Il 2 marzo scorso, è stato ucciso il ministro pakistano per le minoranze Shahbaz Bhatti, uomo di profondissima fede cattolica, che si era battuto contro la legge sulla blasfemia, per la libertà religiosa di tutti, e per la liberazione di Asia Bibi (la donna condannata a morte perché cattolica, ufficialmente per non credere a Maometto e averlo così denigrato).
L’auto di Bhatti, 43 anni, ministro cristiano designato dal presidente Asif Ali Zardari, è stata raggiunta da almeno 20 proiettili. L’auto di servizio non era blindata ed era senza scorta. La polizia ha però respinto le accuse di «buchi» nella sicurezza del ministro. L’attentato è stato rivendicato dai talebani afghani, per «punire un ministro blasfemo». Tutti sapevano in Pakistan che Shahbaz Bhatti era nel mirino dei fondamentalisti. Il ministro aveva “collezionato” una serie di minacce. L’ultima – resa nota dallo stesso politico – era arrivata solo il mese scorso. «Bhatti aveva denunciato la sua mancanza di sicurezza con molti colleghi parlamentari. Ha fatto conoscere queste preoccupazioni al primo ministro e al presidente, ma non hanno fatto nulla a riguardo», ha detto un altro ministro pakistano.
In un’intervista rilasciata in Italia lo scorso 14 febbraio (a TV2000), aveva detto di aver ricevuto minacce di morte da parte degli integralisti per la sua critica e opposizione alla legge antiblasfemia. Disse: «Il mio impegno resta però lo stesso, per la causa della libertà religiosa, in difesa delle aspirazioni dei cristiani e delle altre minoranze, per combattere contro gli abusi della legge sulla blasfemia, per ottenere giustizia per Asia Bibi».
Il “testamento spirituale” di Shahbaz Bhatti
Shahbaz Bhatti era un cattolico di profondissima fede; ma ora veniamo un po’ a conoscenza anche della sua spiritualità e dell’offerta di sé che aveva fatto a Gesù. Potrebbe perfino aprirsi una causa di beatificazione. Ascoltiamo il suo toccante testamento spirituale:
«Il mio nome è Shahbaz Bhatti. Sono nato in una famiglia cattolica. Mio padre, insegnante in pensione, e mia madre, casalinga, mi hanno educato secondo i valori cristiani e gli insegnamenti della Bibbia, che hanno influenzato la mia infanzia. Fin da bambino ero solito andare in chiesa e trovare profonda ispirazione negli insegnamenti, nel sacrificio, e nella crocifissione di Gesù. Fu l’amore di Gesù che mi indusse ad offrire i miei servizi alla Chiesa. Le spaventose condizioni in cui versavano i cristiani del Pakistan mi sconvolsero. Ricordo un venerdì di Pasqua quando avevo solo tredici anni: ascoltai un sermone sul sacrificio di Gesù per la nostra redenzione e per la salvezza del mondo. E pensai di corrispondere a quel suo amore donando amore ai nostri fratelli e sorelle, ponendomi al servizio dei cristiani, specialmente dei poveri, dei bisognosi e dei perseguitati che vivono in questo paese islamico.
Mi sono state proposte alte cariche al governo e mi è stato chiesto di abbandonare la mia battaglia, ma io ho sempre rifiutato, persino a rischio della mia stessa vita. La mia risposta è sempre stata la stessa: “Non voglio popolarità, non voglio posizioni di potere. Voglio solo un posto ai piedi di Gesù. Voglio che la mia vita, il mio carattere, le mie azioni parlino per me e dicano che sto seguendo Gesù Cristo. Tale desiderio è così forte in me che mi considererei privilegiato qualora – in questo mio battagliero sforzo di aiutare i bisognosi, i poveri, i cristiani perseguitati del Pakistan – Gesù volesse accettare il sacrificio della mia vita. Voglio vivere per Cristo e per Lui voglio morire. Non provo alcuna paura n questo Paese. Molte volte gli estremisti hanno desiderato uccidermi, imprigionarmi; mi hanno minacciato, perseguitato e hanno terrorizzato la mia famiglia. Io dico che, finché avrò vita, fino al mio ultimo respiro, continuerò a servire Gesù e questa povera, sofferente umanità, i cristiani, i bisognosi, i poveri”».
Shahbaz Bhatti