Talora si è sentito e si sente dire, in alcuni ambienti ecclesiali e da alcuni cattolici impegnati nel sociale e in politica, che nella costruzione della ‘cosa pubblica’ non si possono imporre (e forse neppure affermare!) dei valori a tutta la società e che quindi occorre “mediare” per trovare per così dire una base comune. Giusto?
Certamente non si possono imporre scelte religiose: sarebbe “fondamentalismo” (tra l’altro se si imponessero non sarebbero comunque veri atti religiosi, che devono nascere dall’interno dell’uomo e devono essere coscienti e liberi). Non si tratta quindi certo di imporre la fede in Cristo, la preghiera o l’andare alla Messa. Questo lo si deve annunciare e spiegare, dicendo anche che è un dovere morale per tutti, ma non lo si può certo imporre per legge.
Quando invece si pensa che la società e il bene comune – di cui la politica deve occuparsi – possano costruirsi senza un riferimento a valori fondamentali, che sono insiti nella natura umana e che anche la ragione può scoprire (e certo la fede sa fondare più in profondità), allora non si pensa più ad una società libera e democratica, ma ad una società anarchica e al trionfo del relativismo etico (questo sì che oggi si vuole imporre!).
Com’è noto, tali valori fondamentali sono stati da tempo richiamati dal Papa Benedetto XVI con la sottolineatura che proprio in quanto fondamentali non sono “negoziabili”, non possono cioè essere soggetti a mediazioni, consensi, o a provvisorie maggioranze di governo. Essi sono: il rispetto della vita umana (dal concepimento alla morte naturale), la famiglia (fondata sul matrimonio uomo-donna), la libertà religiosa (non solo di culto ma anche nei suoi risvolti sociali) e la libertà di insegnamento (che lo Stato deve garantire senza sostituirsi alla famiglia e alla stessa persona). [Ci sono ovviamente molti altri valori fondamentali, come la solidarietà, la sussidiarietà, il primato dell’uomo sull’economia, ecc.].
In un discorso tenuto a Roma il 12.11.2011 presso l’Istituto Sup. di Scienze Religiose S. Apollinare, il Cardinale Angelo Bagnasco ha sapientemente richiamato che, se la politica è anche l’arte di mediare, su questi valori fondamentali non si può mediare, cioè scendere a compromessi.
Questa non negoziabilità, cioè l’impossibilità di scendere a compromessi fino a negare il valore stesso, non dipende solo dal dovere di coerenza con la propria coscienza e fede cristiana ma proprio in riferimento al bene autentico dell’uomo, di ogni uomo, che è il fine ultimo di ogni vera politica.
Si veda in proposito la Nota Dottrinale della Congregazione della Dottrina della fede “circa alcune questioni riguardanti l’impegno e io comportamento dei cattolici in politica” (16.01.2003), anche su www.vatican.va (in: Congregazione della Dottrina della fede).