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Il nuovo Califfato dell’era contemporanea (“califfo” è nome che deriva ed indica fin dall’inizio i “successori di Maometto” alla guida dello stato islamico) è stato proclamato nel giugno 2014 e si è costituito con la conquista del nord dell’Iraq e dell’est della Siria (chiamato Daesh o ISIS).

In quanto potenza musulmana “sunnita” è quasi sicuramente protetto e finanziato dall’Arabia Saudita, alleata degli USA, e da molti Emirati Arabi. Per questo nessun potere occidentale blocca le banche e smette di comprare petrolio del Califfato. Per lo stesso motivo, e per impedire l’influenza russa in Medio Oriente, gli USA combattono il Presidente siriano Assad (che è invece alauita, cioè “sciita”) e solo formalmente combattono l’ISIS.

La volontà degli USA di mantenere salda l’alleanza con l’Arabia Saudita è emersa in questi giorni anche dal veto, criticato non solo dai Repubblicani ma persino dai democratici del Congresso (veto che infatti il Congresso ha poi in modo inaudito respinto, con grande “imbarazzo” della Casa Bianca), posto dal Presidente Obama alla nuova “legge contro gli Stati sponsor del terrorismo”, normativa che permette tra l’altro ai parenti delle vittime dell’11.09.2001 (2996 morti) di denunciare l’Arabia Saudita, accusata di aver segretamente sostenuto quegli attentati contro New York e Washington. Non a caso 15 dei 19 appartenenti di quel commando che ha compiuto il più grande atto terroristico di tutti i tempi erano infatti sauditi (eppure la successiva guerra di risposta è stata fatta dagli USA contro Afghanistan e Iraq!). Il dibattito sulla nuova legge è incominciato poi con l’emergere di un nuovo rapporto, prima segreto poi pubblicato a giugno dal Congresso, secondo cui, se non sono mai emerse prove sul coinvolgimento diretto dell’Arabia Saudita nella preparazione degli attentati dell’11 settembre, rimane pur vero che i membri di quel commando terroristico, oltre ad essere in maggioranza dell’Arabia Saudita, avevano contatti in territorio statunitense con funzionari sauditi e almeno alcuni di loro avevano persino legami con membri del governo della monarchia saudita.

“Il patto di alleanza con l’Arabia Saudita risale ai tempi della Seconda Guerra Mondiale ed è essenzialmente un patto economico (fornitura di petrolio) oltre che militare (garantire la stabilità nel Golfo, assieme alle altre monarchie tradizionali sunnite). Per settant’anni, tuttavia, i governi americani che si sono succeduti non hanno mai messo in dubbio la legittimità di una monarchia che applica, al suo interno, la versione più intransigente della sharia (non troppo diversa da quella applicata dal Califfato) e all’estero predica la versione più jihadista dell’islam. Sono i petroldollari sauditi che, nel corso dei decenni, hanno permesso la proliferazione di madrasse, moschee radicali e movimenti politico-culturali jihadisti in tutto il mondo (ruolo oggi conteso dal Qatar). Gli Usa hanno difeso l’Arabia Saudita dall’aggressione di Saddam Hussein con la guerra del Golfo del 1991; e nei decenni successivi hanno investito miliardi di dollari nella sicurezza saudita. Subito dopo l’11 settembre, l’Arabia Saudita si è schierata ufficialmente con gli USA nella lotta al terrorismo; e dal 2014, Riad è parte della Coalizione che sta contrastando l’Isis in Iraq. Nonostante ciò, non è mai stato chiaro fino a che punto la monarchia di Riad sia sinceramente impegnata nella lotta al terrorismo islamico (soprattutto al suo interno) o non faccia piuttosto il doppio gioco” (da NBQ, Stefano Magni).

Se dopo la guerra americana all’Iraq e l’eliminazione del suo dittatore (Saddam Hussein) nessuno è stato di fatto più in grado di governare davvero quel Paese, con successiva ritirata USA, così da permettere appunto persino la nascita del Califfato; analogamente l’attacco contro la Libia (con forti pressioni della Hillary Clinton) e l’uccisione del suo dittatore (Gheddafi) ha creato una situazione praticamente ingovernabile anche in quel Paese, tanto da permettere anche lì il sorgere del Califfato; e proprio di fronte alle coste siciliane, invase anche per questo ormai non più da profughi ma da una vera e propria ingovernabile “trasmigrazione” di popoli, provenienti anche dal sub-Sahara, oltre che dal Medio Oriente.

La politica estera americana di questi anni, che ha promosso pure le cosiddette “primavere arabe”, non ha avuto forse la vista lunga. E non ha forse previsto bene neppure la rinascita economica e militare della Russia. Infatti il presidente russo Putin ha potuto tornare a far valere il suo ruolo sia in Medio Oriente – appoggiando il Presidente siriano Assad, così come il regime “sciita” dell’Iran, in contrasto invece con la Turchia, forte paese musulmano ma appartenente alla NATO e alleato degli USA (che hanno fatto di tutto perché addirittura entrasse nell’Europa Unita!) – come pure in Europa (vedi la situazione in Ucraina, dove l’influenza americana cercava di estendersi ma si è trovata di fronte quella storica russa).

Ebbene, ora veniamo a sapere che anche nella regione balcanica – che, dopo la disintegrazione della Yugoslavia, ha conosciuto negli anni ’90 una guerra con centinaia di migliaia di morti – fuochi di intolleranza se non di addirittura di guerra covano ancora in Bosnia-Erzegovina, dove specie in Bosnia permangono molti Serbi (sostenuti dalla Russia e avversati da UE e USA) che vogliono riunirsi alla Serbia (v. il Referendum del 25.09.2016), ma cresce a vista d’occhio pure una presenza musulmana radicale, vicina al Califfato (è noto che i musulmani sono stati presenti in quella terra per secoli e la loro presenza è massiccia ancor oggi; del resto basta andare ad esempio già nella zona di Mostar, a pochi km. da Medjugorje, per vedersi circondati da moschee e minareti).

Dunque, oltre alla presenza in Europa di decine di milioni di musulmani, alcuni dei quali si sentono comunque in “guerra” contro l’Occidente (tanto da aderire realmente o idealmente agli ordini del Califfato e lanciarsi pure in terrificanti atti di terrorismo, anche individuale), presenza in continuo aumento non solo per il loro noto incremento demografico ma per il continuo loro arrivo legale e ancor più clandestino (e ora l’Italia è lasciata sempre più sola ad accoglierli), l’Europa – che sembra interessarsi solo alle più deliranti conseguenze della rivoluzione sessuale in atto dal ‘68 – si scopre sempre meno cristiana, sempre più nichilista, ma soprattutto ormai sempre più musulmana e per di più persino attanagliata dentro una morsa di paesi islamici tendenzialmente estremisti.