Una volta sganciata la sessualità, come del resto tutta la vita, dal suo intrinseco legame con la verità (con la stessa natura!), diventa ovviamente difficile e solo temporaneo porre ancora qualche limite. Ed ecco che, dopo l’affermazione dell’assoluto diritto di vivere la sessualità a piacimento, in alcuni Paesi (ad esempio Olanda, Belgio, ma anche negli USA) comincia a trapelare un presunto diritto anche per la “pedofilia”, nonostante si faccia finta di stracciarsi le vesti di fronte a questi casi e di compiere un’implacabile “caccia alle streghe” (l’orco pedofilo), specie se cattoliche.

Ne è un segno anche un articolo apparso recentemente nientemeno che sul New York Times, del prof. Margo Kaplan, docente alla Rutgers School of Law di Camden, dal titolo “Pedofilia: un disturbo e non un crimine”. Il metodo è quello già visto per le legittimazioni precedenti: gonfiare in modo inverosimile la quantità di persone che soffrirebbero di questo disturbo, poi derubricarlo da un qualsiasi giudizio morale e poi persino civile, secondo appunto l’assunto che la persona si trova ad essere così senza colpa (presunta scientificità di un determinismo psichico, cioè assenza di libertà e quindi di responsabilità morale), per giungere infine al diritto di vivere tranquillamente i propri desideri sessuali, tanto più se la persona non prova alcun disagio (ad essere pedofilo) e se la controparte è consenziente, anche se minorenne. Il passo successivo sarà quello, già visto, di dire che non è neppure un disturbo, ma una libera scelta dell’individuo (ritorna contraddittoriamente l’affermazione di una libertà, prima negata su presunte basi neurologiche). Per poi affermarlo come “diritto”. Quindi sarebbe odiosa “discriminazione” qualsiasi giudizio morale in merito.