intera Chiesa Cattolica, viene così oscurato dal pregiudizio indignato) se lo si immagina con degli innocenti fanciullini invece che con adolescenti (forse persino consenzienti, altrimenti scapperebbero certo lontano; trattandosi oggi tra l’altro di adolescenti assai presto smaliziati e persino schiavi della pornografia fruita e addirittura da essi stessi prodotta).
Efebofilia
Se nella maggior parte dei casi di pedofilia (che sarebbe più esatto chiamare “pederastia”), che giustamente particolarmente indigna la coscienza umana e l’opinione pubblica mondiale, specie poi se si tratta di scandali del clero e della Chiesa, sono di fatto in massima parte casi di “efebofilia” (attrazione e rapporti sessuali con gli adolescenti), possiamo particolarmente sottolineare come assai spesso si tratti di un’ulteriore ipocrisia, se non schizofrenia culturale, di chi da un lato grida indignato allo scandalo e dall’altro addirittura la promuove, persino pubblicamente, con l’approvazione quasi unanime del mondo mediatico e persino sociale e politico.
È recentissimo un film italiano (“Chiamami con il tuo nome”, diretto da Luca Guadagnino, tratto dall’omonimo romanzo di André Aciman), che con abilità cinematografica porta alla ribalta l’attrazione e rapporto omosessuale tra un giovane ricercatore ed un adolescente, figlio di un collega, che non solo sembra consenziente ma persino egli stesso provocatore.Ebbene tale film, che tratta appunto del rapporto tra un maggiorenne e un minorenne, è stato acclamato come un capolavoro dai giornali e dalla critica cinematografica, è stato considerato uno dei 10 migliori film al mondo per il 2017, ha ottenuto 3 candidature al “Golden Globe 2018” come miglior film e addirittura 4 candidature per l’Oscar 2018 (come miglior film, miglior attore, miglior sceneggiatura non originale e miglior canzone; poi di fatto l’Oscar è stato vinto solo per la miglior sceneggiatura non originale).
In realtà molti critici hanno considerato di fatto il film assai noioso; ma, s’è confessato, era il tema che contava!
* Del resto dovrebbe essere noto che la pedofilia-efebofilia sia stata non solo applaudita ma persino praticata da celebri uomini di cultura, con approvazione pressoché unanime del pubblico intellettuale che conta. Nel 1947 si diede il premio Nobel per la letteratura ad André Gide (celebre scrittore francese, noto per il suo libertinismo sessuale, che non solo esaltava l’omosessualità, con riferimenti culturali al mondo classico greco e romano, ma si diceva lui stesso appartenere a quella vasta porzione di omosessuali che sente attrazione per i ragazzini, persino impuberi, e giunge a descrivere senza mezzi termini i suoi rapporti sessuali in tal senso vissuti a Tangeri e Casablanca). Nel 1958 stava per ricevere lo stesso premio Nobel Vladimir Nabokov (per il suo romanzo “Lolita”, in questo caso un rapporto pedofilo ma non omosessuale). In Italia canta i suoi rapporti omosessuali coi ragazzini il celebrato romanziere Sandro Penna. Più noto il caso del celebre e certo anche acuto regista Pier Paolo Pasolini, che sappiamo essere stato non solo omosessuale (fino ad essere ucciso in circostanze ancora misteriose ma certo legate a quell’ambiente, forse in risposta alla violenze sessuali subite da un povero giovane ricattato dal noto regista) ma in giro per il mondo era assai spesso a caccia di ragazzini con cui avere rapporti sessuali (come ricorda il grande scrittore ed amico Alberto Moravia). Ebbene, oltre ad essere celebrato come maestro della cultura italiana, a Pier Paolo Pasolini sono dedicate persino vie e piazze del nostro Paese. Altro celebre caso in tal senso fu quello dello scrittore svedese Axel Munthe (che venne in Italia ed abitò nella celebre sua villa di Capri, attirato più dai ragazzini del posto che dalle bellezze dell’isola). Così il celebrato pittore franco-polacco Balthus, di cui un quadro pedofilo-osceno rappresenta il vanto del museo Lingotto della famiglia Agnelli. Del resto il <’68>, nel suo delirante “vietato vietare” e detonatore di quella rivoluzione sessuale (forse l’unica davvero attuata e permanente, di cui paghiamo oggi le tragiche conseguenze) inaugurata per superare ogni tabù e remora, specie contro la tradizione e morale cattolica considerata spregiativamente “sessuofoba”, esaltava senza mezzi termini anche la sessualità dei bambini e coi bambini
* (dati riportati da: Vittorio Messori, Emporio Cattolico, Sugarco Ed. 2006, pp. 66-72)
Così, in modo consequenziale alla logica dominante che vuole riconosciuto come “diritto” qualsiasi desiderio e persino pulsione, c’è ormai chi compie passi ufficiali, fonda associazioni e persino partiti politici, per arrivare a garantire anche il “diritto” alla pedofilia (cfr. News 24.01.2013 e 14.07.2015).
