Almeno in 4 province della Repubblica Popolare Cinese, dove cioè il Partito Comunista comanda a oltre 1 miliardo e 400 milioni di persone, ai bambini e ai ragazzi è proibito non solo ricevere una educazione religiosa, ma persino andare in chiesa. Nonostante quindi il cauto ottimismo che si dice circondi attualmente il “dialogo” tra governo cinese e Vaticano, la repressione antireligiosa del regime comunista si fa di giorno in giorno più dura (v. anche le altre News precedenti).Secondo quanto riporta l’agenzia Ucanews, nel distretto di Yonglin, a Wenzhou (provincia di Zhejiang, con forte presenza cristiana) “Una nota urgente delle autorità superiori vieta rigorosamente ai bambini, agli allievi della scuola primaria e secondaria e agli insegnanti, di andare nelle chiese cattoliche e protestanti”. La normativa precisa che “l’educazione religiosa dei minori troppo vicina alle chiese, danneggia gravemente il normale corso del sistema educativo”.Nonostante tutto, la fede cattolica resiste. Ad esempio, alla processione nel giorno dell’Assunzione di Maria (15 agosto) proprio nello Zhejiang, i ragazzi erano ugualmente moltissimi.Nella provincia di Henan (Cina orientale) è stata emessa la direttiva di “separare l’educazione dalla religione”. A Changsha, nella provincia dello Hunan (Cina centrale), il locale direttore dell’ufficio educazione, Liang Guochao, ha anche realizzato e diffuso un video in cui denuncia “l’infiltrazione della religione nell’educazione dei minori” e annuncia nuove direttive contro l’educazione religiosa.Il programma del presidente cinese Xi Jinping è quello, consono in fondo ancora al marxismo e maoismo, che il governo-partito abbia il monopolio su tutto, coscienze comprese. E vuole in tal senso scacciare tutte le “influenze straniere”; a parte ovviamente gli interessi commerciali. La religione cristiana, e quella cattolica (fedele al Papa) in particolare, viene dunque perseguitata in quanto sarebbe non soggetta al monopolio ideologico del governo ma a potenze “straniere”. Per cui o si “sinicizza”, cioè adotta un carattere puramente cinese (sotto le direttive e il governo del partito comunista) o viene combattuta.
Fa parte di questa campagna anche l’abbattimento delle croci, dette “troppo visibili nel paesaggio urbano” e delle chiese, dietro ogni scusa. Proprio a fine agosto è iniziato ad esempio un braccio di ferro fra governo locale e fedeli, sull’abbattimento della chiesa di Santo Stefano a Wangcun, nella provincia dello Shanxi (Cina settentrionale non lontano da Pechino). Le immagini drammatiche di un video girato sul posto e diffuso dalla agenzia missionariaAsia News, mostrano gruppi di fedeli cattolici che cercano di fermare la demolizione della loro chiesa, gridando “Gesù salvaci!” e “Madre Maria, abbi pietà di noi!”, mentre ostacolano i lavori del bulldozer e l’operato dei poliziotti. Le autorità di Wangcun hanno infine bloccato i lavori di demolizione per tornare a trattare col popolo. I cattolici, circa un migliaio, hanno continuato a presidiare l’area della chiesa, con un sit in, pur subendo pressioni, intimidazioni e pestaggi da parte di teppisti in abiti civili ma palesemente collusi con la polizia locale.
Secondo il rapporto di Abd il numero di cinesi in fuga per motivi religiosi è quintuplicato. Secondo lo stesso rapporto “essi abbandonano tutto per non rinunciare alla fede, abbracciata per sfuggire al materialismo imposto dal regime”. Moltissimi vorrebbero venire in Italia, centro della cattolicità.
Ma per i cristiani cinesi, le porte dell’Italia – nonostante le confuse politiche di accoglienza – si aprono molto difficilmente. E non se ne deve neppure parlare. Potrebbe intralciare i rapporti commerciali?!