Abbiamo più volte evidenziato (v. ad es. qui sotto la notizia del 10.01.2015) come in Italia, nonostante che in teoria sia sancito persino già dalla Costituzione (art. 33), non sia di fatto mai stato realmente applicato il diritto alla “libertà di educazione” – principio fondamentale della democrazia e “valore non negoziabile” anche della Dottrina sociale della Chiesa (v. il Documento nel sito, spec. punti 15 e 27) – perché anche laddove lo Stato riconosce la validità scolastica e il titolo di studio delle Scuole paritarie (errato chiamarle “private”, perché sono ugualmente “pubbliche”, anche se “non statali”, appunto per il servizio pubblico che svolgono), le discrimina in modo intollerabile dal punto di vista economico e talora anche burocratico, costringendo così i genitori che vogliono fruirne ad un ulteriore gravosissimo esborso (che non tutti possono permettersi), oltre a quanto già pagato allo scopo come tutti i cittadini attraverso il prelievo fiscale. Eppure, come abbiamo osservato, lo Stato Italiano guadagna ogni anno 6,3 miliardi di € per la presenza di tali scuole paritarie (in gran parte cattoliche); e quindi se non ci fossero o non potessero continuare a garantire tale servizio pubblico, in genere molto qualificato, lo Stato Italiano non sarebbe neppure in grado di far fronte economicamente a tale spesa, non potendo quindi garantire l’istruzione a tutti i cittadini! Nonostante tale palese e grave ingiustizia, e le reiterate promesse dei Governi (mai mantenute!), non si notano sostanziali passi avanti in ordine ad un cambiamento ormai non più procrastinabile. Così, anche in questo nuovo anno scolastico 2015/2016, sono state costrette a chiudere ben 349 scuole paritarie!

Strano poi che tutti coloro che in questi anni ci hanno imposto leggi e sacrifici per allinearci agli altri Paesi europei e sempre chiedono con arroganza di adattarci a certe nuove linee ideologiche (v. teorie gender) imposte dagli organismi europei (e che peraltro i popoli non vogliono), su questo argomento di una effettiva (anche economicamente) “libertà di educazione”, vigente nella maggior parte dei Paesi Europei, invece nessuno parla o vuole confrontarsi con l’Europa.