Per venire al giorno d’oggi, si potrebbe forse persino citare il caso dell’attuale Presidente francese Emmanuel Macron, sposato da 10 anni con una donna di 24 anni più anziana di lui, Brigitte Trogneux (che lascia per lui un marito e 3 figli), ma rapporto iniziato quando lui aveva 15 anni (!) ed era il suo allievo prediletto al laboratorio teatrale del liceo della Providence di Amiens, dove lei insegnava (c’è persino uno psichiatra, Adriano Segatori, che ha per questo dubbi sull’equilibrio psichico di Macron, per l’abuso sessuale da lui subito all’età di 15 anni dalla sua professoressa e attuale moglie).
Pedagogie … corruttrici
Tale ipocrisia diventa ancor più palese e irritante, quando si pensa quali attentati si compiano anche legalmente contro l’innocenza dei bambini, permettendo che siano facile preda della pornografia e di tutto quanto può circolare anche sui loro telefonini e computer; ma soprattutto per quanto viene loro insegnato anche nelle scuole primarie, anche di più perverso, con nuove ideologie che si presentano come progresso, liberazione da tabu, superamento di vecchi “stereotipi”, con negazione persino della natura umana e promozione di qualsiasi pulsione sessuale, con atti gravemente immorali persino esplicitamente insegnati (cfr. News 30.03.2017, spec. 6).
Il dovere dei Pastori
I Pastori della Chiesa devono dunque prestare molta attenzione. Devono fare di tutto per estirpare questo peccato particolarmente esecrabile, specie tra i suoi stessi ministri (e la Chiesa Cattolica ormai è riconosciuta ufficialmente, come l’organizzazione che più sta facendo in questo senso, anche se c’è chi si ostina a negarlo – v. News 16.01.2014), non solo ovviamente non nascondendo ma reprimendo il male conosciuto; ma andando alla radice della questione, cioè sia nella formazione data nei Seminari e Noviziati, non solo per impedire fin dall’inizio (con un serio discernimento nell’accoglienza) ogni ambiguità, ma educando ad una vera dimensione soprannaturale (sacra) del ministero sacerdotale; altrimenti una semplice “generosità pastorale” non regge poi all’urto di questa cultura dominante, in cui la sessualità è letteralmente impazzita e a portata di mano (e di connessioni!), dopo essere stata già da decenni svincolata da ogni seria regola morale, irridendo nei giovani la virtù della purezza e della castità.
I Pastori non devono poi porre alcun ostacolo ma assecondare anche il percorso legale e penale che vedesse coinvolti suoi ministri, garantendo però anche la “presunzione di innocenza” (garantita anche per legge, fino a prova contraria) e la dovuta “riservatezza”. Inoltre esiste appunto il diritto e dovere di “non dare scandalo” e di “non pubblicizzare il male”, non tanto per mantenere l’onore dell’istituzione, ma proprio per non arrecare ulteriore danno alle anime.
Debbono infine guardarsi da un atteggiamento di sudditanza psicologica e di sottomissione al potere mediatico, come alla vana ricerca di consenso da parte dei media e dell’opinione pubblica, tanto più quanto è chiaro che il potere culturale e mediatico non ha a cuore tanto la dignità dell’uomo, della donna, della sessualità umana, dell’innocenza dei bambini, ma la volontà di cogliere ogni pretesto per denigrare e perfino distruggere la Chiesa stessa.
Si dovrebbe però prestare molta attenzione, denunciare gli abusi e sostenere i genitori (specie quelli cattolici che si rendono conto del pericolo e si sentono indifesi) nella battaglia contro queste moderne ideologie “pansessualiste” (ma anche tutte le ideologie che negano e combattono la “verità” dell’uomo, scopribile anche con la retta ragione e pienamente rivelata da Dio stesso in Cristo), come quelle gender o Lgbt…, che entrano violentemente e antidemocraticamente anche nelle scuole e rovinano magari per sempre l’innocenza, la coscienza, la mentalità, la sessualità e l’equilibrio psico-fisico, morale, spirituale di questi bambini, sotto le cattedre di coloro che davvero distruggono la coscienza e la vita, l’anima e quindi magari la stessa vita eterna di questi bambini!
Un caso coraggioso: a Genova la Chiesa riabilita come innocente un prete condannato per pedofilia
Che si debba essere rigorosi, senza cedimenti e senza sconti, sulla questione della pedofilia nella Chiesa e specie tra i sacerdoti, è ovvio e va lodata la determinazione dei più autorevoli organismi ecclesiastici per far fronte, ridurre ed estirpare il problema, come dovere non solo nei confronti dello Stato e della difesa dei bambini, ma nei confronti stessi di Dio e del compito di salvezza delle anime affidato alla Chiesa da Cristo stesso.
