L’introduzione del “divorzio” in Italia (1°.12.1970) ha provocato lo tsunami della facilità con cui contrarre e sciogliere il matrimonio civile. Anche il tentativo di abrogarlo col Referendum del 1974 fallì. La voce profetica del Magistero della Chiesa, che preannunciava come ciò avrebbe causato una spinta alla distruzione del matrimonio, non fu ascoltata, purtroppo anche da molti Cattolici!
Molti infatti, anche Cattolici, si sono fatti catturare dentro la menzogna che si trattava di legalizzare matrimoni comunque distrutti e che non si poteva comunque imporre a tutti un valore come quello dell’indissolubilità (che invece è anche un valore naturale, civile e sociale), secondo il classico equivoco “io la penso così ma non posso obbligare tutti a fare così”, equivoco che impedirebbe di fatto qualsiasi legge (ogni legge infatti è fatta apposta per obbligare a rispettare un valore proprio chi altrimenti lo distruggerebbe … infatti non diciamo che “io sono contro il furto, ma se uno la pensa diversamente è libero di rubare”; se poi qualcuno dicesse che invece il matrimonio e la famiglia sono solo un fatto privato, allora non si capirebbe perché lo Stato debba fare leggi sulla famiglia e il matrimonio).
La distruzione della famiglia è ora sotto gli occhi di tutti, anche in Italia. Tale crisi nasce soprattutto dalla distruzione delle coscienze (perdita della fede e del senso morale, amore ridotto a sentimento passeggero, sessualità non più governata, individualismo esasperato, persino puro egoismo), ma ha avuto una forte spinta anche dalla legge sul divorzio, come pure dalle gravi omissioni statali nel sostenerla, anche economicamente.
Leggiamo solo questi dati: nel 1995 i matrimoni furono 290.000, le separazioni 52.000, i divorzi 27.000; nel 2011 i matrimoni furono 204.000, le separazioni 89.000, i divorzi 54.000.
Ed eccoci all’attualità parlamentare … perché arriva un altro colpo alla famiglia, un’altra spinta alla leggerezza nel contrarre e disfare un matrimonio: il “divorzio breve”. Per divorziare non si devono più aspettare 3 anni, ma solo 12 mesi per la separazione giudiziale e 6 mesi per quella consensuale, indipendentemente dalla presenza o meno di figli. Insomma, ci si può sposare e già divorziare dopo 6 mesi, basta chiederlo.
A questo punto viene persino da chiedersi perché lo Stato Italiano stia ancora a legiferare sul matrimonio, quando tale “contratto pubblico” (in quanto ha una valenza sociale) può avere valore solo per 6 mesi e quando è più conveniente (anche economicamente e fiscalmente) essere “single” o conviventi? E perché le politiche (in genere di sinistra) si danno tanto da fare in Occidente per ammettere legami giuridici a “coppie di fatto” o si considera così urgente legiferare su matrimoni omosessuali?
Qualche giurista, anche cattolico, si pone addirittura la domanda se valga ancora la pena mantenere il matrimonio “concordatario” (che riconosce valore anche civile al matrimonio cristiano), visto che il Sacramento è indissolubile e con determinate caratteristiche volute da Dio (le parole di Gesù al riguardo sono inequivocabili e immutabili, cfr. Mt 19,5-6), mentre quello civile è di fatto diventato una farsa, persino sconveniente.