Che sotto il pretesto del rispetto e della non discriminazione – principi ovviamente giusti e pure profondamente cristiani, nei confronti di tutte le persone – le potenti lobbies omosessuali (e Lgbt) stiano progressivamente imponendo a tutti i governi occidentali (e tendenzialmente a tutto il mondo, persino con ricatti di tipo legale ed economico) di promuovere l’omosessualità e la teoria “gender” (genere sessuale come libera scelta individuale!), persino nelle scuole primarie, è un dato purtroppo evidente. Così come è chiaro che tale imposizione assuma sempre più le caratteristiche vere e proprie di una dittatura (l’attuarsi appunto della annunciata “dittatura del relativismo”), con tanto di divieto, tipico appunto delle dittature, di poter dissentire, pena non solo l’ostracismo sociale ma di poter subire pesantissime conseguenze penali e persino economiche (anche per le grandi industrie, come visto nel caso Barilla e non solo – v. News del 2.09.2015, in Archivio). E’ addirittura sempre più evidente come sia ormai impossibile dissentire dai dogmi di tale ideologia e crescente dittatura persino da parte dei membri dello stesso mondo omosessuale (come si vide ad esempio già nel caso Dolce & Gabbana – v. stessa News).

Ecco in proposito delle inquietanti notizie, proveniente questa volta dall’Australia.

Ogni anno ad Adelaide si organizza un Festival che «celebra le diversità sessuali e di genere» (come si legge sul sito ufficiale), in altri termini una fantasmagorica festa gay. Soltanto che quest’anno la responsabile del Festival, Cassandra Liebeknecht, si è dichiarata però eterosessuale; per questo è finita sotto inchiesta “per condotta non professionale” ed è stata poi licenziata, con tanto di minacce («so dove i tuoi bambini vanno a scuola»!) da parte dei gay. La Liebeknecht ha quindi replicato, affermando che in realtà è lei stessa ad essere stata vittima di discriminazione, tanto da essere soprannominata l’“allevatrice” (termine dispregiativo in uso in una parte del mondo gay per indicare le donne eterosessuali, che appunto amano mettere al mondo i figli senza far ricorso alla fecondazione eterologa, strada obbligata per le coppie lesbiche).

Sempre in Australia, il capitano militare dell’Australian Air Force, Catherine McGregor, pur “transessuale” dichiarata, è stata/o cacciata/o dall’organizzazione Kaleidoscope (che si batte per le rivendicazioni dei gay), in quanto aveva osato criticare il progetto “Scuole sicure”, che con il pretesto di combattere le discriminazioni sessuali porta invece, secondo il suo intervento, gli stessi «giovani trans in un vicolo cieco».

Ancora nello stesso Paese, a Sidney, pochi giorni fa il Mercure Hotel ha improvvisamente annullato un meeting previsto in hotel di un gruppo cristiano, organizzato per discutere sul referendum sul matrimonio gay. Ebbene, la pagina Facebook dell’hotel era stata bombardata da interventi così violenti che, vien detto dai responsabili, ha letteralmente “scosso” il personale dell’hotel, tanto da annullare appunto il previsto incontro.

Sempre a Sidney, la cantante lirica georgiana Tamar Iveri, che nel 2014 aveva usato su Facebook toni pesanti sul Gay Pride svoltosi a Tiblisi, nonostante abbia poi confessato che quelle frasi erano state scritte dal marito, è stata cancellata dall’opera e non ha potuto cantare nel suo ruolo (nell’Otello) come da programma all’Opera di Sidney.

Tale violenta discriminazione contro gli eterosessuali ha colpito ovviamente anche l’arcidiocesi di Sidney, la quale, avendo pubblicato l’opuscolo “Non si scherza con il matrimonio”, a difesa della famiglia e contro le unioni gay e para-matrimoni omosessuali, è stata non solo colpita da pesanti e innumerevoli insulti sui social-media, ma è stata addirittura trascinata davanti alla Commissione anti-discriminazione.