Nel mondo occidentale cresce una sottile forma di terrorismo ideologico che maschera, sotto il manto della libertà e dei diritti, l’obbligo (dittatura) del “relativismo”. Per cui è perseguitato – almeno mediaticamente, ma ormai anche giuridicamente e qualche volta persino fisicamente – chi si oppone al “pensiero unico”, al “politicamente corretto”, cioè a ciò che qualche potente oligarchia post-illuminista si ostina a chiamare il “progresso” (anche se ha già distrutto abbondantemente l’umano e l’umanità). Chi vi si oppone è considerato un reazionario, integralista, fondamentalista, oscurantista, uno “chiuso” e “senza carità; e quindi da estromettere socialmente e non potersi più tollerare.
Sotto questa cappa ideologica, diventa un atto “coraggioso”, che rischia la pubblica accusa e l’ostracismo, quello di affermare ancora che c’è un bene e un male, che è possibile un “giudizio”, non solo a partire da una morale religiosa ma dalla coscienza stessa dell’uomo, talora persino dal semplice buonsenso.
Sì, occorre sempre più coraggio, quello di chi non si rassegna alla deriva relativista e osa ancora, per il bene dell’uomo e dell’umanità, oltre che per obbedienza a Dio, dare giudizi, non sulle persone e sulle coscienze (che solo Dio giudica) ma sul bene e sul male. Infatti proprio Gesù, essendo il “Verbo fatto carne” e quindi la Verità, mentre ci insegna a non giudicare le persone (anche perché non sappiamo farlo e solo Lui conosce il cuore dell’uomo e il rapporto tra “talenti” dati e quelli trafficati – cfr. Mt 25,14-30), ci ha insegnato più di ogni altro e in maniera perfetta, a distinguere, cioè a giudicare, il vero e il falso, il bene da perseguire e il male da evitare. La fede stessa in fondo è un “giudizio”, cioè obbedienza (cfr. Rm 1,5) alla legge di Dio, verità e autentico vero bene dell’uomo. Perché in questo sta l’amore, nell’obbedire ai Suoi comandamenti (Gv 14,15). E il dono della verità è anche la più alta forma di amore per il prossimo (leggi).
Talora questo coraggio sembra necessario persino in certi ambienti cristiani, dove, se si osa ancora parlare di verità, di dottrina, di legge di Dio, di comandamenti (quindi in fondo della “volontà di Dio”!), pare si possa correre lo stesso pericolo, di ostracismo e persino di condanna; e questo proprio da parte di coloro che paradossalmente parlano sempre di apertura (a tutti e a tutto) e di misericordia (senza condizioni). E, anche qui, i “cattivi” sarebbero coloro che affermano la verità, mentre i “buoni” sarebbero coloro che la negano o la relativizzano (ovviamente, dicono, per andare “incontro all’uomo”, come se l’uomo non avesse soprattutto bisogno della verità, cfr. Gv 8,32).
Così, anche nelle sedicenti più progredite “democrazie” (occidentali) vediamo l’instaurazione di nuovi e pericolosissimi “reati di opinione”, peraltro tipici delle dittature, cioè la messa al bando, come reato e quindi perseguibile, delle “idee” che non corrispondono al relativismo e di coloro che non si rassegnano a sottoporvisi. Questo ovviamente sotto le belle ma ambigue parole come “tolleranza”, “non discriminazione” e nuovi “diritti” (anche se inventati).
In questa dittatura del relativismo, per coerenza di ragionamento, dovrebbe allora diventare persino difficile accusare un ladro di furto (se il male è soggettivo e la coscienza deve essere lasciata libera di fare ciò che vuole); e chiudere le porte di casa potrebbe essere un atto di arrogante intolleranza nei confronti di chi non ritiene più che “rubare” sia un male, ma persino un diritto (ad esempio se ne ha bisogno o anche semplicemente se ne sente il desiderio per sentirsi realizzato). Ma dato che questo non è possibile, poiché la democrazia diventerebbe sinonimo di “anarchia” (un limite al male bisogna pure porlo), allora lo Stato, che si crede un assoluto e vuole prendere il posto di Dio, si arroga il diritto e il dovere di decidere di volta in volta per tutti cosa sia bene e cosa sia male (cfr. la profetica Enciclica di Giovanni Paolo II Veritatis Splendor, n. 101). Persino nel campo delle idee e delle scelte morali.
Vengono intanto inventati nuovi presunti diritti (un giorno qualcuno inventerà anche il diritto di un non-vedente a guidare l’autobus? e chi non vorrà salirci sarà condannato come ciecofobo?); ma si eliminano i diritti fondamentali dell’uomo, persino sanciti dalla carta dei Diritti dell’uomo, come la libertà di coscienza, di pensiero, di espressione, la “libertà religiosa” e persino il “diritto alla vita”.
