e sostiene i figli… solo se ‘fabbricati’ per gli omosessuali?
È sempre più evidente che anche in Italia sono ormai sempre meno i giovani che pensano al matrimonio. E, se ancora si sposano, il loro matrimonio dura sempre meno.
Secondo gli ultimi dati ISTAT (v. News del 20.11.2015) in un anno in Italia i matrimoni sono calati di 4.300 unità (57.000 in 6 anni); nei giovani (sotto i 35 anni) in 6 anni sono calati addirittura del 25%. Le convivenze sono invece cresciute del 100% in 6 anni (e di 10 volte in 20 anni). Nei primi 10 anni di matrimonio i divorzi sono cresciuti in 1 anno del 100%.
Il matrimonio civile è diventato una farsa. Una deriva nata con l’introduzione del divorzio (1970).
L’introduzione del <divorzio> in Italia (1°.12.1970) ha provocato lo ‘tsunami’ della facilità con cui contrarre e sciogliere il matrimonio civile. Anche il tentativo di abrogarlo col Referendum del 1974 fallì. La voce profetica del Magistero della Chiesa, che preannunciava come ciò avrebbe causato una spinta alla distruzione del matrimonio, non fu ascoltata, purtroppo anche da molti Cattolici! Molti infatti, anche Cattolici, si sono fatti catturare dentro la menzogna che si trattava di legalizzare matrimoni comunque distrutti e che non si poteva comunque imporre a tutti un valore come quello dell’indissolubilità (che invece è anche un valore naturale, civile e sociale), secondo il classico equivoco “io la penso così ma non posso obbligare tutti a fare così”, equivoco che impedirebbe di fatto qualsiasi legge (ogni legge infatti è fatta apposta per obbligare a rispettare un valore proprio chi altrimenti lo distruggerebbe … infatti non diciamo che “io sono contro il furto, ma se uno la pensa diversamente è libero di rubare”; se poi qualcuno dicesse che invece il matrimonio e la famiglia sono solo un fatto privato, allora non si capirebbe perché lo Stato debba legiferare su famiglia e matrimonio).
Con l’introduzione poi del “divorzio breve” (v. News 8.06.2014) anche in Italia per divorziare non si devono più aspettare 3 anni, ma solo 12 mesi per la separazione giudiziale e 6 mesi per quella consensuale, indipendentemente dalla presenza o meno di figli.
A questo punto viene persino da chiedersi perché lo Stato Italiano stia ancora a legiferare sul matrimonio, quando tale “contratto pubblico” (in quanto ha una valenza sociale) può avere valore solo per 6 mesi e quando è più conveniente (anche economicamente e fiscalmente) essere “single” o conviventi. E perché le politiche (in genere di sinistra) si danno tanto da fare in Occidente per ammettere legami giuridici a “coppie di fatto” o matrimoni omosessuali?
Che anche l’urgenza di legiferare sulle “coppie di fatto” (anche dello stesso sesso), tendendo a renderle matrimoni e famiglie a tutti gli effetti, compresa la possibilità di adottare figli (o fabbricarli!), sia una questione fondamentalmente ideologica, dovuta a pressioni mondiali di potentissime lobbies al contrario assai poco condivisa dalla gente comune per non dire dal “buonsenso” sociale, si era già vista (News 1.06.2013 e 15.07.2012) a proposito delle cosiddette “liste comunali delle unioni civili”, promosse con tanta sicumera e propaganda ideologica, ma di fatto rimaste praticamente quasi vuote.
Ecco i numeri. Trento: 23 coppie in 6 anni. Bolzano: 3 coppie all’anno. Pisa: 32 coppie in 15 anni. Firenze: 73 in 10 anni. Padova: 50. Torino: 120. Il caso più eclatante è proprio Bologna, dove nel Registro istituito già nel 1999 non risulta ancora alcun iscritto.
Se ne accorse amaramente anche la stampa laicista (v. Repubblica del 1.06.2013), che, oltre ad ammettere il plateale fallimento di tali registri, afferma che in effetti è economicamente più conveniente restare anagraficamente “single”: infatti se ad esempio una ragazza madre risulta accompagnata anche solo in questi registri, perde l’assegno per il figlio.
Ammettiamolo: nessun “tipo di famiglia” (!) e di “unioni di fatto” è ormai in Italia più conveniente, figuriamoci poi sposarsi e formare una famiglia “normale”! Un chiaro invito a rimanere soli o convivere.
Ma allora, perché tutta questa urgenza di creare nuovi matrimoni (omosessuali) e nuove famiglie?!
Nonostante la presenza sempre più massiccia di immigrati (circa l’8% della popolazione), in genere più prolifici degli italiani (italiani che peraltro in un anno hanno lasciato il Paese ben in 4.636.000! – v. News del 7.10.2015], ogni anno nascono circa 12.000 bambini in meno (anche l’anno scorso si è raggiunto il minimo storico, ponendo l’Italia al primo posto nel mondo per denatalità in percentuale alla popolazione!); con uno squilibrio negativo, tra morti e nati, di 95.768 unità. E, data la suddetta situazione catastrofica della famiglia, il 25% dei nuovi nati non ha tra l’altro genitori sposati.
Il Paese sta invecchiando precipitosamente, con enorme conseguenze sociali ed economiche!
Promozione della natalità? (Ci ha pensato persino la laicissima Francia, con risultati incoraggianti). Nemmeno a pensarci. Detrazioni fiscali per i figli? No; solo per condizionatori, elettrodomestici e ristrutturazioni edilizie (v. News 5.07.2013).
