La Corte Costituzionale ha respinto un ricorso del Tribunale di Spoleto sollevato per presunta incostituzionalità dell’art. 4 della legge 194, in riferimento ad una recente sentenza europea a tutela dell’embrione.
La legge 194, che dal 22.05.1978 “regola” in Italia il ricorso all’aborto, è stata ed è un dogma laicista intoccabile e indiscutibile. Promossa negli anni ’70 dalla mentalità libertaria e radicale, indicando – come sempre in questi casi – la sua necessità per far fronte ai casi pietosi limite (donne violentate o in pericolo di vita, bambini mostri; si utilizzò persino la fuoriuscita di “diossina” da un’industria della Brianza nel 1976, per indurre le donne gravide della zona ad abortire perché quella sostanza avrebbe fatto nascere dei mostri, cosa risultata falsa!) e numeri esorbitanti sui presunti aborti clandestini (addirittura numeri che sarebbero corrisposti ad un aborto annuo per tutte le donne italiane in età fertile), fu approvata dal Parlamento in un frangente rovente, cioè a 12 giorni dall’uccisione di Aldo Moro, quindi all’apice degli “anni di piombo” del terrorismo rosso (Brigate Rosse).
Un referendum per abolirla o almeno limitarne i danni, promosso nel 1981 specialmente dai cattolici, non ottenne la maggioranza (forse nei disegni di Dio non fu casuale che tale referendum si tenne 4 giorni dopo l’attentato a Giovanni Paolo II del 13.05.1981).
Pur essendo una delle leggi più permissive al mondo, permette il ricorso all’aborto solo nei primi 3 mesi di gravidanza ed a particolari condizioni; ma di fatto nel corso degli anni essa ha permesso l’aborto “a piacimento”, provocando in 34 anni l’uccisione legale (e a spese dello Stato) di 5,5 milioni di bambini!
Anche questo ha contribuito ad una spaventosa denatalità italiana (tra le peggiori al mondo), così da provocare anche gli attuali problemi circa la difficoltà a pagare le pensioni (una società di anziani non può permettersi le pensioni, sostenute ovviamente da chi lavora); e se nel frattempo non fossero arrivati gli immigrati, la società italiana sarebbe collassata già da tempo!
Per il laicismo dominante, non è nemmeno possibile azzardare un inizio di discussione su tale legge perché come sempre in questi casi scatta il fatidico “non si tocca!”.
Una “marcia per la vita”, indetta a Roma il 13 maggio scorso e a cui hanno partecipato 15.000 persone (anche giovani e tante famiglie giovani), è stata o totalmente oscurata dai media o immediatamente bollata come “fondamentalismo cattolico e reazionario”.
In realtà quelli che insorgono contro chiunque voglia almeno discutere sulla 194 (come è possibile su tutte le cose umane, mai così perfette da assurgere a dogmi indiscutibili), si guardano poi bene da applicare tutta la prima parte della stessa legge, che pone comunque all’aborto determinati limiti e deterrenti e promuove aiuti al fine di evitarli! Lo ha fatto notare anche l’attuale Ministro della Salute Renato Balduzzi, proprio in riferimento alla risposta della Corte Cost.: “La legge 194 è una legge dello Stato e quindi va applicata in tutte le sue parti”.
Guardiamo allora cosa dice ad esempio l’art. 1 della legge n. 194 (certo con una buona dose di ipocrisia): “Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita dal suo inizio. L’interruzione volontaria della gravidanza, di cui alla presente legge, non è mezzo per il controllo delle nascite. Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell’ambito delle proprie funzioni e competenze, promuovono e sviluppano i servizi socio-sanitari, nonché altre iniziative necessarie per evitare che l’aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite”.
Nell’art. 2, comma d, prosegue: “(I Consultori familiari assistono la donna in stato di gravidanza) contribuendo a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione della gravidanza”.
Pur di non arrivare all’aborto, la legge prevede persino che la madre possa partorire nel segreto e far adottare altrettanto anonimamente il bambino appena nato.
Nel 2011 i CAV salvano in Italia 17.000 bambini destinati all’aborto
Come sempre la Chiesa non si muove solo per promuovere leggi giuste che garantiscano l’autentico bene dell’uomo (e per promuovere questo SI al bene dell’uomo – la vita, la famiglia, la libertà religiosa e di educazione – deve ovviamente anche alzare dei NO a tutto ciò che lo rovinerebbe!), ma si muove nel concreto della carità per far fronte alle situazioni di sofferenza, persino a quelle causate dal peccato (non dimentichiamo mai che se obbedissimo a Dio non ci sarebbe il male nel mondo!).
I “Centro di Aiuto alla Vita” (CAV), sorti dal Movimento per la Vita, sono sparsi nel territorio e con l’apporto di volontari (soprattutto cattolici) riescono a far fronte a moltissime difficili situazioni, testimoniando concretamente come un aiuto reale possa far desistere molte donne dal loro intento di abortire (non dimentichiamo che l’aborto, oltre ad essere un omicidio, rappresenta un enorme dramma per la madre stessa, spesso con gravi conseguenze psicologiche per tutta la vita).
Proprio come prevedrebbe il sopra citato art 2 d della 194 (usiamo il condizionale perché quasi mai si fa questo nei Consultori Familiari statali/comunali) l’aiuto per rimuovere o far fronte alle “cause che inducono la donna ad abortire”, riesce dunque assai spesso ad evitare questi omicidi e drammi.
Solo nel 2011 i 329 CAV operanti in Italia hanno salvato 17.000 bambini (140.000 dal 1975) da una morte per loro già decisa, assistendo 60.000 donne in difficoltà e facendo cambiare idea (mediante molti colloqui ed un sostegno concreto ed anche economico) all’85% di donne decise ad abortire.
Dal 1994 il Movimento per la Vita ha anche attuato il <Progetto Gemma>, che permette una sorta di “adozione prenatale a distanza”, adottando economicamente (offrendo un contributo minimo di € 160 mensili) una mamma e il suo bambino per i primi 18 mesi di vita.