Ad esempio, le leggi contro l’omofobia (dove peraltro “fobia” è un’espressione clinica qui abusata), sotto l’ovvio pretesto della doverosa non-discriminazione (ma creando persino “privilegi” – ad esempio colpire un omosessuale è reato peggiore che colpire un cattolico – forse la fomentano), fanno diventare “reato” anche il poter dare giudizi morali su certi atti sessuali. Coerentemente diventerebbe reato anche solo proclamare il primo capitolo della lettera di S. Paolo Apostolo ai Romani (leggi) (che è “Parola di Dio” … e noi “Rendiamo grazie a Dio”!).
Addirittura c’è il divieto di parlare, anche a chi desidera liberamente poter cambiare, di “terapie riparative” dell’omosessualità (v. quella dello psicologo americano Nicolosi, che pur è corredata da inconfutabili e positivi risultati). Persino all’interno del mondo gay c’è una violenta discriminazione nei confronti di coloro che non sono allineati all’ideologia omosessualista, ad esempio non sono d’accordo all’adozione/produzione di figli per le coppie omosessuali (v. Elton John contro Dolce e Gabbana).
Ebbene, proprio in questi giorni, nella laicissima Francia (tra l’altro non a caso nell’800 nazione privilegiata da numerose e importanti apparizioni mariane, da Rue du Bac a Lourdes), l’Assemblea Nazionale – che pochi mesi orsono aveva già soppresso, nell’ambito della riforma del sistema sanitario, la “pausa di riflessione” di una settimana prima di abortire – legifera per rendere vietato opporsi, anche solo come “idea”!, all’aborto. Tale legge punirà infatti con 2 anni di carcere e € 30.000 di multa persino tutti quei siti pro-life che parlano del diritto alla vita (questo sì che è invece un diritto fondamentale) e aiutano le donne, ad esempio incerte se abortire o no, a comprendere; e tali siti potrebbero essere oscurati per legge. Anche aiutare una donna a capire e desistere dall’aborto, aiutandola anche a livello psicologico e persino economico (come fanno anche in Italia tanti “Centri di aiuto alla vita”), può in questo modo diventare un “reato”. Si tratta di “reato di intralcio”, altro capolavoro del linguaggio di menzogna inventato dal nuovo pensiero unico (o dal “padre della menzogna”?).
Anche il presidente del vescovi francesi, monsignor Georges Pontier, ha vivacemente protestato, inviando una lettera al presidente François Hollande, opponendosi vigorosamente a tale legge presentata dal governo (queste alcune delle sua parole: “L’interruzione volontaria di gravidanza rimane un atto pesante e grave che interroga profondamente la coscienza. In situazioni difficili, sono numerose le donne che non sanno se portare a termine o meno la gravidanza e avvertono il bisogno di parlarne con qualcuno, cercare un consiglio”; con questa legge “le donne non trovano più alcun sostegno ufficiale al loro interrogativi di coscienza”; tali siti internet che il governo vorrebbe rendere illegali “compensano pure l’assenza di luoghi di ascolto” mentre “il loro successo prova che essi rispondono ad un’attesa”; sottolinea inoltre che “questi siti prestano ascolto a tutti, non solo a chi è incerto sull’aborto, ma anche a chi ha già abortito e deve elaborare tale ferita”; essi garantiscono così un aiuto e uno “spazio di libertà”).
Invece il Senato francese non solo approva tale legge, quindi il divieto di “siti internet che aiutano la donna a capire e a non abortire”, ma la inasprisce, punendo per legge anche chiunque possa «esercitare pressioni morali e psicologiche con ogni mezzo nei confronti di persone che cercano d’informarsi sull’interruzione volontaria della gravidanza». E il governo socialista, per accelerare l’iter di tale legge (come vediamo, così è stato anche in Italia per le “unioni civili”, in questi casi le procedure diventano improvvisamente e misteriosamente capaci di accelerare i tempi e di negare di fatto la possibilità parlamentare di opporvisi), si avvale del diritto di evitare il ritorno della nuova bozza all’Assemblea Nazionale, per una seconda lettura.
Come si vede, le democrazie occidentali diventano sempre più spudoratamente “dittature del relativismo”, con tanto di impossibilità di opporvisi e persino di far conoscere un pensiero diverso, creando appunto “reati di opinione” e persino la possibilità di porsi e parlare da punti di vista (ammesso e non concesso che siano solo punti di vista) diversi da ciò che certi poteri occulti impongono, ora anche per legge.