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S’era già detto (v. News 23.03.2012) come fosse stata presentata in Parlamento la proposta di ridurre i tempi di attesa del divorzio da 3 anni a 1 (2 se ci sono figli). Il provvedimento sarà votato a giugno. In Italia è certamente più facile “licenziare” la moglie o il marito che non un dipendente (v. art.18)! La cosa sconcertante, in questo ulteriore passo verso la progressiva demolizione della famiglia, è che si è cercato di far passare tale provvedimento come un segno della volontà di superare le “lungaggini tipiche della giustizia civile” (parole del Sottosegretario alla Giustizia S. Mazzamuto). Lo Stato Italiano non ritiene più il divorzio una ferita nella vita di una famiglia e nello stesso tessuto sociale, ma una pratica burocratica da snellire!? Derive “tecniche” …

Così il card. Bagnasco, presidente della CEI, nella prolusione all’Assemblea della C.E.I. del 21.05.2012:

“La famiglia non è un aggregato di individui, o un soggetto da ridefinire a seconda delle pressioni di costume oggi particolarmente aggressive e strategicamente concentrate; non può essere dichiarata cosa d’altri tempi [v. esternazione del ministro Fornero, n.d.r.]. Ecco perché l’ipotesi del cosiddetto “divorzio breve” contraddice gravemente qualunque possibilità di recupero, e rende complessivamente più fragili i legami sociali. Interessante il dato emerso da una recente indagine promossa dall’Università Bicocca di Milano, secondo cui le persone che attribuiscono più importanza alla famiglia e alle relazioni che in essa si sviluppano sono in genere più felici”.