Con ciò la Chiesa (e i suoi Pastori) non deve però diventare neppure succube di un “giustizialismo” esasperato che vorrebbe vedere prove schiaccianti anche laddove non ce ne sono (cfr. News 8.01.2015) o lasciarsi condizionare e intimorire da una gogna mediatica pronta a gridare allo scandalo e ad accusare di copertura i vescovi; così da indurre la Chiesa stessa ad una sudditanza psicologica imbarazzante e a giocare ‘in difesa’ per non essere accusati di connivenza. Tra l’altro la giustizia “ecclesiastica” (oltre ovviamente a quella “divina”) non ha nulla da invidiare per serietà e autorevolezza a quella “civile”.
Ebbene, l’arcivescovo di Genova, il notissimo card. Angelo Bagnasco (che ha guidato anche la CEI per tanti anni), non ha in questo senso avuto timore di “riabilitare” di recente un suo sacerdote (don Luciano Massaferro) accusato ingiustamente di pedofilia e che ha dovuto per questo subire 7 anni di carcere, istituendo un rigorosissimo processo canonico, in cui il Tribunale Ecclesiastico ha potuto stabilire che le accuse riportate erano di fatto infondate e che il processo giudiziario italiano, con relativa sentenza e giudizio ulteriore della Cassazione, era di fatto erroneo. La Chiesa non ha ovviamente il potere di annullare una sentenza (con pena peraltro già scontata) del potere giuridico italiano; ma ha potuto così riammettere in piena dignità il sacerdote in oggetto a tutte le sue funzioni sacerdotali, compresa quella di Parroco (cfr. NBQ, 1.05.2018)
Australia: in pericolo persino il “segreto confessionale”!
Un inaudito tentativo di violare, col pretesto della denuncia del male, persino la legge di Dio e ciò che di più sacro e inviolabile c’è sulla faccia della terra (i Sacramenti!), è giunto in questi giorni da parte del mondo giudiziario australiano.
Il giorno 8.06.2018 il Territorio della Capitale Australiana (ossia il distretto federale comprendente Canberra), ha approvato una legge che impone ai sacerdoti di rompere il sigillo sacramentale nel caso in cui qualche penitente confessi di aver commesso violenze su dei bambini. Secondo la nuova legge, votata da tutti i partiti presenti nell’Act, i sacerdoti dovrebbero essere obbligati a riferire entro 30 giorni all’ombudsman dell’assemblea (figura equivalente al difensore civico) gli eventuali abusi ascoltati nel segreto del confessionale. Si tratta evidentemente di un obbligo incompatibile con la fede cristiana. Il sacerdote che viola il sigillo sacramentale incorre infatti nella pena più grave, la scomunica, perché nel sacramento della Confessione è Cristo stesso a operare e il confessore, che agisce come semplice strumento oggettivo della Sua misericordia, non può in nessun caso tradire il rapporto penitenziale tra il penitente e Dio, come ricorda lo stesso Codice di Diritto Canonico: “Il sigillo sacramentale è inviolabile; pertanto non è assolutamente lecito al confessore tradire anche solo in parte il penitente con parole o in qualunque altro modo e per qualsiasi causa” (can. 983).
Di fatto questa legge, che deve però essere ancora approvata dal parlamento australiano, condurrebbe poi di fatto persino all’impossibilità per un penitente reo di così grave peccato di accedere al sacramento della Confessione (pena che venga denunciato pubblicamente) e quindi di ricevere (alle solite condizioni: cioè il pentimento sincero e il proposito di non più commetterlo, con l’obbligo dove possibile anche del risarcimento del danno) il perdono di Dio e la stessa salvezza eterna della sua anima! Tra l’altro il sacerdote assai spesso non conosce neppure l’identità del penitente, che ha diritto a rimanere nell’anonimato (e persino di non essere visto in volto, come accade nei confessionali con la grata).
Tale legge, come ha prontamente sottolineato anche l’arcivescovo di Canberra Christopher Prowse, è di una gravità inaudita e inammissibile; i sacerdoti sarebbero in tal caso costretti a rifiutarsi di obbedire ad una legge dello Stato.
Nella storia, specie in momenti di guerra, si è cercato talora di obbligare alcuni sacerdoti a rivelare quanto sapevano in Confessione, ma mai questo è stato possibile, neppure sotto tortura o minaccia di morte, come alcuni eroici casi della storia appunto dimostrano.
Si faccia però attenzione perché anche in Italia si sono già verificati casi (purtroppo non apertamente condannati dalla Chiesa, pur essendolo di fatto anche per il Codice di Diritto Canonico, con pene che possono arrivare fino alla “scomunica”) in cui qualche giornalista ha simulato, cioè in modo “sacrilego”, la S. Confessione, fingendosi penitente, per ottenere e poi pubblicare risposte onde mettere in pubblico quanto ascoltato e persino per accusare il confessore (oggi anche per provare la “confusione” regnante); in certi casi si è giunti persino a registrare e filmare di nascosto tali simulazioni sacrileghe, giungendo addirittura a metterle poi in onda in note trasmissioni televisive nazionali!