Oggi, alla vigilia del Triduo pasquale, monsignor Pietro Shao Zhumin, vescovo di Wenzhou (Zhejiang), è stato letteralmente sequestrato dalle forze dell’ordine. Non è ancora nota la località in cui è stato deportato. Le autorità hanno concesso ai suoi fedeli di portare dei vestiti da consegnare al prigioniero, il che sta ad indicare che l’arresto durerà a lungo. Monsignor Shao è un vescovo della “Chiesa sotterranea” (quella che per la nomina dei vescovi fa riferimento al Papa, com’è doveroso nella dottrina cattolica, e non accetta di essere sottomessa al potere del Partito Comunista). La Santa Sede lo riconosce come il vescovo ordinario della diocesi di Wenzhou. Era succeduto a monsignor Vincenzo Zhu Weifang, morto il 7.09.2016.
L’arresto e la deportazione di Shao Zhumin segue di una sola settimana quello di Vincenzo Guo Xijin, vescovo di Mindong. Si era dovuto presentare all’Ufficio per gli affari religiosi di Fuan il 6 aprile e da lì non è più tornato. Anche monsignor Guo era riconosciuto dalla Santa Sede come vescovo ordinario della sua diocesi dopo la morte del suo predecessore Huang Shoucheng il 30.04.2016. È sconosciuta anche la località della sua detenzione. L’unica cosa sul suo conto che le autorità hanno dichiarato è che il vescovo aveva bisogno di “studiare e imparare” (un eufemismo per indicare quei “campi di rieducazione forzata” atti a portare all’assoluta obbedienza al Partito).
Entrambi questi due vescovi non sono appunto iscritti all’Associazione Patriottica, l’organizzazione religiosa del Partito Comunista Cinese che nomina i vescovi della Cina non riconosciuti dalla Santa Sede. Dopo il fallito tentativo di imporre l’ateismo di Stato, infatti, i successori di Mao mirano a controllare le religioni sottomettendole al Partito, per mezzo di organi religiosi ad hoc, fedeli al regime e alla sua ideologia. L’arresto dei due vescovi della Chiesa sotterranea, fedele a Roma, potrebbero servire a costringere i due prelati a iscriversi all’Associazione, previo lavaggio del cervello (“studiare e imparare”).
La stessa sorte era toccata, l’estate scorsa, anche a monsignor Taddeo Ma Daqin, vescovo di Shanghai, la diocesi più popolosa e vitale della Cina. Ma Daqin, dopo quattro anni di arresti domiciliari, marcato a vista dalla polizia e sottoposto a dure pressioni, il 12.06.2016 aveva poi dovuto pubblicare un’autocritica rivolta ai fedeli. Mons. Ma era stato ordinato vescovo il 7.07.2012, con l’approvazione della Santa Sede. Il giorno stesso della sua ordinazione aveva così annunciato pubblicamente le sue dimissioni dall’Associazione Patriottica. Da lì era iniziata la repressione del Partito estesa a tutta la diocesi di Shanghai: seminario chiuso; ordini religiosi femminili controllati, casa editrice diocesana bloccata; nessuna apertura di Porta Santa nel Giubileo della Misericordia; persino ingenti somme sparite dai conti della diocesi. A mons. Ma è stato infine revocato il titolo di “vescovo” di Shanghai e sottoposto a “un’inchiesta per aver violato le regole”.
Tutto ciò avviene mentre continua il dialogo fra Pechino e il Vaticano per raggiungere un accordo sulle nomine episcopali. Nel corso del negoziato, l’Associazione Patriottica pone come condizione che tutti i vescovi siano suoi iscritti. Gli ultimi due casi di “sparizione” dei vescovi potrebbero essere ricondotti a questa logica. Secondo alcuni sacerdoti della diocesi di Mindong, l’Associazione Patriottica sta alzando il livello di scontro con la comunità sotterranea. Due anni fa a Fuan la polizia ha demolito una chiesa non ufficiale in costruzione. Fino ad allora le forze dell’ordine avevano lasciato relativamente in pace la locale comunità sotterranea, data la sua grande consistenza.
Non è l’unica forma di pressione. Il governo dello Zhejiang ha imposto l’installazione di telecamere nelle chiese, ufficialmente per motivi di sicurezza “contro il terrorismo”, in realtà per controllare tutto quanto avviene e si dice nelle chiese, al fine di verificare se ci si opponga alle direttive del Partito.
In Cina secondo il rapporto della fondazione (legata alla Santa Sede) “Aiuto alla Chiesa che Soffre” la situazione delle comunità cristiane è peggiorata da quando è entrata in vigore la “Legge sulla Sicurezza Nazionale”, il 1°.07.2015. Tale legge mira ufficialmente a proteggere la cultura e gli interessi cinesi (sinicizzazione), ma riguarda ogni aspetto della vita associata, compresa la cultura e le religioni, che sono obbligate ad assumere la cultura cinese e sradicare ogni “influenza esterna”. Il problema è che per “influenza esterna” si intende anche ogni forma di missione (ad esempio i missionari cristiani che giungono dall’estero, così pure i professori stranieri nei seminari) e persino il riferimento al Papa (che deve essere escluso anche dalla nomina dei vescovi cattolici, in quanto comunque leader di una potenza straniera). Insomma, nel puro spirito ancora marxista-maoista tutto deve essere sottoposto al potere e alle decisioni Partito Comunista Cinese.
Tutto ciò mentre il mondo occidentale (USA compresi), che ormai non può più separarsi dagli interessi economici cinesi, mantiene un “assordante silenzio” sui diritti umani calpestati in quell’enorme e decisivo Paese.