(dalla nota del Direttore della Sala Stampa vaticana p. F. Lombardi):
“Dopo il gran numero di articoli e commenti in seguito alla pubblicazione delle raccomandazioni del Comitato di verifica della Convenzione sui diritti dei bambini sembra utile fare alcune riflessioni e precisazioni.
Non è il caso di parlare di scontro <fra l’ONU e il Vaticano>… I responsabili più alti dell’ONU sono stati sempre consapevoli dell’importanza del sostegno dell’autorità morale e religiosa della Santa Sede per la crescita della comunità dei popoli, perciò hanno invitato i Papi a visitare l’Organizzazione e a dirigere la loro parola all’Assemblea generale (lo hanno fatto Paolo VI, Giovanni Paolo II ben due volte e Benedetto XVI). Insomma, le Nazioni Unite, nelle loro più alte istanze, apprezzano e desiderano il sostegno della Santa Sede e il dialogo positivo con essa. E altrettanto desidera la Santa Sede, per il bene della famiglia umana. Questa è la prospettiva in cui occorre porsi…
Le Convenzioni internazionali promosse dalle Nazioni Unite sono una delle vie attraverso cui la comunità internazionale cerca di promuovere la dinamica della ricerca della pace e della promozione dei diritti della persona umana in campi specifici. Gli Stati sono liberi di aderirvi. La Santa Sede/Stato della Città del Vaticano ha aderito a quelle che ritiene più importanti alla luce della sua attività e della sua missione … Fra queste, con tempestività, la Santa Sede ha aderito – fra i primi al mondo – a quella per i diritti dei bambini, alla luce del grandissimo lavoro svolto in questo campo, da sempre e in molte forme diverse (educative, caritative, ecc.), dalla comunità cattolica nel mondo… ma perché il risultato complessivo sia positivo occorre perciò molta disponibilità al dialogo e rispetto attento alle regole essenziali nelle procedure e nell’impostazione delle attività.
Per la verifica dell’attuazione della Convenzione sui diritti dei bambini esiste un Comitato con sede a Ginevra, che tiene due sessioni l’anno, che riceve i rapporti dei diversi Stati aderenti, li studia e li discute con le delegazioni da essi inviate e formula raccomandazioni per un’attuazione migliore di quanto previsto dalla Convenzione stessa. Le raccomandazioni formulate dal Comitato sono spesso piuttosto scarne e di peso relativo. Non per caso non se ne è quasi mai sentita eco a livello di stampa internazionale, anche nel caso di Paesi dove i problemi dei diritti umani e dell’infanzia sono notoriamente gravi.
Nel caso dei Rapporti presentati dalla Santa Sede al Comitato nei mesi scorsi sull’attuazione della Convenzione e dei Protocolli addizionali, alle domande successivamente formulate per scritto dal Comitato erano state date ampie risposte scritte, a cui era seguito un giorno di audizione di un’apposita delegazione della Santa Sede a Ginevra il 16 gennaio. Ora si è avuta, il 5 febbraio, la pubblicazione delle osservazioni e raccomandazioni conclusive del Comitato. Ciò che ha suscitato ampie eco e reazioni.
Che cosa osservare in proposito?
Anzitutto, l’adesione della Santa Sede alla Convenzione è stata motivata da un impegno storico della Chiesa universale e della Santa Sede per il bene dei bambini. Chi non si rende conto di che cosa questo rappresenta per il bene dei bambini nel mondo vuol dire che non conosce bene questa dimensione della realtà. Perciò la Santa Sede – come ha detto S.E. Mons. Parolin – continuerà ad impegnarsi per attuare la Convenzione e per mantenere un dialogo aperto, costruttivo e impegnato con gli organi in essa previsti. Prenderà le sue ulteriori posizioni e ne darà conto, e così via, senza pretendere di sottrarsi a un dialogo autentico, alle procedure previste, con apertura alle critiche giustificate, ma lo farà con coraggio e decisione, senza timidezza.
Allo stesso tempo, non si può non rilevare che le ultime raccomandazioni pubblicate dal Comitato appaiono presentare – a giudizio di chi ha ben seguito il processo che le ha precedute – limiti gravi. Non hanno tenuto conto adeguato delle risposte, sia scritte, sia orali, date dai rappresentanti della Santa Sede. Chi ha letto e ascoltato queste risposte non ne trova riflessi proporzionati nel documento del Comitato, tanto da far pensare che esso fosse praticamente già scritto o perlomeno nettamente impostato prima dell’audizione.
In particolare sembra grave la non comprensione della natura specifica della Santa Sede. E’ vero che si tratta di una realtà diversa dagli altri Stati e questo rende meno facile comprenderne ruolo e responsabilità. Ma ciò è stato spiegato molte volte dettagliatamente nei vent’anni e più di adesione alla Convenzione e in particolare nelle recenti risposte scritte. Non si è capaci di capire o non si vuole capire? In ambedue i casi si ha diritto a stupirsi.
Il modo di presentare le obiezioni e l’insistenza su diversi casi particolari sembrano insinuare che si sia data molta maggiore attenzione a ONG ben note, pregiudizialmente contrarie alla Chiesa cattolica e alla Santa Sede, che non alle posizioni della Santa Sede stessa, firmataria della Convenzione, che pure è stata disponibile a un dialogo approfondito con il Comitato. E’ tipico infatti di tali organizzazioni non voler riconoscere quanto è stato fatto dalla Santa Sede e nella Chiesa in questi anni recenti, nel riconoscere errori, nel rinnovare le normative, nello sviluppare misure formative e preventive. Poche o nessun’altra organizzazione o istituzione ha fatto altrettanto. Ma non è assolutamente quello che si comprende leggendo il documento in questione.
Infine, e questa forse è l’osservazione più grave, le osservazioni del Comitato in più direzioni sembrano andare oltre le sue competenze e interferire nelle stesse posizioni dottrinali e morali della Chiesa cattolica, dando indicazioni che coinvolgono valutazioni morali della contraccezione e dello stesso aborto, o l’educazione nelle famiglie o la visione della sessualità umana, alla luce di una propria visione ideologica della stessa sessualità. Per questo nel Comunicato ufficiale pubblicato mercoledì mattina si è parlato di “un tentativo di interferire nell’insegnamento della Chiesa Cattolica sulla dignità della persona umana e nell’esercizio della libertà religiosa”.
Infine, non si può non osservare che il tono, lo sviluppo e la pubblicità data dal Comitato al suo documento sono assolutamente anomali rispetto al suo normale procedere in rapporto con gli altri Stati parte aderenti alla Convenzione.
Insomma, se certamente la Santa Sede è stata oggetto di un’iniziativa e di un’attenzione mediatica a nostro avviso ingiustamente nociva, bisogna pur riconoscere che a sua volta il Comitato stesso si è attirato molte critiche gravi e fondate. Senza volere attribuire “alle Nazioni Unite” quanto avvenuto, bisogna pur dire che nell’opinione comune le Nazioni Unite portano a loro volta le conseguenze negative di quanto compiuto, aldilà delle sue competenze, da un Comitato che ad esse si appella.
Cerchiamo dunque di ritrovare il piano corretto dell’impegno per il bene dei bambini. Anche attraverso lo strumento della Convenzione. La Santa Sede non farà mancare le sue risposte attente ed argomentate”.