Tra “diritto” (?!) all’aborto (a spese dello Stato), l’aborto-fai-da-te (pillola del 1° e del 5° giorno, RU486), la propaganda capillare sul dovere della contraccezione e il “dogma” del preservativo che risolve tutti i problemi per vivere la sessualità senza responsabilità, nessun sostegno economico e fiscale alla famiglia e per i figli … qui siamo di fronte ad un suicidio sociale!
In Italia (nel solo 2011): 109.538 aborti legali (+ presumibilmente 15.000 aborti clandestini), di cui 7.432 con la pillola RU486. Di altre pillole abortive (pillola del giorno dopo e pillola del 5° giorno) si sono vendute 380.000 scatole, che fanno presumere almeno 70.000 aborti (che sfuggono alle statistiche ufficiali). Tra l’altro, le donne morte nel mondo dopo aver assunto la Ru486 sono decine (più di 60 nel 2011), una mortalità (della madre, perché il figlio muore sempre!) 10 volte superiore a quella degli aborti chirurgici.
Sul fronte opposto – anche disintegrando progressivamente per via giudiziaria la legge 40 (discussa in parlamento per anni e riaffermata con un Referendum popolare) – c’è l’assurdo diritto al figlio (non dei figli stessi), ottenuti con ogni strumento artificiale che la scienza può ora attuare e il mercato si è affrettato con enormi guadagni ad offrire.
Non importa se anche la donna che vuole abortire, può di fatto partorire in anonimato e far adottare il bambino. Non importa se ci siano (dati 2012) 31.343 coppie di sposi con domanda di adozione ma la lentezza di lunghe (e certo talora anche pienamente doverose) procedure lascia di fatto 1.500 minori ancora senza famiglia.
No, occorre inventare “prometeicamente” la fabbricazione dei bambini, secondo i desideri degli acquirenti: non importa neppure chi siano i genitori, di chi sia lo sperma, di chi sia l’ovocita e di chi sia l’utero che porta avanti la gravidanza.
In molte nazioni (Belgio, Olanda, Danimarca) esistono veri e propri cataloghi (in Ucraina persino on-line, con tanto di foto dei “donatori” dei gameti) per scegliere quale figlio comprare, con quali occhi, capelli, qualità fisiche e psichiche (v. News 17.04.2014).
Ovviamente queste “magnifiche sorti e progressive” dovevano approdare alle adozioni gay, anzi alla costruzione artificiale (perché certo la natura ha ancora il sopravvento sull’ideologia e da due maschi o due femmine un bambino non nasce!) di un figlio, di cui avrebbero “diritto”. Fino alle aberrazioni più inimmaginabili.
Avevamo riportato (v. News 5.03.2015) questa notizia dal Guardian, cioè di ciò che avviene in quei Paesi (in questo caso la GB) che sarebbero in questo il “progresso”, il faro della civiltà da seguire pedissequamente. Un giovane omosessuale di 25 anni, che per il momento non ha alcuna voglia di sposarsi con un “altro”, sente però il grande desiderio di diventare “padre”. Come fare? Paga una clinica dove si fanno le fecondazioni eterologhe in vitro e poi le “gestazioni di sostegno”. Compra cioè ovuli umani da una “donatrice” anonima, ci aggiunge il suo sperma e mette incinta chi? La propria madre, che mette a disposizione l’utero. Dopo 9 mesi tale donna ha quindi partorito un figlio-nipote! La Family Court britannica ha permesso infine che quel giovane single lo adottasse. Il giudice che ha dovuto analizzare il caso l’ha così spiegato: “Tutto si è svolto secondo la legge; il caso è un po’ anomalo, ma l’uomo aveva manifestato un grande desiderio di diventare padre”!
Questo sarebbe il progresso, la nuova civiltà … e l’Italia dovrebbe vergognarsi di non essersi ancora adeguata, di essere il “fanalino di coda”?!
Tra l’altro, sulle adozioni (o fabbricazione) di bambini da parte di coppie omosessuali, anche la psicanalisi ha fatto sentire la sua voce … contraria! (v. News 12.01.2013).
Ad esempio Claude Halmos, uno dei riconosciuti massimi esperti della psicologia dell’infanzia, si è dichiarato contrario – nonostante il clima culturale quasi intimidatorio per chi dissenta da queste nuove ideologie Lgbt! – al matrimonio omosessuale e ancor più si è detto “seriamente e scientificamente preoccupato” sulle adozioni di figli in tali matrimoni, poiché in tal modo “vengono calpestati i reali diritti di quei bambini e compromesso il loro armonico sviluppo psicologico”. Altri seri psicanalisti italiani hanno mostrato pubblicamente la loro documentata contrarietà a questa possibilità di adozione da parte di coppie gay. È il caso della psicanalista Silvia Vegetti Finzi (docente di Psicologia dinamica all’Università di Pavia), la quale si è pronunciata in questo senso (v. suo articolo ne Il Corriere della sera, 2.01.2013), sottolineando come “la psicanalisi, pur non entrando nel merito delle questioni morali, ma dovendosi comunque fondare su una logica relazionale – e quindi particolarmente idonea a studiare l’importanza delle relazioni familiari – riconosca la fondamentale importanza, per l’armonico sviluppo psicologico del bambino, della figura del padre (maschio) e della madre (femmina)”. Intanto un’autorevole ricerca sociologica internazionale compiuta negli USA (v. Social Science Reserch, 2012/4) ha registrato come i bambini educati da coppie omosessuali, rispetto a bambini cresciuti in famiglie normali, manifestino queste differenze percentuali: + 7% (rispetto agli altri bambini) hanno idee suicide, + 11% devono ricorrere a trattamento psicoterapeutico o almeno ad assistenti sociali, + 32% sono affetti da qualche patologia venerea, +20% fanno in seguito fatica a impegnarsi nel lavoro.